STUPIDAGGINI E FALSITA’ CHE APPAIONO, ANCHE IN TRUCIOLI, SUL CORONAVIRUS, SULL’ECOLOGIA E SU GRETA

Grazie ai moderni mezzi di comunicazione poveri di filtri e al mito della libertà d’opinione, chiunque si sente autorizzato a trattare qualsiasi tema, senza né documentarsi né essere obbiettivo. Gente aprioristicamente di parte, “portatrice sana” di disinformazione e causa di reazioni polemiche che accrescono il caos mediatico. Ora reagisco anch’io, scusandomene, ma lo faccio in buona fede, anche perché apartitico. 

Iniziamo allora dal dramma che oggi occupa l’attenzione planetaria: IL CORONAVIRUS. Sono stufo di disamine in malafede, basate sull’appartenenza politica o sull’interesse personale, a scapito della verità. Nel decidere la chiusura dell’Italia, a chi altri poteva affidarsi il governo Conte se non a un comitato scientifico? Ai soliti tuttologi non si sa quanto (in)competenti che popolano – ora collegati via skype – i talk show televisivi, forse? Ai sicuramente incompetenti rappresentanti nazionali e regionali di partito? O magari addirittura alla vox populi, composta pure da chi un virus non sa neppure cosa sia e la scienza non l’ha mai masticata? 

 

Suvvia, un po’ di buon senso, signori, per favore. D’altronde, almeno laddove il contagio ha più infierito, non è stata solo l’Italia a fermarsi, ma mezzo mondo, magari adeguandosi alle scelte nostrane solo dopo derisioni, proposte balorde e ripensamenti: l’avete visto il nuovo, neutrale, video dei Rolling Stones sulla Londra deserta? 

Poi, chiaro, anche gli scienziati virologi possono trovarsi in disaccordo e commettere errori, dato che il covid-19 è un virus del tutto nuovo di cui ancora poco si conosce, ma è probabile che chiunque altro al loro posto se la caverebbe peggio, non meglio.

E dunque tutta questa metà del pianeta avrebbe torto? Così si vorrebbe far credere, a giudicare dalla dilagante disinformazione mediatica che produce colossali stupidaggini, tipo l’insensato confronto, letto qui su Truciolisavonesi, sui morti a livello mondiale per cause varie, dalla malaria ai tumori, dai suicidi fino addirittura agli incidenti stradali (una malattia anch’essi?), con un ironico titoletto che recita così: Ultimi dati aggiornati sull’“ecatombe” del coronavirus”. Eppure è riuscito a fermare il mondo. 

  

Statistica evidentemente presentata per convincere i lettori sull’inutilità, appunto, di fermare l’Italia e il mondo per questo “virusino da quattro soldi”, tuttavia “dimenticandosi” assai comodamente di considerare che i morti dovuti al covid-19 sarebbero stati ben più numerosi, se non fossero stati presi duri provvedimenti per contenere il morbo. Il triplo, forse? O magari il quadruplo? Può darsi perfino il decuplo, in verità e in tal caso le cifre raggiunte avrebbero superato quelle di alcune altre voci citate e avvicinato tutte le altre, aborti a parte. 

Ebbene, benché i deceduti sarebbero potuti essere tanto numerosi quanto impossibili da stimare con precisione, per ottenere un valore su cui effettuare eventuali critiche e confronti, un calcolo del genere dovrebbe essere effettuato su di loro, non sui morti effettivi. D’altronde, visto che si agisce da decenni nel tentativo, talvolta vano, di ridurre i morti negli altri ambiti, incidenti stradali compresi, non si vede perché proprio contro questa pandemia non si dovrebbe fare nulla, per tante o poche che siano le vittime.

Insomma, come avrete intuito, pur dopo l’iniziale sottovalutazione del problema dovuta alla sorpresa, giudico che lo stop a ogni attività e il “domo-isolamento” (insopportabile l’italica esterofilia provincialotta che ci fa utilizzare il termine inglese lockdown), atti a ridurre drasticamente la diffusione del virus, siano stati necessari, e va riconosciuto che, tolte la Lombardia, con un terzo dei contagiati e circa 15.500 deceduti sul totale nazionale di 32.000 ad oggi (la metà), e le troppo esposte case di riposo, si è effettivamente riusciti a far sì che il covid-19 non si diffondesse in modo abnorme. 

 

E ora che colpisce assai meno, il sistema sociale deve ripartire e non dovrà tornare a fermarsi, non potendo oggettivamente pretendere di attendere gli zero contagi senza mandare milioni di persone in rovina. Finché non lo si risolverà c’è perciò da temere che si renderà necessario imparare a convivere col covid-19 e con un certo numero di morti da esso provocate, senza restrizioni eccessive e paure isteriche, ma senza nemmeno noncuranza e menefreghismo, proprio come è accaduto in passato con qualsiasi altro flagello, dalla peste alla spagnola, col vantaggio che almeno oggi è più facile organizzare tale convivenza. 

Sarebbe stato peraltro preferibile imparare già in passato a limitare la diffusione di virus sottovalutati come quello del semplice raffreddore o dell’influenza. Pochi se ne rendono conto, ma la comune influenza non è del tutto innocua: in media miete ogni anno in Italia all’incirca ottomila vittime (cito a memoria, quindi potrei essere impreciso). Ma quante in meno ve ne sarebbero state se la gente si fosse abituata all’elementare precauzione di ripararsi il volto, in caso di starnuto, col gomito o anche soltanto con la mano sinistra, anziché farlo con la destra per poi utilizzare la medesima mano per stringere quelle altrui e diffondere così il virus? E che dire di chi andava al lavoro con la febbre e un paio di aspirine come unica difesa? Se poi l’anziano padre di qualche collega influenzatosi per tali contatti, si prendeva a propria volta il virus e moriva di influenza, la responsabilità era sua, anche se lo ignorava. 

 

L’augurio ora è che l’emergenza serva almeno ad abbattere la secolare burocrazia, benché a qualcuno sembri essere stata costruita nel tempo ad arte per favorire le bustarelle e per scaricarvi le responsabilità per gli impegni disattesi. Tant’è che nessun governo degli ultimi decenni, di qualsiasi colore fosse, ha seriamente tentato di arginarla, mentre anche l’attuale azione di governo è stata sistematicamente ostacolata dall’apparato burocratico, con soldi promessi ma non consegnati, mentre il decreto ripartenza per ora appare complicato, confuso e povero di prospettive. Perfetto, insomma, per essere ostacolato dai lacciuoli burocratici.

Non sarebbe infine male rammentare che il covid19, pur nel suo uccidere soprattutto vecchi, cardiopatici, diabetici e cancerosi, compreso chi sarebbe comunque potuto sopravvivere dignitosamente ancora molti anni o perfino guarire, diventa pericoloso perché causa gravi complicazioni respiratorie e che l’inquinamento in generale e alcune particelle di smog in particolare contribuiscono a danneggiare l’apparato respiratorio, rendendo chi è aggredito dal virus  meno in grado di sopportare tali eventuali complicazioni, favorendone la morte.

E visto che le pandemie passano ma i problemi ambientali restano, parliamo dunque ora un poco di ECOLOGIA e AMBIENTE, anche perché, come spiega il WWF, distruggere ecosistemi incontaminati è controproducente: in una foresta sana, virus, batteri e microrganismi vengono tenuti sotto controllo dalla ricchezza di relazioni tra le specie. Distruggere una foresta significa spezzare un equilibrio e offrire ai virus più pericolosi la possibilità di diffondersi tra l’umanità. 

 

Pur diventando sempre più numerosi e desiderosi di benessere, non possiamo abbandonare il sistema solare, né abbiamo ancora la tecnologia per, chessò, terraformare Marte, come mi sono divertito a scrivere nel racconto Vivere a Miracoli (colonia su Marte), presente nel mio spazio personale sul sito Paroleintornoalfalo.it, né vogliamo, si spera, sterminare metà della popolazione terrestre come fanno i folli personaggi del mio raccontino recentemente riproposto su Trucioli e intitolato Un “generoso” aiuto umanitario (leggeteli, se vi va: in tema troverete anche il racconto 2054, nuova meravigliosa città). 

No, abbiamo solo lo sfruttato pianeta Terra a disposizione e abbiamo il dovere di preservarlo il più possibile per il nostro stesso interesse, invece inquiniamo e depauperiamo i mari, distruggiamo le foreste produttrici di ossigeno e sostanze utili, estinguiamo specie animali, creiamo discariche di prodotti dannosi e non smaltibili, moltiplichiamo speculazioni edilizie utili solo agli speculatori stessi e ai politici corrotti e soprattutto mutiamo il clima, come ormai riconosce il 95% degli scienziati specializzati, e i primi effetti negativi sono ormai visibili. 

O qualcuno di voi lettori davvero crede che le alluvioni che colpiscono sempre più spesso e con maggior violenza la sovrappopolata riviera ligure non dipendano dalla somma tra un’eccessiva cementificazione-deforestazione e il cambiamento climatico? Ad esempio, la frana che ha demolito il ponte autostradale sulla Savona-Torino pare trovare origine da una zona disboscata alcuni decenni fa a scopi militari. E che dire delle sempre più frequenti e catastrofiche mareggiate, mai rilevate in passato di tale intensità? 

Non vorrete imitare Donald Trump e i soliti tuttologi di parte, che rifiutano di ammettere i cambiamenti in atto per interessi immediati, infischiandosene del futuro, tanto non ci saranno loro a doversene pentire ma i loro figli e nipoti a subirne le conseguenze. Sostenere la mancanza di certezze sulla nostra responsabilità è in realtà irrilevante, perché anche nel dubbio non possiamo comunque stare con le mani in mano. 

 

Intanto, giusto per citare un altro pericolo, la popolazione mondiale cresce a dismisura e benché il nostro sistema produttivo potrebbe sfamare i quasi otto miliardi di abitanti attuali (ma non lo fa per via di diseguaglianze e sprechi), riuscirebbe a fare altrettanto se gli abitanti salissero a dieci miliardi? O a dodici? O a quattordici? E continuando ad aumentare la produzione al fine di aumentare consumi che permettano un ulteriore aumento produttivo in una sequenza senza fine, nella convinzione che da tutto ciò dipenda il nostro benessere, finiremo per annientare l’ambiente e con esso alla lunga noi stessi. Anche in questo ambito la parola magica è convivenza: per sopravvivere dovremo imparare, attraverso qualche rinuncia, a convivere con l’ambiente senza distruggerlo, per ora invece stiamo commettendo un autentico ecocidio e in proposito per il sottoscritto è stato un piacere scoprire che la corte penale internazionale dell’Aia sta valutando l’ipotesi di riconoscere gli atti contro l’ecosistema come crimini internazionali.

Tuttavia quando finalmente qualche voce, vedasi in particolare l’ormai mitica Greta Thunberg, ha cominciato a farsi ascoltare dalla gente, giovane e non solo giovane, ecco subito i soliti malpensanti mistificare e attaccare lei con rabbia, sostenendo ad esempio che è manovrata da qualcuno per mera convenienza, e insultare i suoi seguaci definendoli “gretini”, e a cosa davvero si riferisca il termine risulta ovvio per chiunque. Ma di nuovo, cari lettori, che Greta agisca in maniera indipendente o sia manovrata da interessi economici è irrilevante: ciò che conta è se afferma cose giuste oppure no, se parla in modo assennato o insensato. E sì dà il caso che quel novantacinque per cento di scienziati di cui si accennava prima la pensa come lei. Poi, certo, è giovane e commetterà degli errori, d’altronde sbagliano anche persone ben più mature, figurarsi un’adolescente, ma attaccarla mi sembra un comportamento o stupido o disonesto. Meglio semmai discutere con serietà i problemi che solleva. 

La plastica, ad esempio, contro cui Greta si è scagliata. Ragioniamoci sopra. I materiali plastici non sono biodegradabili e quindi risultano altamente inquinanti, al punto che a quanto pare micro-plastiche finiscono perfino nel nostro organismo, con conseguenze ancora ignote ma potenzialmente nocive. Qualcuno risponde che abolire la plastica farebbe sparire le aziende che la producono, causando disoccupazione. 

 

Tuttavia spesso sarebbe possibile sostituirla con altri prodotti, come ad esempio il ben più biodegradabile tetrapak, ideale per le bevande e già utilizzato per latte e succhi di frutta. E se ciò accadesse, il fabbisogno di tetrapak aumenterebbe, con conseguente necessità di nuove assunzioni da parte delle aziende produttrici, permettendo il passaggio degli operai delle industrie plastiche a quelle del tetrapak, no? Magari con un intervento statale per favorire tali trasferimenti. Non so, non sono esperto in materia, me lo sto solo chiedendo. 

Nel frattempo, anziché gridare senza costrutto “dagli alla plastica”, ci si potrebbe sforzare tutti di non abbandonarla nell’ambiente. In proposito, gli ambientalisti liguri sono stufi di trovare a spiaggia ogni estate bottiglie e sacchetti di plastica abbandonati sulla sabbia o sulla scogliera o lasciati a galleggiare placidamente nell’acqua. Se inoltre si evitasse di gettarla nella normale spazzatura, smaltendola invece negli specifici cassonetti della raccolta differenziata, si permetterebbe alle aziende di riutilizzarla, riducendone così la produzione. 

Che irritazione, infine, veder snobbati i giovani impegnati nella difesa dell’ambiente con commenti vuoti e arroganti. Ad esempio quelli di chi, in pieno delirio di onnipotenza, sempre qui su Trucioli ci ha fatto sapere che, in qualità di ex professore di filosofia, nulla ha da imparare da una “Greta qualsiasi”, come se gli studi umanistici fornissero automaticamente una patente di onniscienza. Persone così si sentono evidentemente la bocca della verità, mentre l’unica verità è che per quanto si possa essere intelligenti, colti e scafati, nessuno è perfetto e infallibile e dunque chiunque può insegnarci qualcosa, perfino un bambino in età prescolare, anche se per ipotesi dovessimo saperne mille volte più di questi o di chiunque altro su quasi ogni argomento. 

 

16/05/20    Massimo Bianco  

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