ESSERE MAFIOSI

ESSERE MAFIOSI
“Chi non salta mafioso è! Chi non salta mafioso è! “

ESSERE MAFIOSI

 

 “Chi non salta mafioso è! Chi non salta mafioso è! “.

L’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, si è rivolto così a 3.000 giovani nella piazza di San Giovanni Gemini, al raduno di “Giovaninfesta 2014”.

Un gesto coraggioso, inaspettato, doloroso ma anche pieno di speranza.

Un gesto che deve far riflettere non solo chi nella mafia opera, con la mafia ruba, traffica e uccide, chi con la mafia tiene in scacco un intero Paese e non parlo solo del Sud Italia, ma anche noi semplici cittadini.

Chi non salta mafioso è.

Chi tace quando deve e potrebbe parlare, chi assiste a ingiustizie ma finge di ignorarle per non dover prendere posizioni scomode.

Chi non salta mafioso è.


 E non lo è solo chi incendia un’automobile, devasta un negozio, esplode colpi d’arma da fuoco, perché anche senza macchiarsi di tali crimini, chiunque può assumere un comportamento mafioso.

 Lo è chi usa subdoli e non meno criminali mezzi di pressione per esercitare il proprio potere, chi è prevaricatore e aggira le normali lecite procedure per arrivare al suo obiettivo e anche chi lo copre.

 Chi opera per stravolgere graduatorie, chi falsa concorsi, manovra appalti, distribuisce incarichi, utilizza denaro in modo poco trasparente ai danni della collettività.

Ha un atteggiamento “mafioso”, poiché vessatorio, chi esercita pressioni e ricatti per estorcere consensi elettorali, chi chiede voti in cambio di  promesse o favori personali ma anche chi il voto glielo da.

Mafioso è anche chi sa, chi è a conoscenza di questi atteggiamenti e pur sapendo che questi danneggiano altre persone, tace.

Tace per non inimicarsi il potente, o colui che, in quel momento, riveste tale incarico. Tace perché tiene famiglia e allora chi glielo fa fare e poi che male fa, lui pensa solo ai fatti suoi!

Lo è chi non esprime mai opinioni, soprattutto quando sono scomode a chi conta.

Quelle opinioni che potrebbero disturbare, ferire, intralciare chi, magari un giorno, potrebbe essere utile e allora meglio tacere.

Tutti vizi diffusi, ormai troppo diffusi che neanche ce ne accorgiamo più, che però sono causa di drammatici fenomeni d’isolamento, proprio di coloro che si battono per il contrario.


Sì, chi non salta mafioso è! Ma quanti sono disposti a saltare, dopo una sincera analisi del proprio comportamento?

 Una forma mentis che non può cambiare dall’oggi al domani, ma che bisogna alimentare con i buoni esempi, in politica, sul lavoro, a scuola, nei media, ma come?

La mafia ha fatto troppi morti e feriti e questi li ricordiamo facilmente con fiaccolate e magari pomposi convegni, ma il giorno dopo si torna alla realtà quotidiana pensando sia un’altra cosa.

 Quale allora la strategia, la strada da intraprendere e seguire per debellare quello che, altrimenti, rischia di configurarsi come un fenomeno sociale permanente?

 Certo, educare con l’esempio è difficile, poiché comporta sacrifici e scelte coraggiose e poi, per molti, vorrebbe dire rinunciare a quella che si crede la reale dimensione del potere che, come amava sostenere Talleyrand, “si misura con l’abuso che se ne fa” nel bene ma anche nel male.

Mercoledì l’ennesima giornata della memoria e dell’impegno in “ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.


Un appuntamento importante, per continuare a celebrare il ricordo di uomini e donne che non hanno abbassato la testa, che non hanno voluto girarsi dall’altra parte. Ma quanti li hanno guardati morire? Quanti avrebbero potuto promuovere un movimento di persone che non li avrebbe lasciati soli e non l’hanno fatto?

 Non bisogna scomodare i martiri più noti, per capire che, anche per loro, è stato così, ma abbiamo il dovere di pensare anche ai tanti commercianti, giornalisti, scrittori, parroci che si sono ribellati pur sapendo di rimanere da soli.

Quali responsabilità ha colui che ha taciuto se non la stessa di chi ha premuto il grilletto o ha azionato il detonatore o ha minacciato di morte?

Mercoledì speriamo in qualcosa di nuovo, l’occasione per cominciare a combattere anche chi continua a “tenere famiglia”!

   ANTONIA BRIUGLIA

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.