Effetto domino: il sistema che crolla

Effetto domino:
  il sistema che crolla

Effetto domino: il sistema che crolla

Il crollo delle forze politiche della Seconda repubblica è ormai imminente. Nell’ultimo anno sono avvenuti una serie di eventi epocali. Dall’avvento del Governo Monti, allo scandalo dei rimborsi elettorali e dei fondi ai gruppi consiliari dei partiti, sia a livello nazionale che regionale.

Elementi di spicco della politica regionale indagati per mafia, voto di scambio, truffa, la prima condanna (seppur in primo grado) di un Berlusconi che cambia continuamente idea. E mentre tutte queste situazioni causano nausea ai cittadini, portandoli ad astenersi sempre più dal voto, una nuova forza riesce a far riavvicinare le persone alla politica, a crederci ancora; il Movimento 5 Stelle va a colmare un vuoto, che altrimenti sarebbe stato pericolosissimo.

 

Italia semi-commissariata

L’imponente crisi economico-finanziaria (non nostra, ma delle banche, ma su questo si potrà disquisire eventualmente in un altro post) ha causato un terremoto tra i partiti, pure all’interno della stessa maggioranza, così che, dopo che al PdL e alleati sono mancati i numeri, il Governo Berlusconi nel novembre 2011 è costretto alle dimissioni. Subentra Mario Monti, in maniera certamente permessa dalla Costituzione, ma di fatto rappresenta un colpo di spugna ai principi democratici. Difatti, la maggioranza parlamentare è uscita ribaltata e stravolta, non rispecchiando più le scelte degli italiani delle elezioni 2008. PdL-Udc-PD-FLI-API-MpA-e tutte le sigle possibili immaginabili, fino al giorno prima ad attaccarsi sulle pagine dei giornali, si sciolgono in una grande coalizione che viene ormai denominata ABC, in ricordo ai tre segretari dei tre partiti maggiori (Alfano, PdL, Bersani, PD, e Casini, UdC). Le uniche voci di dissenso diventano Lega Nord (prima in maggioranza con il PdL) e Italia dei Valori. Le mosse di Monti sono quelle che ci si poteva aspettare da un curatore fallimentare: riscuotere, spremere, spolpare, per pagare i debiti fatti da chi venne prima. E ci voleva un tecnico? Sì. Per due motivi. Il primo è che Monti ha la stessa impronta economica di stampo liberista dei grandi lobbisti che dominano in Europa. Il secondo è un motivo puramente politico e demagogico: permettere ai partiti di rifarsi una verginità. All’opinione pubblica passa l’idea che è Monti l’autore delle manovre, mentre i politici vanno in TV e sui giornali a dire che così non va, servono altre manovre. Ma chi siede in Parlamento? Chi è che deve approvare i decreti legge? I partiti stessi che oggi votano a favore e domani saranno a dire che questa è una manovra assassina. Certamente Monti avrebbe potuto operare in altro modo, ma avendo un’agenda dettata da interessi finanziari molto forti, ha preferito poter mantenere lo status quo. I partiti però non avevano considerato i loro scandali interni…

Fondi pubblici e condizionamento mafioso

A cavallo tra il 2011 e i primi mesi del 2012, vengono fuori gravi problemi sull’uso dei finanziamenti pubblici ai partiti. Prima Lusi (tesorire ex-Margherita, poi confluita nel PD e in seguito, in parte, in API), PD, che aveva usato magicamente i soldi del partito, dopo Belsito (Lega Nord), per lo stesso motivo.

Un uso personale di fondi che erano stati cancellati (non è propriamente il termine corretto, ma è per rendere l’idea) dagli italiani tramite referendum, reinseriti truffaldinamente in seguito con la nozione “rimborsi elettorali”. Ma i rimborsi sono il rientro della spesa effettivamente sostenuta, cosa che in realtà non avviene visto che i fondi che rientrano ai partiti sono molto, ma molto più alti della spesa effettiva. E giù la politica a difendere un privilegio, facendolo passare come fondamentale, come un sostegno “democratico”, perché altrimenti la politica la fanno solo i ricchi, per mandare avanti il partito. Peccato che chi ricopre certi ruoli politici di rilievo ha già un 730 di elevato livello. Oppure come i finanziamenti vengano elargiti in base ai voti presi, proporzionato al numero di elettori totali (includendo quindi anche chi non ha votato), favorendo i partiti maggiori rispetto ai piccoli. Bell’esempio di democrazia: dare di più a chi ha avuto di più! Ma per il funzionamento dei partiti ci sono altri fondi, quelli sì, fondamentali, ancora troppo alti si può obiettare. Sono i fondi ai gruppi consiliari: servono per la pura attività politica, per avere consulenze, perizie, avere uno staff, per fronteggiare i tecnici che devono svolgere lavoro per i cittadini ed attuare le linee programmatiche di Giunte e Governi. Fondi che nel Lazio hanno causato la caduta della Polverini (PdL). Vennero tolti fondi dal sociale per moltiplicare quelli destinati ai gruppi. Solo dopo tempo ci si accorse che Fiorito, detto “Er Batman”, li usava per festini e altre cosucce per niente affini al funzionamento del gruppo PdL in Regione. Ma qualcuno alzò la mano per dire che furono stanziati troppi fondi ai partiti? Forse anche alle pseudo-opposizioni andava bene. E non potevano non sapere, visto che le variazioni di bilancio passano per legge sotto gli occhi degli organi consiliari!

Intanto vengono fuori altre magagne: dopo Cuffaro (UdC), anche Lombardo (MpA) viene indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Una batosta per la Regione Sicilia. Ma il Nord non è esente dalle mafie e dalle indagini. L’ennesimo scandalo della regione Lombardia, dove per contare gli indagati occorre un pallottoliere. Le cosche mafiose, precisamente la ‘ndrangheta, ha praticamente eletto Zambetti (che comprò i voti 50€ l’uno), poi nominato assessore da Formigoni. Per fortuna è intervenuta la magistratura. A quanto risulta ha ottenuto i voti da parte di due grosse cosche (tra l’altro operanti in Liguria). Gullace, cosca Gullace-Raso-Albanese, da quanto abbiamo appreso dal Secolo XIX, da Toirano ne avrebbe condizionato l’elezione, così come la cosa Morabito-Palamara-Bruzzaniti (guardare lo speciale di Servizio Pubblico), direttamente a Milano e dalla Calabria. Ci voleva la ‘ndrangheta per far cadere il Governatore simbolo del malaffare della politica nostrana?

E come non dimenticare la condanna di Berlusconi? In primo grado, il Tribunale di Milano, lo condanna a 4 anni (pena coperta da indulto per 3 anni, quindi in totale fa un anno, ma essendo inferiore all’anno e mezzo significa arresti domiciliari) per maxi-evasione fiscale: come Al Capone! Dopo anni di leggi ad-personam per fuggire ai suoi reati, lo si becca per qualcosa che era quasi ovvio commettesse, viste le decine di società off-shore che ruotano attorno al gruppo Mediaset. I giudici gli riconoscono una “spiccata abilità a delinquere”, cosa che lo porterà a voler ricandidarsi, per “riformare” un Paese governato da una “magistratocrazia”. Il Caimano pare aver perso la verve che per 20 anni ha sospeso culturalmente il Paese, non pare infatti che i suoi continui cambi d’idea sulla sua candidatura (appena due giorni prima dichiarava che faceva “un passo indietro”), portino bene al PdL, ormai trascinato verso percentuali inferiori alla doppia cifra.

Marylin Fusco

E in Liguria?

Anche da noi inizia il cedimento del potere precostituito. L’ormai ex-vicepresidente della Regione Liguria Marylin Fusco (IdV), autrice del più grosso regalo agli speculatori edili, ossia il Piano Casa, è indagata per truffa aggravata e abuso d’ufficio.

La Liguria sembra l’ultima roccaforte, ma che inizia lentamente a cedere. D’altronde c’è anche una pesante influenza delle ‘ndrine, fin dai tempi di Teardo, mai debellata con atti concreti, ma una piccola luce si inizia ad intravedere.

 

La politica che torna al cittadino

Tutto questo clima ha portato una valanga di cittadini, nel corso degli anni, a schifare la politica, a non votare. Ciò ha aumentato di conseguenza il ruolo autoreferenziale dei partiti e l’influenza del voto di scambio, mercato controllato dalle cosche. Da pochi anni, una forza politica, porta avanti un’idea nuova, rifiutando il clientelismo e l’illegalità. Si tratta del Movimento 5 Stelle, di cui porta le idee in piazza il comico e blogger genovese Beppe Grillo. Partito in pochi comuni con percentuali basse nel 2008, è riuscito nel tempo a portare esponenti in regione (Emilia e Piemonte, nel 2010), fino all’espressione di 4 sindaci nel 2012. In Sicilia è risultata la forza politica più votata, pur non riuscendo ad eleggere il Governatore. I comizi dei politici sono vuoti, mentre per Grillo e i ragazzi si hanno pienoni. Il Movimento è andato a colmare un vuoto che altrimenti sarebbe stato pericoloso. Lo dimostra anche il fatto che formazioni come Casa Pound e La Destra raccolgono consensi, seppur minimi, fomentando l’odio sociale. Al contrario i ragazzi del Movimento parlano di pulizia delle istituzioni, pongono la “questione morale”, parlano di progetti all’avanguardia già esistenti, come rinnovabili, Rifiuti Zero, mobilità sostenibile, cemento zero, già applicate con successo in varie parti del mondo e, raramente, in alcune realtà italiane. Un rilancio dell’economia, basato su una visione totalmente differente di essa, ossia una produzione in base alle necessità, attenta all’ambiente, ponendo al primo posto la felicità delle persone e non il profitto. Un progetto da percorrere per fasi, ma l’unico, oggi, in alternativa al modello di sviluppo esistente e sostenuto, con relative deviazioni e derive, dai partiti attuali. Il tutto è considerato una rivoluzione non solo politico-economica della classe dirigenziale, ma anche una socio-culturale dei cittadini stessi, che si occupano direttamente delle scelte politiche. Perché come dice lo stesso Grillo, non va bene dire che la politica fa schifo e sono tutti uguali, allora non voti: se la politica ti fa schifo occupatene direttamente, altrimenti essa si occupa di te, e lo farà sempre peggio.

 

Il sistema ha dimostrato di poggiare su basi per nulla solide. Quando qualcosa è retto da fondamenta fragili, basta poco per causarne il crollo, e causarne un effetto a catena. Questo è quello che stiamo vivendo, ma non possiamo ricostruire sulle stesse basi. serve altro, Bisogna ripartire con fondamenta solide, capaci di reggere nel tempo. E le dobbiamo costruire insieme.

Manuel Meles

Il cittadino frustrato

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