E per merenda?

E per merenda?
Alcuni anni fa avevo chiesto ad un mio parente (classe 1913) cosa mangiavano per merenda i bambini dei suoi tempi e dei suoi boschi

E per merenda?

Alcuni anni fa avevo chiesto ad un mio parente (classe 1913) cosa mangiavano per merenda i bambini dei suoi tempi e dei suoi boschi. “Polenta”, mi aveva risposto. “Ma come? – l’avevo incalzato – solo polenta? Sempre polenta?”. “Si, solo e sempre polenta, per colazione, pranzo e cena. Di quella potevi prenderne finché volevi. Era il companatico che mancava. Un quadratino di frittata per uno e tutta la polenta che volevi. Erano generosi con la polenta, perché si difende da sola”.


 

“Cosa vuol dire che si difende da sola?”
“Che anche se sei ingordo, fa presto a renderti sazio, stufo. Fa presto a riempirti. Mio padre diceva che è buona e fa bene: purifica, ventrifica e lascia quello che trova”.

Da un certo punto di vista viene da stupirsi che quelle generazioni siano sopravvissute a tutto quel che han visto e mangiato (o soprattutto NON mangiato). Ci deve essere qualcosa che non va: tra la nostra dieta piena di divieti e di cibi che potrebbero far male, di integratori, di sali minerali, di fibre o grassi insaturi; e quella loro, dei tempi antichi, fatta di monotonia estrema, sicuramente sbilanciata (pochi grassi e poche proteine) e soprattutto con condizioni di lavoro e di vita estreme, anche per i bambini, ecco, tra questi due estremi ci siamo perso qualcosa per strada.

Cito liberamente da uno spot pubblicitario: “Per la merenda vorrei dare ai miei bambini qualcosa di nutriente, ma leggero. Sano, piacevole. Che sia buono, ma anche salutare. Che li faccia divertire…”. Possibilmente, aggiungo io, che insegni loro l’inglese, la grammatica e le elementari norme di comportamento.

Ma cosa pretendiamo mai da una merenda? Si, quelle che dice la mamma della pubblicità sono tutte cose giuste e condivisibili. Chi non vorrebbe una merenda del genere?
Ma i bambini, cosa vogliono?

Qualche tempo fa un certo istituto o ateneo (non me lo ricordo più) aveva fatto un’indagine fra i bambini delle scuole primarie. Il tema era il cibo, in particolare la merendina dell’intervallo e quella del pomeriggio. Salto tutto l’importante studio per arrivare alla conclusione che ricordo: ai bambini sarebbe piaciuto, più di tutto, prepararsi la merenda per conto loro. Orrore! Consentire a questi piccoli di avvicinarsi alla dispensa, al frigo, alla tavola. Ancor peggio: a un coltello, a un frullatore elettrico!! Ma siamo matti?

Meglio allora ammansirli con una bella merendina confezionata da un’azienda seria e titolata. Mah.. Io dico di no. E non intendo con questo gettare discredito sugli ingredienti delle merendine: troppe se ne sentono dire. Certo: un prodotto artigianale fresco è, in linea di massima, meglio di un prodotto industriale conservato. E un prodotto domestico appena fatto con materie prime domestiche è ancor meglio (sempre generalizzando) di un prodotto artigianale.


 

Il rischio maggiore legato alle merendine è un altro: esse vengono confezionate in scatole da dodici pezzi.  Anche di più. Saranno da somministrare per diversi giorni di seguito. Daremo così al bimbo quasi tutti i giorni una merendina, che è buonissima, vale ricordarlo. Non solo: è morbida, palatabile, ricca. Insomma: ci si abitua subito a mangiarla, non richiede nessuno sforzo. Come se fosse la torta di compleanno. Ma questa, appunto, si mangia una volta all’anno, non tutti i giorni per una settimana di seguito. Quanta fatica, dopo, per mangiare pane e marmellata. O anche solo una fetta di pane, senza niente, e assaporala, gustarla, trarne piacere. E nella vita, c’è da scommetterlo, non ci saranno solo merendine, le quali, come detto sono sempre perfette. E quanta fatica per costruirsi un gusto proprio, una capacità critica di gustare, di annusare, di ricavare piacere anche dalle cose più difficili, non a portata di mano (o di lingua).

Tornando all’indagine citata prima, la merenda (e magari anche il pranzo e la cena) andrebbero preparati insieme, dando al bambino il diritto di provare e pasticciare, sempre sotto la vigile guida propositiva di un adulto, insegnando prima di tutto a non sprecare (quel che si prepara poi si deve mangiare), e poi ad usare gli utensili giusti, ad essere puliti e ordinati. Infine anche a scegliere gli alimenti più salutari e le preparazioni migliori.


Mi si obbietterà che non abbiamo il tempo, oggi, per seguire un bambino che prepara la merenda. Eh lo so: ma è questo modello di società che è sbagliato, mica l’idea di seguire i bambini… E poi tagliare una fetta di pane e condirla con olio e sale, insomma, non dovrebbe richiedere molto tempo. E la fetta di pane, lo sappiamo tutti, è praticamente il primo passo di una qualsiasi merenda, la base fondamentale da cui avventurarsi nelle prime combinazioni e preparazioni: da olio e sale, appunto; marmellata e burro; burro e zucchero; acciuga; aglio strofinato; formaggio. Non bisogna stupirsi se un bambino prova a combinare cose disgustose (aglio e marmellata…), sperimentare è uno dei modi migliori per imparare. Ma la seconda parte dell’apprendimento è il senso di responsabilità: lo hai fatto? Ora bisogna mangiarlo. Ridendo e scherzando, aiutandolo anche a morsicare il mostro creato. Non sarà proprio buonissimo, ma non può far male, e allora si deve mangiare, perché non bisogna sprecare la roba da mangiare, e bisogna essere responsabili di quel che si fa.

Mica male: per merenda gastronomia e senso civico! Solo in Italia!

 ALESSANDRO MARENCO

 

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