Diventi ciò che sei

Diventi ciò che sei

Diventi ciò che sei               

 Invecchiando si diventa ciò che si è, si rivela la propria vera natura. Vale per le persone e vale anche per le organizzazioni, in particolare i partiti. La demagogia berlusconiana aveva portato in piazza a Roma un milione di persone piuttosto determinate. Vorrei vedere il partito della gente perbene, soprattutto ben pasciuta, realizzata, soddisfatta quale Forza Italia ora non nasconde di essere, che riesce a riempire la piazzetta di Castelfranco di Sotto.


Fatto si è che Berlusconi scese in campo per tutelare gli interessi suoi e della Milano da bere raccogliendo l’eredità del peggiore craxismo. Ma gli italiani avevano bisogno di una forza popolare e nazionale e hanno voluto credere che il signore della televisione la incarnasse. Capita che per disperazione si veda quello che ci fa comodo vedere. Tanto forte il desiderio di essere rappresentati, di riconoscersi in qualcuno che interpreti la propria frustrazione e la propria rabbia che si è dato credito a un comico che era solo la brutta copia urlante di un comico vero come Fo, voce qualunquista ma raffinata dei mal di pancia di un Paese oppresso dal perbenismo e dall’ipocrisia. Tanta l’insofferenza per una politica che rappresentava solo se stessa da elevare un modesto personaggio di spettacolo al ruolo di messia, ubriacandolo con un consenso travolgente. Smaltita la sbronza l’elevato è ruzzolato per terra e insieme a lui hanno mostrato la loro vera natura il socio e i suoi seguaci. Il primo un patetico e velleitario banditore di una utopica – per fortuna – società virtuale, rimasto a mezza strada fra il business e un Rousseau da bignamino, è ora impegnato in un redde rationem puramente contabile; gli altri un’accolita famelica espressione di un Sud forte della propria miseria.  Dispiace che in questa tragicomica vicenda abbia finito per perdere credibilità un tema drammatico come quello dell’ambiente, screditato da polemiche strumentali sull’alta velocità e sulle industrie estrattiva e siderurgica.  

Perché al comico, al suo socio in affari e a quell’accolita famelica del Tav, dell’Ilva, delle trivelle non gliene importava nulla prima e non gliene importa nulla ora e, quel che è peggio, del paesaggio naturale e urbano e della salute delle persone, se possibile, anche meno. Del resto la salvaguardia dell’ambiente richiede conoscenze e competenze, oltre che sensibilità, intelligenza, lungimiranza, che urla, slogan e formule d’accatto non possono surrogare. Il risultato è che si continua allegramente a sversare liquami in mare e nelle acque interne, a deturpare borghi e città d’arte, a vandalizzare le coste, a ricorrere ad interventi tampone dopo i disastri e quel, poco, che nel passato era stato fatto a tutela del patrimonio artistico e paesistico è rimasto disorganico e ridotto a stanca e inerte burocrazia.  Con le golette blu che elargiscono certificati di eccellenza alle acque inquinate da colibatteri fecali – tanto per fare un esempio a me vicino le acque di Quercianella – o a quelle cancerogene che imbiancano le spiagge di Vada. Dobbiamo ringraziare i grillini se non c’è più nessuno che, come tanti anni fa faceva Antonio Cederna, pungoli la politica con argomenti e suggerimenti concreti; ora c’è solo chiacchiera, tanta chiacchiera, sostanziale indifferenza e, ahimè, ignoranza.


Antonio Cederna

Chi rimpiange il passato non fa che ribadire i propri abbagli convincendosi di essere stato deluso per non riconoscere di essersi illuso; meglio ammettere la propria dabbenaggine piuttosto che recriminare per presunte involuzioni e immaginari cambiamenti di rotta. Zingaretti non rappresenta il tradimento del partito di Togliatti ma ne è l’adattamento ai tempi, è l’espressione dello stesso partito che pretende di puntellare l’establishment fingendo di volerlo abbattere, il partito che per vocazione fa esattamente il contrario di quello che promette, che fonda nell’ipocrisia la sua ragion d’essere. Ha cambiato linguaggio perché il suo elettorato è cambiato ma i metodi, la criminalizzazione dell’avversario, la violenza gesuitica e all’occorrenza quella di piazza sono ancora lì, insieme con la retorica che ne copre il vuoto assoluto di idee e di valori. Era e rimane il partito che teorizza l’opportunismo, il partito del fine che giustifica i mezzi, che poi il fine è sempre quello del potere per il potere. C’era però in quel partito una certa forza, riverbero della stessa forza dell’Unione sovietica, qualcosa di temibile e a suo modo grandioso, nella scenografia, nella coralità delle standing ovation, negli inni; poi dalle avanguardie operaie si è passati alla canaglia dei centri sociali, bottiglie molotov, spacca vetrine e dàgli al poliziotto e ora a quei due fessacchiotti capisardine, sardine nelle quali secondo il teorico del partito è riposto il futuro della sinistra.


Prima Conte poi le sardine, la nuova force de frappe, mentre il macroniano Letta scioglie la riserva e si appresta a guidare il nuovo partito dei moderati, con un po’ di apprensione e dopo aver guardato se sotto lo scranno su cui si accinge a sedere non ci sia nascosto Renzi. Per la verità è un centro moderato un po’ affollato, come se la carcassa imputridita della balena bianca fosse scivolata in mezzo alla scena politica italiana e tutti facessero a gara per entrarci dentro dopo aver presentato il lasciapassare europeista, liberale e ecocompatibile. Grillini, Forzisti, Piddini, Italiani vivi, Leunini e Piueuropeisti ma anche qualche Fratello d’Italia sgomitano per occupare i primi posti e intanto fanno professione di fede verso i messi del Signore, quello ufficiale reduce dalla visita ai fantasmi dei cristiani irakeni e quello di complemento, il saggio capo dello Stato che come un comune mortale si è messo in posa,pardon, in fila per vaccinarsi. 


Il mondo politico italiano si agita per rimanere immobile, sempre uguale a se stesso e sempre più distante dal cuore pulsante del Paese. E intanto la Grande Discontinuità di Draghi sembra dissolversi nei faremo, nella grande campagna vaccinale prossima ventura, nei dcpm, nelle insopportabili facce dei virologi, immunologi, infettivologi e nell’ottuso ricorso al confinamento (ma perché l’inglese lockdown?) alle chiusure e al coprifuoco, nell’identica incapacità organizzativa e previsionale, nell’assenza di autocritica che impedisce di imparare qualcosa dai propri errori. In questo quadro quanto potrà reggere l’anomalia Salvini? Il Paese per cambiare ha bisogno di un shock che può venire solo dalle urne se è vero che la Lega all’interno della maggioranza di governo ha solo un’alternativa sconfortante davanti a sé: o si allinea o dimostra urbi et orbi la propria ininfluenza; tertium non datur.  Se si dovesse andare avanti così fino al termine della legislatura sarebbe un disastro. Le grandi battaglie che hanno trasformato il partito nordista di Bossi in un grande movimento nazionale nonostante la carenza di una solida impalcatura organizzativa (se fosse per i rappresentanti locali del centro o del sud la Lega non arriverebbe al 2%) sono quelle contro l’invasione, per la sicurezza del territorio, per il recupero della sovranità nazionale, per la difesa dell’economia reale. Nessuna di queste battaglie può avere seguito in un governo condizionato dalle banche, dal Vaticano, dagli euro burocrati.  


A proposito di Vaticano: il segno tangibile della cappa di piombo che pesa sull’Italia è la clamorosa scomparsa di una formazione politica dichiaratamente anticlericale; non era mai accaduto dall’Unità al dopoguerra, quando il vessillo della laicità era saldamente in mano al partito radicale, prima che finisse nelle mani di Pannella e dei suoi nipotini antimilitaristi, abortisti, eutanasisti, droga libera e s’intende europeisti.

  Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione   

 

   Il nuovo libro di Pier Franco Lisorini  FRA SCEPSI E MATHESIS

 


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