Dicotomia politica

 DICOTOMIA POLITICA

DICOTOMIA POLITICA

 Sto scrivendo nella giornata dello Sciopero Mondiale per il Clima e mi imbatto nell’ennesima conferma che la dicotomia politica in Italia esiste ancora; e le maggiori distanze, quando si parla di ambiente, sono ancora tra i due vecchi poli di destra e sinistra. Se i due poli si erano invertiti in campo economico e finanziario, con una sinistra ubbidiente ai comandi di UE, BCE, FMI et sim., se ci si sposta sull’ambiente, i due poli sono rimasti sulle precedenti posizioni, con la destra tanto preoccupata dell’identità nazionale e della sacralità dei confini, quanto indisponibile a cambiare senso di marcia ed adeguare l’Italia agli accordi internazionali per ridurre le emissioni di gas serra; contro una sinistra che cerca di adeguarvisi, nonostante le resistenze del mondo industriale.

 

Greta Thunberg: una sferzata salutare ai signori dei Congressi sul clima senza esiti concreti

 

Questo contrasto appare in tutta evidenza nell’intervista di Piazza Pulita a Greta [VEDI]. Ho guardato l’intervista, piena di buon senso, alla ragazzina, riportata da un giornale di destra, Libero. L’intervista “affoga” in mezzo ad altri articoli che ne sconfessano il messaggio; tra cui quello [VEDI] che critica il divieto di trivellazioni nel mare tra Italia e Grecia, lamentando che facciamo in tal modo un grande favore alla Grecia, ben felice di trivellare nella zona di sua competenza, così succhiando anche il metano della zona italiana, per poi magari rivendercelo “per i prossimi decenni” all’alto prezzo di mercato.

Siamo ancora allo sconsiderato atteggiamento di chi si sente autorizzato a fare qualcosa di dannoso, “sennò lo farà qualcun altro”; oltre ad ipotizzare l’uso di combustibili fossili per decenni a venire, mentre gli sforzi di tutti i Paesi, secondo il Trattato di Parigi, dovrebbero tendere ad evitarne del tutto l’uso nel più breve tempo possibile.

In precedenza, lo stesso giornale pubblicava un articolo che ridicolizzava Greta [VEDIcome “radical chic”, chiedendosi come era riuscita nella sovrumana impresa di farsi ascoltare da tutto il mondo e in particolare di farsi concedere una tribuna come quella dell’ONU. Si insinua cioè l’appoggio dei soliti “poteri forti”, per chissà quale disegno nascosto. Anche il filosofo Diego Fusaro, col quale quasi sempre concordo, s’è aggiunto alla schiera dei critici [VEDI]

  Ora, io non mi accodo ai vari dietrologi nel bocciare questo o quell’appello, se esso è in linea con i miei principi; e nel caso di Greta dico soltanto “Brava!”, perché ho passato, in età più adulta della sua, i suoi stessi travagli nel constatare i maltrattamenti che l’uomo riserva all’unico posto dell’Universo in cui gli sia possibile vivere, checché si avanzino ipotesi di trasferimento su altri mondi, tanto remoti quanto ostili. E sui quali si riproporrebbero gli stessi problemi di vivibilità, che l’uomo porterebbe comunque con sé.

Premetto che questo governo non mi piace, perché si vanta dell’ossequio ai dettami di Bruxelles, perché evita di riconoscere i danni subiti dall’Italia a causa dell’adozione dell’euro, continuando a santificare chi vi ci ha portato: Romano Prodi, tanto da vagheggiarlo come prossimo Presidente della Repubblica; non mi piace, inoltre, perché spalanca i porti all’immigrazione illegale, in pratica dando via libera al caos e alla criminalità. L’unico versante sul quale mi trova concorde è quello ambientale. Non è poco, certo, di fronte al coro di silenzi, omissioni o attacchi contro ogni tentativo di tutela ambientale; ma non sufficiente.

 

La natura procede per cicli: crescita, maturità, declino. La nostra civiltà si culla nel mito della crescita senza fine, dell’eterna gioventù, accelerando in realtà il declino

 

Ma attenzione, se l’opposizione a TAV e trivelle si coniuga con il discorso della fatidica crescita, si scopre che l’una cosa vanifica l’altra: come si fa a crescere, di persone (+ immigrati) e consumi, e nello stesso tempo definirsi amici dell’ambiente?

Il quesito elementare è: perché mai l’anno venturo dovrei spendere più di quello passato, e così via per tutti gli anni a venire? Se nel 2018 ho consumato tot kg di pane, frutta, verdura ed altri alimenti, perché dovrei consumarne di più nel 2019? Perché dovrò cambiare l’auto ogni 3 o 4 anni, se in precedenza la cambiavo ogni 10? Non esiste una risposta logica, solo un’imposizione consumistica; tant’è che ci pensano i fabbricanti a sfornare merce di sempre più breve vita, incentivando così la produzione di rifiuti, con il risultato, tra gli altri, di un mondo soffocato dalla plastica, per terra e per mare. È il nostro stile di vita che deve cambiare radicalmente: diamo per scontate troppe comodità, pensando che a pagare il conto ci pensi l’ambiente.

Ragionamenti banali? Infatti, nessuno più li fa, tanto siamo martellati dal mantra della crescita. Un trend che non risparmia di certo neppure lo Stato, il cui debito pubblico riesce a crescere persino con i tassi prossimi a zero, o persino negativi, oggi vigenti. 

I banchieri hanno ammesso che il bazooka di migliaia di miliardi non è sufficiente a far ripartire l’economia; ripartire, beninteso, nell’ottica della crescita, whatever it takes. Non riescono neppure a far lievitare l’inflazione fino al 2%. Forse sarebbe il caso di chiedersi se non sia il sifone fiscale sempre infilato nelle nostre tasche a toglierci la capacità di spendere e a far crescere il Pil, odierno vitello d’oro. 

 

Per quanti anni si protrarrà la sua dipendenza parentale?

 

C’è un conflitto sotterraneo tra le esigenze di un ambiente sempre più insofferente della nostra presenza sul pianeta, e il grido di dolore delle nuove generazioni, per le quali la priorità è la sopravvivenza economica. Siamo arrivati al punto che i genitori stanno mantenendo i figli, giovani o adulti, dando fondo ai propri risparmi o alla magra pensione, mantenuta ai livelli della lira nonostante il potere d’acquisto si sia ridotto di ben oltre la metà: basta pensare a 1 kg di pane a € 4, circa £it 8000! E le varie partite Iva sono in costante apnea, con il paradosso che sempre più persone pagano per lavorare. Cioè pagano nonni e genitori, finché possono, e finché campano. E poi?

 


Ridono solo in foto: nel mondo dell’euro la loro pensione è ancorata alla lira

 

Certo, quanti siedono sugli scranni del Palazzo non conoscono questa realtà. E quanti vi si sono insediati da poco farebbero qualsiasi cosa pur di non perdere i privilegi della loro “onorevole” esistenza. L’abbiamo appena visto, col nuovo governo. Che tuttavia intende proseguire lungo la strada europea, costellata di cadaveri, non solo nel Mediterraneo, ma anche a casa nostra, coi suicidi censurati dai media.

 

 L’economista Valerio Malvezzi spiega in parole semplici come l’Italia è diventata ostaggio perenne delle banche. L’attuale governo non è migliore degli altri, poiché continua a ragionare nell’ottica dei precedenti, ignoranti e/o corrotti..

Un video di meno di 20 minuti che raccomando vivamente di guardare!

 

Basterebbe che lorsignotri parlassero di più, da pari a pari, con la gente, per rendersi conto del malessere diffuso, soprattutto nelle famiglie, i cui giovani sono alla disperata ricerca di un lavoro con un minimo di stabilità, anziché essere “a chiamata”. Che futuro puoi progettare, che famiglia puoi formare, che figli puoi desiderare se lavori soltanto quando ti chiamano, e per giunta ti pagano una miseria? Quanto ai nuovi “datori di lavoro”, ossia le piccole partite Iva dilaganti, sono costretti a pagare una miseria i collaboratori -pena la chiusura- per far fronte ad uno Stato Moloch, che li subissa di tasse e sanzioni al minimo sgarro.

 


Uno dei tanti, troppi passaggi di gestione, nella speranza di farcela

 

In sostanza, è un incessante scivolamento lungo il piano inclinato che porta alla disoccupazione e alla chiusura di qualsiasi attività: quanti negozi chiudono e riaprono nella vana speranza di un lavoro redditizio, e non in costante perdita? In questo scenario, si moltiplicano i casi di giovani che non riescono ad inserirsi né ad accettare un assetto sociale ed economico che li emargina, con la conseguenza di malattie mentali incurabili: perché non di pillole dello psichiatra hanno bisogno, ma di un mondo meno competitivo e più umano. Cioè l’esatto contrario del mondo teso al profitto a breve, a spese della natura e della nostra psiche.

 

   Marco Giacinto Pellifroni      27 settembre 2019

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