Cosa significa essere di destra o di sinistra?

Cosa significa essere di destra o di sinistra? (Appunti personali)

 
Cosa significa essere di destra o di sinistra?
(Appunti personali)

  Una bella canzone di Giorgio Gaber inizia così:

Le parole, definiscono il mondo, se non ci fossero le parole, non avemmo la possibilità di

parlare, di niente. Ma il mondo gira, e le parole stanno ferme, le parole si logorano invecchiano, perdono di senso, e tutti noi continuiamo ad usarle, senza accorgerci di parlare, di niente.

Tutti noi ce la prendiamo con la storia

ma io dico che la colpa è nostra

è evidente che la gente è poco seria

quando parla di sinistra o destra”.


Descrivere bene cosa vuol dire essere di sinistra o di destra oggi, è leggermente difficoltoso, perché la politica odierna tende a confondere ciò che fu veramente all’origine di questi movimenti.

Fino a circa trent’anni fa la destra rappresentava una parte di questo paese, dedita solo agli affari propri, sostenendo sempre e soltanto pochi industriali, mentre le masse operaie erano sfruttate, sosteneva una scuola per pochi, simpatizzava ed appoggiava governi militari e dittatoriali, propagandava un pericolo comunista come fosse stata la peste del 19° secolo, soffocava le legittime speranze di evoluzione sociale di questo paese.

La storia cambiò certi muri crollarono, trascinandosi dietro ciò su cui poggiava quel tipo di politica e i valori della sinistra caddero per sempre con esso, nemmeno i sindacati nei consigli di “fabbrica” e aziendale erano più gli stessi.

Che cosa accadde?

Cosa fece si, che la mentalità italiana e l’equilibrio politico mutò per sempre sul nostro suolo?

Oggi onestamente faccio fatica a riconoscermi in quella che si dovrebbe definire la “maggioranza di governo” di centrosinistra, come non mi sento rappresentato da nessuna forza che si nomina di sinistra in questo paese, meno che meno in questa città una volta a forte caratteristica operaia e proletaria.

Penso che lo stesso dubbio lo abbiano coloro che si definiscono di destra e di centrodestra, anche miei concittadini.

Gli ideali sono una cosa bellissima ma metterli in pratica costa tempo, fatica e a tanti nel passato anche la vita, come accadde per quelli di Destra e Sinistra, un po’ ovunque.

Sono due ideali ed “universi” culturali e politici estremamente diversi e variegati che vengono utilizzati per semplificare e comprendere gli scenari politici, non si può dire comunque, che in questi ideali storicopolitici non vi siano divisioni fondate.

Storicamente dovrebbe poi in realtà essere più o meno andata così:

I termini destra e sinistra sono entrati in uso nel tardo ‘700, quando i progressisti si sedettero a sinistra e i conservatori a destra del parlamento, tutto è nato durante la rivoluzione francese quando il terzo stato ha deciso di porsi a sinistra nell’assemblea in quanto, la destra ricordava Gesù posto alla destra del Padre.


Ovvero nel maggio 1789 furono convocati gli Stati generali dal Re di Francia, un’assemblea che doveva rappresentare le tre classi sociali allora istituite: il clero, la nobiltà e il terzo Stato.

Quest’ultimo si ordinò all’interno dell’emiciclo con gli esponenti conservatori capeggiati vi da Pierre Victor de Malouet che presero i posti alla destra del Presidente, i radicali di Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau quelli alla sinistra. Questa divisione si ripresentò anche in seguito, quando si formò l’Assemblea nazionale.

A destra prevaleva una corrente volta a mantenere i poteri monarchici, a sinistra stava la componente più rivoluzionaria.

Quando, a fine agosto, si discusse l’articolo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che riguarda la libertà religiosa, “coloro i quali tenevano alla religione e al re si erano messi alla destra del presidente, per sfuggire alle urla, ai discorsi e alle indecenze che avevano luogo nella parte opposta”, dove stava la componente più rivoluzionaria.

La denominazione si consolidò durante l’Assemblea legislativa e la Convenzione Nazionale, da allora Comunisti, i Socialisti e ogni movimento Anticlericale di ogni parte del mondo, decisero di mantenere la posizione a sinistra e da lì fu l’origine dei termini letterari, dalla Francia si estese rapidamente a tutta l’Europa e nel periodo della Restaurazione, la sinistra era occupata dai settori rivoluzionari, la distinzione si conferma come una caratteristica costante del sistema parlamentare, destinata a durare, infatti ancora oggi in ogni parte del mondo soprattutto occidentale è rimasta invariata.

La destra prese questo termine perché si posizionò in quel settore della sala e fin dagli albori, si caratterizzò per essere più reazionaria e conservatrice, essere conservatori significava, cioè come accadde nel 1800 in polemica con la Rivoluzione francese, avversare i progetti utopistici di società perfette e i mutamenti troppo radicali, credere nella libertà individuale e nel mercato, essere severi in tema di ordine e legalità e nutrire un particolare rispetto per la tradizione, la famiglia e la religione.


 È alquanto difficile tuttavia dare una precisa definizione del conservatorismo, molti partiti nel corso del Novecento assumono espressamente il nome di “Partito Conservatore”, sono di solito partiti che pongono l’accento sui concetti di patria, fede, famiglia e ordine sociale, sono partiti tanto liberali, quanto sociali, nella maggior parte dei casi sono favorevoli al libero mercato, ma a volte “conservatori” sono anche partiti che accentuano il ruolo di controllo dello Stato nell’economia. 

La sinistra ha compreso posizioni ideologiche come il progressismo, la socialdemocrazia, il socialismo, il comunismo e, sotto certi profili, il liberalismo sociale. Il termine left è stato utilizzato nel Regno Unito per indicare le componenti liberali (erede degli Whig) e laburista, il termine linke in Germania per indicare prevalentemente i socialdemocratici.

Oggi questa divisione è molto più complessa e spesso il conservatorismo è più diffuso a sinistra soprattutto in certe ali politiche molto estreme, queste contraddizioni sono dovute all’evoluzione storica delle politiche e dei paesi, nazioni e popolazioni dalla quale essa si è sviluppata.

Tornando alla storia italiana della politica, dal 18 febbraio del 1861 il re Vittorio Emanuele II di Savoia, con un solenne discorso rivisto da Cavour, inaugurò a Torino il nuovo Parlamento formato dai rappresentanti di tutti gli Stati e territori italiani annessi al regno di Sardegna, al fine di esaminare il progetto governativo di Unità nazionale, il parlamento italiano è a semicerchio, quindi si può considerare l’ala a destra del presidente che sta a fronte al centro del semicerchio parlamentare ed un’ala alla sua sinistra, quando il parlamento italiano si è riunito la prima volta gli schieramenti politici si sono disposti a destra e a sinistra perché era già consuetudine nei parlamenti eletti in Europa tale sistemazione.

Tuttavia la prima volta che in Italia fece capolino il termine “sinistra” fu in riferimento della Sinistra storica, che governò il Paese dal 1876 per vent’anni con Agostino Depretis, la matrice ideologica del raggruppamento era liberale progressista e si rifaceva alle idee Mazziniane, Garibaldine e dunque democratiche.


Il Governo Depetris

Negli anni di governo della Sinistra storica, si fecero strada alcune forze politiche allora catalogate come “estrema sinistra”:

il Partito Repubblicano Italiano e il Partito Radicale storico, partiti più moderati, ma comunque ascrivibili alla sinistra sotto certi profili. 

La Sinistra storica venne poi succeduta al governo del Paese dalla cosiddetta Sinistra liberale, cioè dall’ala più progressista dello schieramento liberal-conservatore.

Nel Novecento maggiori partiti di sinistra attivi sono stati il Partito Socialista Italiano (il partito più antico, poi Socialisti Italiani e Socialisti Democratici Italiani, oggi di nuovo Partito Socialista Italiano), il Partito Comunista Italiano (in seguito Partito Democratico della Sinistra e Democratici di Sinistra ed oggi assorbendo la grande parte degli ex Democrazia Cristiana, Partito Democratico) e il Partito Socialista Democratico Italiano, entrambi nati da scissioni del primo.

 

 Sino dal 1989, finita l’epoca del blocco sovietico contrapposto al blocco occidentale, si è parlato di tramonto delle ideologie, e questo concetto si è voluto allargare ed estendere sino ad ipotizzare la cessazione della ragione di esistere di determinate contrapposizioni di pensiero, identificate in particolare in quella ormai classica tra capitalismo e comunismo.

  Sicuramente la caduta di regimi, simbolismi e schemi di comportamento ha sconvolto tutti gli schemi che avevano evoluto dalla comparsa delle idee di Marx, e prima ancora da eventi rivoluzionari che avevano visto il popolo proletario ribellarsi all’oppressione di oligarchie e plutocrazie che ne determinavano un sistema di organizzazione del novecento.

 Questa crisi di identità del popolo ha a sua volta creato un vuoto culturale e politico che ovviamente altri si sono preoccupati di riempire, da noi in Italia questo vuoto temporaneo ha molto probabilmente favorito l’ascesa ed il grande successo del berlusconismo, fenomeno che  affonda certamente le sue radici, nella cultura e nella storia della destra ma che sarebbe sbagliato identificare con la destra italiana, perché di essa ha soltanto estrapolato ad arte alcuni concetti, utili a creare seguito e consenso, ma che non possono essere considerati valori in senso assoluto, specie nel modo distorto nel quale sono stati poi utilizzati.  

Oggi sempre più si sente dire da più parti che la distinzione tra destra e sinistra non ha più significato, che non è in grado di descrivere la complessità del mondo politico contemporaneo e che bisognerebbe quindi sbarazzarsene. 

  Le categorie di destra e sinistra, tuttavia, hanno giocato e continuano a giocare un ruolo fondamentale nel linguaggio politico e giornalistico così come in quello quotidiano e popolare. Quando vogliamo sapere qualcosa sull’orientamento politico di una persona la prima cosa che domandiamo è se è di destra o di sinistra. Quando discutiamo di politica assumiamo che tra destra e sinistra ci sia una differenza e spesso litighiamo per difendere una delle due parti in causa. 

In un libricino di poco più di cento pagine destinato a diventare un best-seller sull’argomento, il filosofo Norberto Bobbio difende la distinzione in questione e lo fa proponendo un criterio contestato e contestabile, ma indubbiamente semplice ed efficace: la sinistra cerca sul piano morale e politico ciò che rende gli uomini uguali o ciò che può ridurre le disuguaglianze; la destra pensa che le disuguaglianze siano ineliminabili e anzi che non se ne debba necessariamente auspicare la soppressione.


Prima e dopo di Bobbio sono stati proposti altri criteri: l’opposizione tra destra e sinistra sarebbe, per fare qualche esempio, l’opposizione tra religione e ateismo, tra conservatori e progressisti, tra tradizione ed emancipazione, tra realismo e utopismo, tra violenza e non violenza, tra fare il bene per sé e fare il bene degli altri.

Sono molti però coloro che pensano che la dicotomia destra-sinistra abbia fatto il suo tempo; per fare un nome, Marcello Veneziani, intellettuale di destra, non condivide l’opinione di Bobbio e scrive “Destra e sinistra come le ha descritte e classificate Bobbio nel suo fortunato pamphlet, forse non sono mai esistite; certo non esistono più adesso” (M. Veneziani, Sinistra e Destra).

Veneziani pone alcune domande: il federalismo è di destra o di sinistra? Il liberalismo è di destra o di sinistra? Le contrapposizioni tra comunitari e individualisti, elitisti e populisti segnano una distinzione tra destra e sinistra oppure le attraversano? Temi come l’ambientalismo, il nucleare, la manipolazione genetica stanno a destra o a sinistra? Domande come queste dovrebbero, secondo Veneziani, indurci a mettere in discussione, se non a rifiutare, l’idea che l’opposizione concettuale in questione sia in grado di interpretare adeguatamente l’universo politico contemporaneo.

Secondo mia modesta opinione, seppure sia vero ciò che ho esplicato finora, e specificatamente stiamo sempre più allontanandoci dalle dottrine sociopolitiche del Novecento, siamo ancora ben d’onde lontani dall’affermare che questa storia appartiene al passato. 

  Quando ci diciamo di destra o di sinistra abbiamo in mente qualcosa, è vero, ma è altresì vero che anche se ci sforzassimo, forse non saremmo in grado di esplicitarlo in modo chiaro e preciso, cadendo nella retorica politica.


Per quanto mi riguarda, invece, credo che essere di destra o essere di sinistra non è una questione di guadagno, è un modo diverso di intendere la vita e gli altri.

Le persone possono essere di destra perché ambiziose e sperano che il sistema liberale le offra la possibilità di andare oltre e diventare ricche, oggi ha come modelli di paragone e vuole emulare gente come Berlusconi, Agnelli, Montezemolo, Briatore e altra gente di successo.

La persona di sinistra non vuole un sistema liberale perché non gliene importa nulla della ricchezza economica, una (vera) persona di sinistra, pensa che c’è gente che non ha acqua da bere e lo pensa ogni volta che si siede a tavola, vuole i soldi (come tutti oggi) solo perché servono a vivere e sopravvivere, ma non si è impegnata durante la sua esistenza a diventare ricca.

 Il suo modello non è l’imprenditore o il banchiere di successo, ma colui che riesce a vivere dignitosamente, aiutando il prossimo.

La persona di sinistra crede nella collaborazione e nella cooperazione, rifiuta la logica del dominio e non tollera i sistemi gerarchici.

La persona di destra crede nella gerarchia, nel comando e in una società di sottomessi e diseguali.

Essere di sinistra significa, semplicemente avere una serie di valori, nei quali credere e per i quali battersi. Il valore della giustizia sociale, di una Società che non imponga un’uguaglianza artificiale ma che dia a tutti eguali opportunità.

Una Società che creda nella condivisione di questi valori e nel sostegno ai deboli e questa si chiama solidarietà.

Solidarietà che non si esaurisce nelle idee e negli atteggiamenti ma che si concretizza nei fatti e questo significa welfare e stato sociale, in piena libertà di essere uomini, senza costrizioni e limitazioni.

Libertà, che deve dissociarsi dal significato distorto imposto oggi dalla globalizzazione, all’interno di precise regole che costituiscano la base della democrazia. Democrazia che significa governo del popolo mediante la partecipazione ed il controllo e non solamente mediante la delega. Credo che essere di sinistra, significa credere che i diritti debbano essere uguali per tutti.

Questi diritti debbano essere stabiliti da Leggi e regole ben precise.

Credo che non vi possa essere libertà in un Paese nel quale vi sono uomini e donne in vendita, anche con uno stipendio o dei voucher, dati senza controllo da chi ha il denaro per comperarli. Credo che non vi possa essere un vero sviluppo senza giustizia sociale. 

Tuttavia dopo questa mia lucida analisi, credo che non è certo questo il luogo e il momento per decidere chi ha ragione, ma una cosa sembra essere fuori dubbio: per quanto si cerchi di andare oltre la destra e la sinistra, se non accade qualcosa che sovvertirà anche il pensiero umano, pare che la storia di questa dicotomia sia destinata a durare ancora molto a lungo.  

Paolo Bongiovanni

 

  

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