Comunicare sì, farsi capire è meglio.
Comunicare sì,
farsi capire è meglio
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Comunicare sì, farsi capire è meglio. E’ difficile farsi capire, lo è di fronte uno all’altro figuriamoci attraverso immagini, mail, articoli e comunicati. Da un po’ di tempo vedendo un manifesto appeso in una stazione a Genova mi domandavo quale fosse il messaggio racchiuso, chi fossero i destinatari e quali obbiettivi si ponesse, l’immagine è comunque eloquente.
Il richiamo al noto e drammatico evento G8 di Genova del decennio scorso è chiaro e su quei fatti non si vuole entrare nel merito ma quanto mi ha colpito è l’immagine tratta da una foto ed il messaggio racchiuso. Parrebbe che sia rivendicato da un qualche gruppo di non so quale “collettivo qualcosa anarchico” che si definisce Solidarietà e Azione, viene lanciato un messaggio di solidarietà ai condannati per i fatti del G8 lanciando un appello forte che pretende libertà per tutti coloro che hanno subito una condanna ed una chiara accusa allo Stato, visto come un terrorista.
Lo spirito anarchico emerge perché non ci deve essere nessuna condanna, nessuna sentenza e nessun tribunale: tipo Burundi, con rispetto parlando. Fin qui tutto in linea con il credo di un gruppo di quel genere, ma la domanda sorge spontanea: perché nell’accusare lo Stato si inquadrano dei tipi con maschera a gas o passamontagna intenti a lanciare oggetti? Tutti evidentemente non in divisa, tutti chiaramente non proprio intenti a leggere dei versetti del Nuovo Testamento? Francamente mi sarei aspettato immagini in cui il classico gruppo di celerini malmena dei poveri innocenti, invece abbiamo l’esatto contrario, quindi mi domando perché? Cosa volevano comunicare? Come si può pensare ad un ipotetico stato di innocenza mostrandosi durante un lancio di oggetti con il volto coperto?
Tante volte ci sono messaggi che girano tramite svariate forme e modi ma molto spesso non si capisce cosa vogliano dire, chi siano gli obbiettivi e cosa sostanzialmente si prefiggano, poi, se mascherati e privi di un volto, sarebbero sicuramente più credibili. Così no. ANDREA MELIS
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