Ciò che abbiamo buttato

 CIÒ CHE ABBIAMO BUTTATO

CIÒ CHE ABBIAMO BUTTATO

 Lo spirito vincente dell’Illuminismo, con tutte le sue propaggini nei più disparati ambiti, ci ha talmente inorgogliti che abbiamo buttato via, come sovrastrutture obsolete ed inutili, tutto ciò che non fosse concreto, tangibile, analizzabile. In nome della scienza; anche se poi toccò proprio alla scienza smontare tante nostre avventate certezze.

Tra i ferri vecchi guardati con supponenza, in base a giudizi materialistici, cioè grettamente economici, brilla per la sua passata grandezza la religione.

Abbandonandomi al flusso del pensiero dominante, anch’io ho finito per guardare alla religione come ad uno strumento consolatorio, atto a mantenere la pace sociale, confondendosi con l’ etica. Insomma, la religione-etica come utile instrumentum regni. Per inciso, così è sempre stata, dietro il paravento di presunte risposte ai grandi interrogativi esistenziali dell’individuo, in primis quello dell’immortalità dell’anima; ma a livello di massa lo si è scoperto da poco, quanto è bastato a far franare una costruzione bi-millenaria nel giro di qualche decennio, in un risvegliarsi dell’analoga avversione scatenata, agli albori del Rinascimento, dalla scoperta, ma solo a livello erudito, della rozza falsità di documenti creati ad arte ed eretti a prove inconfutabili, come la famosa Donazione di Costantino [VEDI], per fondarvi l’autorità, e in particolare il potere temporale, della Chiesa.

 


 Constitutum Constantini. Furono il filologo Lorenzo Valla e il cardinale Niccolò Cusano nel XV secolo a smascherare la falsità del documento, redatto in realtà 5-600 anni dopo l’epoca costantiniana (IV secolo).

 

 Ma altrettanto rapidamente ci si è resi conto di quanto questa apostasia sui generis sia stata una falsa conquista; e una immane perdita. Perdita di un credo, che dava senso alla nostra vita, perdita di un’identità, sia personale che sociale. Senza compensazioni, se non esteriori. Purtroppo, certi valori si possono perdere, ma non ricuperare.

 

L’odio di sé dell’Occidente

Ecco, l’Europa si trova oggi a dover rimpiangere di aver disconosciuto le sue radici cristiane, vanificando il sacrificio di tanti nostri antenati, morti in loro difesa, quando si accorge, con colpevole ritardo, di dover fronteggiare antagonisti portatori –e anzi impositori- di una fede a noi estranea, a dispetto del sogno irenista dell’attuale pontefice verso un’impossibile convivenza pacifica pan-religiosa. Convivenza pacifica con un Islam che non perde occasione di minare la nostra coscienza cristiana, sia con la violenza bellica, come l’Isis, sia con l’applicazione di leggi disumane (come l’assoluzione in Pakistan di Asia Bibi ha reso palese al mondo intero), sia con l’invasione numerica del nostro suolo, con la benedizione di un establishment in via di estinzione proprio a causa della sua masochistica follia. Il vuoto interiore che contraddistingue noi occidentali, aggravato da sensi di colpa per il nostro passato colonialista e fondamentalista -mentre gli altri popoli ne sono immuni- ci impedisce di assumere posizioni che non siano quelle di contrizione per i crimini del passato, sia verso altri popoli che verso gli eretici. 

 

 

 Benedetto XVI aveva capito anzi tempo dove ci avrebbe portato l’apertura indiscrtiminata di idee e confini

 

Ci scusiamo per le colpe dei padri e accogliamo “l’altro”come atto dovuto per la remissione dei nostri trascorsi peccati, portandoci a quell’odio verso noi stessi denunciato dall’ultimo vero Papa, Benedetto XVI: “C’è un odio di sé dell’Occidente, che nella sua storia vede ormai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo.” [VEDI

Ciò che rende questa volonterosa resa all’Islam ancora più insensata è che a propugnarla sia addirittura un pontefice, Francesco, che dovrebbe essere invece il Primo Soldato di Cristo contro i falsi profeti; peraltro in unità di intenti con gli eredi dei suoi peggiori nemici di ieri. Sconcerta vedere il PD e il Vaticano fianco a fianco nel predicare quello che passa ormai sotto il nomignolo di “buonismo”, dopo secoli di corazza e spada, come a Poitiers (732), Lepanto (1571), Vienna (1683).  

 


 La prima cruciale sconfitta delle mire islamiche sull’Europa: la battaglia di Poitiers

 

La lista di scorrerie, invasioni, conquiste dell’Islam a danno della cristianità a partire dal VII secolo è sconvolgente [VEDI]; e oggi le nostre chiese sarebbero tutte moschee se i nostri antenati avessero avuto verso i saraceni lo stesso atteggiamento di accoglienza che oggi stoltamente adottiamo, agevolandone l’invasione e arrivando alla dabbenaggine di subire quell’integrazione che invece dovremmo aspettarci da chi ospitiamo.[VEDI]

 


Mentre la legge islamica prevede lapidazioni e impiccagioni per le adultere e le donne “impure” perché cristiane (vedi Asia Bibi), le nostre donne fanno apparizioni di riguardo verso l’Islam, indossando il velo  

 

Lo sconquasso di questa improvvida tendenza verso l’abbraccio del nemico nel segno di un’utopica “fratellanza universale”, in consonanza con il globalismo voluto dall’elite finanziaria, ha infine aperto gli occhi ai popoli, come le ultime elezioni, in più parti d’Europa, Italia in testa, hanno rivelato.

Può una società nichilista tornare a credere?

Il problema prossimo venturo, dopo lo sfascio, che prevedo imminente, di tante impalcature sovrannazionali imposte sulle nostre teste, è quello della difficile “rieducazione” di popoli nichilisti a ritrovati credenti in una nuova verità, più obiettiva e meno aderente a supposte rivelazioni profetiche. 

Come trasformare il disincantato uomo moderno, che si qualifica evoluto, in un fedele, ossequioso di un rinnovato “catechismo”?

Sarebbe interessante scoprire come ciò poté avvenire duemila anni orsono, quando l’ingenua credenza dei primi cristiani, ancora lontani dai futuri concili e sottili disquisizioni teologiche, riuscì a prevalere sulla spregiudicatezza degli smaliziati romani. 

 

 

 

 Giuliano l’Apostata (IV sec.) e Gemisto Pletone (XV sec.) tentarono un abbandono del culto cristiano per tornare, rispettivamente, alla “religione dei padri” e ad una prisca theologia, in un paganesimo neoplatonico

 

Oggi, solo un nuovo Vangelo, più etico che religioso, potrebbe ardire tanto. Nella nebbia che sempre avvolge il futuro, intravvedo una religione di ispirazione panteista, neo-pagana, che ponga al centro il culto della Terra, nuova Gea, con l’annuncio di una verità immanente e regolata da leggi immutabili, eterne, ma mai completamente abbracciabili; e che, in quanto tali, rimandano al divino, all’imperscrutabile trascendente. Una religione, cioè, che parta dalla Terra per indicare il Cielo, anziché viceversa; replicando, mutatis mutandis, l’esperimento dell’imperatore Giuliano l’Apostata, nel suo tentativo di riportare in auge il politeismo, scalzando il cristianesimo; o quello, molto simile, messo in atto, nel ribollente XV secolo, dal neoplatonico Gemisto Pletone, per salvare il salvabile della cultura e del territorio greci dalla incessante avanzata dell’Islam, culminata poi, nonostante l’eroica resistenza, nella presa di Costantinopoli del 1453 e nel sacrilego saccheggio che ne seguì.

Il progetto di Pletone aveva un respiro irenico di dimensione ecumenica: unificare le religioni esistenti, Islam incluso, in un unico credo, basato sul riconoscimento della sapientia perennis, da Zoroastro a Plotino, attraverso Licurgo, i Sette Savi, Parmenide, Platone, Plutarco, Porfirio, Giamblico… Le sue idee ebbero un profondo impatto in Italia durante il suo viaggio in occasione del Concilio di Ferrara-Firenze (1438-39), e ispirarono menti eccelse come Nicolò Cusano, il cardinal Bessarione, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola; nonché i signori di Firenze, Cosimo de’ Medici e di Rimini, Pandolfo Malatesta, che edificò quel capolavoro tra chiesa e tempio pagano che è la cattedrale di Rimini. Pletone riteneva assurdo scannarsi per i diversi credi e puntava ad eliminare questa radice di tante guerre, riducendoli ad uno solo, avallato dalla sapienza dei massimi filosofi di un passato plurimillenario. L’irenismo di Pletone fu l’anticipo del pacifismo di oggi, ma cozzò contro le visioni più secolari che spirituali di papi e sultani.

 

 

La Chiesa-Tempio di Rimini, simbolo della religione unificata che Gemisto Pletone propugnava per instaurare un’epoca di pace, non solo religiosa. In un sarcofago laterale le spoglie del filosofo

 

L’opzione di Ratzinger, del ritorno dell’Europa alle radici cristiane, per quanto desiderabile, sarebbe, a mio avviso, una restaurazione inapplicabile sic et simpliciter, perché pochi sono oggi disposti a credere ancora a verità rivelate, dopo la scoperta delle sovrapposizioni tra sacro e profano cui la Chiesa s’è prestata nei secoli, favorendo il diffondersi della secolarizzazione.

Il tempo a disposizione per un cambio di rotta, con la velocità a cui viaggiano tutti i processi, fisici, mentali e comportamentali dell’odierna civiltà, è davvero ridotto. Se passasse invano, l’Europa non avrebbe la forza interiore di combattere i suoi nemici esterni, il cui numero è in costante crescita; e quelli interni, fortunatamente in declino. 

L’Europa procede in ordine sparso

Ma, a proposito di nemici interni, come giudicare ad es. la Spagna, il cui nuovo leader di sinistra si vanta di accogliere quei barconi che l’Italia oggi ripudia? Vien da chiedersi se El Cid Campeador, che contribuì, sul finire dell’XI secolo, alla reconquista della penisola iberica dall’invasore islamico (i Mori), sia ancora un eroe nazionale.

 


El Cid Campeador (XI sec.), eroe nazionale spagnolo, grande difensore della cristianità contro i Mori. Le sue gesta divennero epiche, tanto da riuscire difficile separare storia e leggenda.

 

La reconquista si protrasse per ben 750 anni, con un enorme tributo di sangue; e si concluse solo nel 1492, con la cacciata da Granada dell’ultimo sultano. Un multisecolare sacrificio, oggi reso vano, non da sconfitte sui campi di battaglia, ma dall’invasione agevolata dei nuovi Mori. Quei barconi sono la versione aggiornata dell’omerico Cavallo di Troia.

Tra coloro che avevano avvertito la gravità del cupio dissolvi delle elite, contro la volontà dei popoli, voglio citare due donne, combattive e visionarie, come lo furono Oriana Fallaci Ida Magli. Osteggiata, ma famosa, la prima; ignorata la seconda [VEDI]. Entrambe avevano capito con grande anticipo, mentre intorno suonavano le trionfalistiche fanfare del multiculturalismo e del globalismo, dove stavano andando a parare tutte queste effimere e ingannevoli conquiste. Le loro prediche, perché tali possono definirsi i loro libri e le loro uscite pubbliche, sono state troppo a lungo inascoltate. Peccato che la loro scomparsa le priverà della soddisfazione di assistere ai grandi mutamenti epocali che a breve ci aspettano, col risveglio di un’Europa ben diversa dall’attuale UE. Nella speranza che siano forieri di reale progresso per tutti gli europei.

      Marco Giacinto Pellifroni    4 novembre 2018

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