CINEMA: HITCHCOCK (2012)

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
   In sala nella  provincia di Savona
  HITCHCOCK (2012)

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala nella  provincia di Savona
HITCHCOCK (2012)

Titolo Originale: HITCHCOCK

Regia: Sacha Gervasi

Interpreti: Anthony Hopkins, Scarlett Johansson, Jessica Biel, Helen Mirren, Ralph Macchio, Toni Collette, Danny Huston, James D’Arcy, Michael Wincott, Kurtwood Smith, Michael Stuhlbarg, Judith Hoag, Wallace Langham, Spencer Garrett, Tara Summers, Currie Graham

Durata: h 1.37

Nazionalità: USA 2012

Genere: biografico

Al cinema nell’Aprile 2013

Recensione di Biagio giordano

In sala nella Provincia di Savona

 Nel 1960 il maestro del brivido Alfred Hitchcock (nel film Anthony Hopkins), dopo il grande successo del film di spionaggio Intrigo Internazionale, desiderava realizzare qualcosa che appartenesse a un genere del tutto diverso, egli aveva in mente  un racconto un po’ particolare per l’epoca, qualcosa di difficile classificazione  collocabile tra il  thriller e l’horror.

Il regista inglese si appassionò al romanzo di Robert Bloch “Psycho”, che si collegava alla reale vicenda del pluriomicida del Wisconsin (Arizona), Ed Gein (Michael Wincott), il quale dopo aver ucciso  numerose persone ne straziava  i corpi  facendoli a pezzi per poi usarli negli arredi di casa e provare ulteriori macabri godimenti.

Con la buona esperienza cinematografica acquisita fino a quel momento, Hitchcock immaginava di poter trarre da quella spaventosa storia un film di un certo spessore spettacolare anche se probabilmente solo di nicchia.

Egli credeva non tanto ad un risultato commerciale eclatante, quanto a un film cult particolare che avrebbe potuto sconvolgere prevalentemente gli spettatori d’elite, con delle sequenze sceniche innovative accuratamente lavorate al montaggio, capaci di lasciare di stucco i suoi fan grazie agli effetti di un nuovo cinematografico del tutto esplosivo in grado di lacerare il vecchio violentemente, senza timori reverenziali relegandolo su un piano di spettacolo inferiore.

La mossa era quella di una pellicola-progetto in grado di shoccare lo spettatore lasciandolo stordito e soddisfatto nello stesso tempo: appagato, seppur provvisoriamente, come può accadere a uno  spettatore con desideri a tratti nevrotici che incontra solo in sala la possibilità di soddisfarli, dinamizzarli, farli diventare pensieri veri in grado di cambiare la propria vita pulsionale e reale.

E’  proprio per  questo veder crescere sempre più il suo   amore   personale verso il libro Psycho, un’opera perversa che lo intriga cinematograficamente come non mai, che Hitchcock,  senza  esitazioni  decide  di  farne una pellicola scandalo capace col suo genio comunicativo di mettere in rilievo la potenza spettacolare del male omicida che per quanto orripilante conferma spesso ad un ulteriore indagine la normalità psichica, quasi familiare con cui si muove l’omicida, aspetti che diffusi non possono non destare ulteriore sconcerto nel sociale perbene. Un male con forti radici antropologiche in grado di sconvolgere per la sua banalità, fin a quel momento rimossa, le coscienze di buona parte del puritanesimo americano.

 
Alla Paramount, per la quale Hitchcock a quei tempi lavorava, non piacque la nuova idea-progetto del regista, pertanto gli amministratori della famosa casa produttrice americana respinsero  fermamente ogni ipotesi di finanziamento. Essi consideravano la trama del film, così come veniva tratta dal libro di Bloch, troppo trasgressiva e offensiva nei riguardi del perbenismo di costume e del puritanesimo moraleggiante vigenti su vasta scala all’epoca negli Stati Uniti, una trama che avrebbe potuto avere grossi problemi anche con la censura tanto da ipotizzare da parte loro che quest’ultima probabilmente non avrebbe fatto uscire il film. All’epoca i censori erano estremamente severi verso i nudi femminili e i modi più meditati, calcolati  di provare piacere nell’uccidere.

Ma Hitchcock per quel rifiuto non si scompose più di tanto, era ormai così ossessionato dal nuovo progetto filmico che decise di giocare la carta  Psycho a qualsiasi prezzo, da solo, magari ipotecando la piscina della sua villa. Questo per pura passione, lui stesso infatti non aveva mai sostenuto il suo progetto in modo tale da ventilare una   sicura riuscita commerciale del film.

Il regista inglese portò avanti quindi decisamente l’idea di autofinanziarsi il film (800.000 dollari circa), chiedendo contemporaneamente alla Paramount di occuparsi solo della distribuzione per la quale le garantiva  un ricavato del 40% sugli incassi.

Ma la famosa casa produttrice  si ostinava a non credere al progetto Psycho in ogni suo aspetto, tanto da non voler rischiare  nemmeno il costo della distribuzione del film di un autore così affermato. Essa accettò con riserva la proposta di Hitchcock sulla distribuzione, che era tra l’altro già frutto di una mediazione, la Paramount garantì solo la proiezione di Psycho in due sale cinematografiche della metropoli americana.

Hitchcock utilizzò per girare il film  gli studi della Universal e  si avvalse, per completare lo staff del film, della troupe legata alla sua serie televisiva di successo.

A sostenerlo, in questo progetto dagli esiti incerti e dai probabili impatti negativi sulle istituzioni pedagogiche e culturali dell’epoca, fu la moglie Alma Reville (Helen Mirren), sceneggiatrice e scrittrice molto dotata, che prima del loro uso  rivedeva  severamente tutti i copioni del marito, dando suggerimenti e rigorosi ammonimenti per quanto riguardava quei punti che riteneva non adeguati al raggiungimento di una qualità dello spettacolo cinematografico superiore alla media, fu lei ad esempio a decidere di far morire la protagonista Marion (Janet Leigh) dopo mezz’ora  dall’inizio del film anziché a metà racconto come voleva inizialmente Hitchcock, per deprimere subito lo spettatore dandogli poi maggior tempo per identificarsi con un godimento perverso, straniante,  rappresentato dalla famiglia di Norman Bates su cui gravavano i maggior sospetti sull’ assassinio di Marion.

Questo bellissimo film di Sacha Gervasi (noto per il documentario Anvil! the story of anvil uscito nel 2008), sembra almeno in parte rifarsi al libro di Stephan Rebello “Come Hitchcock ha realizzato Psycho”.

Nel film il profilo di Hitchcock viene messo bene a fuoco, ma non tanto per quanto riguarda i suoi modi di progettare e dirigere i film, che in questa pellicola vengono descritti nella loro semplice essenzialità in gran parte già nota allo spettatore medio, quanto per i suoi rapporti  più familiari e sentimentali con la moglie Alma,  saggia competente collaboratrice di Hitchcock.

Il film mette in rilievo in particolare, suscitando un forte interesse negli spettatori, la vicenda relazionale tra Alma e lo scrittore  più giovane Whitfield Cook (Danny Huston), con cui la donna collaborerà alla stesura di un suo libro.

Il lavoro di Alma sul progetto libro dell’amico avviene in una casa di Cook, in riva al mare, la giornata è impegnativa finisce solitamente a notte tarda. Alma durante questa amicizia trascura sia la casa sia il lavoro con il marito sul set di Psycho.

L’interesse per Cook da parte di Alma, ad un certo punto, dopo una violenta scenata di gelosia di Hitchcock, sembra finire,  lasciando gli spettatori nel dubbio  su cosa sia effettivamente accaduto di sentimentale tra la coppia di amici.

In ogni caso  anche nell’ipotesi più estrema difficilmente il matrimonio di Hitchcock sarebbe entrato in uno stato di crisi grave, il film documenta come lui fosse sempre innamorato di sua moglie, alla quale elargiva in diverse circostanze parole di forte stima per la sua formazione letteraria e di riconoscimento per una personalità così autorevole da dare alcune sicurezze psicologiche di tipo materno allo stesso Hitchcock.


BIAGIO GORDANO

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