CINEMA: No – I Giorni Dell’arcobaleno

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona

 No – I Giorni Dell’arcobaleno

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona

 No – I Giorni Dell’arcobaleno

 Titolo Originale:No

Genere: Dramma

Nazione: Cile

Durata: 110 Minuti

Anno Di Distribuzione: 2012

Data Di Uscita: 09-05-2013

REGIA: Pablo Larrain

Cast: Gael Garcia Bernal (Ren Saavedra) Alfredo Castro (Lucho Guzmn)

Recensione di Biagio Giordano

In sala nella Provincia di Savona
 In Cile  dal 1970 al 1973 ha governato, democraticamente, una coalizione di partiti di ampia ispirazione di pensiero, caratterizzati da una cultura  politica, ideologica e religiosa.

L’estesa alleanza comprendeva ministri socialisti, marxisti, cattolici, ed era capeggiata da Salvador Allende, socialista, eletto con il 36% dei suffragi.

Durante il  mandato di Allende un selvaggio e prolungato sciopero dei camionisti, organizzato da sindacati politicizzati  di centro-destra e da forze eversive  di diversa natura, paralizzò il paese per diverso tempo indebolendo fortemente il governo. Nel settembre del 1973  Allende venne spodestato con le armi dal generale Augusto Pinochet  appartenente a un complotto  comprendente la CIA  (potente organizzazione dei servizi segreti degli Stati Uniti)  e la stessa Democrazia Cristiana facente parte della coalizione di governo.

Allende trovò la morte, (forse per suicidio) durante l’assalto dell’esercito di Pinochet al palazzo governativo della Moneda a Santiago, combattendo  con un fucile in mano   fino all’estremo delle sue forze.

Lo scontro  avvenne  l’11 settembre del 1973 e rilasciò per molto tempo in tutta la sinistra democratica del mondo uno smarrimento indicibile.

Il tragico evento politico fu anche occasione per alcuni partiti comunisti dell’occidente  che avevano scelto la via democratica al comunismo, compreso quello italiano, per rivedere parti delle proprie strategie politiche. Quei tragici fatti cileni obbligavano ad una  costruzione  di blocchi sociali nuovi, meno conflittuali tali da garantire al sistema democratico una durata illimitata.

 

 Il golpe anche se eticamente non si può certo giustificare in parte però si spiega. Gli Stati Uniti infatti non potevano rimanere indifferenti alle drastiche misure riformatrici di Allende che riguardavano la nazionalizzazione delle risorse  minerarie come quelle del rame e l’accorpamento statale di diversi settori industriali in mano fino a quel momento alle multinazionali statunitensi.

Gli interessi degli Stati Uniti in  Cile erano fondamentali per un  rilevante settore della loro economia.

Il dittatore  Pinochet governò dal 11 settembre del 1973 al 11 marzo del 1990. Il generale, per consolidare il potere  eseguì un vero e proprio sterminio dei suoi maggiori oppositori, arrestò arbitrariamente o torturò più di 600.000 persone sospette di avere forti antipatie per il regime, uccise dai 3.000 ai 40.000 simpatizzanti e ideologi dei principi  democratici, nonché  militanti marxisti e  socialisti; fece sparire per sempre intere famiglie sgradite: che vennero sorprese e rapite di notte nel sonno  e portate lontano con i mezzi  in dotazione ai corpi militari speciali.

Il  governo del generale assunse in breve tempo i l pieno controllo dell’economia e del territorio, riaprendo le porte agli Stati Uniti, accettando  con essi un tipo di investimento a interessi reciprocamente concordati.  Pinochet diede poi libertà di insediamento, in una forma semiliberale, a ogni industria privata fortemente attiva: sia cilena che straniera.

 L’economia cilena in poco tempo ebbe un balzo, in un certo senso fece progredire il paese dando  un nuovo ma relativo benessere. Più del 40% della popolazione continuò però a rimanere in una condizioni di accentuata povertà: a testimonianza di differenze di classe  ben funzionali a uno sviluppo selvaggio del  capitalismo che rimase sempre indisponibile a  partecipare con lo Stato alla costruzione di garanzie sociali più estese.

Il regime di  Pinochet, verso la fine degli anni ’80 venne biasimato, alla luce della globalizzazione in corso, da numerose diplomazie internazionali.  Si pensava che un regime come il suo avesse ormai fatto il suo tempo,  la vita politica  globalizzata necessitava infatti di un sistema politico diverso  con delle  divisioni del potere e  forme partecipative popolari più aperte che garantissero la pace sociale.

Nel 1988 Pinochet  propose di lasciare la libertà di scelta al popolo, con un referendum  che chiamava a esprimersi, con un SI o con  un NO, sul  mantenimento o meno della dittatura cilena.

Pinochet in cuor suo credeva di poter condizionare a suo favore il voto usando, da una posizione di forza, gli strumenti  mediatici storicamente in uso nel suo paese, lasciando all’opposizione solo qualche leggera possibilità di partecipazione pubblicitaria ad alcuni media, tra cui la televisione.

Il generale  pensava di godere ancora di una significativa fiducia tra le masse, soprattutto tra quelle  toccate favorevolmente, in qualche modo, a volte diretto altre volte indiretto, dalla crescita del  benessere del paese.  In fondo lui era stato chiaramente uno dei protagonisti più importanti del nuovo sviluppo economico cileno.

Il film No – I giorni dell’arcobaleno diretto da  Pablo Larrain, ricostruisce alcuni giorni di quella eccezionale e passionale campagna pubblicitaria elettorale, quelli più febbrili caratterizzati da scene di vita quotidiana difficili ma anche luminose.

Da una parte il film mostra le giornate più brutte, là dove il regime cercava  in piazza di intimidire i partecipanti dell’opposizione, cosa che avveniva con il manganello e nuovi arresti a seconda dell’asprezza del linguaggio rivolto contro il regime, e dall’altra il film  costruisce le giornate più belle quelle che riuscirono a passare alla storia cilena per l’entusiasmo popolare espresso dai più; giornate dove protagonista risulterà la veemenza popolare nei confronti di una domanda di  libertà che dopo 15 anni di dittatura non poteva più andare delusa.

Le regole per il referendum elaborate dalla dittatura consentivano all’opposizione di utilizzare i media in forma soft. La cosa doveva avvenire con un linguaggio non particolarmente aggressivo e  all’occorrenza  anche censurabile se non addirittura punibile. L’opposizione poteva intervenire nella televisione, per un quarto d’ora, di sera, e  partecipare alle manifestazioni mostrando il proprio simbolo, che nel caso specifico  era il segno dell’arcobaleno, un segno di pace e nello stesso tempo un’esplosione di colori simbolo di tutti  i possibili  partiti della democrazia futura tanto agognata.

Una croce sul NO della scheda elettorale rappresentava il rifiuto della dittatura.

 

Saranno quelle pubblicitarie giornate di dura lotta, di scontro sulle idee politiche, ma anche di ossessiva competizione sulle furbizie tecniche da usare,  per lo più legate allo strumento moderno della comunicazione  che già allora poteva agire in modo invasivo nella sfera psicologica delle persone dirottandone l’orientamento politico in una direzione o in  un’altra.

Un  referendum  che come il film di Larrain mostra in modo ammirevole per costruzione fotografica e scenica, giungerà alla fine in porto regolarmente nonostante gli incidenti e gli interventi ripetuti, scorretti e volgari di Pinochet  e dei suoi collaboratori attraverso alcune istituzioni mediatiche e nelle piazze contro i regolari modi espressivi dell’ opposizione, da lui stesso voluta e messa in campo con il plebiscito.

Saranno  momenti di grandi passioni, con odi  in campo che sembravano assopiti da tempo ma che invece si riveleranno, per certi aspetti  ancora più virulenti di un tempo tanto da creare  nelle piazze  numerosi incidenti soprattutto per la provocazione arbitraria della polizia.

Il referendum passerà prepotentemente alla storia per l’enorme importanza che assumerà il suo esito nel futuro della storia popolare cilena.

Il film cerca di spiegare il successo dei NO non solo sul piano dell’interpretazione delle idee, del pensiero, del costume e dei principi politici ed etici che animavano la popolazione cilena negli anni ’80, ma anche sulla importanza, già allora spesso decisiva, della conduzione simbolico-comunicativa della campagna pubblicitaria del regime e dell’opposizione.

Sia da una parte che dall’altra nel film  si delineano con precisione, nelle scene di trasmissioni televisive, i modi di agire dei simboli e delle parole mediatiche nell’inconscio delle persone, linguaggi che non sono altro che  strutture significanti dal contenuto intelligentemente semplificato capaci  di cogliere l’individuo nei suoi momenti di debolezza o stanchezza quando una parola ben teleguidata dall’effetto umoristico o da motto di spirito giunge a sciogliere piacevolmente per un attimo la sua depressione giornaliera; ciò avviene in virtù, come la psicanalisi freudiana in pratica dimostra, di un  soddisfacimento inconscio legato a una scarica pulsionale della  indignazione  repressa,  a lungo risparmiata,  civilmente  troppo a lungo contenuta, cosa che porta a simpatizzare anche con l’altro più strumentale, politico che il simbolo rappresenta.

BIAGIO GORDANO

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