15 maggio 1931: un ricordo guelfo

15 maggio 1931:
un ricordo guelfo

15 maggio 1931: un ricordo guelfo

Oggi 15 maggio 2013, il mondo cattolico ricorda la promulgazione della Rerum Novarum, l’enciclica di Leone XIII sulla “questione operaia”, testo che sarà alla base di tutta la dottrina sociale della Chiesa. Vi è tuttavia una seconda ricorrenza legata al 15 maggio e alla Rermum Novarum: in quella data nel 1931, mentre in piazza San Pietro si celebravano davanti a migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, le ricorrenze del 40° anniversario dell’enciclica sociale, vennero diffusi nella piazza gremita 20000 volantini dal titolo “Cristo Re e il popolo – il popolo e Cristo Re”. I volantini furono stampati clandestinamente nella tipografia di Oliviero Ortodossi a Sarezzo e portati a Roma dai bresciani Andrea Cazzani e Pietro Cenini, con l’aiuto di Angelo Pina; il testo denunciava la situazione politica italiana e al contempo ricordava come bisognasse trovare la forza per abbattere la tirannide politica ed il “castello dove regnano la violenza, la menzogna e l’equivoco“. Proseguiva così “…E’ illogico ed assurdo che, nel nostro secolo, i cattolici debbano essere chiamati all’ubbidienza cieca di un qualsiasi potere in qualsiasi modo costituito, e nello stesso tempo alla più perfetta apatia, alla più stupida indifferenza circa le origini e gli scopi di questo potere, abdicando al chiaro diritto preesistente”. Era quella la prima pubblica denuncia al regime fascista da parte di esponenti cattolici e anche la prima clamorosa manifestazione del Movimento Guelfo d’Azione, movimento antifascista cattolico ideato da Piero Malvestiti e Gioacchino Malavasi nel 1928. L’idea su cui si basava questo movimento (che nel nome si rifaceva al guelfismo dell’età della democrazia comunale) era quella di un’opposizione al regime “da credenti, da cattolici praticanti e da liberi cittadini che facevano propri i principi di libertà e democrazia”, come ebbe modo di affermare Malavasi nel dopoguerra. Il movimento si affermò e si diffuse all’interno degli ambienti dell’Azione Cattolica, tra gli universitari e più in generale tra la base dei credenti, dove permanevano degli stati d’animo di insofferenza e di avversione al regime fascista per via dell’inconciliabilità dei suoi dettami con il messaggio cristiano. Dopo quello del maggio 1931 seguirono altri manifesti guelfi in cui si esprimeva la necessità di un’organizzata opera di “educazione”, ovvero quella che agli occhi del movimento era l’azione antifascista più urgente di ogni altra:“Contendere al fascismo il cuore del bimbo, la volontà del giovane, il pensiero dell’uomo […] bisogna dir loro che cosa è la libertà, farla amare e volere.


Piero Malvestiti

L’OVRA per anni cercò, senza riuscirvi, di smascherare l’organizzazione ormai diffusa in gran parte del centro-nord Italia. Solo nel 1933, quando il gruppo dirigente dei guelfi prese parte ad alcune riunioni nel circolo milanese di Giustizia e Libertà di Reginaldo Rigola, la polizia politica riuscì ad arrivare al cuore dell’organizzazione. I dirigenti guelfi Piero Malvestiti, Gioacchino Malavasi, Armando Rodolfi e Oliviero Ortodossi vennero arrestati e dopo nove mesi di istruttoria, il 30 gennaio 1934, il Tribunale Speciale lì condannò: cinque anni di carcere a Malavasi e Malvestiti, tre anni a Rodolfi e due anni a Ortodossi. Era quella la prima condanna politica del regime nei confronti di un gruppo di cattolici e provocò moltissime reazioni sia negli ambienti del regime che in quelli della Chiesa.

“Una volta tornati in libertà i guelfi ripresero immediatamente i contatti e le riunioni. Ad inizio degli anni 40 pensarono di ridefinire in modo programmatico la loro riflessione politica, stilarono così uno programma formato da dieci punti, in cui misero al primo posto l’idea di una “Comunità delle Nazioni Europee” fondata sul “rispetto delle libertà civili e politiche”. L’istituzione, basandosi sul principio della “solidarietà internazionale”, avrebbe dovuto combattere i totalitarismi per difendere la pace. Grande spazio trovarono anche i temi economici: si confermava il diritto alla iniziativa individuale e alla proprietà, seppur “restituito alla sua funzione sociale”, e si prefigurava un interesse pubblico nel governo delle imprese che dovevano presiedere i beni comuni “acqua, comunicazioni e grande credito” e la “lotta alle incrostazioni capitalistiche”.
Oltre al gruppo formato da Piero Malvesti, Gioacchino Malavasi, Edoardo Clerici, Enrico Falck, Luigi Nebuloni, Giambattista Migliori, Gaetano Carcano e Carlo Bellò, si unirono agli incontri esponenti del sindacalismo cattolico e dell’ex partito popolare come Achille Grandi, Stefano Jacini, Ugo Zanchetta e Giovanni Gronchi, ma anche carismatiche figure del clero come don Primo Mazzolari. Inoltre i contatti e gli incontri con De Gasperi e l’area romana erano assidui e costanti. Dalle riunioni milanesi nascerà nel 1942, sulla base dei dieci punti guelfi e con l’aggiunta dei contributi provenienti dagli ex-popolari, il Programma di Milano, uno dei principali documenti fondativi della nascente Democrazia Cristiana. Con la fondazione della DC finirà l’avventura del Movimento Guelfo, il quale confluirà al suo interno. Alcuni dei maggiori esponenti guelfi nelle fila della Democrazia Cristiana avranno ruoli di primaria importanza nella Resistenza italiana, nella neo nata Repubblica e nelle istituzioni europee del dopo-guerra.”

Oggi ricordiamo questa storia, che ha nelle sue fondamenta anche il sacrificio del “nostro” Renato Vuillermin, tra i principali esponenti ed animatori del gruppo guelfo torinese, barbaramente ucciso nel Natale di sangue del 1943 qui a Savona, con le parole del manifesto guelfo del 15 maggio 1931:

Achille Grandi

Cristo Re e il popolo – il popolo e Cristo Re
Manifesto dei democratici Cristiani raccolti intorno alla Cattedra di Pietro nel XL anniversario della Rerum Novarum.

 

Fratelli di fede, cittadini della Universale Città Cattolica, ascoltateci. Voi siete giunti da ogni parte del mondo per ripetere davanti al successore di Pietro il credo sociale che il genio di Leone XIII volle donare agli uomini moderni.
Voi avete certo sentito il fascino di Roma, avete camminato fra le tombe gloriose, calcato col piede il suolo sacro alla Chiesa e alla Civiltà. Ma, forse, vi siete domandati dove sono gli italiani, dove sono i lavoratori cattolici italiani; noi vogliamo rispondervi.
I rappresentanti diretti dei lavoratori cattolici italiani non sono fra di voi. La tirannide politica, nonostante ogni buon volere del Vaticano, tiene lontani dalle vostra assisi anche quei pochi che il carcere o l’esilio hanno risparmiato. Quei pochi, con accorata passione, vogliono dirvi che non camminate soltanto fra le tombe; che il popolo tiene accese le sue lampade; che gli italiani sono degni del loro passato e di loro stessi. Voi ci sentite spiritualmente tra di voi, voi sentite il battito dei nostri cuori quando farete corona dei vostri petti al Santo Padre. Noi non abbiamo perduto il ricordo di nostra gente maggiore, e la passione di libertà che fu l’anelito inesausto e indistinguibile di Dante; e l’amore del vero che, fra tutte, la nostra gente nobilissima e degna di vivere; e l’alta civiltà che donammo al mondo con perenne gioia feconda; i segni della bellezza raggiunta, conquistata ed eternata; e la coscienza civile dei Comuni e la gentilezza dell’Umanesimo e il tormento misterioso della Rinascita e la poesia del Risorgimento e la virtù sublime dei combattenti del Carso. Noi non abbiamo dimenticato tutto questo per comporsi l’abito e il volto e l’anima sotto le maschere di Arlecchino e di Pulcinella; cosa morta e ignobile anche se il burattinaio è di genio. Noi siamo ancora i figli di quelli che diedero una patria all’antica civiltà. Che ricrearono la poesia, la scienza e la sapienza civile; che riportarono la parola di Cristo ovunque è voce d’uomo e rigarono di sangue generoso tutte le strade del mondo. Non vi chiediamo dunque una parola di pietà che rifiuteremo sdegnosamente. Vogliamo dire a voi una parola di fede, ricevere da voi un moto profondo ed affettuoso di simpatia.
Noi non siamo dei ribelli, il ribelle non è il cittadino, il ribelle è il fascismo. Chi nella lotta contro il fascismo si difende non è il ribelle, è l’Uomo italiano.
Il fascismo non concede mezzi legali di difesa. La tirannia è completa e perfetta, la reclusione intellettuale assoluta, l’appello alle supreme gerarchie dello Stato illusoria, la debolezza della monarchia ormai inguaribile. Crediamo non essere oggi illegittime la volontà e l’azione che condurranno alla caduta del fascismo. E’ illogico ed assurdo che nel nostro secolo i cattolici debbano essere chiamati ad un’ubbidienza cieca di un qualsiasi potere in qualsiasi modo costituito, e nello stesso tempo alla più perfetta apatia, alla più stupida indifferenza circa le origini e gli scopi di questo potere, abdicando al chiaro diritto preesistente.

 

Don Primo Mazzolari

 

Il Cattolicesimo è rationale obsequium. L’etica naturale e i principii più comuni del diritto pubblico sono con noi. Noi abbiamo il dovere sacro di denunciare quest’ordine apparente che cela il disordine più distruttivo e di trasmettere intatta ai venturi quella libertà che i nostri padri hanno conquistato e difeso col sangue.

Vogliamo ancora dirvi che se la crisi della democrazia è storicamente crisi di legittimità, è moralmente crisi di fede. La crisi di leggittimità non è guaribile nel mondo moderno che con un ritorno e semplice alla leggittimità razionale, a Cristo e al Popolo.
Ai democratici cristiani è dato vincere la crisi di fede. Per questo, noi vi salutiamo gioiosamente araldi di una vita nuova! Noi siamo certi che, spenti gli ultimi guizzi della tirannide politica, vinti i conati dell’impostura che li accompagnano, abbattuto il castello dove regnano la violenza, la menzogna e l’equivoco, la idea sociale cristiana balzerà dalle rovine più vivida, più virile, più fascinatrice, caparra di giustizia e di armonia fra autorità e libertà.
Sarà compreso allora che, nel mondo moderno, il laicismo non ha che due vie d’uscita: la guerra o la tirannide, nella ricerca affannosa della leggittimità politica e dell’equilibrio morale sociale e economico. Lo stesso fascismo, con tutto il suo carico di male inevitabile e di bene necessario, sembrerà allora un’esperienza meno spregevole: gli sopravviverà certo l’anelito di giovinezza come è stato inteso per un momento dai più inesperti e dai più buoni.
La rivolta degli spiriti è tanto vasta, che l’insurrezione armata non si renderà forse ineluttabile. Il popolo italiano, nel suo profondo buon senso, aspetta il suicidio del fascismo. Il fascismo divorerà se stesso; già i segni sono evidenti, e già il capo ha espresso lo sdegno o la rabbia per l’abbandono in cui i facili plauditori delle ore grasse lo stanno lasciando. Inutile portar delle vittime alla vendetta fascista. Già troppi sono i morti implacati. Il popolo attende ironicamente tranquillo, frustando con fastidiosi epigrammi i tentativi affannosi di galvanizzare un’idea morta. Il popolo attende che questi sovversivi di male congenito, che questi increduli dal multicolore cinismo, che questi corruttori di splendida gioventù, che questi parolai inconcludenti finiscano nel fango in cui sono nati e cresciuti. Il popolo conosce fino in fondo la vigliaccheria del capitalismo, ed è certissimo che in un giorno non tanto lontano gli speculatori, i ladri multiformi, insomma tutta la sporcizia del danaro abbandonerà alla loro sorte questi astuti bricconi, nella ingenua illusione di salvare se stessa.
La rivoluzione di domani, la vera rivoluzione, sarà completa e profonda: ostile così al bolscevismo, le cui radici muoiono nel suolo italiano, come alla possibilità di un più odioso trionfo del capitale. Diciamo capitale non la giusta proprietà, ma il prepotere egoistico e feroce del denaro anonimo: quello stesso che ha scatenata la guerra europea e che è pronto a ripetere il suo giuoco assassino.

Renato Vuillermin

Noi sappiamo di poter ripetere con cuore cristiano le parole da un grande infelice: non abbiamo speranza che in noi stessi e in Dio. Ma, per la nostra stessa esperienza, vogliamo mettere voi sull’avviso, perché il fenomeno italiano è il punto cruciale che attende il laicismo tutto. Il laicismo, tutto il laicismo, passerà prima o poi per questa strada. Il capitalismo tenderà ovunque e sempre di farsi largo con le mitragliatrici.

A voi, per la carità cristiana che alberga nei vostri cuori, farvi palladini dell’idea nuova: a voi chiarezza di giudizio, giusto amore di libertà, fortissimo volere! Che il vostro cuore segua fraternamente, nel Nome di Cristo, la santa battaglia dei lavoratori italiani: che noi possiamo un giorno stringervi pacificamente le mani in Europa che sia veramente l’Impero di Cristo, ridonato al suo Regno.
Il comitato di azione Guelfa tra i lavoratori italiani

Giorgio Masio
Savona, 15 maggio 2013

Gioacchino Malavasi

 

 

 

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