CINEMA: Nebraska

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona
NEBRASKA

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

In sala in provincia di Savona
NEBRASKA

 Titolo Originale: NEBRASKA

Regia: Alexander Payne
Interpreti: Bruce Dern, Will Forte, Bob Odenkirk, Stacy Keach, Devin Ratray, Rance Howard, Missy Doty, June Squibb
Durata: h 1.50
Nazionalità: USA 2013
Genere: drammatico
Al cinema nel Gennaio 2014 Recensione di Biagio Giordano
In sala nella provincia di Savona

 

 

Woody Grant (Bruce Dern) è un vecchio e povero pensionato, taciturno e dallo sguardo fisso  lontano dalle cose, il suo volto inespressivo ricorda per certi aspetti quello assente dal reale di alcuni malati di mente  fotografati negli ospedali psichiatrici degli anni ‘70.

Woody abita con la moglie Kate (June Squibb) e due figli Ross (Bob Odenkirk) e David  ( Will Forte)  a  Billings nel Montana. Il vecchio pensionato  è un ex conduttore di  officina per auto; 40 anni di lavoro non gli hanno procurato alcun risparmio, vorrebbe lasciare qualcosa ai figli ma non può permetterselo, inoltre ha vecchi  conti da pagare  a parenti e  amici, debiti che la moglie, non senza suscitare un po’ di ilarità generale, considera del tutto saldati perché  suo marito, da lei ritenuto un uomo di grande generosità e capacità lavorativa, ha prestato più volte  la sua manodopera di mestiere a tutto il vicinato.


 Woody Grand nella breve vita che gli è rimasta davanti, ama avere sopratutto soddisfazioni di lavoro, anche se le sue condizioni fisiche sono sempre più precarie. Woody desidera poter comprare un giorno  almeno un compressore e un furgone moderno. Un sogno, che il suo inconscio tiene in piedi donandogli speranze un po’ irrazionali, cioè illusioni in un certo senso sagge, poetiche,  ancorate per alcuni aspetti ai significati più ovvii della vita quindi non del tutto folli, che  riescono a tenerlo lontano dalle angosce più paralizzanti.

Woody  crede che nel suo breve futuro di vita  possano ancora irrompere, magari per vie diverse, svariate  fortune.

Un giorno il figlio minore,  David, che lavora in un negozio di elettrodomestici, viene contattato dalla polizia per ricevere notizie  su suo padre. Il ragazzo viene informato che il genitore è stato trattenuto negli  uffici  della polizia perché sorpreso a camminare confusamente per la strada che  da  Billings conduce in Nebraska verso la città di Lincoln, città quest’ultima che Woody vuole assolutamente raggiungere, situata a circa 700 kilometri di distanza dal punto di residenza del pensionato.

La stranezza di quel comportamento trova subito nei suoi familiari  una chiara spiegazione. Il vecchio ha ricevuto per posta una delle tante lettere pubblicitarie che invitano i cittadini ad abbonarsi  ad alcune riviste. La missiva, con una impostazione tipica del marketing più astuto, sottolinea tutti i vantaggi che  derivano dall’abbonarsi, compresa  la possibilità di vincere per sorteggio ben un milione di dollari.


 L’anziano, per una sorta di lapsus freudiano di lettura, forse originato  da un desiderio inconscio divenuto una bozza di forma onirica,  teso  a  compensare in qualche modo la sua triste condizione economico- sociale, legge male la lettera scambiando le parole della possibile vincita con quelle più rassicuranti di aver vinto.

Il figlio David, intelligentemente, sostiene l’illusione che  si è impossessata  del padre, avvertendo che così il genitore può rimanere per un certo tempo costantemente su di tono, e quando il vecchio gli chiede di accompagnarlo con l’automobile a Lincoln per intascare la vincita, non pensa affatto di dirgli di no.

Questo film di Alexander Payne originario del Nebraska, girato in bianco e nero, stupisce per come riesca a tenere desta l’attenzione del pubblico nonostante sul piano del ritmo non si ponga certo a livelli di  ricerca e risultati estetici sufficienti. Potrebbe essere considerato essenzialmente un film d’Essai, ma ha trovato invece sui canali commerciali multisala un certo apprezzamento che ne incoraggiano la prosecuzione della distribuzione anche in quei circuiti.

Ma allora qual è di questo film la chiave del suo misterioso successo? Indubbiamente esse sono  diverse,  ma una brilla in particolare, ed è quella che sta nella capacità di narrare, espressa  in una forma impregnata di sincerità e fedeltà al reale dei nostri tempi lontano quindi da effetti eclatanti ed esteriori o da nuove ideologie propagandistiche e totalitarie.


Il film è semplice nei contenuti ma efficace per quanto riguarda gli effetti che essi procurano, il racconto mette sovente al centro delle scene o sullo sfondo una carica di umanità autentica fatta di piccoli ma significativi gesti, eseguiti dai protagonisti in situazioni cruciali e a volte divertenti, essa è ben messa a fuoco, riconoscibile e confrontabile con ogni nostro punto di osservazione quotidiano.

  Una carica che non può non suscitare  una potente empatia grazie  a tutti quegli anziani al tramonto che vivono  nella tristezza ma dignitosamente amando ancora la vita. Un’empatia che  trasporta lo spettatore verso lidi privilegiati, di intensa osservazione, al riparo da sguardi altrui,  luoghi dove essi possono assistere a certe scene del tutto privi di  freni inibitori e riconoscersi come individui etici-solidali: senza più indossare cioè le faticose maschere dell’esorcizzazione dell’immagine della povertà altrui, aspetto  quest’ultimo sempre più diffuso in occidente.

Grazie alla bellezza discorsiva che anima  questo film,  può  presentarsi nello spettatore medio un’idea nuova di civiltà: qualcosa che possa  accostarsi al mondo degli anziani poveri senza più il timore di rimanerne in qualche modo contaminato, devitalizzato, o intristito.  

 BIAGIO GIORDANO
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