CINEMA: Mystery road

 
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala nella Provincia
Mystery road

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala nella Provincia
 Mystery road

 

Titolo Originale: Mystery road

Regia: Ivan Sen

Interpreti: Hugo Weaving, Ryan Kwanten, Tony Barry, Jack Thompson, Aaron Pedersen

Durata: h 1.52

Nazionalità: Australia 2013

Genere: thriller

Cannes 2014

Recensione di Biagio Giordano

In sala in provincia di Savona 

 Outback (entroterra) è il nome dato al territorio più interno del continente australiano, spesso semi-desertico. L’outback è noto anche  come il cuore rosso dell’Australia, a causa del colore rossiccio del terreno abbondante di ferro.

Una ragazza aborigena  (etnia che rappresenta circa lo 0,60 % della popolazione australiana) viene trovata morta lungo una strada  prossima ad una periferia molto diradata di una città di provincia. La ragazza è stata  dilaniata da un cane feroce.

Il caso viene affidato al detective Jay Swan (Aaron Pedersen),  aborigeno, proveniente da una metropoli  e ritornato nel suo paese natale per stare vicino alla figlia adolescente e la moglie da cui è separato. L’indagine sul  caso appare subito  molto difficile, gli indizi sono scarsi.


 

La  costanza  di Jay  porterà  però a scoprire un complesso intreccio di relazioni criminogene dalle implicazioni più estese del previsto, legate anche a un caso di omicidio  di un  collega del detective avvenuto alcuni mesi prima. Jay lungo la sua ricerca scoprirà  nei quartieri poveri della zona cose che non avrebbe mai voluto incontrare, come traffici di droga e giri di prostituzione minorile  coinvolgenti  diverse  ragazze aborigene appartenenti alla stessa sua etnia.

Come reagiranno i sospettati di buon nome del posto alle indagini acute e prive di  scrupoli di Jay?

 Questa pellicola  thriller  è un’opera  di alta qualità  compositiva, firmata  Ivan Sel  noto per il film Beneath Cloud, del 2002, di genere drammatico sempre sullo stesso filo, ambientato in Australia  che tratta questioni legate al razzismo, in particolare tra aborigini e bianchi, raccontate attraverso  le vicende di vita di una donna bianca figlia di madre aborigena.

 Mystery road (La strada del mistero)  è un film stilisticamente semplice, quasi secco sul piano degli orpelli visivi, ma letterariamente efficace, frutto di una complessa elaborazione di studi narrativi nuovi, alternativi a ciò che di usuale si presenta nel thriller da troppo tempo.


 Da una parte si notano alcuni accorgimenti narrativi  dal sapore classico (ad esempio il suspense e le tensioni della lunga sparatoria), appartenenti al genere thriller di più profonda tradizione americana, dall’altra  si avverte  un tempo di dispiegamento degli eventi originale, molto particolare, addirittura calmo perché privo di scatti nelle azioni salienti o di brusche variazioni di tono nei dialoghi tra i personaggi; una composizione narrativa  dai tratti lenti e silenziosi, sonorizzata da poche parole in un contesto musicale quasi del tutto assente,  che rispecchia la realtà del territorio dove protagonista è una popolazione  altra, taciturna, dai forti tratti alieni nelle espressioni e nel comportamento, depressa, sognante,  affetta qua e là da forme psicologiche catatoniche  denotanti la grave assenza nelle persone di una energia per l’azione.

Gente dai  modi di vita indefinibili, indeterminati, apparentemente sobri, di rigida gestualità, che attraverso la loro costanza comportamentale  fatta di caos umorale, priva di stile danno una sensazione di oscurità psichica, di affezione collocabile tra il nevrotico e lo psicotico.

 

Vite prive di euforie,  chiuse in se stesse,  silenziose, sempre sotto la minaccia di essere coperte dalle ombre della povertà e della rassegnazione.  Cittadini emarginati, umiliati,  presi di mira da parte dei più garantiti, quest’ultimi spesso rozzi e razzisti che trovano nel contrasto di classe vincente una vitalità ferina; garantiti malati di ogni genere di perversione,   già  intenzionati da lungo tempo nel film a delinquere o a prevaricare sui più deboli con la violenza sessuale, lo spaccio di droga, i piccoli poteri fini a se stessi, l’omertà, la corruzione comoda nell’ambito delle istituzioni pubbliche presenti nel territorio.

Il film con la sua telecamera diventa una preziosa testimonianza, per buona parte documentaristica, della tragedia razzista australiana tra cittadini di origine inglese (45% della popolazione) e minoranza aborigena,  in un ambiente che comunemente, soprattutto con l’ausilio dei media in gran parte in possesso dei bianchi,  si osa tuttora definire come civile.

Film di alto valore etico e sociologico che incuriosisce senza morbosità, diverte senza alimentare negli spettatori tratti maniacali, istruisce senza arroganza, stimola a meditare,   porta a  indignare il pubblico più evoluto come pochi film oggi riescono ancora a fare.

 


 BIAGIO GIORDANO
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Recensione di 20 film tra i migliori del 2012 e del 2013 tratti dalla rivista settimanale on-line Trucioli savonesi, film recensiti con una particolare attenzione alla fotografia e agli aspetti letterari e psicanalitici della pellicola.

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