Cinema: Martin

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Martin

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Martin
 

 (Titolo Wampyr in una più recente versione italiana ampiamente rivista e con musiche dei Goblin))

Regia: George A. Romero

Produzione: USA 1978

Genere: Horror

Durata: 85′

Interpreti: John Amplas, Lincoln Maazel, Christine Forrest, Elaine Naydeau, Tom Savini, George A. Romero

Pellicola: inizialmente nel 1978 tutta in b.n. poi successivamente parzialmente colorata, (esclusi i flash back)

Recensione: Biagio Giordano

Il bel 17 enne Martin (John Amplas) dopo il suicidio della madre Elena va ad abitare presso il prozio Cuda (Lincoln Maazel), un negoziante di alimentari di Pittsburgh sobborgo di Braddock in Pennsylvania. Cuda è un uomo anziano, cattolico, fanatico e superstizioso che considera il nipote un vampiro, un posseduto dal demonio, un nosferatu (non morto) un personaggio lugubre nato nel 1892 proprio in Transilvania come il primo Dracula della letteratura.


 Martin nonostante la sua straordinaria lucidità mentale, che lo porta a muoversi tra la gente in modo scaltro, è in realtà un malato psichico, uno psicopatico necrofilo, i cui disturbi, già presenti nell’infanzia, anziché essere stati analizzati e curati da qualche psichiatra esperto, sono divenuti oggetto del più bieco e folle fanatismo religioso.

Il prozio Cuda avvisa Martin, o meglio avverte l’alter ego del ragazzo (quella parte di lui che il prozio ritiene posseduta dal demonio), che in casa sua non avrà scampo, o si redime da un passato omicida convertendosi integralmente all’etica del cattolicesimo, o per il bene della sua vera anima verrà annientato, distrutto per sempre come si fa tradizionalmente con i vampiri nella letteratura classica.

Martin si ritiene solo un malato psichico, ma a nulla varranno le sue sensate e razionali difese dalle accuse di Cuda che lo porteranno a dimostrare tenacemente, con insistenza come sia l’aglio che la croce su di lui non abbiano alcun effetto.

Martin seda le donne che lo colpiscono visivamente per qualche misteriosa particolarità estetica, lo fa con una siringa contenente della droga. Una volta addormentatele taglia loro i polsi con una lametta da barba, bevendone poi il sangue.

 

 Quando a Pittsburgh, con una donna sposata, il ragazzo scopre la bellezza dell’erotismo e del piacevole dialogo post-orgasmo, avvengono in lui degli importanti cambiamenti: contraddistinti da nuovi pensieri che sembrano preannunciare un miglioramento della sua grave malattia psichica; questo avviene nonostante che Martin continui a provare oscuri desideri di morte verso le donne, tra le quali però, quasi a sorpresa, non riesce più a trovare volti che destino in lui pulsioni omicide.

Ma l’amante di Martin promotrice del suo cambiamento è affetta da una grave forma di depressione e un giorno si uccide, nel bagno, mettendo nei guai il ragazzo che diventa per il prozio Cuda il principale indiziato della morte della donna.

Riuscirà Martin, nonostante le nuove complicazioni della sua vita, a sfuggire al potere dispotico del prozio e a trovare una via di salvezza dal suo male psichico?

La prima parte del film è la più sconvolgente e terrorizzante, paurosa perché priva di quelle mezze tinte cromatiche, luminose, capaci di distrarre la vista e diluire le apprensioni visive per i particolari di un omicidio in corso, essa si svolge in una cuccetta di un convoglio ferroviario, occupata da una ragazza che aveva colpito in precedenza Martin per lo stile molto riservato e la sua morbida bellezza.

Sul treno che porta Martin dal suo prozio Cuda, il ragazzo assale con una siringa la ragazza ingaggiando una lunga lotta, corpo a corpo, e dopo aver avuto la meglio su di lei, Martin addormenta la vittima e la uccide, bevendone il sangue.

Questa prima parte della pellicola è in netto contrasto stilistico con il resto del film, perché, usando un gergo cinematografico, è come se telefonasse a vuoto, preannunciando, malgrado la bravura di Romero e paradossalmente proprio in virtù di una sua estrema cura nella composizione, forme espressive per il futuro immediato della narrazione che non avverranno. 

Nel seguito della narrazione prevarranno infatti aspetti ironici e di costume, con tratti anche farseschi, come quando Martin spaventa a morte il prozio mascherato da vampiro o quando il ragazzo anticipa, nelle intenzioni, le mosse della prima amante della sua vita dicendole di aver capito da alcuni dettagli che voleva fare sesso.

Il film a un certo punto oscilla fastidiosamente tra il serioso e il beffardo, tra il grave e il sarcastico, ma tutto sommato si salva, piace, impressiona soprattutto per i contenuti, come accade raramente nel cinema, che sono di per sé di forte impatto visivo-inconscio.


George A. Romero regista del film

Nel complesso il film, nonostante lo scarso successo di pubblico, è da considerare un apprezzabile film horror che brilla per  originalità sopratutto perché in esso, a differenza di altri, tutto è realistico: soggetto e fenomeni psichici, quest’ultimi correttamente riconoscibili tramite i  tradizionali vocabolari psichiatrici, edizioni fine anni ‘70.

Romero è molto bravo, un po’ paradossalmente, per una mancanza, cioè nel riuscire a fare a meno, senza indebolire la qualità del film, di certi modelli horror, tipici degli anni ’70, oggi un po’ frusti, che consentivano allora, usando collaudati cliché, un incasso sicuro, senza infamia e senza lode, con un livello professionale del cast non necessariamente alto, anzi spesso medio basso.  

Romero con questa sua opera, da grande autore qual è, improvvisamente cambia tutto, sia lo stile espressivo sia quei contenuti simbolici che erano divenuti esemplari; modifica quasi tutte le forme proprie dei suoi film, calandosi in una realtà più coinvolgente che dimostra quanto questo brillante autore sia anche un artista molto versatile, creativo, anticonformista, non influenzabile dalla mediocrità dell’industria cinematografica media.

  Biagio Giordano  

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