CINEMA: la bicicletta verde
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona
La bicicletta verde
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RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona
La bicicletta verde
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La bicicletta verde (Wadjda) Genere: drammatico Durata: 98 min. Diretto da Haifaa Al-Mansour Interpretato da: Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdullrahman Al Gohani, Ahd, Sultan Al Assaf, Dana Abdullilah, Rehab Ahmed, Rafa Al Sanea, Mohammed Albahry, Mariam Alghamdi. Prodotto nel 2012: in Germania, Arabia Saudita Distribuito in Italia da Archibald Enterprise Film Recensione di Biagio Giordano Film in sala nella Provincia di Savona |
Arabia Saudita, l’adolescente Wadjda sperimenta ogni giorno, in casa e nella scuola dell’obbligo femminile, i limiti che vengono imposti dalle istituzioni ai suoi desideri e bisogni. Alla ragazza viene impedito di soddisfare un’esigenza inderogabile come può essere la partecipazione giocosa, attiva e rispettosa del sociale, alla vita del paese in cui vive, e inoltre le viene proibito ogni desiderio che comporti in qualche modo un piacere legato alla scoperta progressiva del proprio corpo non filtrata dalla religione. Le relazioni permesse alla ragazza sono poche, e per lo più con persone in qualche modo dedite ad una funzione di tutor che la riguardano direttamente. A Wadjda viene impedito ogni approccio che porti a un dialogo vero, vivo con i suoi concittadini. Per Wadjda anche le amicizie più comuni e dalla tipologia idonea a confrontarsi con gli aspetti psicologici fondamentali della sua età, sono scoraggiate o rigorosamente controllate dai suoi tutori di turno: il padre, la madre, l’insegnante.
Il mondo in cui vive la ragazza è molto frastagliato socialmente, disseminato da blocchi relazionali contrapposti creatisi a seguito di un autoritarismo generazionale di lunga data fatto anche di permalosità e intolleranza, un mondo così chiuso nella propria cultura invariante da favorire nei giovani più intelligenti e reattivi, forme di clandestinità e trasgressione nella scelta stessa delle amicizie, anche quelle più banali e frivole. Aspetti quest’ultimi che denotano il bisogno di un futuro innovativo nei costume. La ragazza vive in una nazione ancora monarchica, sempre più ricca economicamente grazie al petrolio, ma con un welfare ancora troppo povero. Uno Stato che appare oligarchico e autoritario, forse inconsapevolmente classista-aristocratico, con una cultura fortemente maschilista supportata massicciamente dal Corano, uno Stato che domina anche nelle periferie inducendo con il potere forme di violenza psicologica, di condizionamenti che incoraggiano nell’amministrazione di periferia l’educazione autoritaria e l’eccesso di severità formale verso i giovani in ogni attività culturale, civile, e religiosa del territorio. Ma Wadjda vuol fare la sua piccola rivoluzione culturale sposando istintivamente un femminismo naturalistico che la porta a non rinunciare ai propri desideri di uguaglianza con i maschi. Essa sa che con l’acquisto di una bella bicicletta verde, ammirata in un negozio del luogo, sarebbe più rispettata dall’amico con cui gioca finita la scuola. La bici ha un prezzo alto, 800 riyal nella moneta araba, corrispondenti a circa 160 euro per l’Europa, la sua famiglia molto conformista è restia a comprarla perché nella cultura araba, per una tradizione che non accenna a spegnersi, non sta bene veder girare una donna in bici. Wadjda è decisa ad andare avanti nel trasgredire a delle norme di costume che le paiono sempre più assurde, e cerca quindi di guadagnare in qualche modo i soldi necessari all’acquisto della bici verde. Si inventa dei lavori a mano tra cui quello artigianale, costruendo con grande fatica braccialetti da far concorrenza ai negozi, con impressa l’immagine della squadra di calcio del cuore che le botteghe di zona non hanno. Ma pur vendendo bene Wadjda si rende conto ben presto che il guadagno è minimo e la fatica esagerata, la ragazza capisce a un certo punto, con sgomento, che non può raggiungere la cifra necessaria in tempi ragionevoli. Wadjda non accetta le forme educative che le sono imposte dalla famiglia nonché dalla scuola anche perché scopre quasi ogni giorno contraddizioni di vario genere nel comportamento delle persone che hanno il dovere di istruirla sul buon comportamento nella vita. Ad esempio la maestra viene a scuola con i tacchi delle scarpe alti, cosa che rende più slanciata ed erotica la sua figura femminile, ma non si fa scrupoli nel rimproverare severamente Wadjda quando viene a scuola senza il velo sul viso, un’usanza quest’ultima presente nella cultura araba da lunga data per non accendere improvvisi desideri negli uomini in circostanze non opportune cosa che allontanerebbe da Dio anche se solo provvisoriamente. La maestra dice poi che quando si è in giro, in gruppo insieme alle compagne di scuola, non si devono guardare gli uomini, ma lei riceve di notte, in casa sua, un amante, che sorpreso dai vicini è stato fatto da lei passare per un ladro cosa a cui nessuno poi, nel diffondere la notizia, ha creduto. I genitori di Wadjda hanno dei forti contrasti per nevrosi molto ben radicate, sintomi che appaiono per lo più legati a desideri di libertà dalle costrizioni matrimoniali, libertà non ammessa dalla loro cultura. Questi conflitti li porteranno a lunghi distacchi affettivi che saranno di cattivo esempio per Wadjda che non ne capisce il senso perché non le è stato da loro spiegato. La grande occasione per comprare la bicicletta le viene offerta alla ragazza da una gara di Corano organizzata dalla scuola. Le istituzioni scolastiche molto attente al tema religioso decidono di dare alla gara un certo tono, mettendo in palio un ricco premio in soldi, di mille riyal. La ragazza pur non prediligendo nella scuola dell’obbligo materie religiose, pensa che con la sua grande volontà di emanciparsi culturalmente da una tradizione civile retriva e straniante possa trovare le energie per studiare moltissimo e magari vincere. Riuscirà Wadjda a vincere il premio di mille riyal e a comprare la bicicletta verde? La bicicletta verde è un ottimo film pedagogico culturale, che ci fa conoscere realtà non facili da reperire con altre forme artistiche. La regista araba Haifaa Al-Mansour, prima donna saudita che si cimenta in un lungometraggio di portata intellettuale sul suo paese, rappresenta con questo film una svolta importante nel cinema arabo perché riverbera sullo schermo effettivi cambiamenti in atto, anche di costume, nel sociale saudita. Il film ci porta a conoscenza di una sorta di breccia innovativa che si sta, seppur lentamente, aprendo nella granitica e fino a ieri del tutto impermeabile cultura-teologica araba. Il film ha vinto il primo premio al festival del cinema di Dubai 2012, cosa che fa ben sperare in un allargamento anche nell’Arabia Saudita della presa di coscienza nella donna dei suoi diritti fondamentali, che passano indubbiamente attraverso la ricerca di una via paritaria con i diritti concessi da tempo agli uomini. |
BIAGIO GIORDANO |