SIAMO TUTTI (O QUASI) PUTTANE

Analisi semantica dello slogan di Ferrara “Siamo tutti puttane”
SIAMO TUTTI (O QUASI) PUTTANE

 

Analisi semantica dello slogan di Ferrara “Siamo tutti puttane”

SIAMO TUTTI (O QUASI) PUTTANE

 

Il sostantivo e aggettivo femminile “puttana”  deriva dall’antico francese putaine, che, a sua volta, deriva dal latino putidum, cioè “puzzolente, sporco”. E’ usato come epiteto volgare  e spregiativo in luogo di “prostituta”, donna che si prostituisce. Naturalmente può essere declinato anche al maschile: “puttano”e “prostituto”.

Il verbo “prostituire” significa, secondo l’etimo, “porre davanti, esporre” (dal latino pro + statuere) . Nella lingua italiana questo verbo transitivo nella forma attiva ha due significati: 1. Concedere ad altri, per danaro o per qualsiasi altro interesse, quello che, secondo la morale comune in una determinata società, non dovrebbe essere oggetto di  mercato. 2. Indurre alla prostituzione, cioè a prostituirsi o, in senso figurato, indurre al servilismo o a un’avvilente sottomissione anche intellettuale.

Nella sua forma passiva (prostituirsi)  significa:

1. Far commercio del proprio corpo e, in senso figurato:

2. Vendersi, avvilirsi, perdere la propria dignità per danaro o per qualsiasi altro interesse o vantaggio.

E tuttavia la prostituzione, come è noto, non si configura come reato, né può considerarsi, in quanto tale,  una professione sempre e comunque degradante; basti pensare al prestigio di cui godevano nell’antica Grecia “etere” celebri come Frine, Taide e Aspasia, o, nel Rinascimento, la cortigiana e poetessa veneziana Veronica Franco, che ebbe tra i suoi clienti nientemeno che Enrico di Valois, il futuro re di Francia. Quindi ognuno, una volta raggiunta la maggiore età, è libero di prostituirsi come e quanto crede, purché lo faccia di sua spontanea volontà, sia il frutto di una  sua libera scelta e, per così dire, eserciti in proprio; salvo che  non si verifichi il famoso oltraggio al comune senso del pudore, ovvero non si compiano atti osceni in luoghi aperti al pubblico. D’altra parte non potrebbe essere diversamente se, fino all’attuazione della Legge Merlin, nel 1958, la prostituzione veniva legalmente praticata nelle “Case di tolleranza” sotto il controllo dello Stato; da allora si configurano invece come reati l’induzione, il favoreggiamento e lo sfruttamento della medesima.

 

 

A rigor di logica, questi non sussisterebbero senza quella; ma un conto, a ben vedere, è esercitare la prostituzione per libera scelta e senza lenoni, profittatori o protettori vari, un altro piegarvisi per costrizione o fisica o psicologica, oppure con il miraggio di una particina in qualche fiction televisiva o nel mondo del cinema o della moda (quando non di una facile carriera politica). Ma attenzione: il codice penale contempla, anche, il reato di prostituzione minorile (art 600bis), e lo colloca tra i delitti contro la persona, disciplinati nel libro II, titolo XII del medsimo codice. Il primo comma del suddetto articolo stabilisce che commette questo reato “chiunque induca o sfrutti la prostituzione di un soggetto minore degli anni diciotto”, che è proprio il reato (per tacer degli altri) di cui è stato riconosciuto colpevole, dal collegio giudicante (tutto femminile: quasi un contrappasso!) del Tribunale di Milano,  l’imputato Silvio Berlusconi; reato quanto mai infamante, la cui sola imputazione  avrebbe stroncato la carriera politica di chiunque in qualsiasi altro Paese democratico; ma, evidentemente, non qui da noi, in questa Italia  in maggioranza cattolica (o sedicente tale), in minoranza laica, divisa tra chi crede (o finge di credere) che quelle di Arcore fossero davvero cenette eleganti, e chi invece si sente trattato da povero gonzo; in parte spaventosamente arretrata e incivile (penso agli insulti razzisti vomitati contro  ministro Cècile Kyenge), in parte civile e accogliente, in parte  frastornata e  confusa, in parte  più furba che intelligente,  in parte onesta e laboriosa, in parte medievale (ma senza più cattedrali) e in parte proiettata verso un futuro sempre più tecnologico, ma sempre sull’orlo di qualche baratro o catastrofe ambientale, tellurica, economica, finanziaria, affaristico-malavitosa, istituzionale, politica  o morale.

 

In questo contesto  uno dei più “pesanti” cortigiani berlusconiani, Giuliano Ferrara, ha lanciato dalle colonne del suo giornale, Il Foglio di martedì 25 giugno, lo slogan “Siamo tutti puttane”, con l’intenzione dichiarata di  confutare, ridicolizzandola con uno sberleffo da avanspettacolo (e con una impropria generalizzazione),  la sentenza de Tribunale di Milano: “Se ti piace invitare giovani donne a casa tua, con i tuoi amici magari un po’ puzzoni o buzziconi, e se ti prende il ghiribizzo di raccomandare per telefono, esponendoti direttamente, un trattamento umano per una di loro, incappata in una disavventura e trattenuta in Questura, allora meriti la distruzione politica, mediatica e giudiziaria, la gogna e la galera, la paralisi del tuo essere persona e cittadino, a vita”. Già, a parte il fatto che la galera è soltanto nominale, data l’età dell’imputato, e che l’interdizione perpetua dai pubblici uffici non gli impedirebbe di condurre una vita  dignitosa da privato cittadino multimiliardario, che cosa pretendeva il “puttano” (se lo dice lui possiamo ben credergli!) Ferrara da un Tribunale della Repubblica? Che credesse alla sua  edificante ed edulcorata rappresentazione del Cavaliere in versione buon Samaritano, solo preoccupato di salvare una povera ragazza sbandata dalle mani della…polizia di Stato? Andiamo, Ferrara, tu sei troppo uomo di mondo per non renderti conto  che la tua ricostruzione “evangelica”, da dama di carità, dei fatti avvenuti alla questura di Milano in quella fatale notte, non sta in piedi, e che è credibile solo da fanatici berlusconiani  o dalle sue fedelissime “amazzoni” e pasionarie alla Micaela Biancofiore! Dunque perché ti svilisci a tal segno?  Chi è che ha “malmenato la giustizia, il senso comune, la prudenza e la saggezza del giudicare” tu, che ti autodefinisci “puttana”, o il “Tribunale delle Erinni” (come hai chiamate le tre donne che hanno emesso la sentenza) che, per chi non lo sapesse, erano deità nate da Gea (la terra) e dal sangue di Urano (il cielo), ed erano la personificazione del rimorso e del senso di colpa che perseguitava chi si fosse macchiato di delitti di sangue!


Vedi dove ti porta la tua furia puttanesca, servile  e antipuritana? Proprio là dove al posto della ragione e della giustizia parlano le viscere e il cieco risentimento,  il contrario

esatto di come dovrebbe argomentare un accorto apologeta di Cesare. Tra l’altro, il tuo slogan “generalista” riecheggia, non so se volutamente o meno, il famoso Ich bin ein Berliner di John F. Kennedy, pronunciato in ben altro contesto storico: “Oggi [26 giugno 1963] nel mondo libero l’orgoglio più grande è dire ‘Ich bin ein Berliner’. Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole ‘Ich bin ein Berliner’”. Va bene che, come ha detto Marx, la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa, ma qui siamo oltre la farsa, siamo all’orgoglio della prostituzione intellettuale contrabbandata come apologia della libertà di pensiero e, ahimè, di induzione, favoreggiamento e sfruttamento delle ambizioni di minorenni (e maggiorenni maggiorate) a fini sessuali; e su questo i puttani e le cortigiane assatanate del povero loro leader carismatico   perseguitato dalle tre Furie del Tribunale – che non hanno creduto neanche a una parola delle favole addotte dai due azzeccagarbugli Ghedini e Longo, malgrado fossero supportati dalle televisioni e dalla stampa di famiglia o amica del Cav – possono pure prodursi nei loro più riusciti e collaudati numeri acrobatico-retorici; o magari, presi da sacro furore, stracciarsi anche le vesti per farci credere che, se il loro leader-padrone ha peccato, lo ha fatto solo per eccesso d’amore e di generosità verso quelle povere ragazze indifese e diffamate dai media a lui ostili (chissà poi perché), ma non per questo la loro prostituzione intellettuale e morale diminuisce, anzi si accresce a dismisura, tanto che oggi, il loro orgoglio più grande è proclamare: “Sì, siamo tutte puttane e puttani, e allora?”. Contenti voi! Noi già lo sapevamo.

 

FULVIO SGUERSO

 

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