Cinema: Hammamet
Hammamet, un film del 2020 diretto da Gianni Amelio.
Lingua originale italiano, francese
Paese di produzione Italia
Anno 2020
Durata 126 min
Genere biografico, drammatico
Regia Gianni Amelio
Sceneggiatura Gianni Amelio, Alberto Taraglio
Livia Rossi: la figlia Anita
Alberto Paradossi: il figlio
Luca Filippi: Fausto Sartori
Silvia Cohen: la moglie
Renato Carpentieri: il politico
Claudia Gerini: l’amante
Federico Bergamaschi: il nipote Francesco
Roberto De Francesco: il medico della clinica psichiatrica
Attenzione questo commento contiene spoiler
La pellicola si sofferma sugli ultimi sei mesi di vita di un immaginario Bettino Craxi (ex segretario del PSI), vissuto, in prossimità della fine della sua vita, ad Hammamet in Tunisia.
Nella vita reale Craxi è stato uno dei protagonisti della politica italiana degli anni ’80, fautore di un’ideologia nuova che metteva al centro un innovativo liberalismo economico sostenuto da uno Stato efficiente e produttivo: una sorta di alleanza legata da un interesse reciproco, qualcosa che avrebbe dovuto essere funzionale alla crescita generale del Paese, sia sul piano etico-sociale che strettamente industriale.
Il progetto di messa in pratica di alcune parti essenziali della nuova ideologia, dopo diversi anni di importanti conquiste civili e di libertà costituzionali, nonché di significativa crescita economica del Paese (con Craxi al governo della Nazione come Presidente del Consiglio), franò miseramente, inciampando sulla vicenda giudiziaria di Tangentopoli, che scoprì la presenza in Italia di un sistema di finanziamento ai partiti illecito e dannoso per il mondo del lavoro, in quanto con le assegnazione di appalti a imprese scelte in base alla quantità di denaro elargito ai partiti anziché su criteri che garantissero qualità delle opere e sicurezze antinfortunistiche, si minava nelle fondamenta quell’etica del progetto di sviluppo tanto proclamata dal Partito socialista (e non solo) per lungo tempo.
Il film è animato da alcuni fatti veri e altri fantasiosi, ma in sostanza sembra in qualche modo voler interpretare qualcosa, dire la sua (ipoteticamente) sul pensiero che probabilmente animava Bettino Craxi negli ultimi suoi mesi di vita.
Ne esce un uomo ricco di umanità, fedele al pensiero ideologico che lo aveva mosso inizialmente, riproponendolo nelle mete al futuro dei giovani immaginati. Una volontà di voler sfuggire, pur nel breve tempo che gli restava e con sopratutto l’aiuto dell’immaginazione, alla ossessione nevrotica che rilasciava quel mondo politico del quale era diventato vittima, un mondo che in generale sembrava regredire ancora, e sempre di più verso il godimento primario che rilascia il potere fine a se stesso…
Un Craxi desideroso di espiare la sua colpa non nella inutile punizione fisica, ma nella meditazione purificatrice e nella identificazione con le nuove generazioni politiche fonte di speranza e rinascita, godendo con ciò di un conseguente effetto di ricomposizione unitaria del suo corpo, unità intesa come utile esito finale di una condanna che riconosceva come inevitabile ma che andava patita in modo diverso, verso la redenzione e non verso l’abbruttimento che dà il carcere quando è incapace di rispettare la Costituzione Italiana, una pena quindi vissuta in Tunisia con autocoscienza ed elaborazione costruttiva del proprio reale frantumato…