Cinema. Brevi recensioni

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Brevi recensioni

 Match Point

Match Point è un film del 2005 scritto e diretto da Woody Allen, con protagonisti Jonathan Rhys-Meyers (Chris Wilton) e Scarlett Johansson (Nola Rice)

Il Woody Allen più maturo sul piano del saper raccontare per immagini.

La migliore opera di Woody Allen, per le raffinate tecniche letterarie, la curatissima e ricca composizione fotografica, la scorrevolezza narrativa, il montaggio, lo spessore culturale della sceneggiatura, la regia degli attori.

Un Dostojevski rivisitato in chiave moderna grazie allo spunto narrativo sempre fertile, sulla logica dei contrasti, offerto dalla povertà di certe classi sociali, povertà che attraversa ogni tempo e luogo.

Una morale del film potrebbe essere questa: Il povero bello e fortunato può avere qualche chance di affermazione sociale, ma quante menzogne deve dire e quanti crimini deve commettere per stare al gioco. Ne vale veramente la pena se alla fine ha solo sembianze che luccicano?…

Bellissimo film, con potenti emozioni anche da thriller…

Teoria del caos sullo sfondo esistenziale: la vita umana come piega fortunata del caotico processo cosmico, qualcosa quindi che nasce per caso…

Biagio Giordano

 

 

Chernobyl Diaries

Chernobyl Diaries – La mutazione (Chernobyl Diaries) è un film tra il thriller e l’horror del 2012 diretto da Bradley Parker

Visita turistica (fai da te) alla città fantasma di Prypjat in Russia, divenuta famosa dopo lo spaventoso incidente nucleare di Chernobyl del 1986. Un gruppo di ragazzi si inoltra in zone inesplorate mettendosi nei guai.

Film girato negli esterni nella zona di Chernobyl, nei sottointerni nei sotterranei di Belgrado, e in parte a Budapest.

Film molto riuscito nel suo genere, con un’ottima idea narrativa e una location talmente impregnata di un potente reale che spruzza da ogni poro drammaticità tanto da valere metà film.

Di straordinaria esplosività visiva l’entrata dei ragazzi nel cuore della centrale fantasma che evoca in pieno la tragedia moltiplicando le emozioni con un’atmosfera horror.

Ottimo il contrasto tra l’entusiasmo e l’euforia iniziali dei ragazzi, di dubbio valore morale vista la tristezza dei luoghi, per la gita a Chernobyl e la cupa follia visiva del finale che pone fine alla loro gita.

Il film solleva la questione dei viaggi turistici nei luoghi di grande lutto rimasti praticamente intatti, viaggi dove i selfie macabri abbondano. Fatti che indicano la presenza in certi turisti di problematicità subdole-nevrotiche non coscienti, a tal punto da non indurli a una elaborazione psicanalitica del loro inconscio scisso.
Un gran bel film anche se l’autore non resiste alla tentazione giustizialista e nel finale si diverte a punire quelle coscienze dei turisti malate di protagonismo spicciolo nevrotico.

Un film che denuncia la presenza subdola del male, reattivo alla propria sfavorevole condizione sociale, nei giovani d’oggi più proletarizzati.
Ottimo suspense ed eccellente fotografia-luce ben sincronizzata con l’atmosfera-linguaggio prevista dalla sceneggiatura (che non è male).

Biagio Giordano

  

Rosemary’s Baby

Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York (Rosemary’s Baby) è un film horror del 1968 diretto da Roman Polanski. Tratto dall’omonimo romanzo di Ira Levin

Un film horror di grande intelligenza cinematografica, riesce a rimanere in sospeso tra razionalità e delirio, innestando su una realtà familiare ben delineata una fantasia inconscia che anela al vero in una dimensione di impossibile realizzazione perché solo costituita da un tessuto sessuale carente di forza simbolica.
Il capolavoro di Polanski.

 Biagio Giordano

 

ALIEN

 

 

Alien è un film del 1979 diretto da Ridley Scott

Gran ritmo e scorrevolezza narrativa per un film sorto in un periodo storico ancora lontano dalle grandi crisi economiche del nuovo millennio. Negli anni ’80 la paura consisteva spesso nel timore di perdere i propri sogni in parte realizzati. Perderli tra l’altro anche con la malattia del tumore (Alien?) o con la depressione biologica e psichica? Alien era una creatura molto più vicina alla perfezione di quanto possa essere l’uomo, era ammirata dal robot con sembianze umane presente nell’astronave, quest’ultimo esaltava in quel essere mostruoso la mancanza di coscienza, di immoralità, di super-io, di sessualità, la sua incapacità di arrossire, egli era incantato da quel essere che si muoveva nella assoluta autonomia, dal fatto quindi che non potesse andare incontro ad alcun tipo di depressione, rimanendo costantemente lucido, razionale e cattivo.

Film con un montaggio superlativo, e un suspense fantascientifico di difficile realizzazione. Grande regia.

Un pensiero reazionario di fondo scorre però tra le righe narrative più salienti di questo film: la pura razionalità nella ricerca scientifica e tecnologica di gruppo la si raggiunge solo abdicando ad ogni forma di rapporto umano generoso, e tenendo segreti i veri scopi di una missione esplorativa o del fine di una ricerca per cui si lavora?…

Biagio Giordano

MARNIE

 

 

Marnie è un thriller psicologico del 1964 diretto da Alfred Hitchcock, tratto dall’omonimo romanzo di Winston Graham del 1961

Thriller psicanalitico di ottima fattura. Da apprezzare soprattutto il linguaggio del racconto, ossia come il film sia riuscito a dare un’idea credibile del rapporto sintomatico tra l’inconscio dominato da una nevrosi e l’Io-coscienza agente nel quotidiano, il tutto riferito alla protagonista Marnie.

Le rimozioni non riuscite di Marnie (se fossero state rimozioni riuscite sarebbe entrata nel campo clinico della schizofrenia) si fanno sentire per via associativa attraverso l’incontro con particolari colori, o parole sentite oppure solo percepite, nonché quando essa è al centro di situazioni evocative del passato.

Un gran film sull’inconscio, che solo il genio di Hitchcock poteva scrivere con il linguaggio cinematografico. Una vera apertura conoscitiva sull’inconscio, sulle sue potenzialità ricreative rispetto a un disagio patito, o riparative nei confronti di un trauma infantile, o poetiche e artistiche.

Biagio Giordano

 

IL CASO KERENES

 

Il caso Kerenes (Poziţia copilului) è un film del 2013 diretto da Călin Peter Netzer. Romania. Ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino.

Un film che rinuncia allo spettacolo subdolo spesso iniettato con finezza anche nelle commedie tristi e drammatiche.

Il film si concentra sull’espressività monocorde rilasciata da una morte, la pellicola esprime il senso profondo nonché le cose essenziali presenti in una realtà non interpretata ma fatta vivere direttamente sulla pelle dello spettatore grazie alla unità verista delle scene che imprimono al racconto una verosimiglianza straordinaria con la vita che percepiamo.

Grandi recitazioni del dolore e della tentazione di sconfiggerne con i soldi gli aspetti più scomodi.

Un regista che mostra una Romania complessa, che pur tra corruzione delle istituzioni, e una borghesia altezzosa e chiusa in se stessa, sembra riuscire a trovare ancora motivi umani in grado di far vivere momenti autentici di fratellanza comunitaria tra classi sociali diverse, con emozioni non materialiste ma di grande intensità: spirituale ed etica. Un film che è un vero capolavoro di senso…

Biagio Giordano 

APRILE


Aprile è l’ottavo lungometraggio politico diretto e interpretato da Nanni Moretti nel 1998. È stato presentato in concorso al 51º Festival di Cannes

Inventore in Italia della satira politica cinematografica, e non è poco detto rivolgendomi a chi lo denigra, Nanni Moretti gira un film agile, scorrevole, con invenzioni visive di pregio che testimoniano del suo talento cinematografico non solo strettamente culturale-politico ma anche di occhio fotografico.

Il film come significato rappresenta una sincera confessione di pensiero di un intellettuale, al suo pubblico, che mette l’accento con acume sul distacco inconvertibile dal 1994, che di fatto arriva fino ai giorni nostri, tra partiti e ideologie, tra partiti e masse, tra partiti e democrazie al loro interno sottolineando nuove negative tendenze come il progressivo formarsi del cancro del populismo alimentato già allora dal potere assoluto delle diverse reti televisive in mano a una persona sola, cosa del tutto italiana perché negli altri paesi europei non sarebbe potuta accadere, ad esempio la Francia è protetta da questi possibili monopoli con una legge anti trash da lunga data e si è stupita per quello che è potuto accadere in Italia allora.

Moretti col suo grande intuito analitico ha previsto molte cose, tra cui l’immobilismo governativo che creano alla lunga nel nostro paese i populismi quando giungono al governo, ossia quando essi vengono stoppati nei loro deliri un po’ di grandezza dalla Corte Costituzionale, dalla Corte dei Conti, dal governo Europeo.

Un gran film con un Moretti dallo stile impeccabile, ossia molto coerente nel suo pensiero…

Da antologia la scena musicale finale con i pasticceri…

 

Biagio Giordano  

Fuocoammare

Fuocoammare è un documentario del 2016 diretto da Gianfranco Rosi, premiato nello stesso anno con l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino. Il film mostra aspetti di vita quotidiana nell’isola e le difficoltà di ogni genere che avvengono con gli sbarchi degli immigrati.

Non poteva essere un film poetico e l’hanno accusato di poeticismo, non poteva dare immagini di vero autentico se avesse usato una trama romanzata con attori e l’hanno accusato di prendere abusivamente premi che spettano di diritto ai film letterari.

Un film raro di cui si parla già poco, rimosso dall’immaginario collettivo perché mostra la realtà per quello che è, e per come era un tempo anche per noi…

Capolavoro di Gianfranco Rosi per le straordinarie emozioni che fa esplodere con il visivo, un regista che ritorna al neorealismo, con l’ estremismo del colore, quest’ultimo usato a meraviglia riesce a dare impressioni di realtà molto più efficaci del bianco e nero di un tempo, in quanto toglie la suggestione che il bianco e nero rilasciava e produce con il colore un realismo estremo, diretto e con tutte le sue sfumature, un realismo dai contenuti potenti, clinici, trucidi, che colpiscono il civile occidentale nel cuore creando pietà, paure, terrore, senso di impotenza, ma anche un desiderio di un’Europa veramente forte e accogliente in grado di dare fiato alle disperate popolazioni africane…

Biagio Giordano

 

 

  I predatori della vena d’oro (Mother Lode)

I predatori della vena d’oro (Mother Lode) è un film di avventura del 1982 diretto e interpretato da Charlton Heston.

Film con una riuscita fotografia ancora tutta al naturale comprese le location alpine che vedono protagonisti aerei idro tra un lago e l’altro impegnati in movimenti molto suggestivi.

Film cult, esempio di scene con luce vera che dà ai colori lucentezza e verosimiglianza straordinarie.

Tante emozioni, con suspence ben diretti, nessuna volgarità nonostante la bellezza erotica di Kim Basinger, giovane e al suo secondo film: volgarità che avrebbe fatto stonare il senso più profondo del film.

Interpretazioni da Actors studio, ben formalizzate, serie, senza disturbi da linguaggi ironici o sarcastici che sarebbero stati fuori luogo in questo tipo di film. Un Charlton Heston mirabile percepito dagli spettatori come più che vero, cioè come se avesse a un certo punto bucato lo schermo e fosse entrato in sala in carne ed ossa.

Un film di rara bellezza fotografica, con profondità di campi e variazioni angolari superlativi sempre esaltate da significative composizioni nelle inquadrature, aspetti che fanno percepire allo spettatore spazi e tempi più vicini al reale, cose oggi impensabili per i costi che comportano.
Tanti, tanti soldi spesi, ma bene…

Biagio Giordano

 

 L’uomo che sapeva troppo

L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) è un film del 1956 diretto da Alfred Hitchcock.

Il thriller, presentato in concorso al 9º Festival di Cannes, è un remake dell’omonimo film del 1934 diretto dallo stesso Hitchcock, ma prodotto in Gran Bretagna

Film scuola, per il montaggio, per le invenzioni angolari delle riprese fotografiche che sono vere e proprie inquadrature linguaggio (angoli tutt’ora inediti come la ripresa dall’alto dei volti dei coniugi, in primo piano, in una sorta di simbiosi guanciale, che accentua il sentimento drammatico che stanno vivendo in quel momento).

E poi il film fa scuola per la sceneggiatura, impeccabile per coinvolgimento letterario, e per la capacità di nascondere le vere intenzioni risolutive finali del nodo creato nella prima parte del film.

Un film con effetti speciali esclusivamente legati ai normali mezzi fotografici, una fotografia straordinaria, curatissima, linguisticamente ricca tanto da essere in grado di tagliare un terzo e più dei dialoghi parlati previsti: sostituendosi ad essi con effetti estetici e significanti indubbiamente superiori al modo sonoro di esprimersi.

Un thriller magistrale, un Luna Park colmo di emozioni, dove si gioca con il male dell’uomo in modo estremo ma su un terreno di speranze dominato dallo sguardo di un bambino innocente che condiziona al bene tutti rilasciando alla fine negli spettatori un senso di ottimismo per il futuro.

Codice etico Hays, ancora influente all’epoca, rispettato in pieno, cioè i cattivi hanno vita dura nel film.

Alfred Hitchcock non giudica, né si schiera a favore di una classe sociale rispetto a un’altra, prende storicamente per il film gli ingredienti di rilievo di un costume, di una trasgressione, o di un’etica, dell’epoca che ha davanti, mettendo su un Luna Park grandioso esclusivamente finalizzato a far provare piacere al pubblico, secondo ferree e coerenti regole psicologiche, e della sua cultura, logicamente legate alla vita reale occidentale di ogni giorno…

Bellissima colonna sonora…

Film indimenticabile…per stile, eleganza, grande attenzione al vero con una vena di ironia e umorismo…

Biagio Giordano

 

 

 

 World Trade Center

World Trade Center è un film drammatico del 2006 diretto da Oliver Stone e interpretato tra gli altri da Nicolas Cage e Michael Peña

11 settembre 2001 New York attacco fondamentalista alle torri gemelle

Nessun effetto letterario di rilievo, un racconto sobrio, crudo, drammatico di per sé, ossia per cosa le immagini mostrano in un modo documentaristico a volte separate le une dalle altre.

Oliver Stone si contiene rispettando l’immane tragedia di una nazione vittima di una politica imperialista svolta per anni in modo cinico ma che ha sempre cercato al suo interno di costruire una democrazia liberale dai valori alti.

Il film nei suoi contenuti indigna per come i nemici dell’occidente col terrorismo non distinguano più il civile dal milite, il fantasma dal reale, il bene dal male, facendo della loro religione la fonte del bene o delle verità assolute, calandosi quindi in un fondamentalismo animistico tipico dell’uomo primordiale…

Biagio Giordano

 

 

Open Water

Open Water è un film thriller statunitense del 2003 scritto e diretto dal regista Chris Kentis sulla base di fatti realmente accaduti.

Girato in modo dilettantistico, con pochi mezzi tecnici e macchine digitali dalle prestazioni basse, e ciò è evidente dalle angolazioni visive modeste e prive di effetti-stupore e dalle inquadrature caratterizzate da composizioni instabili e sfilacciate, il regista, per una sorta di fortuna che premia chi va eroicamente contro corrente, riesce a fare di ciò un linguaggio vincente: in quanto quello stile rafforza il senso di realtà e quindi di drammaticità delle scene, facendogli ottenere un grande successo di pubblico se non di critica.

Forse uno dei film più sconvolgenti e macabri riguardo al rapporto uomo animali, infatti, due subacquei superstiti restano senza speranza per quasi 24 ore in balia degli squali che aspetteranno senza fretta il momento opportuno per colpire, il tutto sempre ben ripreso dal regista in tanti particolari. Una vicenda risaputa che nulla concede agli spettatori riguardo i giochi della sorte sui due protagonisti…
Un film liturgico, un omaggio funereo e spirituale, con sullo sfondo un’invocazione a Dio, a una coppia sfortunata di subacquei vittima dei propri errori sulle regole da rispettare in quello sport e di quegli errori molto più gravi commessi dagli organizzatori della gita…

Biagio Giordano

 

La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah)

La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah) è un film del 2010 diretto da Gilles Paquet-Brenner. Tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay.

Film di grande intelligenza narrativa, l’idea delle due storie che intrecciano passato e presente consentendo di dare, senza preoccupazioni di eccesso, del passato nazista un’immagine di ferocia inaudita che viene stemperata dalle immagini più rassicuranti del presente legato alla seconda storia, fa si che il film possa essere visto senza particolare repulsioni sfocianti nell’abbandono del film da parte dello spettatore.
Straordinaria l’interpretazione della bambina (Sara) che vale mezzo film.
Una regia sapiente con una fotografia sempre molto attenta a valorizzare il primo piano nelle situazioni sceniche dalle sorgenti emozionali più incerte: un primo piano lungo e ben angolato che garantisce sempre attenzione, suggestione, richiamo a un’emozione narrativa che sta per arrivare nell’immediato…
Film che meritava di più sul piano del riconoscimento critico e di pubblico, ma come tristemente si sa più ci allontaniamo nel tempo dal mostruoso periodo nazista più la memoria si disperde contribuendo a creare nuovi gravi pericoli per le nostre istituzioni democratiche…

 

 

 

 Totò le Mokò

Totò le Mokò è un film del 1949 diretto da Carlo Ludovico Bragaglia. La pellicola cita il film Il bandito della Casbah (Pépé le Moko) del 1937 di Julien Duvivier …

Uno dei migliori film di Totò. Una pellicola che consente al grande attore comico, tramite il suo efficace protagonismo in numerose gag irresistibili ed originali, di dimostrare tutto il suo talento.

Con questo film si capisce come Totò non fosse solo una maschera ben caratterizzata su Napoli, ma un vero artista e poeta, e perciò dotato di una spiritualità di portata universale.

Totò viveva sullo schermo, lavorando, e si riposava nella vita privata: affettivamente tranquilla e fertile di idee sempre nuove.

La comicità scaturiva dalle forme non solo paradossali, mimetiche, elaborate prima del film e per il film, ma da un suo vero e proprio stato semidelirante, rapito, ricco di trance, presente durante le riprese, che come avviene con l’effetto di certe droghe, ne esaltava la creatività: sia nel gioco linguistico che in quello facciale-corporale.

Un genio indimenticabile, anche buono e giusto, così come appare da alcune interviste fatte con domande di un certo spessore esistenziale.

Biagio Giordano

 

 

 

 

 RoboCop

 RoboCop è un film del 1987 diretto da Paul Verhoeven, con protagonista Peter Weller.

Capolavoro per il montaggio e l’elaborazione letteraria supplementare impressa alla sceneggiatura di base, inoltre il film ha una grande capacità nel sostenere senza pause le previste tensioni da thriller; film con un ricco e potente linguaggio fotografico che rende quasi inutile la parola in quanto riesce ad esprimersi efficacemente con una corretta sintassi visiva, frutto quest’ultima di un lavoro tecnico, diretto dal regista Paul Verhoeven, immane.

Un mito, segna nel cinema il passaggio della fantascienza informatica, da temi sull’extraterrestre, al nostro sociale, con risultati eccezionali per curiosità, trasmissione credibile di un futuro migliore nell’ordine pubblico , e sorgente immaginativa della presenza di un amore in più: quello per le macchine super informatiche: finalmente amiche senza riserve dell’uomo per bene.

Tante scene con idee superlative sia per originalità che per l’effetto emozionale super spettacolare sullo spettatore…

Film indimenticabile, soprattutto per aver raggiunto un livello di potenza suggestiva altissimo, qualcosa che non si percepiva dai tempi del grande muto drammatico…
Oggi un po’ datato. Andrebbe visto con un tasso di estraniazione dal reale molto alto, quasi delirando.

Biagio Giordano


 

Uomini di parola (Stand Up Guys)

Uomini di parola (Stand Up Guys) è un film thriller statunitense del 2012 diretto da Fisher Stevens e interpretato da Al Pacino, Christopher Walken e Alan Arkin

La guerra tra bande criminali può avere qualcosa di umano, qualcosa che attraverso un punto, una rotella impazzita, fa saltare il meccanismo delle vendette trasversali? Si, quando l’affetto che nasce tra due componenti della banda uno incaricato di uccidere l’altro appena uscito di galera, diventa stima, transfert misterioso, impregnato di ricordi vincenti e umiliazioni.
Film di alto livello emozionale, con una recitazione superlativa in grado di inondare di realismo ogni scena, con effetti sugli spettatori di verosimiglianza straordinaria: portatrice quest’ultima di potenti godimenti regressivi in grado i mettere provvisoriamente tra parentesi ogni tendenza critica…

  Biagio Giordano

 

Prisoners

Prisoners è un film thriller del 2013 diretto da Denis Villeneuve e interpretato da Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal.

Vero capolavoro di Villeneuve che azzecca praticamente tutto, scelta degli attori, sceneggiatura, tono fotografico in rapporto alle varie scene, sorprese finali del tutto spiazzanti, intensità del suspense da rapimento inconscio, nonché le tensioni crescenti alimentate da un solido e costante meccanismo di base che vive emotivamente del contrasto sulla percezione del mondo da parte del binomio bambino-adulto, uomo bianco e uomo nero, normalità psichica degli integrati nel sociale e anormalità patologia psichica nelle persone indotta dal disagio sociale.

Un film di grande credibilità drammatica, che abbatte ogni barriera tra schermo e spettatore ipnotizzando quest’ultimo nel modo più efficace affinché la finzione venga vissuta come realtà scorrevole davanti ai propri occhi, tutto ciò in uno spazio tempo altro, ben sorretto dalla regressione critica dell’Io che lascia spazio e tempo al divenire del preconscio foriero di emozioni inedite di forte rilievo…

Un film sui confini del male, sull’ambiguità delle sue origini, sul senso dell’odio sociale che porta a uccidere che non appare legato al libero arbitrio ma al tipo di società che stiamo vivendo, che produce spazzatura umana come resto del processo produttivo capitalista ormai mondiale finalizzato esclusivamente alla valorizzazione del capitale…

Biagio Giordano

 

Kakkientruppen

Kakkientruppen è un film del 1977 diretto dal regista Marino Girolami. Il film è una parodia di Sturmtruppen, la pellicola di Salvatore Samperi nata dall’omonimo fumetto di Bonvi.

Visto oggi può sembrare un film idiota, ma la comicità non va parallela all’intelligenza critica, segue percorsi tortuosi propri, a volte inconsci, che irridono a paradossi etici e morali dell’uomo, alle contraddizioni comportamentali in vista di piaceri inconfessabili, a desideri scissionisti impossibili accennati e non praticati, a ossessioni a stento contenute che scuotono i ruoli di responsabilità più tradizionali, a trasfigurazioni oniriche della realtà che quotidianamente avvengono nel sonno, etc. etc.

Kakkientruppen, fa ridere perché è ricco di gag ben studiate e ottimamente recitate, messe in scena da un cast di spessore, gag calate nell’assurdità delle guerre: che così appaiono agli occhi di un bambino, cioè alla vista di un occhio ingenuo e infantile come quello che voleva essere del bravo regista del film Marini Girolami…

Biagio Giordano

 

La terra dei morti viventi

(Land of the Dead)

La terra dei morti viventi (Land of the Dead) è un film del 2005, diretto da George A. Romero. È un film horror.

Metafora del fantasma di castrazione che anima le società capitaliste dell’occidente. Lo zombi, il morto, vivente a stento, rappresenta la castrazione avvenuta simbolicamente, che annichilisce, umilia, o porta a reazioni violente, anche rivoluzionarie, e rappresenta il popolo misero oppresso dall’economia capitalista che non può, per forza di cose, far star bene tutti.

Indubbiamente il più politico dei film di Romero, certamente il più inquietante, figurativamente tanto potente da lasciare sbigottiti; verosimile, laico, pragmatico e filosoficamente privo di speranza etica, con un Dennis Hopper ancora in forma che dà il contrasto giusto al film tra orda e signorilità ancora dominante nel territori.
Un film da vedere e rivedere…che, sorprendentemente, evoca aspetti tra i più nefasti della politica italiana degli ultimi decenni verso i miseri del nostro paese…

 

All Is Lost

All Is Lost – Tutto è perduto (All Is Lost) è un film del 2013 scritto e diretto da J. C. Chandor. Il film, quasi del tutto privo di dialoghi, vede come unico interprete, in pieno oceano il naufrago Robert Redford.

106 minuti senza annoiarsi, soprattutto per chi apprezza di imparare qualcosa di tecnico sull’emergenza in mare aperto.

Film molto curato esteticamente nel rapporto spazio-fotografia, e nei contenuti è ricco di scene credibili, competenti, soprattutto nelle varie situazioni di disagio specifico relative al naufragio, come ad esempio la desalinizzazione dell’acqua di mare per poterla bere: usando il sole, un foglio di plastica, un recipiente e un bicchiere di raccolta della condensa dolce che andava depositandosi sulla plastica.

Tanti gli effetti visivi in mare coinvolgenti dovuti all’abilità e alle invenzioni nella ripresa fotografica. Film molto scorrevole con un finale originale…
Un Robert Redford più che maturo ma in gran forma atletica…

Grande regia.

 

Collateral

Collateral è un film d’azione del 2004 diretto da Michael Mann. È stato presentato fuori concorso alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

Una Los Angeles notturna di rara impressione verista, con una strada pulsante di immediatezze umane misteriose, a volte fatali, lungo azioni ricche di una vitalità troppo allargata nel godimento, che testimoniano la presenza delirante di passioni oscure, spesso mortifere…

Un ritmo raro che sa coinvolgere lo spettatore per scorrevolezza delle scene e empatia verso i profili dei personaggi, quest’ultimi pienamente azzeccati…

Un film che per bravura tecnica-letteraria e recitativa fa credere paurosamente ciò che mette in scena, lungo una verosimiglianza quindi smisurata che alimenta una credibilità sul male con rara efficacia..

La finzione sembra dissolversi nel nulla lasciando il posto a un inconscio primario sollecitato dalle pulsioni di morte più potenti ben rappresentate nel film, un inconscio che chiamato ad emergere fa percepire alla coscienza dello spettatore piaceri oscuri…

Nel suo genere un capolavoro, lasciato cadere nel vuoto dalle istituzioni culturali più conservatrici per i suoi contenuti scabrosi che sembrano irridere a ogni speranza verso una vita per bene in armonia col sociale…

Biagio Giordano

 

ULISSE

Ulisse è un film del 1954 diretto da Mario Camerini, tratto dall’Odissea di Omero

Film molto trascurato e sottovalutato dalla critica italiana, super premiato però dal pubblico che ha apprezzato la grande interpretazione di Kirk Douglas e il carisma trasmesso da un cast di tutto rispetto. Buone le suggestioni emanate dalle scenografie filmiche relative alle parti scritte più note dell’Odissea…

Un inneggiamento ad un eroe che è già civile, moderno, che quindi ci riguarda da vicino. Un eroe caratterizzato dalla pazienza, dal controllo delle proprie pulsioni più mortifere-goderecce, dall’umiltà-esempio cioè non fine a se stessa ma che agevola le relazioni, dal coraggio, dall’intelligenza, dall’amore per l’avventura, dalla saggezza virile, da un buon rapporto con gli Dei etici.
Un film per farci capire dagli extracomunitari, e favorire la loro e la nostra integrazione in un sociale mediterraneo nuovo sempre più multietnico e a rischio di perdita di una nostra multisecolare identità storica di origine greca…

Biagio Giordano

 

 

Riso amaro

Riso amaro è un film del 1949 diretto da Giuseppe De Santis. Fu presentato in concorso al 3º Festival di Cannes.

Il film: raggiungere la ricchezza attraverso la propria bellezza femminile illudendosi della sincerità del potere fallico seducente è alla base della questione sul maschilismo, un nodo di pulsioni che fa parte della natura indomabile della sessualità primaria, cosa che se non elaborata porta la donna prima allo scacco del piacere e poi alla tragedia femminicida, in quanto inondata di inconscio primario essa perde il lume della ragione.

Un film con un’ottima sceneggiatura e di uno stupendo bianco e nero restaurato, con una Silvano Mangano nettamente più sexy di Marylin Monrooe nonostante l’abbigliamento da lavoro duro, un film che se letto in chiave psicanalitica fa emergere questioni tuttora di forte attualità, ciò nonostante un impianto narrativo basato per lo più su questioni sociali forti e i miti popolareschi sull’amore da Grand’Hotel del post guerra.

Biagio Giordano

 

 

 Apocalypse Now 

 

Apocalypse Now è un film del 1979 diretto da Francis Ford Coppola interpretato da Marlon Brando, Robert Duvall e Martin Sheen

Non basta dire che questo film è un capolavoro, si direbbe ancora troppo poco, è un film che rimarrà per sempre nella storia del cinema, per tanti motivi, tra cui spicca l’immane percezione di realismo delle scene rispecchianti una realtà attraverso una corretta interpretazione visiva e storica di essa e senza rinunciare ad un equilibrato fattore suggestione necessario per dare tono al racconto, e poi per ciò che il film mostra mirabilmente riguardo a sentimenti e psicologie oscure indotte dalla situazione e riguardanti la stragrande maggioranza dei partecipanti a quella guerra, nonché per le magistrali rappresentazioni fotografiche: non solo della follia più netta, ma anche dei deliri e semideliri più comuni che affollano le menti di tanti militari.
Molto efficace in generale il linguaggio visivo e sonoro, tanto da apparire una sorta di neostereo fotografico-musicale, ossia una via comunicativa originale ad alta fedeltà, a più canali scenici assemblati con tecniche di montaggio superlative e misteriose…
Marlon Brando su tutti, vale metà film…

Biagio Giordano

 

 

 

Shining (The Shining)

Shining (The Shining) è un film del 1980 diretto da Stanley Kubrick, basato sul romanzo omonimo di Stephen King

Il film: famiglia in crisi che per disintegrarsi del tutto ricorre al paranormale e ai deliri provocati dal lungo isolamento anziché alle complicazioni burocratiche istituzionali delle separazioni. Da sottolineare nel film la questione del femminicidio inteso come colmo della diversità, suo paradosso in forma matrimoniale, caricatura dell’unione ferrea e definitiva con l’estremo altro richiesta dalla follia delle regole sociali, una questione che trova con Kubrick un’anticipazione geniale rispetto ai tempi (1980) e una formulazione visiva di rara efficacia e potenza drammatica. Capolavoro per forma, fotografia, struttura narrativa, idee e pensieri analitici, etc. etc.

Biagio Giordano

 

 

Donnie Brasco

 

Donnie Brasco è un film drammatico statunitense del 1997 diretto da Mike Newell e interpretato da Johnny Depp e Al Pacino

Splendido film sulla mafia italiana di New York anni ’60 che riabilita il made in italy umano in quanto diversi italiani poliziotti alle dipendenze del F.B.I. venivano infiltrati nelle bande mafiose italiane addette al traffico di droga per ottenerne la fiducia e raccogliere testimonianze preziose sui reati commessi dai mafiosi che consentivano al F.B.I. di farli condannare con pene durissime.

I risultati furono eccellenti, diverse cosche criminali subivano duri colpi e condanne per i componenti molto pesanti.
Dopo il lavoro produttivo gli infiltrati italiani del F.B.I. venivano trasferiti all’estero dove continuavano a essere protetti dalle istituzioni locali e a vivere con la famiglia utilizzando una identità diversa.

L’immedesimazione nella parte mafiosa era a volte talmente forte e ricca di situazioni realistiche (quest’ultime elargivano piaceri di vario genere, non ultima la ricchezza), che gli infiltrati italiani dovevano non di rado resistere alla tentazione di lasciare il corpo del F.B.I. e integrarsi perfettamente nel tessuto mafioso.

Film di grande ritmo con una sceneggiatura di spessore e livello interpretativo da Oscar…

Al Pacino psicologicamente straordinario per verosimiglianza con la parte affidatagli, seppur fisicamente lento e con lo sguardo tirato affaticato dagli anni…

Biagio Giordano

 

 

 NOAH

Noah è un film del 2014 scritto, diretto e prodotto da Darren Aronofsky, con protagonista Russell Crowe nei panni del patriarca biblico Noè.

Il film, ispirato alla storia dell’Arca di Noè narrata nell’Antico Testamento, interpreta i contenuti biblici legandoli alle nuove realtà etiche dei nostri giorni, dando quindi spazio alla parola della donna e configurando conflitti di famiglia che indicano un forte processo di cambiamento nella millenaria sua istituzione, cambiamento che va verso una sua maggiore e solidale apertura verso il mondo reale: assai più complesso di quello di 2000 e oltre anni fa.

Volontà di Dio e ricerca di una sublime etica del sociale si fondono con la fede in una nuova coscienza, caratterizzata dall’importanza dell’ amore divino inseparabile da ogni verità, anche scientifica.

L’importanza di questo film sta nella capacità di comunicare nel presente attraverso i media testi sacri che sono alla base della civiltà occidentale e che presi alla lettera rischiano di contribuire nelle nuove culture di massa al loro definitivo oblio o a radicalizzazioni fondamentaliste in ristretti gruppi lontani dal flusso culturale generale che via via tende ad imporsi…
Per cui le violente polemiche suscitate da questo film tra epigoni del letteralismo biblico e demitizzatori moderni, non ha molto senso, se non come gusto della polemica fine a se stessa in un salotto accogliente…

Biagio Giordano

  

 

 Debito di sangue (Blood Work)

Debito di sangue (Blood Work) è un film thriller del 2002 diretto e interpretato da Clint Eastwood

Montaggio e regia superlativi per mettere su schermo in maniera egregia il difficile libro di Michael Connolly.

I codici western ad alto contrasto normalità – straordinarietà, acquisiti con Sergio Leone, vengono resi irriconoscibili con opportuni travestimenti di costume dettati dall’epoca più attuale in cui si svolge il film, ma restano alla base del funzionamento spettacolare di questo racconto filmico di genere diverso dal western.

Un pericoloso pensiero etico di estrema destra populista sembra però dominare in tutto il film: i serial killer sono assassini che se colti sul fatto vanno presi preferibilmente morti e non vivi, perché sani di mente, colpevoli, capaci cioè per lo più di premeditare freddamente l’omicidio, godendo allo spasimo del delitto con i soliti rituali sintomatici un po’ nevrotici…aspetto questo che semplifica ogni più complesso giudizio scientifico necessario per comprendere le profondità psichiche e storiche dei serial killer psicopatici…

Biagio Giordano

  

 

 Furore (The Grapes of Wrath)

Furore (The Grapes of Wrath) è un film del 1940 diretto da John Ford. Tratto dall’omonimo romanzo di John Steinbeck, fu adattato per il cinema dallo stesso Steinbeck, fotografia di Gregg Toland.

Capolavoro di John Ford che si avvale di una fotografia in bianconero di Gregg Toland di rara potenza espressiva del vero.

Controluci mirabili di grande suggestione, nonché incanto e stupore; chiari e scuri sull’accadere psichico e fisico dei personaggi molto ricercarti in funzione di una comunicazione puramente visiva capace di sostituire i significanti del linguaggio sonoro in molte occasioni; tutto il brutto e la sofferenza racchiusi nel film diventano con la fotografia di Toland penetrazione seduttiva nella mente dello spettatore di un mondo altro che commuove e purifica l’animo grazie all’effetto catartico della tragedia umana di quegli anni ’30, anni di piena crisi economica negli Stati Uniti…

Biagio Giordano

 

 

 

Full Metal Jacket è un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick ed interpretato da Matthew Modine

Film sulla guerra e l’impotenza dei deboli costretti per vivere a divenire brutali, disumani, sempre più rozzi; deboli identificabili nei soldati.

Film ironico, sarcastico, ma che sa dare anche momenti di alta drammaticità. Film antimilitarista per pragmatismo empirico e non nel senso ideologico, Kubrick sa come sollecitare quei tasti inconsci dello spettatore in grado di suscitare forti emozioni, e lo fa senza ingannare nessuno, rendendo tutto credibile e di probabile vero avvalendosi di una direzione della fotografia che ha dell’eccezionale per cura, invenzioni di codici drammatici e umoristici, verve fantastica nella composizione, nitidezza e giochi di luci ben funzionali alle circostanze significanti previste nelle scene. Una sceneggiatura di gran spessore letterario opportunamente distillata per il cinema tradotta in immagini da Kubrick in maniera egregia tanto da farne un capolavoro approvato anche dal grande pubblico.

Luce ancora al naturale analogico, il solco lasciato sulla materia chimica della pellicola dalla luce naturale batte di gran lunga ogni luce tradotta e riprodotta oggi dagli algoritmi in relazione con i sensori digitali moderni: per credibilità visiva, nitidezza realistica, sofficità del vero dei colori. risoluzione delle sue informazioni di scatto.

Doppiaggio vocale in italiano, da oscar, soprattutto per il doppiatore del sergente istruttore dei marines nella parte iniziale del film…

Biagio Giordano

 

Furia (Fury)

 

Furia (Fury) è un film del 1936 diretto da Fritz Lang

II film si è spirato a fatti di sangue veri, di linciaggio, atti estremamente ignominiosi molto frequenti in quegli anni negli Stati Uniti, essi colpivano soprattutto la gente di colore (6.000 casi nel solo ’35), e rimanevano in gran parte impuniti a causa dell’omertà delle comunità di paese, bianche, quelle che si definivano civili, per bontà di razza e buona tradizione.

Furia è il primo film a sfondo sociale di Lang in America. Il titolo originario del film era Mob Rule, (Il potere della folla) e si ispirava a un libro che riportava fatti di sangue, precisamente di linciaggi, realmente accaduti nel 1931.

Rispetto al successivo film sociale “Sono innocente”, Furia appare molto più elaborato nella narratività ricco com’è di situazioni coinvolgenti situate accanto allo scarno filo conduttore. Situazioni spesso tese e drammatiche, ben coordinate, fatte scorrere mirabilmente come intrattenimento noir lungo il difficile binario narrativo principale.



Il successo di critica e di pubblico del film si spiega sia per la sceneggiatura che abbonda di tecniche letterarie capaci di sedurre (in quanto creatrici di emozioni supplementari rispetto ai fatti in sé), sia per la sua realizzazione fotografica. Il linguaggio visivo appare infatti sempre un ottimo coautore di tensioni di rilievo, perché costituito da una ricercatissima varietà di punti di ripresa stranianti che danno una forte drammaticità ai volti e ai corpi.

Ne sono un esempio le inquadrature dal basso in alto dei personaggi, pregevoli sia per difficoltà operativa che per fantasia inventiva, capaci di stupire ed impressionare.

Tutti questi aspetti danno allo spettatore una sensazione di maggior partecipazione alla narrazione, di essere presenti in qualcosa del racconto che appare sopra tutto in una dimensione realista, e che essendo indubbiamente, nel complesso, di ottimo spessore letterario porta la credibilità fittizia dello spettatore a livelli elevatissimi: con effetti estetici di difficile raggiungimento in molti altri film del genere.

 Biagio Giordano

 Sciopero!

Sciopero! è un film sovietico del 1925, primo lungometraggio di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn.

Nella Russia industriale del 1912 un operaio è accusato di furto dai suoi padroni in base a segnalazioni aleatorie. Impossibilitato a difendersi l’operaio si impicca sul posto di lavoro. I lavoratori della fabbrica dichiarano subito uno sciopero di solidarietà e protesta che oltre ad essere un atto di accusa contro la mancanza di rispetto delle leggi garantiste, che seppur generiche, già all’epoca vigevano, e oltre ad essere un esempio di cementificazione ideologica riuscita tra lavoratori di diversa origine, rappresentava la nascita inarrestabile, nelle classe oppresse della Russia di allora, di uno spirito nuovo, rivoluzionario influenzato dalle tesi marxiste.

I padroni infatti e le classi politiche al potere intuendo che quello sciopero avrebbe potuto avere una pericolosa influenza propagandistica su tutto il paese mettevano su, in pieno accordo, un cinico, orripilante, devastante impianto repressivo.

Lo sciopero sarà duro, drammatico, tragico. Gli operai rivendicano migliori condizioni di lavoro e di giustizia sociale ma sembrano animati da un immaginario ancora più ambizioso che guarda al futuro non più in una dimensione solo utopica, visionaria, o riformista, ma concreta, da veri protagonisti rivoluzionari della politica, vicina ai grandi partiti in formazione sorti a loro difesa.

I padroni rispondono con l’astuzia, tentando di dividere il fronte, offrendo ai lavoratori più deboli prospettive allettanti.

Dopo i fallimenti di tutte le azioni corruttrici e  giudiziarie artatamente costruite,  la polizia ben organizzata e forte di ingenti mezzi, fa strage degli scioperanti e delle loro famiglie, dimostrando politicamente una debolezza senza precedenti che avrà echi internazionali clamorosi, quest’ultimi diverranno fatali anche per il regime stesso vigente in Russia, di lì a pochi anni infatti le successive  ondate rivoluzionarie di massa in Russia saranno in grado di ribaltare addirittura  un intero sistema economico di produzione, cercando poi una volta al potere di applicare il modo di produrre strettamente comunista.

Una vera svolta nella storia economica del mondo.

Biagio Giordano

 

Insider – Dietro la verità

Insider – Dietro la verità (The Insider) è un film thriller-denuncia, del 1999 diretto da Michael Mann, con Russell Crowe e Al Pacino

Tratto da un fatto vero, il film è carico di un’atmosfera realista del tutto inusuale: che procura sensazioni di ipervero annullanti la percezione della presenza dello schermo, ossia si è in presenza di qualcosa, paradossalmente, di metafisico che rimanendo però saldamente aderente al piano, molto complesso, delle logiche della finzione coinvolge straordinariamente in ogni istante lo spettatore.

Lo scorrimento narrativo, di buona fattura letteraria, nello stesso tempo informa e cattura l’attenzione, ed è impregnato da contrasti tra i personaggi ben calibrati e studiati che appaiono sempre immersi, sagacemente, in situazioni di tensione e suspense saldamente legate, con varianti estetiche espresse in dettagli portatrici in bagliori di sorprese e misteri, al robusto filo conduttore principale. Quest’ultimo riguarda le vicende di un attacco dal basso portato alle multinazionali del tabacco, accusate di immettere sostanze aggiuntive, nelle sigarette, con lo scopo commerciale di aumentarne la dipendenza.

Le due star Russel Crowe e Al pacino grazie alla genialità del regista Michael Mann, non solo convivono felicemente, ma rimanendo ben ancorati ai rispettivi personaggi, lavorando quindi sul piano dell’espressività facciale esclusivamente per il film, evitando perciò sortite visive-narcisiste in dettagli, rafforzano la potenza d’insieme del racconto filmico a vantaggio della soddisfazione piena dell’interesse-curiosità dello spettatore per il film.

Biagio Giordano

 

Il dubbio (Doubt) 

 

Il dubbio (Doubt) è un film indipendente del 2008 scritto e diretto da John Patrick Shanley, adattamento cinematografico del suo omonimo dramma teatrale, vincitore del Premio Pulitzer nel 2005.

Film di grande coinvolgimento emotivo ed etico.
I dialoghi sono affilati come tagliacarte, le interpretazioni dei due protagonisti sono a dir poco eccezionali in quanto mai sembrano recitare, le tematiche scottanti del film sono trattate con acume e con l’artistica libertà espressiva, priva di compromessi con le istituzioni, tipica del cinema indipendente.

Un film dallo stile teatrale che lascia il segno, proponendo con formule semplici ma estremamente convincenti profondi interrogativi etici sui possibili rapporti d’amore, dalle forme infinite, tra insegnanti religiosi e alunni adolescenti in particolare nelle scuole private cattoliche.

Di questi rapporti d’amore, a volte molto sottili o resi sofferenti da empatie vergognose, a volte repressi o scadenti in atti di libido, cosa è punibile, cosa è da evitare, cosa è accettabile e da proteggere?

Una complessità che a partire dal 1964, data dell’ambientazione del film, trova la politica e le istituzioni giudiziarie dell’occidente del tutto impreparate.

Come film indipendente Il dubbio è senz’altro un capolavoro.

 Biagio Giordano

  

Volto di donna (A Woman’s Face)

Volto di donna (A Woman’s Face) è un film in bianco e nero del 1941 diretto da George Cukor. Il soggetto del film è tratto dal dramma Il était une fois di Francis de Croisset…

Il film: Il male, legato alla propria bruttezza fisica, all’insoddisfazione che ne deriva, un male che suscita negli altri repulsione costringendo ad odiare e a fare del male…

Si può cambiare se un evento scientifico medico riporta a un certo punto la bellezza perduta?

Film di grande comunicazione empatica, con una trasmissione dei valori impregnati di sentimento e passione etica che è indubbiamente sopra le righe, aspetti oggi impensabili su certi temi cinematografici. Un film che riesce ad esaltare la funzione del cinema commozione, quello teso al bene, con delle recitazioni e riprese fotografiche magistrali, impressionanti nei tempi scenici del bene e del male, dirette da un regista assai acuto nel raccontare e nel creare tensioni drammatiche in crescendo, quale era George Cukor.

Joan Crawford insuperabile.

Biagio Giordano 

 

 

Velluto blu (Blue Velvet)

 

Velluto blu (Blue Velvet) è un film del 1986 scritto e diretto da David Lynch

L’altra faccia del civile, del normale, del comportamento bene: il male della perversione sessuale violenta, della maniacalità incontrollata e devastante di sè e degli altri, un male che certamente nel sociale e nel privato esiste nella sua pratica reale, e sfocia nel delinquenziale più orrido, ma che come parte oscura di sé può essere anche solo, da tutti, semplicemente desiderato, fantasticato, metaforizzato. sognato, negato, attraverso le complesse vie repressive del civile rimanendo per certi aspetti controllato per altri no.

Un male anche subdolo, che può prendere in ciascuno, attraverso la potenza del desiderio, vie diverse di scarica, lungo un gioco di spostamenti delle mete pulsionali tali da portare pericolosamente sul bordo del civile, sul suo confine più ambiguo…

David Lynch è attratto dal male sessuale in quanto questione che non riguarda solo i nevrotici ma per altre vie il mondo oscuro e ipocrita dei socialmente integrati e garantiti: ignari per eccesso di pudore del proprio inconscio più problematico…

Forse il film più coinvolgente di David Lynch, autentico poeta visivo, che fa del dramma estremo, esposto nei sui dettagli più raccapriccianti, uno specchio insinuante teso a interrogare l’inconscio dello spettatore inquieto e di quello per bene attratto dai desideri perversi degli altri…

Dennis Hopper eccezionale, indimenticabile nella parte del bordeline bisessuale…

Biagio Giordano


  Margin Call (Margine di salvezza) 

Margin Call (Margine di salvezza) è un film del 2011 scritto e diretto da J. C. Chandor ed interpretato da Kevin Spacey, Jeremy Irons, Zachary Quinto e Simon Baker

Film thriller finanziario.

Le 24 ore che precedono l’inizio della grande bolla finanziaria americana del 2007. Grazie alle previsioni di un attento e talentuoso giovane dipendente di una grande azienda finanziaria, che con opportuni modelli matematici proietta nell’immediato futuro le conseguenze di ciò che sta vedendo nei grafici dello schermo del computer, ossia strani e significativi dettagli di un immediato crollo della domanda dei titoli di proprietà dell’azienda, la casa finanziaria in cui lavora si salverà, con perdite però quasi catastrofiche.

La perdita anche solo del 25% dei valori dei titoli in mutui dell’azienda, cosa ipotizzata dal giovane dipendente osservando in modo geniale il tipo di andamento del mercato sul computer, avrebbe distrutto definitivamente l’azienda.

Vendendo quasi tutti i titoli, a valori minimi e in poche ore, l’azienda non fallirà…

Film asciutto, essenziale, concentrato tutto sulle assurdità e i paradossi della grande finanza americana, le cui gigantesche bolle create nell’economia reale nel 2007, verranno sgonfiate gradualmente dalla banca centrale americana con l’immissione di una gigantesca massa di nuova moneta a sostegno dei titoli in precipizio. Aspetto quest’ultimo che l’Europa, invasa dai titoli tossici americani, non potrà fare a causa dei suoi vincoli bancari tra nazioni diverse: con grave danno al sostegno della domanda verso la nostra industria…

Film di grandi emozioni, recitato con una eccezionale immedesimazione degli attori nei personaggi che incarnano…

 

Il sesto senso (The Sixth Sense)

The Sixth Sense – Il sesto senso (The Sixth Sense) è un film del 1999 diretto da M. Night Shyamalan

Finalmente un film di fantasmi che commuove, girato egregiamente.

Un’opera cinematografica straordinaria, che rivaluta, in un mondo dominato dalla tecnica e dallo scientismo, ciò che non si può dimostrare scientificamente ma che pur esiste e che lascia intendere la presenza di misteri esistenziali di grande portata immaginifica, religiosa, filosofica, e perché no anche fisica.
Fenomeni testimoniati, dimostrati, per esperienza soggettiva e collettiva ripetuta, all’interno di accadimenti improvvisi legati a fatti visionari e fisici nei luoghi più svariati.
Fenomeni di apparizioni, predizioni, e movimenti fisici non ripetibili a comando in accademici e freddi laboratori scientifici.

Il paranormale, era in auge nel ‘800, pur tra spettacoli truccati, e speculazioni di ogni genere, esso era ricco anche di fenomeni veri da cui spesso si traevano finalità terapeutiche. Il paranormale è oggi relegato nel mondo della farsa, dell’inganno, del ridicolo, da un dominio della scienza arrogante e dittatoriale ossessionato dalle prove causa-effetto ripetibili costantemente in luoghi appositi, come se, per conoscere le leggi naturali che reggono il mondo, non occorresse fare altro che mettere le cose in una relazione rigida, ignorando poi l’osservazione ingenua molto più aperta…

 Biagio Giordano

 

Shutter Island

Shutter Island è un film del 2010 diretto da Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Emily Mortimer e Max von Sydow

Thriller psichiatrico calato in una realtà storica statunitense, inizi anni ’50, molto problematica (maccartismo) e interessante.

E’ un film questo di Scorsese che esalta la capacità che può avere il cinema nello sviluppare uno stile espressivo letterario di gran spessore con codici assolutamente propri, cosa che non sempre riesce nel cinema, anche perché per la settima arte raggiungere certi livelli espressivi, così alti, ottimali praticamente in tutto, dalla scenografia alla recitazione, dalla sceneggiatura che è a incastri efficaci alla fotografia indubbiamente di grande spessore linguistico, dalla ricostruzione dell’ambiente d’epoca costantemente ricca di suggestione alla contestualizzazione della teoria psichiatrica di quel periodo che appare assai credibile perché ben studiata, dalla regia sempre eccellente al badget che è alto, non è per niente facile, in quanto occorrono dispendi di grosse risorse di ogni genere e un lavoro preparatorio immane, senza tralasciare il fatto, per nulla scontato, di riuscire a scegliere il cast giusto.

Un grande Martin Scorsese quindi che ha diretto gli attori in un modo straordinario, e che non è ancora sufficientemente apprezzato in Italia. Il regista americano dirige il film con una maestria unica, facendo provare allo spettatore emozioni come non se ne provavano dai tempi di Alfred Hitchock, Dario Argento, e Stanley Kubrick.

Di Caprio superlativo, Ben Kingsley molto convincente, Max von Sydow sempre carismatico…

Un film da vedere e rivedere, che ha anche la particolarità di essere stato costruito con un grande contributo italiano di idee per quanto riguarda la realizzazione delle scenografie che sono splendide per colori, suggestione, arte compositiva…

Biagio Giordano

  

Allied – L’ombra nascosta

Allied – L’ombra nascosta, 2016, Diretto dal Robert Zemeckis, thriller di guerra

Sala 5 Diana Savona

Ottimo thriller: per coinvolgimento identificativo nella storia d’amore assai ben contrastata, costruita, e recitata. Per presenza di dettagli ben avvolti dalle prime apparenze in gioco e che suggeriscono enigmi rispetto a ciò che si vede di facciata. Per pudore, ossia rispetto dovuto nel finale della morale del codice Hays. Per ritmo d’azione che è sempre eccellente. Per il finale non prevedibile. Per bellezza degli attori protagonisti indubbiamente superiore alla media cosa che contribuisce a rafforzare l’effetto emotivo negli spettatori della storia d’amore. Per i numerosi effetti sorpresa e suspense sempre ben credibili.

Un Zemeckis superlativo, un regista in gran forma.

Film ampiamente promosso da critica e pubblico. Esempio per i giovani cineasti italiani.

Il film funziona anche per il personaggio centrale femminile costruito con grande equilibrio, evidenziando nessi logici necessari tra sessualità-erotismo-sentimenti profondi, interpretato da un’eccellente Marion Cotillard.

 

 

Pulp Fiction

Pulp Fiction (racconti noir statunitensi, popolareschi, di sesso e violenza anni ’30-’40), genere gang, è un film del 1994 diretto da Quentin Tarantino, con John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Bruce Willis e Tim Roth.

Ironia sul male, con ritmi quasi musicali: in quanto messi in movimento e rappresentati da estensioni linguistiche metaforiche dei dialoghi con toni tra il twist e il rock. Un male che è eterno ma non riesce mai ad essere completo rilasciando disperate ricerche del bene, anche con esigenze di morali punitive del peccato. Per sopravvivere per sempre il male pare costretto ad allearsi col bene, tra vitalità senza regole e pulsioni di morte freudiane, tra umorismo nero e letture liturgiche bibliche con scopi aberranti, tra il piacere sfrenato per la vita che rilascia vuoti ancestrali e una morale d’accatto che vive per un tempo inferiore alla farfalla.

La dissociazione umoristica del male viene spettacolarizzata con questo film di Tarantino come forse mai è accaduto nel cinema.

Ritmo straordinario, felici invenzioni visive tutte ben pertinenti al ritmo voluto.

Valanga di grandi premi, e tutt’ora film, post moderno, che appare non datato…

Biagio Giordano

 

 

I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain)

I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain) è un film del 2005 diretto da Ang Lee con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal

Stati Uniti. Omofobia anni ’60-’70: estremamente violenta, inconscia, pudica, scarica la rabbia sul genere diverso con l’alibi della presunta irresponsabilità nel sociale, nel lavoro e nella famiglia, degli omosessuali..

Finale ambiguo, molto intelligente…

Fotografia bellissima, grandi doti nella regia, che riesce a drammatizzare ponendosi prevalentemente sul piano psicologico delle relazioni tra i personaggi, risparmiando allo spettatore l’impatto diretto con l’omofobia più sanguinolenta…

Moltissimi i premi, Venezia 2005, 3 Oscar, 4 Golden Globe, etc.
Premiata l’assenza di fronzoli spettacolari in questioni così serie, la semplicità narrativa, il senso autentico delle cose in gioco sempre ben rappresentate…

Biagio Giordano

 

Il pistolero (The Shootist)

Il pistolero (The Shootist) è un film western del 1976 diretto da Don Siegel. È stato l’ultimo film interpretato da John Wayne che ha recitato affetto da un cancro, cosa che gli ha permesso di immedesimarsi perfettamente nel personaggio che incarnava: anche lui colpito da un tumore…

Inizi ‘900, tramonto dell’epopea western verista, tramonto di John Wayne che recita però egregiamente se stesso dando al film una verosimiglianza straordinaria, tramonto della pellicola analogica con i suoi colori naturali e una luce ineguagliabile per tonalità, brillantezza, potenza naturale, il film cede definitivamente il passo al cinema esagerato, sanguinolento, quello dai codici visivi eclatanti, rumorosi, con contrasti forti privi di senso…
Grande regia…

Biagio Giordano

 

In nome del popolo italiano

 

In nome del popolo italiano è un film del 1971, diretto da Dino Risi. Protagonisti Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman

Può un magistrato lavorare per la verità, precisamente sulla morte di una ragazza e rilasciare una sentenza in nome del popolo italiano senza interrogarsi sulle caratteristiche reali di questo popolo che gli dà di fatto autorità di giudizio?
Se l’esperienza fatta dal magistrato, nel popolo in cui vive, è del tutto negativa ed egli è posseduto da un’ideologia antisistema accostabile al sacro, tutto può accadere, ed ecco allora che un diario della vittima su cui indaga, con le prove sulle cause della morte, suicidio, finisce nel fuoco, e l’iter giudiziario dell’odiato sospettato su cui il magistrato indaga da tempo può proseguire accompagnato da una sua sadica soddisfazione…

Un film che è sarcastico sulla giustizia italiana e parodistico su come il popolo intende nella sua ignoranza frammista a saggezza intuitiva, il rapporto tra diritti formali e diritti reali, tra giustizia scritta e giustizia praticata, tra privilegi di giustizia per i ricchi e impossibilità di difesa per i poveri…

Una pietra angolare della commedia italiana a ridosso del ’68, le durezze delle numerose ideologie in gioco all’epoca, incarnate dai personaggi, guardando il film oggi diventano una sorta di caricatura simbolica, contrasto netto, disarmante, tra il vero e l’immaginato moralistico, un impatto surreale perché fuori tempo, uno stupore continuo sui modi comportamentali, i linguaggi, e le relazioni di interessi materiali nonché libidici tra i protagonisti degli anni ’70.

Un grande Dino Risi e un superlativo Vittorio Gassman…

Biagio Giordano

 

Under Suspicion (Sotto sospetto)

Under Suspicion (Sotto sospetto) è un film del 2000 diretto da Stephen Hopkins, tratto da un romanzo di John Wainwright

Un noto avvocato che frequenta prostitute, siti porno, e ama parlare con le bambine nonché fotografarle vestite, viene accusato dell’omicidio e stupro di due ragazzine, solo perché la sua automobile era stata trovata nelle vicinanze del luogo dei delitti e la sua vita sessuale era tormentata da fantasie trasgressive di ogni genere.

Il prolungato interrogatorio a cui verrà sottoposto, che porterà allo scoperto le sue fantasie erotiche perverse, lo stresserà a tal punto da fargli confessare i due omicidi che non ha commesso. Durante la sua falsa descrizione, dettagliata, del reato, la polizia scoprirà il vero assassino e l’avvocato tornerà in libertà.

Un film interpretabile in chiave psicanalitica, con una logica poco nota ai non addetti ai lavori. Ossia, l’avvocato ha fatto una falsa confessione perché si sentiva in colpa per le sue fantasie sessuali perverse, venute allo scoperto in un umiliante contesto giudiziario. Si è punito, lungo una regressione delirante della sua coscienza provocata dall’indebolimento dell’Io messo violentemente sotto attacco dagli accusatori.
Film molto sottovalutato dai critici, soprattutto da quelli che esorcizzano le logiche psicanalitiche più importanti rimanendo poi senza strumenti teorici per interpretare correttamente gli intrecci narrativi: cosa che fa si che si finisca per banalizzare film di questo genere…

Ottimo film!!!

Biagio Giordano

 

Nashville

 

Nashville è un film del 1975 diretto da Robert Altman.

Uno sguardo satirico su un paese allora padrone del mondo, che mostrava arrogantemente una democrazia di facciata, pseudoautentica, in realtà forzatamente costruita in alcuni suoi punti con la dittatura dei media asserviti al capitalismo, una democrazia basata sulla falsa informazione, egemonizzata dall’elettore medio schiavo del sogno americano, chiuso nel proprio benessere, qualunquista, esageratamente consumista, sprecone, antiecologico, in una società maschilista e malata di perbenismo ipocrita. Solo una minoranza di elettori si faceva coinvolgere da ideologie progressiste e umanistiche…

Un film capolavoro che mostra le bizzarrie e le contraddizioni dell’animo umano senza giudicare, soffermandosi su immagini vere e comuni del quotidiano americano che di per sé, per paradosso del contrario che esse suscitano nell’immaginazione, si ergono a satira…

Esempio di film indipendente e del conseguente grande potenziale culturale, documentaristico, e artistico che può sorgere da film di autore fuori dall’industria del mercato cinematografico più ovvio…
27 le canzoni del film, stile Country e Western

Altman, spirito libero come Pasolini e Fellini…

Biagio Giordano

 

Il Grinta (True Grit)

Il Grinta (True Grit) è un film del 2010 diretto da Joel ed Ethan Coen, con Jeff Bridges, Matt Damon, Hailee Steinfeld e Josh Brolin

La semplicità, la chiarezza, l’intelligenza stringente, sembrano a volte rispecchiare fedelmente una realtà che ferisce e che si vuol capire, ma non sempre è così, la realtà della vendetta ad esempio è un’occasione per incontrare nuove verità, che l’inconscio rilascia perché vede indebolita, distratta, la sua normale rimozione…
Tutto allora nell’impresa vendicativa si complica, e l’altro in noi che emerge consente imprese inaspettate e potenti…

Regia magistrale, fotografia superba, scorrimento ad alta tensione e privo di pause, onore artistico ai grandi fratelli Coen…

Biagio Giordano

 

Psyco (Psycho)

Psyco (Psycho) è un film del 1960 diretto da Alfred Hitchcock ed interpretato da Janet Leigh, Anthony Perkins, John Gavin e Vera Miles

 

Nel suo genere un capolavoro, candidato a 4 oscar non ne vinse nemmeno uno dimostrando quindi la incapacità di Hollywood nel capire ciò che veramente vale di più in un film.

La pazzia di Norman incarna il mito della madre privo di un vero e proprio linguaggio, ossia quella che in psicanalisi viene denominata l’alingua (vedi Jacques Lacan), in questo caso l’alingua rimane ancorata per sempre al biologico anziché evolvere verso il linguaggio sociale e scientifico cioè verso la comprensione critica del mondo.

La scena della doccia, magistrale, è stata girata da 80 punti di angolazione diversi, e per non far vedere i seni nudi dell’attrice in quanto Hitchcock era un cattolico coerente, è stata eseguita al rallentatore per poi essere accelerata nel montaggio.

Norman Bates l’omicida tradisce subito qualcosa di oscuro allo spettatore quando nel presentare la stanza di Albergo a Marion rimane psicologicamente bloccato di fronte alla porta del bagno-doccia, ossia, non riesce a pronunciare il nome del vano, cioè del luogo dove lui sapeva avrebbe ucciso la donna, questa è la classica telefonata allo spettatore fatta da un soggetto misterioso che sembra voler tradire il regista, è un effetto estetico, tipico del linguaggio cinematografico classico e un po’ anche di quello moderno…

Biagio Giordano

 

L’attimo fuggente (Dead Poets Society)

L’attimo fuggente (Dead Poets Society) è un film del 1989 diretto da Peter Weir e con protagonista Robin Williams.

In un prestigioso istituto privato inglese, burocrazia scolastica e il bisogno di una forte pratica poetica indifferibile nel tempo ingaggiano una lotta senza esclusioni di colpi. Finirà in tragedia come logica vuole quando ci si ritiene liberi dai meccanismi sociali più sottili e che da giovani per lungo tempo appaiono invisibili.

Film di grande regia e sceneggiatura, scorre senza pause fino alla fine, lasciando col fiato sospeso e prigionieri di un empatia, col collettivo trasgressivo, fuori dal comune…

Dialoghi poetici di grosso spessore grazie ad una felice sintesi linguistica che dimostra di saper nominare efficacemente le cose più vive in gioco a quell’epoca…

Il compianto Robin William su tutti, per carisma e la credibilità data al personaggio professore fuori corrente…

Biagio Giordano

 

Freud – Passioni segrete (Freud: The Secret Passion)

Freud – Passioni segrete (Freud: The Secret Passion) è un film del 1962, diretto dal regista statunitense John Huston

Un film ben fatto, sostenuto con notevole spessore linguistico anche dalla collaborazione nella sceneggiatura del filosofo Jean Paul Sartre a lungo confrontatosi con la teoria psicanalitica da posizioni filosofiche sue e sulla quale, dapprima rifiutata in toto come pensiero filosofico e scientifico poco credibile, avrà poi alcuni ripensamenti significativi.

Il film egregiamente diretto da John Huston riesce a rendere la descrizione di un caso clinico in una forma simile a una novella, ma non è una sorpresa, la possibilità di esprimere un caso clinico in un modo letterario è sempre stata sostenuta da Freud.

Film molto corretto dal punto di vista della teoria psicanalitica freudiana in voga nel fine ottocento.
Uno dei nodi cruciali che si presentava allora, dopo il superamento della pratica dell’ipnosi ritenuta si in grado di aprire le alcune porte dell’inconscio ma incapace di rilasciare una guarigione duratura, fu quello del problema dell’elaborazione e scioglimento del transfert nella fase che si avviava verso la guarigione, il film trova le parole più idonee per dire come Freud spiegava ai pazienti la questione della dipendenza amorosa da transfert: egli rendeva noto che l’amore in atto con l’analista era solo un riverbero di passioni infantili utile per elaborare le riedizioni di ricordi che evocava, non era un amore vero, perciò Freud chiariva che la guarigione effettiva avveniva quando il paziente poteva finalmente scegliere un amore non riflesso che brillasse di una luce propria, originale, nuova, slegata per lo più dal passato passionale intenso del bambino rieditato in analisi sull’analista…

Biagio Giordano

 

 

 

Che fine ha fatto Baby Jane?

Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?) è un film thriller psichiatrico del 1962 diretto da Robert Aldrich, basato sull’omonimo romanzo di Henry Farrell.

Thriller a sfondo psichiatrico. Capolavoro insuperato diretto da Robert Aldrich, suspense sempre tirata al massimo, con protagonista il male, rappresentato dalla pazzia violenta di Jane Hudson (una eccezionale Betty Davis,) un male sempre sul punto di cadere, di essere pubblicamente scoperto e messo in isolamento, e che invece vince nel privato fin quasi alla fine del film dove poi si scopre, con una sorpresa del tutto inaspettata impossibile da intuire, che esso era causato di una menzogna da vendetta, aspetto questo che alleggerirà le responsabilità di chi lo incarnava.
Due recitazioni drammatiche, straordinarie, di Bette Davis e Joane Crawford che fanno tutt’ora scuola.

Lungo nevrosi divenute metastasi psichiche, il sorellicidio tra due donne famose diventa incontrollabile, i loro ruoli sfumano, vittima e carnefice giocano una partita memorabile scambiandosi lungo geniali travestimenti di sguardi e azioni pseudoetiche, le loro caratteristiche fino al punto di ingannare lo spettatore sulle responsabilità di quanto accade per quasi tutta la durata del film…

Mai un film aveva trasportato così in alto le emozioni legate al finto-vero, tipico del cinema, questo film fa credere per due ore di essere presenti in mezzo a un reale privo di ogni finzione…

Cose da non credere!! Il miracolo è avvenuto. Il fantasma del cinema si è realizzato…

Biagio Giordano

 

 

La cosa (The Thing)

La cosa (The Thing) è un film del 1982 diretto da John Carpenter, liberamente tratto dal racconto horror-fantascientifico La cosa da un altro mondo (Who Goes There?, 1938) di John W. Campbell

Metafora dei mali umani, quelli tra i più difficili da curare, quali sono le neoplasie (tumori), il film proietta all’esterno, in un altrove ricco di nuovi significati, le paure e le angosce derivanti dal proprio corpo decadente e tendente alle disfunzioni mortali.

Un film senza speranza, con un finale molto intelligente che poco concede alle attese più ordinarie dello spettatore esaltando invece possibili nuove verità.

Il male interno che per immaginazione difensiva viene attribuito all’esterno porta a combattere dei fantasmi, cioè cose solo psichiche prive di contenuti reali, è il sogno perdente degli ultimi giorni di vita, segnato dalla nevrosi…

Effetti speciali straordinari, Carpenter non si smentisce, brillando anche come capacità di tenuta del filo della storia, costruendo un racconto meno seduttivo verso lo spettatore medio ma indubbiamente di maggior spessore problematico e soprattutto fertile nel favorire meditazioni intelligenti, in particolare sul proprio inconscio soggetto inevitabilmente a nevrotizzazioni esistenziali…

Biagio Giordano

 

 

SULLY

Sully è un film del 2016 diretto da Clint Eastwood, con protagonista Tom Hanks.

Sala 6 Diana Savona

Film girato in formato IMAX (immagini giganti e miglior risoluzione), la pellicola narra l’ammaraggio del volo US Airways 1549 avvenuto il 15 gennaio 2009 nel fiume Hudson, lo fa basandosi sull’autobiografia Highest Duty: My Search for What Really Matters dello stesso Chesley Sullenberger eroico pilota di quel aereo.

Commozione e spettacolo per un film girato con grande professionalità e raffinati mezzi tecnici.

Efficace la tecnica letteraria di alternare a scene, riguardanti il drammatico rientro alla base dell’aereo appena partito e ormai privo della funzionalità di due motori a causa dell’impatto con degli stormi di uccelli, scene caratterizzate dalle tensioni relative all’inchiesta d’accusa sul pilota dopo l’incidente promossa dalla compagnia aerea e dalle assicurazioni, accusa fatta per una presunta menzogna del pilota, che avrebbe mentito sulla funzionalità del motore sinistro dicendo che era ormai a spinta zero quando invece secondo gli indagatori funzionava ancora, cosa quest’ultima che, se vera, avrebbe consentito, pur nell’emergenza, un rientro normale dell’aereo sulla pista senza rischiare la vita dei passeggeri sul grande fiume Hudson che al momento dell’impatto aveva una temperatura di 2 gradi.

Proprio per quella inchiesta accusatoria sostenuta da simulazioni al computer con regole matematiche e fisiche rigorose, l’immagine del pilota è rimasta nella realtà, per un certo tempo, in bilico tra eroismo e debolezza psichica, bravura professionale e vigliaccheria, coraggio e panico, cosa che trasposta bene nel film infiamma di passione fino all’ultimo lo spettatore.

Il buon Clint sul piano dello spettacolo intelligente ha colpito ancora…lunga vita a un’artista indimenticabile…

Biagio Giordano

 

 

 Easy Rider

Easy Rider (Libertà e paura) è un film del 1969 diretto e interpretato da Dennis Hopper, con Peter Fonda (Wyatt “Capitan America”) e Jack Nicholson (George Hanson);

Dopo lo smercio di una consistente quantità di cocaina, i due giovani hippie Wyatt e Bill diventano ricchi, poi acquistano due potenti motociclette e si dirigono verso New Orleans per partecipare alla festa del martedì grasso…

Girato in super 8 ma con un ottimo direttore di fotografia e tre grandi attori, il film è stato masterizzato e perfezionato in ogni particolare con tecniche in digitale, cosa che gli consente ancora lunga vita e splendide gigantografie del panorama statunitense…

Il film è la metafora della cultura alternativa che vivacizzava l’america di quegli anni, e della sua soppressione da parte delle istituzioni governative coadiuvate dai normali lavoratori delle fabbriche e dei campi, la cui libertà degli hippie suscitava paure e disprezzo di ogni genere…

In realtà i complessi movimenti alternativi al sistema di allora, cercavano di assumersi nuove responsabilità sociali in alternativa a quelle che vigevano che erano segnate dall’autoritarismo e dalla morte, essi credevano nella possibilità di fondere la responsabilità con il piacere dando alle libertà sognate un nuovo statuto etico che non ignorava il sociale… Splendide le musiche, valgono mezzo film…

 Biagio Giordano 

 Breakdown – La trappola

Breakdown – La trappola è un film del 1997, diretto da Jonathan Mostow

Un thriller come non se ne vedeva da anni, un vero orologio svizzero, che sa scegliere con perfetta sincronia di tempo i momenti di innesto degli incastri più attesi.

Credibile, vero in ogni particolare, con un montaggio superlativo sopratutto nelle scene di inseguimento e negli scontri mortali; un film che distrae, diverte, stupisce, e mostra senza gli equivoci dello spettacolo l’altra faccia del civile americano: quello precario, che socialmente naufraga per la desertificazione di territori posti sulla soglia di deserti sterminati, territori che per assenza di una economia industriale divengono paurosi, inquietanti, dove il comportamento horror del cittadino ormai alieno è atteso in ogni istante della vita quotidiana… sempre per colpa del cinico capitalismo americano…quest’ultimo continua a vincere come sistema grazie alla sua capacità di interiorizzarsi nelle masse come pensiero del meno peggio delle economie mondiali…
Fotografia da oscar…regia e interpretazione impeccabili…

 Biagio Giordano

  

 

Animali notturni (Nocturnal Animals)

Animali notturni (Nocturnal Animals) è un film thriller del 2016 scritto e diretto da Tom Ford, basato sul romanzo Tony e Susan di Austin Wright.

Sala 2 Diana Savona

Film con tecniche letterarie originali che mettono su piani diversi gli aspetti più cruenti del film trasfigurandoli in metafore e simboli legati a una storia d’amore vera e fallimentare, tecniche che rendono la narrazione più accogliente senza snaturare ciò che di oggettivo porterà al dramma esistenziale che si rivelerà logicamente ben strutturato.

Linguaggio fotografico straordinario per la sua capacità di potenziare di emozioni progressive ed estreme quelle scene volute drammatiche, tese, violente…

Ottimo film di Tom Ford che non finisce di stupire…

Biagio Giordano

 

I pugni in tasca

I pugni in tasca (Italia 1965, bianco e nero, 107m); regia: Marco Bellocchio; produzione: Enzo Doria per Doria Cinematografica; sceneggiatura: Marco Bellocchio

Capolavoro di Marco Bellocchio, per potenza drammatica e credibilità dei processi inconsci dei personaggi che stanno alla base di un certo loro comportamento inquieto. Il film si concentra sul male organico, psichico ed esistenziale prendendoli per quello che sono, senza alcuna concessione alle attese finali: liberatrici o catartiche verso lo spettatore. Nessuna responsabilità umana sugli effetti disastrosi del male pare potersi formalizzare nel film, prevalgono forze oscure nascoste nel narcisismo della follia…che la rispettabilità borghese riesce a tenere lontane da ogni indagine istituzionale ma non a guarire, tanto che l’intera famiglia ne sarà travolta. Esempio di film sulla famiglia che oggi non si è più capaci di fare, nonostante non manchino certo i problemi reali per ispirarli.
Con questo film Bellocchio si pone subito, per capacità espressiva di tipo drammatico, a livello di Ossessione di Visconti, del 1943, nonostante siano già passati ben 23 anni, a testimonianza dell’importanza, nell’artista militante che giunge al capolavoro non databile, del tipo di ispirazione che gli è più congeniale, cosa che non sempre può essergli subito chiara…

 

 Taxi Driver

Taxi Driver è un film del 1976 diretto da Martin Scorsese, scritto da Paul Schrader e interpretato da Robert De Niro. Ambientato, subito dopo la guerra del Vietnam, a New York

Capolavoro di Martin Scorsese, per ritmo, credibilità del personaggio, invenzioni fotografiche, mirabile sintesi storica del momento civile e politico vissuto da New York in quegli anni, scelta dell’attore con un Robert De Niro di 25 anni che buca lo schermo ed entra in sala, e capacità letteraria nel sostenere l’interesse e la tensione del film per lungo tempo.

Numerose le questioni sociali che si intravedono nel film, tra le quali spicca, come in altri film famosi (vedi il primo Rambo), la questione del disadattamento dei marines a fine guerra, un disagio che creava in quei reduci non pochi problemi, soprattutto per quanto riguardava un loro possibile inserimento soddisfacente nel tessuto sociale ed economico statunitense.

Questi ex militari, speciali, erano sempre molto ben motivati in guerra, l’appartenenza al glorioso corpo gli faceva sentire importanti, con una mitologia interiorizzata appropriata legata al fascino della bellicosità che funzionava a meraviglia, essi si sentivano inoltre utili al progresso americano sia sul piano economico grazie all’economia di guerra, sia su quelli civile e politico.

La disciplina ferrea, le regole etiche militari rigorose, l’organizzazione di una macchina organizzativa militare pressoché perfetta, a un certo punto venivano bruscamente a mancare nella vita civile, quest’ultima era infatti regolata da norme diverse, più astratte e complesse, e ciò creava negli ex marines (soprattutto in quelli di derivazione sociale più povera), un contrasto psicologico pauroso tra il vissuto e il futuro ancora da percorrere, da cui scaturivano spinte a sfogarsi verso il sociale con l’alibi inconscio del moralismo.
Nasceva in alcuni un immaginario giustizialista, purificatore, soprattutto verso un particolare settore della società, con spinte pulsionali individualiste legate a una ideologia molto equivocata, di presunta estrema destra, ben alimentata dai media politici.

L’aggressività di alcuni reduci dei marines prendeva di mira le persone socialmente più miserabili, brutte a vedersi, che vivevano ai margini della società e dell’economia capitalista, un sociale malato che mostrava al mondo da tempo tutta la sua debolezza e il fallimento del così detto sogno americano che riguardava solo il ceto medio più forte e chi già disponeva da lungo tempo di risorse da investire…

Biagio Giordano

 

La ragazza del treno

La ragazza del treno (The Girl on the Train) è un film del 2016 diretto da Tate Taylor. Gli interpreti principali del film sono Emily Blunt, Haley Bennett

Sala 4 Diana Savona

Un film di difficile valutazione, ben realizzato sul piano del linguaggio fotografico, gli intrecci a mosaico sparso ben si incastrano verso il finale definendo un quadro contenutistico nitido che scioglie con un effetto di rilievo i nodi della prima parte del film, manca però la cultura, cioè un lavoro sui profili dei personaggi e il loro senso del vivere e del desiderare, essi appaiono sbiaditi, poco credibili, asettici a una ricezione identificatoria con lo spettatore. Peccato davvero, visto la grande mole del lavoro fotografico e l’impegno di tutto il cast…

Biagio Giordano

 

UOMINI CONTRO

Uomini contro è un film del 1970 diretto da Francesco Rosi, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull’Altipiano. Ambientato durante la prima guerra mondiale, quest’opera, di chiara impronta pacifista e antiautoritaria, mette in luce l’assurdità della guerra…

Insieme a Orizzonti di gloria di S. Kubrick, Uomini contro è uno dei film più rappresentativi della sensibilità antimilitarista e pacifista presente nella cineteca storica del mondo del cinema. Il film riesce a toccare temi essenziali, spesso misconosciuti dalle istituzioni, temi che demitizzano i successi territoriali avvenuti nella prima guerra mondiale mostrandone l’immane e spesso inutile sacrificio di vite umane in zone dirette da Generali non all’altezza del compito.

Le questioni emerse nel film riguardano la viltà molto estesa dei militari indotta psicologicamente da ripetuti assalti inutili che portavano a perdite umane pressoché totali, il conflitto di classe tra truppe e ufficiali che generava intoppi organizzativi, il senso di inutilità-militarmente controproducente- per una guerra così poco sentita, l’ingiustizia palese, derivata da processi sommari, che riguardava le punizioni dei soldati, la ricerca da parte di alcuni generali di riconoscimenti onorifici personali a discapito di un corretto calcolo del rapporto: conquista dell’obiettivo e quantità di vite umane perdibili nello scopo.

Film con grandi sofferenze e incomprensioni nella distribuzione, e con vicende giudiziarie di ogni genere nonché fiasco di pubblico. Divenuto un cult recentemente.
Gian Maria Volentè straordinario…

(Biagio Giordano)

 PASOLINI

Pasolini è un film del 2014 diretto da Abel Ferrara, che si concentra esclusivamente sulle ultime ore di vita di Pier Paolo Pasolini.

Il film è praticamente un’interpretazione poetica del grande intellettuale italiano, bella e suggestiva, senza particolari pretese di evidenziare verità oggettive o deduttive sui drammatici fatti accaduti. Un film poetico su un poeta, che si svolge lungo un gioco narrativo dominato da proiezioni immaginifiche dell’autore del film su un personaggio tutt’ora indubbiamente ricco di fascino…
Film che allunga il limite del senso del pudore con qualche immagine che potrebbe apparire scabrosa ma solo se decontestualizzata, film incompreso da molti critici che lo hanno praticamente bocciato con la motivazione che è privo di verità storiche biografiche precise a tutto campo, ma il cinema come arte può essere ben altro…

(Biagio Giordano)

SECRET WINDOW

Secret Window è un film del 2004 diretto da David Koepp, tratto dal racconto Finestra segreta, giardino segreto di Stephen King

Quando l’ispirazione letteraria è priva di quella forza immaginifica in grado di far giungere il romanzo a un finale riuscito, è sufficiente provare le emozioni della pazzia schizofrenica, identificarsi in essa e lasciarsi trasportare scrivendo nel reale, fino a un punto criminogeno di non ritorno dove l’identificazione supera la barriera dell’etica immergendosi nella voragine della follia che va oltre l’umano…

Film molto interessante, psichiatria e letteratura trovano una felice combinazione estetica, giocando su contrasti di forte impatto emotivo ben adombrati nel loro scioglimento fin quasi alla fine.

La finzione come contenuto della narrazione e la finzione legata alla funzione stessa del cinema esaltano i meccanismi inconsci dello spettatore legati al piacere dell’enigma in sé…

Film bocciato da una critica amante della chiarezza e della coerenza delle soluzioni finali e dei nodi costruttivi, come se i film dovessero avere regole letterarie univoche, cioè prive di equivoci creativi più legati al reale dei retropensieri improvvisi.
Capolavoro di David Koepp

(Biagio Giordano)

 

AMERICAN PASTORAL

 

American Pastoral, 2016, (Pastorale americana= vicende curative, educative, morali), sala 4 Diana, Savona

Tratto dal libro capolavoro di Philip Roth vincitore del Premio Pulitzer, American Pastoral è la storia di un uomo di successo Seymour Levov detto “lo Svedese”, un uomo benpensante padrone di una fabbrica di guanti raffinati, la cui figlia sceglie la via dell’ideologia comunista-terrorista.
Il padre non si rassegna alle scelte tragiche della figlia, incolpando della brutta strada da lei intrapresa la psicoterapeuta e i leader carismatici del gruppo terroristico cui la figlia apparteneva.

Il film pone e risponde a questa domanda: “Come è possibile che una tragedia di questo tipo accada in una normale famiglia bene americana che ha realizzato il Sogno Americano? Ci sono errori educativi dei genitori o della società, o tutto è legato a particolarità misteriose, a sensibilità specifiche, raffinatissime, costitutive dell’animo della figlia stessa?

Ottimo film, di forte spessore letterario, tiene inchiodati alla poltrona…

Biagio Giordano

 

SWEETWATER


Sweetwater (Acqua dolce), del 2013. Un film di Noah Miller, Logan Miller. Con Ed Harris, January Jones, Jason Isaacs, Eduardo Noriega, Chad Brummett

Il film western è ambientato nel Messico del 1886. Una giovane vedova rischia la vita per vendicare l’omicidio del marito, avvenuto per opera di un pazzo Pastore cristiano abusivo. Un nuovo sceriffo mandato dalla magistratura che sospetta che in quella zona sono stati commessi reati indicibili si schiera al fianco della donna.

Film molto violento, con dettagli raccapriccianti, i Miller registi giocano tutto sui contrasti estremi, rinunciando ad ogni sfumatura nella delineazione dei profili dei personaggi, ne viene a risentire quindi la logica reale dei fatti che rimane oscura sullo sfondo.

Imitazione furbesca dei modi filmici di raccontare di Tarantino, ma lo scorrere narrativo è pregevole, il talento c’è occorre solo dare più senso psicologico e culturale alle scene.

Titolo ironico.

Biagio Giordano

 

 

Non-Stop

Non-Stop è un film del 2014 diretto da Jaume Collet-Serra, con protagonista Liam Neeson, coppia che ha lavorato insieme anche per il film Unknown – Senza identità

Difficile sciogliere i nodi narrativi troppo stretti costruiti nella prima parte del film, ma il regista nonostante una sceneggiatura poco scorrevole ci riesce inventando scene di complemento legate alla tecnologia degli effetti speciali, soprattutto nell’atterraggio dell’aereo con l’esplosione a bordo che ha credibilità proprio per le numerose distruzioni spettacolari cui va incontro…
Protagonisti del film i cellulari con internet, di nuova generazione…

Biagio Giordano

A Dangerous Method

A Dangerous Method è un film biografico ma filtrato da una interpretazione letteraria, è del 2011, ed è diretto da David Cronenberg. Il film è ambientato tra Zurigo e Vienna alla vigilia della prima guerra mondiale…

Sabina Spielrein era un’ebrea russa in cura da Jung col metodo psicanalitico di impronta teorica fortemente freudiana, tra loro due nacque un rapporto d’amore che all’epoca creò diversi conflitti sia in Jung sposato con un figlio che alla psicanalisi stessa, immersa com’era quest’ultima in un contesto storico fortemente moralista nei confronti della sessualità.
La psicanalisi vedeva quindi in quell’atto d’amore tra Jung e la Spielrein, consumato si presumeva sessualmente, una perdita di autorità dello psicanalista nei confronti della paziente, cioè un cedimento, con strascichi infantili dissociativi impossibili da elaborare, alle sirene della seduzione erotica sprigionata dalla paziente per sostenere il proprio sintomo nevrotico, con la conseguente impossibilità di proseguire efficacemente la cura.

Lo sviluppo storico della psicanalisi, soprattutto dal ’68 in poi relativizzerà molto le rigidità normative del metodo psicanalitico del primo ‘900, mettendo in primo piano l’importanza di una particolare apertura dell’inconscio in analisi finalizzata a un tipo di lavoro diverso. Un inconscio che poteva subire cambiamenti importanti con un lavoro elaborativo ben sorretto da una ricerca polisemica dei segni non più quindi posto sotto l’ossessione della ricerca di un loro significato univoco. Significanti e fantasmi in gioco avevano effetti di cifra diversi, andando al di là di quello schematismo teorico del primo novecento piegato per lungo tempo in un’ideologia anche puritana: sospettabile quest’ultima di essere fonte in alcuni casi di nevrosi e trasgressioni sessuali di forte disagio dissociativo…

Biagio Giordano

 

MISSION TO MARS

 

Mission to Mars è un film di fantascienza del 2000 diretto da Brian De Palma

Film di eccezionale articolazione visiva dei capitoli, con una fotografia che gioca sugli spazi cosmici con grande originalità generando suggestioni estetiche nuove per il cinema.
Spazi che esaltano lo stupore visivo, tempi missione avari ristretti e proprio perciò ricchi di suspense, alta tecnologia, e sentimenti umani forti ma controllati dalla razionalità, fanno da supporto al film consentendo alla storia di svolgersi in tutta la sua forza, quella voluta, dando allo spettatore la possibilità di un maggior coinvolgimento identificativo.
Lo spettatore entra in una dimensione geometrica spazio-tempo convincente percependo l’avventura cosmica come qualcosa di finalmente paragonabile o confrontabile con le antiche avventure terrestri di stampo letterario, e non è poco visto la desertificazione con cui si presentano i pianeti. Film passato troppo inosservato, soprattutto da una critica cinematografica che per lo più continua ad ignorare l’importanza della fotografia nel’economia e topografia del film…

 

RAMBO (FIRST BLOOD)

 

Rambo (First Blood) è un film del 1982 diretto da Ted Kotcheff, tratto dal romanzo Primo sangue di David Morrell, ed interpretato da Sylvester Stallone.

Una guerra inutile, se non per l’industria bellica, quella avvenuta nel Vietnam, una società che non riesce ad integrare gli eroi berretti verdi perché divenuti nel frattempo troppo diversi, una comunità razzista ignara di ciò che accade nel mondo, un film Rambo che fa spettacolo con i contrasti giusti utilizzando gli ingredienti sociologi più veritieri. Grande ritmo grazie a una sceneggiatura ben tirata e a un Sylvester Stallone con grandi doti atletiche e ben immedesimato nella parte.
Film premiato dal pubblico e bocciato dalla critica che appare sempre sospettosa dei film di successo a sfondo individualista…

  

THE TERMINAL

The Terminal è un film del 2004 diretto da Steven Spielberg ed interpretato da Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones e Stanley Tucci

Il film ha diversi pregi, l’originalità dell’idea, una fotografia di alto livello professionistico che riesce a rendere sempre interessante con i suoi movimenti di macchina incessanti e varianti negli angoli alti e bassi ciò che accade in un terminale di servizio, semiparalizzato da lavori di ristrutturazione, di un grande aeroporto, la scorrevolezza narrativa e lo spessore del profilo psicologico del protagonista Victor (Tom Hanks), la suspense: quest’ultima difficilissima da concepire in spazi limitati e situazioni burocratiche chiuse.

Spielberg è molto bravo a tenere deste le attese degli spettatori con ripetuti colpi di scena che svolgono la funzione di tanti piccoli finali parziali.

Per quanto riguarda i contenuti, paradossalmente, quella che sembrava essere nelle sue funzioni una rigidissima burocrazia americana, attuata senza scrupoli nella sorveglianza degli aeroporti e di cui Victor sembrava vittima, si rivelerà invece estremamente debole e pronta ad ogni compromesso per il quieto vivere dei responsabili, ciò spiega la facilità dell’attacco aereo terroristico del 11 settembre del 2001 alle torri gemelli di New York. Il vero rigido e idealista nonché romantico nel film è il protagonista Victor che vive nel film del contrasto: sfigato ma genio, che tanto piace alle donne.

 (Biagio Giordano)

 L’ESORCISTA

 

L’esorcista (The Exorcist) è un film del 1973 diretto da William Friedkin e tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty, che scrisse anche la sceneggiatura

Il film rispecchia dei fenomeni veri che per quanto rari hanno messo in difficoltà più volte la scienza a partire dal ‘700, i pregiudizi scientifici contro il paranormale, a partire dagli anni ’80 in poi hanno tolto interesse mediatico a questa fenomenologia, ma i misteri su certi fatti rimangono pur dando per scontato che spesso rappresentano solo malattie psichiatriche o truffe dalle radici psichiche paranoiche.

Il Vaticano tutt’ora, pratica esorcismi, con la presenza in stanza anche di uno psichiatra. Il famoso psicanalista Servadio ha incontrato nel suo lavoro casi clinici che lo hanno sconvolto per la chiara presenza di entità terze avvertite nella mente di alcuni pazienti.
Insomma, la scienza ha dei limiti, l’uomo kantiano conosce fino a un certo punto poi di fronte ai grandi misteri esistenziali crolla di ignoranza, anche perché tutto sommato l’uomo è un essere insignificante che esiste tra il caos di infiniti fenomeni cosmici biochimici in continua evoluzione e creazione da fonti ignote…
Grande spettacolo immaginifico…con effetti speciali da record…
Grande regia e interpretazioni…

 (Biagio Giordano)

  

LA NONA PORTA (1999)

(THE NINTH GATE)

 Roman Polanski, thriller, h 2.07 con Johnny Depp, Frank Langella, Lena Olin, Emmanuelle Seigner, James Russo

 Il film: il desiderio di essere simili a Dio può realizzarsi attraverso la investitura data dal principe dei Demoni (una volta il più bello degli angeli) se si risolve un enigma formulabile attraverso la lettura di tre libri satanici complementari.

Grande suggestione e ritmo, tipici di Polanski, ossessionato dal satanismo (vedi moglie incinta uccisa da una setta demonistica a suo tempo).

Il film del 1999, con il suo pathos religioso isterico potenziato dal fanatismo negativista delle sette demonistiche, preannuncia inconsapevolmente, sulla scia del crollo delle grandi ideologie umanistiche, le molteplici catastrofi fondamentaliste dell’estremismo islamico che inizieranno potentemente nel 2001 con l’abbattimento a New York delle due torri gemelle per poi estendersi in modo esponenziale in gran parte del mondo.

Dire che come fotografia è un capolavoro è dir poco, bisognerebbe elencare tute le sequenze oggi impossibili da realizzare così bene e mostrare i metodi naturali e artigianali usati da Polanski, ciò porterebbe a capire la bravura mostruosa dello staff tecnico del film coordinato e diretto dal grande regista polacco-ebreo.

(Biagio Giordano)

 

ARANCIA MECCANICA

 


Arancia meccanica (A Clockwork Orange) è un film del 1971 diretto da Stanley Kubrick. Tratto dall’omonimo romanzo scritto da Anthony Burgess

Anni del boom economico dell’occidente, incontrastato dominatore dei mercati mondiali, il film ne riflette la vitalità.
Narrazione con diverse miscele esplosive: sesso-violenza, potere politico e trasformazione psichica grossolana dei detenuti omicidi, vitalità e consumismo, bene e male sociali con confini indistinguibili, etc.
Film datato per le pulsioni di cui tratta, ma non per certe logiche politiche elettorali: tutt’ora vere e proprie costanti delle democrazie occidentali…
Film di grande spessore fotografico con spazi e tempi di ripresa seducenti…

 (Biagio Giordano)

22-09-2016

Un momento di follia
Un momento di follia è diretto da Jean-François Richet e nel cast vede protagonisti Vincent Cassel, François Cluzet, Lola Le Lann e Alice Isaaz.

Un momento di follia erotica tra un quarantenne e una diciasettenne figlia del miglior amico, a cosa può portare se la ragazza poi si innamora?
Film francese molto raffinato e realistico, viene rispettato il codice etico Hays, in quanto il colpevole adulto si pente e smette subito la relazione, ma la vera follia è l’innamoramento della ragazza, un sentimento trasgressivo per sua natura, che non perdona e non accetta ragioni etico-sociali di convenienza di costume, fino al punto di essere capace di trascinare tutti gli interessati delle famiglie, in un dramma, accendendo pulsioni sempre più incontrollate che portano a sfiorare la tragedia.
Bellissimo, equilibrato, ricco di un senso comune intelligente, privo di volgarità, mai il film indugia nell’erotismo fine a se stesso…
Ben recitato, fotografia ricca di composizioni naturalistiche di gusto.

Da vedere assolutamente.
 
Alla ricerca di Vivian Maier (Finding Vivian Maier)

Alla ricerca di Vivian Maier (Finding Vivian Maier) è un film del 2013 diretto da John Maloof e Charlie Siskel. Genere documentario

John Maloof-filmaker, fotografo e alla ricerca di notizie storiche americane per la tesi di laurea, compra in un mercatino per 380 dollari un baule colmo di negativi fotografici, e sviluppandoli scopre che le foto sono state scattate da una donna sconosciuta morta nel 2009, Vivian Maier, bambinaia di Chicago, un’artista di grande ingegno fotografico. Dei più di 150.000 negativi sono stati sviluppati solo una parte e le fotografie migliori sono esposte oggi nelle più importanti gallerie d’arte del mondo.

Il film attraverso le testimonianze di coloro che hanno avuto relazioni con lei traccia a grandi linee un profilo della sua misteriosa personalità e vita, emergono cose sorprendenti che vanno: da una depressione creativa della donna, forse bipolare, a una sua sensibilità straordinaria verso la sofferenza umana, da una vita economica normale a un’esistenza che si piega improvvisamente in una povertà e insicurezza sociale estreme che la vedranno spesso rovistare anche nei bidoni dei rifiuti.

Nata a New York la donna aveva genitori di altre origini forse francesi e amava la solitudine e il silenzio, era schiva e molto riservata con quasi tutti, scontrosa, e per strada fotografava visi e corpi umani senza mettere in posa le persone: cogliendole sul fatto di un momento espressivo lampo….

Esempio di artista geniale, di capacità empatica unica nel saper fondersi col sentire degli sguardi degli altri, donna complessa, con alcuni lati oscuri nei suoi rapporti sociali: ma è un’oscurità che diventa via via fertile, dal punto di vista artistico, perché essa come segno di diversità assoluta dalla norma darà una grande spinta pulsionale creativa al suo ego…

Film bellissimo che cerca solo la verità, vincitore di numerosi premi…

 

Black Snake Moan (Gemito del serpente nero)
Black Snake Moan (Gemito del serpente nero) è un film drammatico del 2007 scritto e diretto da Craig Brewer, interpretato da Samuel L. Jackson e Christina Ricci

Splendido film sull’emarginazione nella società americana, la violenza sulle donne e la violenza razzista sui neri, possono creare storie diverse fatte di percorsi affettivi di incontro tra neri e donne bianche violentate, con la mediazione preziosa della Chiesa protestante. Incontri che leniscono le ferite sociali e di malcostume rendendo di nuovo vivibile l’esistenza.
Ottima sceneggiatura e gran ritmo narrativo, fotografia di alta professionalità…

 
La passione di Cristo (The Passion of the Christ) 

 

 La passione di Cristo (The Passion of the Christ) è un film del 2004 scritto e diretto da Mel Gibson. Il film è stato interamente girato in Italia, tra Matera e Cinecittà.

Stroncato dai critici filosofi, dai teologi, dai critici cinematografici che poco apprezzano la fotografia, da molte chiese cattoliche e protestanti, il film ha avuto invece il pieno riconoscimento dal pubblico mondiale che ha consentito ai produttori di abbattere con il loro film diversi record di affluenza.
E il pubblico ha visto giusto, il film è il più originale dei film sui vangeli, la passione e la missione di Cristo si animano su uno sfondo ambientale riprodotto con una eccezionale suggestione fotografica, rafforzata dal dialogo in aramaico. Nel film, brutalità, violenza, misticismo assassino, sadismo, contrasti teologici estremi, non sono che il risultato di un’atmosfera dei tempi storicamente reale. Mai un film sui vangeli ha reso così bene quell’atmosfera di morte e attese apocalittiche.
Infinite maschere umane di volti horror in primo piano, particolari sulla violenza al Cristo dettagliatissimi, riusciti contrasti drammatici quasi in ogni scena, cattura del Cristo nel bosco degli ulivi di Getsemani di altissima suggestione e ipnosi mistica.
3/4 dei dialoghi sono fotografici, impresa unica nella storia moderna del cinema.
Location straordinaria in una Matera affascinante e senza tempo…

Sul piano formale-espressivo un vero capolavoro, e il pubblico l’ha capito la critica no…


 Il gladiatore (Gladiator)

Il gladiatore (Gladiator) è un film del 2000 diretto da Ridley Scott, interpretato da Russell Crowe, Joaquin Phoenix, Connie Nielsen, Richard Harris, Oliver Reed Capolavoro di Ridley Scott, che non trascura niente, il film è un esempio dell’importanza nel cinema dello spazio-tempo della fotografia, uno spazio-sfera utilizzato nel suo disco centrale a 360 gradi, con tempi di permanenza dell’immagine molto lenti, il tutto inserito in una narrazione che scorre senza intoppi e una ricchezza di particolari scenici di incalcolabile varietà. Grande musica di accompagnamento che funziona in parte anche come linguaggio scenico di dettagli significanti, ottima recitazione, effetti speciali di straordinaria efficacia suggestiva sempre coerenti con la narrazione mai fini a se stessi, pietà e terrore aristotelici che funzionano a meraviglia, bellezze fisiche dei personaggi equilibrate nei ruoli, subordinate al tono alto della cultura espressa dai contenuti del racconto. Ultimo film della generazione luce al naturale commista solo a tratti con immagini da computer. Irripetibile, da antologia poetica del cinema…

  Bufera mortale (The Mortal Storm)

Bufera mortale (The Mortal Storm) è un film del 1940 diretto da Frank Borzage.

Un bianco e nero d’altri tempi, con sequenze memorabili di grande potere suggestionante, tanto da sfiorare in alcune scene l’ipnotizzazione dello spettatore, interpretazioni di elevatissima professionalità, per una storia così ben diretta da lasciare stupiti per credibilità e dissolvimento della realtà del presente intono a noi; è il trionfo della finzione sul reale attraverso una storia attenta a mostrare un vero accaduto…
Film stile anni 30-40, di elevata qualità e capacità drammatica oggi impensabili…film abbandonati da tempo dalle televisioni di stato e commerciali per presunta assenza di un pubblico televisivo esteso…

 

MISSISSIPI BURNING

 

Mississippi Burning – Le radici dell’odio (Mississippi Burning) è un film statunitense del 1988, diretto da Alan Parker e interpretato da Gene Hackman

Il razzismo visto in chiave sociologica e psicanalitica, con radici che affondano nella povertà e insicurezza della società americana e nel inconscio di ciascuno come alterità: parte di sé straniera a se stessi in quanto psiche scissa dall’Io nella parte desiderante più profonda, atavica, che la civiltà separa dalla coscienza senza riuscire spesso a domarla…

Film di ottima fattura, di buon spessore narrativo sul piano fotografico, ricco di idee nelle inquadrature, con profili dei personaggi ben tagliati senza essere banalizzati…
Film per niente datato, visto quel che ancora succede negli Stati Uniti tra polizia e neri…

 

The Hurt Locker (Il pacchetto del dolore)

E’ un film del 2008 diretto da Kathryn Bigelow e scritto dal giornalista Mark Boal.

Il film è incentrato su un gruppo di artificieri e sminatori dell’esercito statunitense in missione in Iraq (2004).

Il film ha vinto 6 Premi Oscar nel 2010: miglior sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, miglior regista e miglior film.
Film di alto livello drammatico, con eccezionali sequenze da
suspense imparentate col terrore caratterizzate da un forte impatto realistico, un film in cui l’impressione di realtà tipica del linguaggio cinematografico diventa qualcosa di più: specchio diretto di un vero accaduto, finestra aperta sull’orrore della guerra inutile e affaristica…

La regista Kathyn Bigelow ex moglie di Cameron, conferma il suo straordinario talento visivo e narrativo, ridando al cinema il suo ruolo di impressionismo tangente alle coscienze: in virtù di un falso spettacolo in quanto il suo film alla fine rilascia commozione e indignazione anziché il piacere di uno scioglimento del dramma o del terrore.
Fiasco al botteghino perché il film è pedagogico, educatore dello spettatore a un gusto un po’ meno salato ma più vicino al cuore…

 

Full Metal Jacket

(Proiettile rivestito pienamente di metallo)
un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick.
 

Nulla che già non si sapesse sulla brutalità della guerra e dell’addestramento militare, ma il modo con cui Kubrick presenta le cose, esaltando il linguaggio fotografico nelle dimensioni in cui può donare allo spettatore maggior profondità percettiva, e il reperimento per la scena dei contrasti più significativi di una situazione che regolarmente non lascia indovinare di se stessa in quale direzione evolverà, emana tuttora stupore e incanto, sopratutto in questo caso per l’effetto estetico e l’emozione atavica che ne derivano…

Si auspica che qualche giovane regista capisca prima o poi le logiche narrative più importanti di Kubrick, e ci doni, con tutte le innovazioni del caso, spettacoli come questo: così riusciti dal punto di vista estetico-drammatico…

Il cinema diventa arte quando dimostra una capacità fuori dal comune nel toccare tasti desideranti inconsci relegati dal familiare e dal convenzionale, in prigioni dell’immaginario troppo strette…

 Revenant – Redivivo 
(The Revenant)

 

E’ un film del 2015, diretto, co-scritto e co-prodotto da Alejandro González Iñárritu.

Film di grande impatto drammatico, con una fotografia linguaggio di notevole capacità narrativa, interpretazioni ben dirette, l’aspetto più letterario del film non delude, la lunghezza forse eccessiva è compensata da numerosi scene di suspense e di tensione ben orchestrate. Lo spazio e tempo della fotografia in movimento, ben dilatati dal gioco di ottiche e di spostamenti in ogni direzione, conferiscono al film una dimensione percettiva altra, di grande penetrazione sensoriale con effetti estetici per certi aspetti originali…

La vendetta, motivo centrale del film, è secondaria, è un mero strumento estetico al servizio della costruzione primaria di un dramma espandibile al massimo con il gioco della morte tra umani…

Film di grande impatto visivo, che segna forse il ritorno per chi ama la qualità dell’immagine, alla ripresa vera della realtà, senza cioè l’eccessivo uso dell’immagine tipo video-giochi oggi dominante nel cinema di questo genere…
Il film fa riferimento a fatti veri accaduti…

 Biagio Giordano

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