Cinema. Brevi recensioni

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Brevi recensioni
Allied – L’ombra nascosta  e Pulp fiction

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Brevi recensioni

 Allied – L’ombra nascosta

Allied – L’ombra nascosta, 2016, Diretto dal Robert Zemeckis, thriller di guerra

Sala 5 Diana Savona

Ottimo thriller: per coinvolgimento identificativo nella storia d’amore assai ben contrastata, costruita, e recitata. Per presenza di dettagli ben avvolti dalle prime apparenze in gioco e che suggeriscono enigmi rispetto a ciò che si vede di facciata. Per pudore, ossia rispetto dovuto nel finale della morale del codice Hays. Per ritmo d’azione che è sempre eccellente. Per il finale non prevedibile. Per bellezza degli attori protagonisti indubbiamente superiore alla media cosa che contribuisce a rafforzare l’effetto emotivo negli spettatori della storia d’amore. Per i numerosi effetti sorpresa e suspense sempre ben credibili.

Un Zemeckis superlativo, un regista in gran forma.

Film ampiamente promosso da critica e pubblico. Esempio per i giovani cineasti italiani.

Il film funziona anche per il personaggio centrale femminile costruito con grande equilibrio, evidenziando nessi logici necessari tra sessualità-erotismo-sentimenti profondi, interpretato da un’eccellente Marion Cotillard.

 

 

Pulp Fiction

Pulp Fiction (racconti noir statunitensi, popolareschi, di sesso e violenza anni ’30-’40), genere gang, è un film del 1994 diretto da Quentin Tarantino, con John Travolta, Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Bruce Willis e Tim Roth.

Ironia sul male, con ritmi quasi musicali: in quanto messi in movimento e rappresentati da estensioni linguistiche metaforiche dei dialoghi con toni tra il twist e il rock. Un male che è eterno ma non riesce mai ad essere completo rilasciando disperate ricerche del bene, anche con esigenze di morali punitive del peccato. Per sopravvivere per sempre il male pare costretto ad allearsi col bene, tra vitalità senza regole e pulsioni di morte freudiane, tra umorismo nero e letture liturgiche bibliche con scopi aberranti, tra il piacere sfrenato per la vita che rilascia vuoti ancestrali e una morale d’accatto che vive per un tempo inferiore alla farfalla.

La dissociazione umoristica del male viene spettacolarizzata con questo film di Tarantino come forse mai è accaduto nel cinema.

Ritmo straordinario, felici invenzioni visive tutte ben pertinenti al ritmo voluto.

Valanga di grandi premi, e tutt’ora film, post moderno, che appare non datato…

Biagio Giordano

 

 

I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain)

I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain) è un film del 2005 diretto da Ang Lee con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal

Stati Uniti. Omofobia anni ’60-’70: estremamente violenta, inconscia, pudica, scarica la rabbia sul genere diverso con l’alibi della presunta irresponsabilità nel sociale, nel lavoro e nella famiglia, degli omosessuali..

Finale ambiguo, molto intelligente…

Fotografia bellissima, grandi doti nella regia, che riesce a drammatizzare ponendosi prevalentemente sul piano psicologico delle relazioni tra i personaggi, risparmiando allo spettatore l’impatto diretto con l’omofobia più sanguinolenta…

Moltissimi i premi, Venezia 2005, 3 Oscar, 4 Golden Globe, etc.
Premiata l’assenza di fronzoli spettacolari in questioni così serie, la semplicità narrativa, il senso autentico delle cose in gioco sempre ben rappresentate…

Biagio Giordano

 

Il pistolero (The Shootist)

Il pistolero (The Shootist) è un film western del 1976 diretto da Don Siegel. È stato l’ultimo film interpretato da John Wayne che ha recitato affetto da un cancro, cosa che gli ha permesso di immedesimarsi perfettamente nel personaggio che incarnava: anche lui colpito da un tumore…

Inizi ‘900, tramonto dell’epopea western verista, tramonto di John Wayne che recita però egregiamente se stesso dando al film una verosimiglianza straordinaria, tramonto della pellicola analogica con i suoi colori naturali e una luce ineguagliabile per tonalità, brillantezza, potenza naturale, il film cede definitivamente il passo al cinema esagerato, sanguinolento, quello dai codici visivi eclatanti, rumorosi, con contrasti forti privi di senso…
Grande regia…

Biagio Giordano

 

In nome del popolo italiano

 

In nome del popolo italiano è un film del 1971, diretto da Dino Risi. Protagonisti Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman

Può un magistrato lavorare per la verità, precisamente sulla morte di una ragazza e rilasciare una sentenza in nome del popolo italiano senza interrogarsi sulle caratteristiche reali di questo popolo che gli dà di fatto autorità di giudizio?
Se l’esperienza fatta dal magistrato, nel popolo in cui vive, è del tutto negativa ed egli è posseduto da un’ideologia antisistema accostabile al sacro, tutto può accadere, ed ecco allora che un diario della vittima su cui indaga, con le prove sulle cause della morte, suicidio, finisce nel fuoco, e l’iter giudiziario dell’odiato sospettato su cui il magistrato indaga da tempo può proseguire accompagnato da una sua sadica soddisfazione…

Un film che è sarcastico sulla giustizia italiana e parodistico su come il popolo intende nella sua ignoranza frammista a saggezza intuitiva, il rapporto tra diritti formali e diritti reali, tra giustizia scritta e giustizia praticata, tra privilegi di giustizia per i ricchi e impossibilità di difesa per i poveri…

Una pietra angolare della commedia italiana a ridosso del ’68, le durezze delle numerose ideologie in gioco all’epoca, incarnate dai personaggi, guardando il film oggi diventano una sorta di caricatura simbolica, contrasto netto, disarmante, tra il vero e l’immaginato moralistico, un impatto surreale perché fuori tempo, uno stupore continuo sui modi comportamentali, i linguaggi, e le relazioni di interessi materiali nonché libidici tra i protagonisti degli anni ’70.

Un grande Dino Risi e un superlativo Vittorio Gassman…

Biagio Giordano

 

Under Suspicion (Sotto sospetto)

Under Suspicion (Sotto sospetto) è un film del 2000 diretto da Stephen Hopkins, tratto da un romanzo di John Wainwright

Un noto avvocato che frequenta prostitute, siti porno, e ama parlare con le bambine nonché fotografarle vestite, viene accusato dell’omicidio e stupro di due ragazzine, solo perché la sua automobile era stata trovata nelle vicinanze del luogo dei delitti e la sua vita sessuale era tormentata da fantasie trasgressive di ogni genere.

Il prolungato interrogatorio a cui verrà sottoposto, che porterà allo scoperto le sue fantasie erotiche perverse, lo stresserà a tal punto da fargli confessare i due omicidi che non ha commesso. Durante la sua falsa descrizione, dettagliata, del reato, la polizia scoprirà il vero assassino e l’avvocato tornerà in libertà.

Un film interpretabile in chiave psicanalitica, con una logica poco nota ai non addetti ai lavori. Ossia, l’avvocato ha fatto una falsa confessione perché si sentiva in colpa per le sue fantasie sessuali perverse, venute allo scoperto in un umiliante contesto giudiziario. Si è punito, lungo una regressione delirante della sua coscienza provocata dall’indebolimento dell’Io messo violentemente sotto attacco dagli accusatori.
Film molto sottovalutato dai critici, soprattutto da quelli che esorcizzano le logiche psicanalitiche più importanti rimanendo poi senza strumenti teorici per interpretare correttamente gli intrecci narrativi: cosa che fa si che si finisca per banalizzare film di questo genere…

Ottimo film!!!

Biagio Giordano

 

Nashville

 

Nashville è un film del 1975 diretto da Robert Altman.

Uno sguardo satirico su un paese allora padrone del mondo, che mostrava arrogantemente una democrazia di facciata, pseudoautentica, in realtà forzatamente costruita in alcuni suoi punti con la dittatura dei media asserviti al capitalismo, una democrazia basata sulla falsa informazione, egemonizzata dall’elettore medio schiavo del sogno americano, chiuso nel proprio benessere, qualunquista, esageratamente consumista, sprecone, antiecologico, in una società maschilista e malata di perbenismo ipocrita. Solo una minoranza di elettori si faceva coinvolgere da ideologie progressiste e umanistiche…

Un film capolavoro che mostra le bizzarrie e le contraddizioni dell’animo umano senza giudicare, soffermandosi su immagini vere e comuni del quotidiano americano che di per sé, per paradosso del contrario che esse suscitano nell’immaginazione, si ergono a satira…

Esempio di film indipendente e del conseguente grande potenziale culturale, documentaristico, e artistico che può sorgere da film di autore fuori dall’industria del mercato cinematografico più ovvio…
27 le canzoni del film, stile Country e Western

Altman, spirito libero come Pasolini e Fellini…

Biagio Giordano

 

Il Grinta (True Grit)

Il Grinta (True Grit) è un film del 2010 diretto da Joel ed Ethan Coen, con Jeff Bridges, Matt Damon, Hailee Steinfeld e Josh Brolin

La semplicità, la chiarezza, l’intelligenza stringente, sembrano a volte rispecchiare fedelmente una realtà che ferisce e che si vuol capire, ma non sempre è così, la realtà della vendetta ad esempio è un’occasione per incontrare nuove verità, che l’inconscio rilascia perché vede indebolita, distratta, la sua normale rimozione…
Tutto allora nell’impresa vendicativa si complica, e l’altro in noi che emerge consente imprese inaspettate e potenti…

Regia magistrale, fotografia superba, scorrimento ad alta tensione e privo di pause, onore artistico ai grandi fratelli Coen…

Biagio Giordano

 

Psyco (Psycho)

Psyco (Psycho) è un film del 1960 diretto da Alfred Hitchcock ed interpretato da Janet Leigh, Anthony Perkins, John Gavin e Vera Miles

 

Nel suo genere un capolavoro, candidato a 4 oscar non ne vinse nemmeno uno dimostrando quindi la incapacità di Hollywood nel capire ciò che veramente vale di più in un film.

La pazzia di Norman incarna il mito della madre privo di un vero e proprio linguaggio, ossia quella che in psicanalisi viene denominata l’alingua (vedi Jacques Lacan), in questo caso l’alingua rimane ancorata per sempre al biologico anziché evolvere verso il linguaggio sociale e scientifico cioè verso la comprensione critica del mondo.

La scena della doccia, magistrale, è stata girata da 80 punti di angolazione diversi, e per non far vedere i seni nudi dell’attrice in quanto Hitchcock era un cattolico coerente, è stata eseguita al rallentatore per poi essere accelerata nel montaggio.

Norman Bates l’omicida tradisce subito qualcosa di oscuro allo spettatore quando nel presentare la stanza di Albergo a Marion rimane psicologicamente bloccato di fronte alla porta del bagno-doccia, ossia, non riesce a pronunciare il nome del vano, cioè del luogo dove lui sapeva avrebbe ucciso la donna, questa è la classica telefonata allo spettatore fatta da un soggetto misterioso che sembra voler tradire il regista, è un effetto estetico, tipico del linguaggio cinematografico classico e un po’ anche di quello moderno…

Biagio Giordano

 

L’attimo fuggente (Dead Poets Society)

L’attimo fuggente (Dead Poets Society) è un film del 1989 diretto da Peter Weir e con protagonista Robin Williams.

In un prestigioso istituto privato inglese, burocrazia scolastica e il bisogno di una forte pratica poetica indifferibile nel tempo ingaggiano una lotta senza esclusioni di colpi. Finirà in tragedia come logica vuole quando ci si ritiene liberi dai meccanismi sociali più sottili e che da giovani per lungo tempo appaiono invisibili.

Film di grande regia e sceneggiatura, scorre senza pause fino alla fine, lasciando col fiato sospeso e prigionieri di un empatia, col collettivo trasgressivo, fuori dal comune…

Dialoghi poetici di grosso spessore grazie ad una felice sintesi linguistica che dimostra di saper nominare efficacemente le cose più vive in gioco a quell’epoca…

Il compianto Robin William su tutti, per carisma e la credibilità data al personaggio professore fuori corrente…

Biagio Giordano

 

Freud – Passioni segrete (Freud: The Secret Passion)

Freud – Passioni segrete (Freud: The Secret Passion) è un film del 1962, diretto dal regista statunitense John Huston

Un film ben fatto, sostenuto con notevole spessore linguistico anche dalla collaborazione nella sceneggiatura del filosofo Jean Paul Sartre a lungo confrontatosi con la teoria psicanalitica da posizioni filosofiche sue e sulla quale, dapprima rifiutata in toto come pensiero filosofico e scientifico poco credibile, avrà poi alcuni ripensamenti significativi.

Il film egregiamente diretto da John Huston riesce a rendere la descrizione di un caso clinico in una forma simile a una novella, ma non è una sorpresa, la possibilità di esprimere un caso clinico in un modo letterario è sempre stata sostenuta da Freud.

Film molto corretto dal punto di vista della teoria psicanalitica freudiana in voga nel fine ottocento.
Uno dei nodi cruciali che si presentava allora, dopo il superamento della pratica dell’ipnosi ritenuta si in grado di aprire le alcune porte dell’inconscio ma incapace di rilasciare una guarigione duratura, fu quello del problema dell’elaborazione e scioglimento del transfert nella fase che si avviava verso la guarigione, il film trova le parole più idonee per dire come Freud spiegava ai pazienti la questione della dipendenza amorosa da transfert: egli rendeva noto che l’amore in atto con l’analista era solo un riverbero di passioni infantili utile per elaborare le riedizioni di ricordi che evocava, non era un amore vero, perciò Freud chiariva che la guarigione effettiva avveniva quando il paziente poteva finalmente scegliere un amore non riflesso che brillasse di una luce propria, originale, nuova, slegata per lo più dal passato passionale intenso del bambino rieditato in analisi sull’analista…

Biagio Giordano

 

 

 

Che fine ha fatto Baby Jane?

Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?) è un film thriller psichiatrico del 1962 diretto da Robert Aldrich, basato sull’omonimo romanzo di Henry Farrell.

Thriller a sfondo psichiatrico. Capolavoro insuperato diretto da Robert Aldrich, suspense sempre tirata al massimo, con protagonista il male, rappresentato dalla pazzia violenta di Jane Hudson (una eccezionale Betty Davis,) un male sempre sul punto di cadere, di essere pubblicamente scoperto e messo in isolamento, e che invece vince nel privato fin quasi alla fine del film dove poi si scopre, con una sorpresa del tutto inaspettata impossibile da intuire, che esso era causato di una menzogna da vendetta, aspetto questo che alleggerirà le responsabilità di chi lo incarnava.
Due recitazioni drammatiche, straordinarie, di Bette Davis e Joane Crawford che fanno tutt’ora scuola.

Lungo nevrosi divenute metastasi psichiche, il sorellicidio tra due donne famose diventa incontrollabile, i loro ruoli sfumano, vittima e carnefice giocano una partita memorabile scambiandosi lungo geniali travestimenti di sguardi e azioni pseudoetiche, le loro caratteristiche fino al punto di ingannare lo spettatore sulle responsabilità di quanto accade per quasi tutta la durata del film…

Mai un film aveva trasportato così in alto le emozioni legate al finto-vero, tipico del cinema, questo film fa credere per due ore di essere presenti in mezzo a un reale privo di ogni finzione…

Cose da non credere!! Il miracolo è avvenuto. Il fantasma del cinema si è realizzato…

Biagio Giordano

 

 

La cosa (The Thing)

La cosa (The Thing) è un film del 1982 diretto da John Carpenter, liberamente tratto dal racconto horror-fantascientifico La cosa da un altro mondo (Who Goes There?, 1938) di John W. Campbell

Metafora dei mali umani, quelli tra i più difficili da curare, quali sono le neoplasie (tumori), il film proietta all’esterno, in un altrove ricco di nuovi significati, le paure e le angosce derivanti dal proprio corpo decadente e tendente alle disfunzioni mortali.

Un film senza speranza, con un finale molto intelligente che poco concede alle attese più ordinarie dello spettatore esaltando invece possibili nuove verità.

Il male interno che per immaginazione difensiva viene attribuito all’esterno porta a combattere dei fantasmi, cioè cose solo psichiche prive di contenuti reali, è il sogno perdente degli ultimi giorni di vita, segnato dalla nevrosi…

Effetti speciali straordinari, Carpenter non si smentisce, brillando anche come capacità di tenuta del filo della storia, costruendo un racconto meno seduttivo verso lo spettatore medio ma indubbiamente di maggior spessore problematico e soprattutto fertile nel favorire meditazioni intelligenti, in particolare sul proprio inconscio soggetto inevitabilmente a nevrotizzazioni esistenziali…

Biagio Giordano

 

 

SULLY

Sully è un film del 2016 diretto da Clint Eastwood, con protagonista Tom Hanks.

Sala 6 Diana Savona

Film girato in formato IMAX (immagini giganti e miglior risoluzione), la pellicola narra l’ammaraggio del volo US Airways 1549 avvenuto il 15 gennaio 2009 nel fiume Hudson, lo fa basandosi sull’autobiografia Highest Duty: My Search for What Really Matters dello stesso Chesley Sullenberger eroico pilota di quel aereo.

Commozione e spettacolo per un film girato con grande professionalità e raffinati mezzi tecnici.

Efficace la tecnica letteraria di alternare a scene, riguardanti il drammatico rientro alla base dell’aereo appena partito e ormai privo della funzionalità di due motori a causa dell’impatto con degli stormi di uccelli, scene caratterizzate dalle tensioni relative all’inchiesta d’accusa sul pilota dopo l’incidente promossa dalla compagnia aerea e dalle assicurazioni, accusa fatta per una presunta menzogna del pilota, che avrebbe mentito sulla funzionalità del motore sinistro dicendo che era ormai a spinta zero quando invece secondo gli indagatori funzionava ancora, cosa quest’ultima che, se vera, avrebbe consentito, pur nell’emergenza, un rientro normale dell’aereo sulla pista senza rischiare la vita dei passeggeri sul grande fiume Hudson che al momento dell’impatto aveva una temperatura di 2 gradi.

Proprio per quella inchiesta accusatoria sostenuta da simulazioni al computer con regole matematiche e fisiche rigorose, l’immagine del pilota è rimasta nella realtà, per un certo tempo, in bilico tra eroismo e debolezza psichica, bravura professionale e vigliaccheria, coraggio e panico, cosa che trasposta bene nel film infiamma di passione fino all’ultimo lo spettatore.

Il buon Clint sul piano dello spettacolo intelligente ha colpito ancora…lunga vita a un’artista indimenticabile…

Biagio Giordano

 

 

 Easy Rider

Easy Rider (Libertà e paura) è un film del 1969 diretto e interpretato da Dennis Hopper, con Peter Fonda (Wyatt “Capitan America”) e Jack Nicholson (George Hanson);

Dopo lo smercio di una consistente quantità di cocaina, i due giovani hippie Wyatt e Bill diventano ricchi, poi acquistano due potenti motociclette e si dirigono verso New Orleans per partecipare alla festa del martedì grasso…

Girato in super 8 ma con un ottimo direttore di fotografia e tre grandi attori, il film è stato masterizzato e perfezionato in ogni particolare con tecniche in digitale, cosa che gli consente ancora lunga vita e splendide gigantografie del panorama statunitense…

Il film è la metafora della cultura alternativa che vivacizzava l’america di quegli anni, e della sua soppressione da parte delle istituzioni governative coadiuvate dai normali lavoratori delle fabbriche e dei campi, la cui libertà degli hippie suscitava paure e disprezzo di ogni genere…

In realtà i complessi movimenti alternativi al sistema di allora, cercavano di assumersi nuove responsabilità sociali in alternativa a quelle che vigevano che erano segnate dall’autoritarismo e dalla morte, essi credevano nella possibilità di fondere la responsabilità con il piacere dando alle libertà sognate un nuovo statuto etico che non ignorava il sociale… Splendide le musiche, valgono mezzo film…

LE ALTRE RECENSIONI BREVI

 Biagio Giordano 

I LIBRI DI BIAGIO GIORDANO

Cliccate sulle immagini per saperne di più e per acquistarli

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.