“Che penserà Dio della Chiesa cattolica ?

CHE PENSERA’ DIO DI RATZINGER?

Che cosa pensa Ratzinger di Dio?

CHE PENSERA’ DIO DI RATZINGER?

Che cosa pensa Ratzinger di Dio?

Strana domanda, nevvero? Ma suonerebbe anche strana, se non retorica, la domanda inversa: che cosa pensa Ratzinger di Dio? O forse le due domande sono tra di loro correlate, e non dovrebbero stupire più di tanto un teologo, nemmeno nel caso fosse nel frattempo divenuto papa. Pertinente o impertinente, opportuna o meno che sia, la pone a sé stesso José Saramago in uno degli interventi usciti sul suo blog (caderno.josesaramago.org), e ora raccolti da Bollati Boringhieri nel Quaderno. Testi scritti per il blog/ settembre 2008-marzo 2009.

Si chiede Saramago: “Che penserà Dio della Chiesa cattolica apostolica romana di cui questo Ratzinger è papa sovrano? Che io sappia (ed è inutile dire che io so ben poco), fino ad oggi nessuno ha osato formulare tali eretiche domande, forse perché si sa previamente che non c’è né ci sarà risposta.” E difatti, se è senz’altro possibile sapere che cosa pensi il teologo Ratzinger di Dio, come potremo mai sapere che cosa pensa (ammesso che esista) Iddio del suo servo Ratzinger? E’ chiaro che qualunque pensiero noi attribuiamo a Dio, non potrà che essere una nostra supposizione, o ipotesi, o proiezione di nostri desideri e fantasie, dal momento che la distanza che separa i nostri dai suoi pensieri è incommensurabile per definizione. Nondimeno Saramago, messo da parte ogni timore reverenziale, prova a mettersi nei panni stessi di Dio e pensa che “nel caso esista, deve essere grato a Ratzinger per la preoccupazione che ha manifestato negli ultimi tempi per il delicato stato di salute della fede cattolica.” Ed enumera i sintomi di questa salute a suo dire precaria: “La gente non va a messa, non crede più nei dogmi e ha smesso di osservare i precetti che per i suoi antenati, nella maggior parte dei casi, costituivano la base della stessa vita spirituale, se non anche di quella materiale, come accadeva ad esempio per molti banchieri dei primordi del capitalismo, severi calvinisti e, per quanto è possibile supporre, di una onestà personale e professionale a prova di qualsiasi tentazione demoniaca in forma di subprime”. E qui non occorre essere specialisti in ecclesiologia per accorgersi che Saramago mette insieme elementi diversi e incongruenti: cosa c’è di più lontano dal cattolicesimo romano della weberiana “etica protestante” nella sua versione calvinista? Se ne rende conto lo stesso scrittore, che infatti previene l’obiezione del lettore avvertito che “starà forse pensando che questo scarto improvviso dall’argomento che mi ero proposto di affrontare, il sinodo episcopale riunito a Roma (nell’ottobre del 2008), alla fine mi servisse per introdurre, con dialettica più o meno abile, una critica al comportamento irregolare (è il minimo che si possa dire) dei banchieri nostri contemporanei.” C’è forse qui un’allusione alle vicende poco chiare dello Ior e alla gestione poco trasparente delle finanze vaticane? Può anche darsi, ma non era questa la sua intenzione, né d’altronde le sue competenze glielo permetterebbero. “Torniamo allora a Ratzinger. A quest’uomo certamente intelligente e informato, con una vita attivissima negli ambienti vaticani e affini…..è capitato qualcosa che non ci si aspetterebbe da uno con la sua responsabilità, di cui dobbiamo rispettare la fede, ma non l’espressione del pensiero medievale.” Che cosa è capitato di così grave a Benedetto XVI che ha fatto sobbalzare il grande scrittore recentemente scomparso? Gli è capitato di dire nell’omelia della messa con la quale è iniziato il sinodo che “Se guardiamo la Storia, ci vediamo obbligati ad ammettere che non sono casi unici questo allontanamento e questa ribellione dei cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, è dovuto ricorrere spesso al castigo.” Valga come esempio il diluvio universale. Dobbiamo quindi aspettarci un nuovo cataclisma? Si sta forse avvicinando la tanto annunciata catastrofe ambientale, segno inequivocabile dell’ira divina nei confronti di un’umanità cieca e sorda ai richiami dello Spirito (ma anche a quelli del buon senso)?

Certo è che non mancano sinistri presagi: il mondo è tutt’altro che in pace, i potenti della terra non sembrano davvero all’altezza della situazione, i fanatismi e i fondamentalismi anziché diminuire, a giudicare dall’acutizzarsi del cosiddetto “scontro di civiltà”, tengono il campo nel terzo e quarto mondo, una crisi finanziaria e una decadenza morale senza precedenti affligge da tempo l’Occidente, il cui vaticinato tramonto sta avvenendo quasi sotto i nostri occhi, e le rare voci profetiche, come quelle dello stesso Saramago, o vengono ignorate o trattate alla stregua di uccellacci del malaugurio. Ma tra queste voci non c’è anche quella del papa? Anche lui predica la pace e il rispetto tra gli uomini (purché non siano laicisti, abortisti, ricercatori sulle cellule staminali, omosessuali, ecc.), perché non viene ascoltato dai potenti di questa terra? In fondo anche lui è un potente, sia pure sui generis, di questa terra sempre più a rischio di apocalisse. In teoria dovrebbe stare con i poveri e con gli ultimi, ma esigenze non propriamente spirituali lo tengono lontano dai dannati della terra e molto vicino ai potenti epuloni che lo incensano a parole ma   si guardano bene dall’osservarne i precetti morali. Di questo il papa se ne renderà certamente conto. Ma Dio, oltre ad essere grato al suo servo per la preoccupazione a cui oggi si aggiunge la sofferenza manifestata per la crisi interna   alla stessa Chiesa, che cosa pensa di Ratzinger? Su questo Saramago, giustamente, tace: chi può conoscere i segreti pensieri di Dio? Solo lui può rivelarceli, se vuole e quando vuole: “Dio è eterno, dicono, e ha tempo per tutto. Eterno sarà, ammettiamolo per non contrariare il papa, ma la sua eternità è solo quella di un eterno non essere.”

Come lo sa l’autore di questo Quaderno “di moralità poetica” (definizione di Umberto Eco)? Lo sa, appunto, poeticamente e non teologicamente. E chissà che ora, nell’aldilà, non abbia scoperto la coincidenza tra la poesia e il vero Dio.

Fulvio Sguerso

 

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