Chabrol, un esempio per i nostri amministratori

 
 CHABROL
IL PREFETTO NAPOLEONICO DI SAVONA
UN ESEMPIO PER I NOSTRI AMMINISTRATORI

 CHABROL
IL PREFETTO NAPOLEONICO DI SAVONA
UN ESEMPIO PER I NOSTRI AMMINISTRATORI
 
 

Nel 1805 la Liguria fu aggregata all’impero di Napoleone e fu divisa in tre Dipartimenti, quello di Montenotte (Porto Maurizio, Ceva, Savona e Acqui) ebbe come capoluogo Savona.

Nel 1806 venne eletto prefetto del Dipartimento Gilberto Chabrol de Volvic Chabrol, energico intelligente colto, dedicò per anni cure al suo Dipartimento, cure di cui lasciò perenne memoria e che cercheremo di riassumere in modo che gli attuali amministratori prendano esempio.

Il prefetto volle dare il massimo impulso alla economia del Dipartimento. Egli giudicava l’industria locale deficiente, soprattutto per processi tecnici; rimpiangeva il principio corporativo delle arti, pensava a un grande stabilimento siderurgico, a impianti di alti forni moderne fonderie e laminatoi.

Curò l’industria della pesca, assai decaduta, e le diede notevole incremento.

Non essendo felici le condizioni dell’agricoltura con enormi i danni derivati dal secolare irrazionale disboscamento. Contro il disboscamento impose con una circolare del 20 giugno 1807, le norme sui tagli e per un sistematico rimboschimento impiantò un vivaio dipartimentale.

 Con la circolare del 28 giugno 1812 propose un aumento d’alberi sulle pubbliche vie e piazze, per le strade vicinali, lungo i fiumi e torrenti, e tracciando opportuni sbarramenti negli alti bacini montani

Diede valore alla vallata del Tanaro, del Bormida, dell’Erro, dell’Olba, regolando il corso dei fiumi.

Consigliò la coltura della barbabietola per ottenere lo zucchero, che veniva a mancare per causa del blocco continentale. 

Protesse quella degli ulivi e l’importante industria degli olii.

Particolare sollecitudine ebbe per i mercati, fissandone con rigide norme, la disciplina


 

Ma perchè tutti questi grandiosi disegni potessero attuarsi, pur in minima parte, bisognava anzitutto rivolgere due vitali problemi: la viabilità e l’assetto del porto savonese. Tecnicamente perfette furono le cure che lo Chabrol dedicò alla rinascita del porto savonese; ben tre progetti esistono di sua mano nell’archivio civico, dei quali solo il primo (che diremmo minimo) si potè attuare allora.

Nel 1812 studiò un progetto di derivazione d’acqua potabile nella città, attuato solo molti anni dopo. Migliorò la viabilità cittadina impose la costruzione del primo cimitero urbano, che sorse aldilà del Letimbro; aiutò il sorgere di un primo stabilimento balneare.

I provvedimenti dello Chabrol procacciarono all’economia savonese reali benefici.

 Gli agrumi, le frutta, gli olii della Riviera si diffusero largamente; le industrie dei saponi, delle stoffe, delle scarpe rifiorirono; l’arte ceramica toccò il massimo splendore; il commercio dei risi, delle castagne, dei vetri ebbe nuovi sbocchi; il porto, languente sotto Genova, segnò nel 1810 un movimento complessivo di quasi 3000 bastimenti; l’industria dell’arredamento giunse a numerare 2 bricks, 34 feluche, 9 barche, 4 tartane, 31 bilancelle, con un complesso di 7 50 marinai; la popolazione crebbe da 10.649 abitanti (1801-05) a 16.270 (1812).

Nel 1812 studiò un progetto di derivazione d’acqua potabile nella città, attuato solo molti anni dopo.

Fece molto anche per la povertà. I poveri dovevano iscrivere al Bureau ed erano vigilati da appositi commissari, divisi per quartieri. Alla indigenza familiare si ovviava specialmente con minestre fatte nelle istituite «cucine economiche». I poveri, i disoccupati dovevano, nei limiti del possibile, guadagnarsi l’alimento, lavorando o nei locali dei vecchi Forni o nel Deposito di mendicità, già convento di Teresiane. Quest’obbligo del lavoro fu esteso anche ai vecchi dell’ospizio. Prese le misure per sanare una piaga diffusa nel dipartimento: l’esposizione dei nati (quasi sempre illegittimi) e l’infanticidio; e nel 1811 istituì un apposito ospizio in Savona, con due succursali nel Dipartimento. In breve vi furono ricoverati 458 trovatelli.

Anche alle carceri mirò il prefetto. Savona ne aveva di due sorte: quelle criminali, nell’odierna via Orefici, e quelle della Malapaga o dei debitori, annesse alla Dogana. Erano tetre, male arredate, umide, guardate da grossi mastini e vi si praticava senza risparmiò la tortura. Infelicissima la detenzione dei debitori, condannati a lunghi digiuni.

Il conte Chabrol dispose le carceri nello spazioso ex convento degli agostiniani, e per i carcerati istituì vari laboratori, con 40 telai onde quei miseri avessero un’occupazione elevatrice e potessero prepararsi un peculio pel giorno della liberazione.

Non trascurò le opere di cultura. Per l’istruzione pubblica, nel 1811 unì in un Collegio comunale, dipendente dall’imperiale ateneo genovese, i due vecchi e gloriosi studi dei Padri delle Scuole Pie e dei Signori della Missione, che s’erano salvati a stento dalle leggi della Repubblica democratica ligure del 1798 e da quella imperiale del 1810. La riforma conseguì l’istituzione di molte scuole private, massime elementari; 18 se ne contavano nel 1812 in città e nei sobborghi. Con fine intendimento politico lo Chabrol agevolò l’ingresso di giovani savonesi alle scuole superiori di Francia.


 

Convinto del potere della stampa, sostenne la tipografia Rossi – la principale a Savona nei tempi moderni, dopo che le tipografie del Rinascimento erano andate travolte nella rovina della città e diede inizio al giornalismo con Il Journal du departement de Montenotte nel settembre del 1805, dapprima come organo ufficiale, poi come vero e proprio organo di informazione controllato, naturalmente, dall’autorità. Il giornale cambia parecchie volte testata, nel 1806 si chiama Bulletin de la Prefecture du Departement de Montenotte e tre anni dopo assume il titolo italiano di Gazzetta di Montenotte. Il periodico aveva il compito di far conoscere le iniziative più importanti dell’amministrazione, ma informava anche sulle attività commerciali, della navigazione, dell’agricoltura, e della letteratura. Il giornale era stampato dalla tipografia Fratelli Rossi in Piazza San Francesco.

Per ovvie ragioni politiche, impose invece severa vigilanza sugli spettacoli, sugli attori, sugli spettatori del teatro «Sacco». Favorì le arti, prima fra tutte la ceramica; protesse pittori come Gerolamo Brusco e musicisti come Luigi Lamberti.

Tratto da Storia di Savona  di Filippo Noberasco e Italo Scovazzi (Sabatelli editore)

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