Cartoline dall’Islanda V

Cartoline dall’Islanda V
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)
Lasciando Ásgeirsstaðir

Cartoline dall’Islanda  
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)

V

Lasciando Ásgeirsstaðir

  Inizio maggio: quarto covid test negativo. Si riparte.

Davanti hai una valle, piatta, larga e acquitrinosa.
Il cielo che la ricopre varia con il correre del vento, a volte è un cielo cupo e spesso, altre leggero, alto e limpido. A volte resta fisso abbastanza a lungo da pensare che sia un cielo di comodo, un cielo di cristallo, sempre uguale a sè stesso come quello dei fondali nei teatri, altre volte invece varia veloce, passando da uno stato all’altro ogni pochi minuti, allertando i tuoi sensi, ricordandoti cose che appartengono solo ad una tua memoria primitiva, a qualche ricordo ancestrale non ancora lavato via dalla comodità degli interruttori, delle manopole, dei touch screen.
Davanti hai una valle piatta, larga, e ora ne conosci gli acquitrini, perché li hai percorsi per una settimana intera, camminando ora in strada ora fuori, mentre il cielo cambiava sopra la tua testa, davanti ai tuoi occhi, oltre, molto oltre i tuoi pensieri.
Percorri quindi la valle di Egilsstaðir in direzione della città, ma prima di entrare dentro questa, svolti a sinistra, e inizi a salire un’altra valle, sempre ampia ma non tanto quanto la prima, e più gelida. Percorri la strada a lungo. Talvolta ti fermi e osservi il cielo, le montagne intorno, la linea d’asfalto che separa netta i due lembi di neve. Puoi solo tornare indietro o andare avanti, scegli d’andare avanti.
Il gelo più intenso scema mentre la strada scende, un curvone alla volta, verso un’altra piana.
Questa volta c’è il mare in lontananza, lo vedi brillare. Ti avvicini al mare per un tratto, poi ti lanci verso destra, in una galleria scavata nella montagna. Perdi il contatto col cielo, col vento, con la neve, ma è solo un attimo. Riemergi in un’altra piana, in un’altra valle.
Vedi il mare più vicino e lo osservi. Sembra cattivo.
Seguendone con attenzione il profilo ti accorgi che il suo orizzonte non è levigato come quello dei mari a cui sei abituato: conserva invece (forse dalla notte dei tempi) alcune imperfezioni, alcuni riccioli, ricordi di onde che si infrangono ai confini del tuo sguardo.
Prosegui e superi un capo, segui la costa lungo mille rivolte, verso sud, per un buon tratto.
Passi prima un gruppo di case, poi una solitaria, alta, bianca e slanciata: il faro all’entrata del fiordo.
Di fronte, dall’altro lato del fiordo, si staglia una montagna aguzza protesa verso l’Oceano, appena vestita di neve e nuvole. Non lo sai ancora ma quello sarà il tuo orizzonte.
Ridiscendi il fiordo fiancheggiando il mare fino ad un paese allungato sulla costa, casette sparse, un’insegna luminosa, un porto con attraccata una nave (a fianco la scritta:“Varúð“).
Sei a Stöðvarfjörður.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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