Carbone, cdr, malattie e morte

CARBONE, CDR, MALATTIE E MORTE:

LE FALSITA’ DELLA POLITICA SAVONESE

CARBONE, CDR, MALATTIE E MORTE:

LE FALSITA’ DELLA POLITICA SAVONESE

Solo gli ingenui non se lo aspettavano. Solo gli illusi potevano credere a un ripensamento profondo della politica del PD ligure e soprattutto savonese leggendo le dichiarazioni del segretario Di Tullio che sostiene di aver risolto, addirittura a livello regionale, la questione Tirreno Power.

Due gruppi nuovi da 460 megawatt. E basta! ”.

Il quotidiano plaude la proposta come “Una proposta forte, che

sposa il potenziamento, costringendo l’azienda a raddoppiare

l’investimento dando maggiori garanzie sul fronte ambientale”.

E’ lecito chiedersi quanto possa incidere la scarsa conoscenza della materia anche da parte di chi scrive sui quotidiani o se le ragioni di opportunismo locale hanno portato i giornalisti a diventare il megafono stonato di chi conta di più, annullando la vera funzione informativa ed evoluta di comunicazione che il giornalismo deve avere?

La proposta di DiTullio tutto può dirsi meno che migliorativa.

Essa, in effetti, nasconde, neanche in modo troppo velato, la possibilità di potenziare la centrale, pur nascondendosi dietro tecnologie meno inquinanti.

Meno di quali? Di quelle attuali?

Il mantenimento della situazione attuale è una bestemmia nei confronti della salute della gente e dell’inquinamento del territorio savonese e il suo miglioramento sarebbe troppo facile da raggiungere ma sempre troppo dannoso.

La riduzione dell’inquinamento non garantisce la salute e non ci restituisce quarant’anni di malattie e morte. Abbiamo già pagato i termini di una produzione energetica in eccesso per le nostre esigente e nessun tipo di guadagno anche in termini occupazionali può risarcire e giustificare la morte di anche una sola persona!!!!

 

Non è permettendo di costruire altri gruppi a carbone che si “mette con le spalle al muro l’azienda!”.

Le spalle al muro, l’azienda, le mette ai cittadini quando minaccia strumentalmente di chiudere, pur sapendo che con i gruppi a turbogas di 760 Mw , la richiesta energetica e il guadagno sarebbero ampiamente soddisfatti.

 

Ma il territorio savonese si presta bene per essere spremuto, l’hanno fatto fior fior di Sindaci dello stesso PD che hanno taciuto gli effetti dell’inquinamento sulla salute dei loro cittadini e alcuni di loro erano anche medici che come molti medici del territorio continuano a essere omertosi sui crescenti casi di malattie e morti dei loro pazienti.

Molti, troppi Sindaci non hanno voluto farsi carico di promuovere seri controlli ambientali sulle emissioni quando era loro dovere, oppure sono stati addirittura gli artefici di questa ecatombe.

Un recente servizio del TG3 rende una terribile testimonianza di malattie e morte negli abitanti del territorio che non è solo quello limitrofo alla centrale ma anche più vasto.

Nessuna nuova centrale potrà convincere chi ha già pagato un duro prezzo, chi non è stato mai tutelato da chi governava il paese.

E’ inaccettabile che ancora oggi, proprio in questo momento così delicato per il futuro del territorio, si possa ancora pensare di essere creduti.

Curioso immaginare a quel tavolo regionale Monica Giuliano, da sempre favorevole a uno sviluppo che vede al centro la centrale a carbone e la piattaforma e il Sindaco Ferrando, da sempre contro il potenziamento proprio partendo dalla convinzione opposta a quella di Di Tullio di una “situazione attuale dei due gruppi a carbone che provoca inquinamento e nello stesso tempo rispetta i limiti di legge” .

 

Da cosa desume questa convinzione quando proprio in questi giorni, al TG3 i medici dell’IST di Genova che, insieme all’ARPAL di Savona, avevano redatto lo studio del 2008 sull’inquinamento atmosferico della provincia, ammettono pubblicamente che lo studio non ha tenuto conto dell’incidenza di emissioni prodotte dalla centrale e soprattutto non ha avuto valore di studio epidemiologico?

Eppure nella conferenza promossa dall’assessore regionale Zunino, il 17 luglio 2008, si parlava di “prima indagine nazionale che incrociava ricerche epidemiologiche e monitoraggi ambientali”.

 

Quali dati ha, Di Tullio e il Pd, per affermare questo? Forse ha avuto la fortuna di poter consultare proprio quelli prodotti dalla stessa Tirreno Power e la cui affidabilità non può essere confutata pubblicamente, vista la segretezza con cui vengono depositati in Provincia?

Il PD ci vuole far credere di non aver accettato la ristrutturazione dei gruppi 3 e 4 a carbone, chiamandolo eufemisticamente” tappullo”.

Sappiamo bene che la ristrutturazione dei vecchi gruppi è sempre stata una falsa richiesta di chi sapeva bene di non poterla ottenere, a causa del loro mancato rispetto alle norme UE, condizione necessaria per una positiva autorizzazione AIA.

A meno che si trasformino magicamente in inceneritori da CDR.

E voilà il gioco è fatto.

Così il PD, con la complicità del PDL provinciale, ci metterà ancora una volta con le spalle al muro.

Livio Di Tullio

La Tirreno Power chiede un nuovo gruppo? Noi gliene concediamo due, più due da CDR. Bel colpo!!!!!

 

Ma Di Tullio insiste:” Noi pensiamo che l’azienda, con quel progetto, vuole

spendere il meno possibile. Devono spendere di più: l’asticella gliela vogliamo alzare».

Ma quale asticella?

Mi sembra di sentirli quei “cervelli” che confabulano nelle stanze genovesi, memori della raccolta firme in periodo elettorale e delle esternazioni della Giuliano e di Miceli avvallate dalla CGIL di Rossello, dove i numeri del ricatto occupazionale riescono ad essere ulteriori falsità di chi non sa più rispondere alle aspettative di un territorio, che progettano di “ alzare l’asticella” per rispettare, di fatto, accordi che sembrano essere già presi.

Rispetta gli accordi anche la Segretaria CISL, Meneghini che farnetica su biogas e batteri perorando, di fatto, la causa del CDR in centrale e il suo potenziamento e cercando affannosamente di offrire una spalla alle richieste dell’azienda.

 

Anche lei fa a gara per scendere in campo a favore del potenziamento della centrale, riuscendo ad ignorare la pericolosità delle emissioni che da quarant’anni distruggono un territorio e danneggiano inesorabilmente la salute della gente che lo abita. Riesce, con inspiegabile coraggio, a parlare a proposito di rifiuti, di “valore aggiunto” per questo martoriato territorio.

 

La signora sostiene che bisogna approfittare dell’occasione di avere un insediamento industriale già bello e fatto per andare “oltre lo

smaltimento o l’incenerimento dei rifiuti, ma li utilizzi per la produzione di

energia attraverso tecnologie ampiamente sperimentate in altri Paesi europei,

a impatto zero”.

 

Il biogas e la digestione anaerobica è legato soprattutto alla zootecnia e anche in Italia, in Emilia Romagna, si è partiti con una stentata produzione, che pur non essendo esente da emissioni di gas serra, è fortemente legata alle aziende agricole che nel nostro territorio sembrano essere pressoché assenti. Questo imporrebbe che in assenza di conoscenze si eviti di aggiungere altre problematiche a una realtà che già ne deve risolvere tante.

 

Eppure la Tirreno Power, pur di accaparrarsi l’avvallo di una forza sindacale, dà la disponibilità a specializzarsi, a studiare anche questa soluzione, che rischierebbe addirittura di far loro ottenere certificati verdi per una produzione improponibile e inutile che, sappiamo, potrà trasformarsi in quella più fattibile e prevista dal Piano Rifiuti Provinciale, del CDR.

 

LE ECOBALLE DI IERI.

 

Eppure falsità se ne sono dette anche in tempi apparentemente meno sospetti, quando la Provincia redigeva il suo Piano Rifiuti Urbani e alle pagine 157 cominciava a parlare in modo chiaro di CDR.

 

…..6.2 Confronto ed analisi economica dei vari scenari delle tecnologie più idonee al trattamento del rifiuto urbano residuo

Una volta individuati i fabbisogni di trattamento si dovranno valutare e confrontare le varie tecniche di trattamento ipotizzabili (preselezione, incenerimento, produzione di CDR ecc.) tenendo conto delle seguenti priorità di valutazione:

……..valorizzazione del sistema impiantistico presente a livello provinciale per la collocazione dei materiali prodotti (ad es. il CDR di qualità) in impianti industriali esistenti che devono però essere tecnologicamente compatibili e fornire idonee garanzie di protezione dell’ambiente;

-adozione delle tecnologie che garantiscono la massima tutela ambientale coniugando al contempo l’esigenza di un favorevole rapporto costo/benefici

che potrebbero comportare seri rischi per il territorio provinciale in caso insorgessero problematiche non attualmente prevedibili.

Una volta identificate le tecnologie compatibili con le specifiche esigenza della territorio si potranno, tra le azioni possibili analizzare quella riferita all’ulteriore raffinazione della frazione secca – derivante da selezione meccanica – al fine di produrre un combustile da rifiuto (C.D.R.) da immettere sul mercato o cedere ad utenze industriali esistenti (ad es. centrali termoelettriche o cementifici).

 

L’assessore provinciale Filippi, dell’allora amministrazione di centro-sinistra, firma questo documento dove si asserisce:

 

 L’impiego del CDR in impianti dedicati non presenta alcun problema di carattere tecnico in quanto le tecnologie disponibili sul mercato, sia di combustione che di depurazione dei fumi, consentono il rispetto dei limiti normativi alle emissioni sempre più restrittivi, che vengono dettati da motivazioni di tutela ambientale.

La produzione di CDR di elevata qualità che attualmente trova sbocco

principalmente presso i cementifici (si segnala ad esempio l’iniziativa promossa dalla Provincia di Cuneo e dalla Pirelli Ambiente, denominata IDEA GRANDA, per la produzione di CDR di alta qualità utilizzato presso il Cementificio di Robilante).

 

Un inceneritore mascherato!

 

Se cerchiamo di far luce, per quello che si può, sull’argomento scottante del bruciare rifiuti ( CDR ) si deve parlare di coincenerimento o come meglio amiamo noi italiani di termovalorizzazione.

Secondo le normative italiane vigenti, il CDR viene ottenuto tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli. La parte secca dei rifiuti non adatta alla combustione e non recuperabile in altro modo viene raccolta e accantonata, dopo essere stata raggruppata e destinata alla discarica o al riciclaggio. Alcuni di questi rifiuti adatti (in genere soprattutto plastiche che – come derivati del petrolio – hanno un discreto potere calorifico), così selezionati vengono triturati e aggregati in grossi blocchi chiusi con vari strati di pellicola plastica (le ecoballe).

L’ex Assessore Filippi

Viene ammesso dalla legge, in fase di produzione dell’ecoballa, l’utilizzo, per non più del 50% in peso, di alcuni rifiuti riciclabili quali le plastiche non clorurate (PET, PE, ecc.), poliaccoppiati plastici (come gli imballaggi multimateriale plastica-alluminio o plastica-alluminio-carta), gomme sintetiche non clorurate, resine e fibre sintetiche.

Il CDR può essere bruciato anche in forni industriali come cementifici e centrali carbone che rischiano di diventare impianti altrettanto inquinanti ma paradossalmente alla ricerca disperata di certificati verdi per poter funzionare, perchè tutto il trucco sta nel far passare il Cdr per un bio-carburante di origine organica e naturale, mentre di fatto lascia inalterato il problema dell’inquinamento ambientale causato dalla combustione come : gas tossici, diossine e dibenzofurani cancerogeni e mutageni, particolato e nanopolveri cancerogene, metalli pesanti volatili tossici e cancerogeni, SO2, NOx, Mercurio neurologico.

L’assessore Filippi firma questo Piano che ritiene essere il più rispettoso dell’ambiente e in occasione di un mio pezzo su Trucioli, dove rilevavo la sua favorevole posizione sui “termovalorizzatori” mi accusò di scrivere falsità come di seguito.

Gent.mo Direttore,

con riferimento all’articolo “Rifiuti: ombre e fallimenti”, a firma di Antonia Briuglia, recentemente apparso sul Vostro giornale, mi preme precisare quanto segue:

1 – Quanto contenuto sull’articolo del Secolo XIX dello scorso 30/05, a proposito di mie aperture ai termovalorizzatori è del tutto errato e assurdo.

2 – Esso è frutto di una strumentale e scorretta deformazione di mie affermazioni, ad opera di una minoranza consiliare che usa ogni mezzo anche non particolarmente lecito, per contrastare un Piano Rifiuti che vuol essere il più possibile rispettoso dell’ambiente.

3 – In tale ruolo trova talora alleati che, prima di scrivere, non si preoccupano di fare almeno una verifica sulla veridicità di quanto udito.

4 – In Provincia di Savona, pur tra difficoltà logistiche e, soprattutto, economiche, la raccolta differenziata non è affatto fallita e sta procedendo; la mia aspirazione è quella di farle raggiungere traguardi il più possibile avanzati.

5 – Sono sempre stato, per vari motivi, contrario ai termovalorizzatori; ne è la riprova il mio articolo apparso su La Stampa dello stesso 30/05, intitolato “Perchè sono contrario ai termovalorizzatori”, che Lei già conosce e del quale Le allego il testo integrale (qualcosa sul quotidiano è stato limato).

6 – Sarebbe bene che anche la Sig.ra Briuglia, prima di fare certe affermazioni, facesse una verifica presso il diretto interessato.

        La ringrazio per l’attenzione e Le porgo cordialità.

Giampietro (Mimmo) Filippi – assessore provinciale ai rifiuti

 

          Queste le sue affermazioni ai giornali dell’epoca:

La vicenda dei rifiuti campani, se da un lato ha in qualche modo rilanciato l’esigenza della raccolta differenziata, dall’altro, anche sulla spinta di una campagna martellante di stampa e televisione, ha portato in auge i termovalorizzatori. Pare debbano essere costruiti ovunque. Sono … perplesso, perchè poco tempo fa invece, il Direttore generale del Dipartimento della Protezione Civile mi diceva che in Italia ne potrebbero essere necessari al più cinque o sei e solo nelle aree di effettiva crisi.

         In provincia di Savona, malgrado le affermazioni catastrofiste di ambienti non proprio disinteressati, non c’è emergenza rifiuti ed abbiamo una riserva di volumi di discarica sufficiente a coprire il fabbisogno nel periodo transitorio necessario alla messa a regime del Piano Rifiuti che il Consiglio Provinciale ha approvato lo scorso anno.

         Ma perchè, almeno da noi, niente termovalorizzatore? Perché, quand’anche bruciassimo tutti i rifiuti prodotti in provincia (200.000 t/anno), senza fare un grammo di differenziata, non avremmo le quantità sufficienti a sostenere economicamente la costruzione e la gestione dell’impianto. Esso costerebbe centinaia di milioni di euro, i suoi costi si scaricherebbero sulla tariffa a carico degli utenti, e, per essere minimamente compatibile sotto il profilo economico, dovrebbe bruciare 250-300.000 t/anno di rifiuti. Ciò significherebbe che dovremmo importare rifiuti da altre province o regioni.

         Le norme europee e nazionali, poi, ci impongono di differenziare e riciclare: entro il 2012 dovremo arrivare al 65%. Supponiamo pure di non riuscirci e di raggiungere solo il 50%, resterebbero 100.000 t/anno di rifiuti, per cui, neppure aggiungendo gli eventuali rifiuti di Imperia al netto della differenziata, cioè circa 75.000 t/anno, ne avremmo a sufficienza.

         Quindi, una semplice valutazione economica esclude l’utilizzo di quel tipo di impianto nella nostra provincia.

         Ma c’è dell’altro: neppure le più moderne tecnologie sono ancora in grado di controllare le emissioni di polveri ultrasottili, quelle inferiori ai pm10, che non vengono monitorate nemmeno dal tanto decantato inceneritore di Brescia. Esse sono le più infide, le più subdole, le più nocive. Ben 435 ricerche scientifiche internazionali provano che, nelle popolazioni che vivono in prossimità di impianti di incenerimento dei rifiuti, si ha un aumento spaventoso di tumori e di nascite di bambini malformati; il solo aumento dei casi di cancro è stato valutato tra il 6 e il 20 per cento.

In considerazione di tutto questo l’ordine nazionale dei medici francesi ha chiesto una moratoria dei termovalorizzatori, e da noi l’ha chiesta ad esempio l’ordine dei medici dell’Emilia-Romagna, preoccupati della proliferazione di patologie tumorali nelle aree in cui sono stati impiantati termovalorizzatori. Ma evidentemente da parte di molti politici si preferisce creare nella gente l’illusione di risolvere tutto facendo passare i rifiuti per il camino, senza dover fare la fatica di differenziare.

……

Si dice che i termovalorizzatori siano convenienti perchè consentono il recupero energetico ed il teleriscaldamento, ma nel loro bilancio economico non vengono mai inseriti:

  • i costi abnormi di smaltimento delle ceneri, che sono tossico-nocive;
  • i costi che vanno a carico del Servizio Sanitario Nazionale per affezioni varie alle vie respiratorie, per le leucemie ed i tumori indotti dai fumi dell’impianto e dei mezzi che vi portano i rifiuti;
  • i costi delle mutazioni climatiche, a seguito del rilascio in atmosfera di milioni di tonnellate di gas serra, che hanno alterato i regimi pluviometrici, per cui si hanno scrosci di pioggia violenti e devastanti, che feriscono sempre di più un territorio già al limite del collasso;
  • gli elevatissimi costi di riequilibrio del territorio devastato da frane e alluvioni.

……..

         Le emissioni in atmosfera sono già oltre il limite di guardia a causa del traffico stradale, delle centrali termoelettriche, degli impianti industriali; esse vanno ridotte, non aumentate: ce lo chiede l’Europa, ce lo impone la salvaguardia della nostra salute.

         ……. Non siamo i più furbi, siamo solo i più stupidi e i più irresponsabili.

         Mimmo Filippi – assessore provinciale ai rifiuti

l Piano Provinciale dei rifiuti in vigore dal 2007 non può certo definirsi “ecosostenibile” in quanto prospetta a regime (2014) su un totale di 179.000 t/a di rifiuti, raccolta differenziata di circa il 50% e una produzione di rifiuto “indifferenziato” per circa il restante 50% ( 80.000 t/a).

Dall’”indifferenziato”: produzione di CDR per il 45-60% (circa 40.000 t/a) mentre il resto continuerà ad andare in discarica (20-30.000 t/a). Le circa 40.000 t/a di CDR verranno quindi bruciate per produrre energia in industrie locali provinciali come cementifici, centrali a biomasse o centrali a carbone come indicato con chiarezza nel Piano.

Anche nelle centrali in sostituzione del carbone ,nonostante le contrarietà personali all’incenerimento dei rifiuti di chi sa che la combustione di CDR produce nano particelle cancerogene, diossine, furani e metalli pesanti , in barba agli incentivi pagati da tutti gli italiani e sottratti allo sviluppo delle vere fonti energetiche rinnovabili che tutti sosteniamo solo a parole.

LE ECOBALLE DI OGGI.

Un po’ di tempo è passato, l’amministrazione provinciale è passata al centro destra che si è trovata in dono, quest’ulteriore possibilità per dare soluzione alla questione rifiuti, che se non era un’emergenza lo è diventata.

La raccolta differenziata non solo non è decollata ma è ai minimi storici, le aperture ai termovalorizzatori non si sono rivelate così assurde, gli eventuali rifiuti di Imperia, grazie a Vaccarezza e Marson, sono arrivati puntuali. L’inceneritore di Brescia, alimentato a CDR, ha fatto letteratura medica e tra “bestemmie politiche” , bugie da Procura di Enti di controllo, ritardi e incapacità gestionali, le emissioni nocive nella nostra atmosfera hanno provocato una pandemia silenziosa e costantemente ricattata.

I politici che dovevano e devono salvaguardare la salute dei cittadini, quelli li stiamo ancora aspettando.

Chissà se sapranno essere questa volta meno stupidi e irresponsabili!!!!!

                                                        ANTONIA BRIUGLIA

 

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