Bombe a Savona

Uno strano professore di Palermo?
Intervistato dal Secolo XIX di Savona

Uno strano professore di Palermo?

Intervistato dal Secolo XIX di Savona

La recente vicenda dei quarantenni palermitani che dovranno ridare l’esame di maturità, ha riportato alla ribalta il nome del dirigente scolastico Alberto Volo, che, in anni lontani, incrociò anche la vicenda delle bombe di Savona (lasciando, probabilmente, un messaggio in codice per l’episodio meno noto della serie, quello della bomba esplosa davanti alla centrale Enel, tra l’otto e il nove agosto del ’74).

Fu un giornalista de Il Secolo XIX di Savona che intervistò Volo nel 1990. Lo stesso cronista, per uno strano destino della vita, si è ritrovato, anni dopo e non lontani, delegittimato anche pubblicamente da alcuni ‘illuminati’ colleghi, magari di sinistra, dal gruppo dirigente (allora) del Pci savonese e da qualche pubblico ministero che prestò servizio a Savona. Solo stupidità? Invidia? Un cronista potrebbe scrivere qualche riflessione-testimonianza interessante. Se ha del materiale probatorio, ai fini storici, si faccia avanti.

Ecco un capitolo del libro firmato da Massimo Macciò

Siamo alla fine del 1990. Il giudice veneziano Felice Casson ha appena scoperchiato la pentola di “Gladio” e i giornali italiani non parlano d’altro che dello strano gruppo paramilitare. Qualcuno mette in relazione anche gli attentati savonesi con l’esercito segreto della NATO: il senatore comu­nista Ugo Pecchioli, ad esempio, dichiara senza mezzi termini che:“Tutto quello che riguarda la Li­guria e Savona (in merito ai fatti terroristici) deve essere riletto alla luce della vicenda ‘Gladio’. Non inseguiamo fantasmi, le connessioni esistono”[1] e chiede che dei fatti di Savona s’interessi an­che la Commissione Stragi del Parlamento.



[1]    . “Il Secolo XIX”, martedì 27 novembre 1990, pag.13, “La strategia della tensione puntava su Savona”.

Della necessità di riaprire le indagini parla anche Luca Becce della segreteria provinciale del PCI; da parte sua, il sindaco di Albenga Angelo Viveri invita i magistrati a prendere contatti con il giudice veneziano.

L’11 novembre di quell’anno, sulle colonne de “Il Secolo XIX” compare uno strano personaggio che parrebbe da operetta ma che forse da operetta non è. Si chiama Stefano Alberto Volo, è un professo­re di greco di Palermo[1] che vive su una sedia a rotelle dopo essersi fratturato la spina dorsale in circostanze tutt’altro che chiare. Volo, peraltro, non è un nome nuovo per i giudici che si occupano di stragi e dintorni: il suo nome compare più volte agli atti del processo per la strage di Bologna, quantomeno perché Volo era fraterno amico di Ciccio Mangiameli, il neofascista ucciso dai camera­ti Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, probabilmente perché sapeva troppo.      

Al giornalista che lo intervista[2], Volo racconta una strana storia: nel 1973 avrebbe organizzato a Savona e dintorni una cellula di una struttura segreta, che lui chiama “Universal Legion” ma che potrebbe assomigliare a Gladio. La cellula sarebbe stata composta da 24 elementi, tutti stipendiati e con una vita regolare come paravento. L’obiettivo dei legionari, in effetti, sarebbe stato simile a quello “ufficiale” di Gladio ma a fini interni: in caso di colpo di Stato avrebbero dovuto screditare i politici e i loro finanziatori. Volo accenna anche a un’azione diretta della cellula, un black-out all’E­nel di Vado per gettare nel buio una parte della Liguria, e data questo episodio all’autunno del ’73. Il professore avrebbe lasciato il comando del gruppo il 6 gennaio del ’74 ma avrebbe sentito parlare, in seguito, delle bombe savonesi attribuibili, secondo lui, alla sinistra.

Forse Volo è solo un mitomane, ma è curioso che la sua dichiarazione salti fuori proprio in corri­spondenza con la scoperta delle liste di Gladio. Forse Volo vuole depistare chi si occupa dell’inchie­sta delle bombe di Savona: ma perché? O forse, invece, Volo manda messaggi in codice: ma a chi e, anche in questo caso, perché? Lo strano professore neofascista, tra l’altro, sostiene di aver racconta­to tutti i particolari della sua esperienza savonese al giudice palermitano Giovanni Falcone (ucciso dalla mafia il 23 maggio ’92) ma nessuno dei magistrati savonesi afferma di essere stato messo al corrente. Ma Volo afferma anche di aver ricevuto l’elenco dei legionari da un agente dei servizi se­greti che vive in una villetta di Albisola: e questi, in effetti, esiste.

La storia, forse, non è neppure del tutto nuova. L’aveva implicitamente anticipata Angelo Ceppone su “Il Lavoro” del 23 novembre ’74[3], scrivendo che: “pare sia esistito fino a poco tempo fa una organizzazione che curava l’addestramento ed il reclutamento dei giovani simpatizzanti con la de­stra extraparlamentare. Questo gruppo, che poi si sarebbe sciolto, avrebbe operato per molto tem­po in collegamento con gruppi analoghi di altre città dai soliti nomi assai noti nelle cronache delle piste nere”. Era la “Universal Legion” o era “Gladio”, quella a cui Ceppone si riferiva? E, in ogni caso, quali sono i nomi dei 24 legionari?

 

Massimo Maccio*

*Insegnante, autore del libro (che sarà aggiornato)” Le bombe di Savona, chi c’era racconta”.

 



[1]     Volo, con precedenti penali per rapina, è un personaggio bizzarro: un pò mitomane, un po’ con la fissazione del cospiratore. […] In altre circostanze fantasticherà sul coinvolgimento di Mangiameli nell’omicidio Mattarella, su rap­porti con i servizi segreti, sul suo ruolo nella struttura siciliana di Gladio (l’Universal Legione, il cui altro responsabile era l’ex sindaco di Palermo Insalaco). Finirà poi arrestato per un banale traffico di banconote false”. Ugo Maria Tas­sinari, Fascisteria… cit. pag. 296.

[2]    “Il Secolo XIX”, domenica 11 novembre 1990, pag. 15: “Ecco come ho organizzato Gladio a Savona”.

[3]    “Il Lavoro”, venerdì 23 novembre ’74, pag. 10: “Savona: le bombe vengono dalla Francia”.

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