Amarcord addenda: riflessioni a margine

Amarcord addenda:
riflessioni a margine

 
Amarcord addenda: riflessioni a margine

 Poco tempo fa mi sono soffermata su alcune riflessioni dolciamare su Savona e il suo passato.

Arrestandomi, anzi, insabbiandomi senza speranza, in direzione anni’80.

Questa volta, più che riprendere il quadro generale, vorrei soffermarmi su qualche dettaglio. Dettagli minimi, ma a volte un particolare, un’immagine, suggeriscono più riflessioni di fiumi di teorie e parole.

Ci sono mode che (fatti salvi i gusti personali) mostrano ancora una loro bellezza e attualità. Altre che ci appaiono ridicole e goffe anche a distanza di pochi anni.  Anche qui, i vituperati anni ’80 con le loro pettinature ricce e squadrate e gli spalloni imbottiti avrebbero imbruttito una divinità.

Ci sono epoche, ho detto, che anche riviste a distanza di decenni suggeriscono qualcosa di bello, di importante. Magari è solo un ricordo addolcito dal tempo. Spesso è un poter essere che non è stato, una potenzialità, una speranza infranta, una tensione positiva avvertita e poi dissolta, delusa, senza lasciare tracce o frantumandole in avvenimenti negativi epocali.

Così per la Belle Epoque. Così per gli anni ’60 con le loro emozioni e fermenti.

Allora, ecco il mio personale ricordino, la mia minuscola riflessione. L’altra volta parlavo dei negozi curati di una volta.

Bene, ricordo un alimentari fruttivendolo chiuso negli anni ’70, dopo più di mezzo secolo di attività. I suoi scaffali, i barattoli, le scatole, le prime ingenue pubblicità, i servizi regalati coi punti.

Il bancone principale in legno aveva un pesante piano in graniglia con al centro grandi iniziali del proprietario.

C’era una bilancia, di quelle con il quadro triangolare, il piatto per pesare le merci, e quello piccolo sull’altro lato per i pesi da contrapporre.

Ma soprattutto, c’era una bilancia a due piatti per il banco di frutta e verdura.  Eccola.


Piano in marmo, intarsiata su tre lati con un decoro a tralci. Intarsiata!  Un piccolo capolavoro artigianale, ancora adesso, a distanza di un secolo.

Per pesare frutta e verdura.  Per tutti i giorni. In un normale negozietto di periferia.

Ecco come si manifestava l’amore per l’arte, la cura nelle piccole cose.  Cose fatte per durare e trasmettere bellezza, persino alla massaia che comprava le mele.

Ma non ho finito.  Tra i normali barattoli per i legumi, le caramelle, e altri generi di uso comune, e beni sfusi (sfusi, e’ importante!) troviamo questi due.


Fabbricati ad Altare (due analoghi li troviamo esposti al museo del vetro) hanno il coperchio lavorato, la parte superiore decorata con motivi a pampini e uva, quella inferiore con spighe.

Altro che il riciclo del vetro usa e getta.  Fatti per durare, anche loro hanno attraversato i secoli.

Lo ripeto, normale negozietto di periferia, neanche una bottega di lusso.

Ora guardateli, e ditemi se anche il bello, la cura dei dettagli, la passione artigianale, il rifiuto dello spreco e dell’usa e getta non potrebbero ritrovare uno spazietto nelle nostre vite.

Ditemi se non dovremmo rivendicare il diritto al bello, di ciascuno di noi.

Confrontate questi particolari con l’anonimato alienante e soffocante di centri commerciali stracolmi di pessime merci inutili, infarciti di imballi, ingozzati di cibi spazzatura.

Ditemi se non trovate alcuna correlazione con le montagne di rifiuti inutili che ci stanno soffocando e che non si riesce più materialmente a gestire, che creano costi inenarrabili a carico della comunità, inquinamento insopprimibile e profitti poco leciti per interessi più o meno oscuri.

Guardate queste foto, e poi guardate le immagini di cassonetti stracolmi per le inefficienze di raccolte male organizzate e gestite. Guardate le immagini delle isole di plastica che galleggiano nell’oceano, i pesci soffocati.  Contemplate i fumi dei roghi di rifiuti, i liquami delle discariche clandestine, leggete i bollettini di guerra dei malati da inquinamento.

E poi chiedetevi quanto di tutto questo sia davvero inevitabile e necessario, come un unico destino.  Chiedetevi se non occorrerebbero delle contromisure, banalmente economiche, per rendere un po’ meno conveniente e invitante lo spreco senza senso.

Ditemi se non è possibile, non dico tornare indietro, lo so, e non elencatemi tutti i mali del passato e i beni di oggi, ma almeno riflettere un po’ di più, su cosa sia giusto e necessario e inevitabile, e cosa invece zavorra insostenibile di un mondo che corre verso la sua distruzione, di un gigante ottuso che, dopo aver divorato tutto ciò che lo circonda, sta iniziando con gusto a rosicchiare se stesso.

Per oggi ho finito, Vostro Onore. 

 Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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