Ama il prossimo tuo e non dire…
Ama il prossimo tuo;
e non dire falsa testimonianza
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Ama il prossimo tuo; e non dire falsa testimonianza Noterelle sull’invasione e dintorni Solidarietà. È curioso che in un Paese di tradizione cattolica, con la quasi totalità della popolazione battezzata, comunicata, cresimata, con la capitale in coabitazione col Vaticano, tocchi a un miscredente come me ricordare la lezione evangelica e il senso dell’umana pietà. Mentre il vicino patisce il freddo e la fame, guarda con angoscia al momento in cui il figlio disabile si troverà privo del suo sostegno e della sua protezione, fa i conti con la malattia mentale, che per legge non esiste più, assiste ancora vivo alla morte del suo corpo e della sua mente, rantola in un letto di ospedale solo come un cane, le anime belle, i buoni per mestiere si commuovono per i “disperati” che fuggono dal lavoro nella loro terra, abbagliati dal luccichio di un occidente taroccato dalla televisione, attirati dal miraggio di una vita comoda, disposti a rischiare la pelle (ma questo è un argomento che meriterebbe di essere approfondito) per inseguire il miraggio dell’eldorado.
Se penso a quanta disperazione si nasconde nelle nostre città, disperazione vera, non quella esibita e spettacolizzata, per carità, anche in buona fede, nelle inchieste televisive, e la confronto con lo spettacolo indecente dei giovani africani tirati a lucido che scorrazzano in bicicletta con lo smartphone a portata di mano e le cuffie nelle orecchie avverto un senso di impotenza e di disgusto. Quei buoni che spalancano le porte all’ accoglienza , che si indignano con chi pretende che il governo faccia il suo dovere, difenda le frontiere, si ponga quantomeno il problema dello scenario al quale si va incontro, dovrebbero porsi queste domande: qual è il destino delle migliaia di down, di spastici, di persone non autosufficienti che sopravvivono ai genitori, ai parenti e a chi si era preso cura di loro? come scorre l’esistenza di vecchi abbandonati negli ospizi? e chi allevia la solitudine di quelli ai quali la vita riserba solo l’attesa della morte? In una società precipitata nell’anonimato, resa cieca e sorda nei confronti del prossimo, ci tocca di sorbirci da improbabili predicatori la lezioncina della solidarietà, del dovere dell’accoglienza, dell’apertura verso l’altro, il fuggiasco dall’Africa subsahariana. Ma come può permettersi di parlare di apertura verso l’altro chi non ha idea di che cosa sia la cura, quella che per Heidegger dà senso all’esistenza, il farsi carico, la disponibilità; chi non vede la sofferenza del vicino come può sperare di essere creduto nella sua apertura verso l’altro lontano? Non c’è cosa più orribile della carità pelosa, della falsa bontà, dell’ipocrisia di chi maschera il proprio tornaconto col mantello della generosità. Ma i compagni si sono sgravati la coscienza con la legge ”Dopo di Noi”. Al di là dei proclami e della retorica l’unica cosa chiara e concreta di quella legge è il grazioso cadeau alle compagnie di assicurazione. Un’altra ottima occasione per dare una mano agli amici e agli amici degli amici. Il problema dell’indifferenza e dell’emarginazione non si risolve con una legge, tantomeno con una cattiva legge. Il problema si affronta sul piano etico e culturale, esige una riflessione sul senso dello Stato e del patto da cui lo Stato origina. Un patto che non riguarda l’Africa o i conflitti interni al mondo islamico ma che fa di noi una comunità solidale nella quale nessuno dovrebbe essere abbandonato a se stesso. Bugie. Un uomo pubblico può fare promesse che sa di non poter mantenere, può vantare competenze che non ha, può adoperarsi per tutelare gli interessi di una parte, può prendere decisioni sbagliate; chi lo ha votato ne terrà conto. Ma un uomo pubblico non può mentire, questo no. Ricordo la celebre esclamazione di Matteotti: qui non siamo al Messico!, a proposito di presunti brogli elettorali nelle elezioni del 1924. Ebbene l’Italia non è un Paese levantino, in Italia chi è investito di responsabilità pubbliche, chi rappresenta il popolo non può mentire. Negli Stati Uniti un presedente ha rischiato l’impeachment per aver mentito su una questione squisitamente personale, da noi governanti e parlamentari mentono tranquillamente su questioni di interesse vitale per il Paese. Mentono su tutto, sui conti pubblici, sulle banche, sul lavoro ma è sull’invasione che hanno mentito e continuano a mentire senza pudore. Ricordo en passant le menzogne sui costi dell’accoglienza, i tentativi goffi di nasconderne i numeri, il silenziatore sull’impatto sociale e mi soffermo sulle ultime spudorate menzogne. La settimana scorsa un parlamentare di scelta civica, o Ala, già del Pd, comunque in forza alla maggioranza, tale Rabino, ha candidamente affermato che su 100 migranti solo 20 restano in Italia: 80 andrebbero in Germania. Come dire che dei 180.000 sbarcati nel 2016 sulle nostre coste – veramente dovrei dire portati sulle nostre coste nemmeno dal canale di Sicilia ma dalle acque territoriali libiche da navi della marina militare italiana e di altri Paesi – solo 36.000 sono rimasti in Italia e gli altri 144.000 hanno preso la via della Germania, sulle orme dell’autore della strage del mercatino di Natale. Chissà da dove sono passati. Ammesso che le guardie di frontiera tedesche avessero spalancato loro le porte, forse l’onorevole non sa che dall’Italia si può eventualmente transitare verso la Francia, verso la Svizzera, verso l’Austria, verso la Croazia, verso la Slovenia, tutti Paesi che tengono rigorosamente chiusi i loro confini per i migranti, aprendoli solo per farli uscire da casa loro e spedirli nella nostra, ma in Germania no. L’Italia confinava con la Germania dopo l’Anschluss e forse il nostro la geografia l’ha studiata sui libri del nonno; ora per andare in Germania bisogna passare dall’Austria, piuttosto restia a far entrare profughi o richiedenti asilo. Una menzogna stupida e clamorosa, avallata dal compagno di merende del Pd, presente al suo fianco nella stessa trasmissione, che pensosamente annuiva. E che dire dell’altro parlamentare della maggioranza, l’onorevole Librandi, che non perde occasione per affermare che i migranti – non gli stranieri, ma proprio i migranti, che non chiamo clandestini perché non vengono di nascosto ma sono a tutti gli effetti invasori -, quei migranti che debbono essere alloggiati, rivestiti, nutriti, curati e coccolati, sono una risorsa perché pagheranno le nostre pensioni. Semmai dovrebbe dire che sono destinati ad essere mantenuti a tempo indeterminato con i nostri stipendi e le nostre pensioni. Dei migranti si sa ufficialmente che quando, a Dio piacendo, si sarà accertato che non sono siriani e la loro richiesta di asilo politico verrà respinta dovranno essere rispediti da dove sono venuti. Se questo non sarà possibile, e il nostro capo del governo, voce dal sen fuggita, ha confessato che per farlo ci vorrà il mago Merlino, si dovrà continuare a mantenerli. Non esiste alternativa. Anche se con un colpo di mano venissero regolarizzati in blocco rimarrebbero inoccupati, perché ci sono, già in Italia più di 3 milioni e mezzo di giovani italiani in cerca di lavoro e, nella migliore ipotesi potranno mantenersi con attività illegali, l’accattonaggio, la prostituzione, o, in certe aree, come schiavi di nuovo tipo; in tutti i casi non si vede quale contributo ne potrà venire per le nostre pensioni. Una menzogna aggravata dal dolo, perché sostituisce il migrante – profugo, richiedente asilo, clandestino, invasore, chiamiamolo come si vuole – allo straniero regolarmente in Italia con un contratto di lavoro o un’attività imprenditoriale. In tempi meno infelici sono arrivati in Italia centinaia di migliaia di stranieri, comunitari e no, impiegati nei servizi alla persona, nell’edilizia, nei trasporti. Questo è un fenomeno comune a tutte le società sviluppate, un fenomeno altalenante, che ha risvolti positivi e negativi ma è comunque fisiologico e inevitabile. Un fenomeno che va governato, che ha le sue regole e cercare di opporvisi a prescindere, come si è tentati di fare in Austria o in Svizzera è segno di intollerabile chiusura e xenofobia. Che ci sia una resistenza ad accogliere i nuovi venuti, è un fatto, odioso e ingiustificato ma purtroppo comune in tutti i campi. Ne sa qualcosa anche il surfista che deve fare i conti con il localismo o il raccoglitore di castagne che si trova le gomme della macchina bucate e se lo ricordano bene i lavoratori italiani che hanno contribuito in modo decisivo in. America, Belgio, Francia, Germania, alla prosperità di quelle nazioni. Ma è una menzogna indecente equiparare il lavoratore straniero al profugo che scappa dal lavoro a casa sua, come fanno i giovani africani che abbandonano le piantagioni o evitano di impegnarsi per acquisire le tante competenze di cui la loro terra ha bisogno. Invece di spingerli in questa direzione, si incoraggiano a cercare di farsi mantenere come eterni bambini
Il business dei privati e delle cooperative è insieme causa e effetto dell’invasione ma non ne è, aristotelicamente, la causa prima. La causa prima ha diverse sfaccettature ma sicuramente va cercata oltre i confini nazionali. Un motivo di più, questo, per impegnare un governo serio e al servizio degli interessi nazionali a contrastarla con tutti mezzi e la massima energia. Ma i nostri governanti non sono italiani: sono europei e guai a chi mette in discussione l’Europa. L’Italia è una provincia dell’impero, un’espressione geografica. Più che altro è il loro salvagente Come distorcere i fatti. Grande apprensione per l’Europa minacciata e lo spettro del populismo che vi si aggira. Poi le elezioni olandesi. Il risultato è impressionante: la sinistra non esiste più, polverizzata. Al suo posto una formazione di verdi guidata da un marocchino, sicuramente votata dalla folta comunità islamica -più di un milione di persone su 16 milioni di abitanti – che ha fatto levitare l’affluenza. Crollo del partito di maggioranza relativa, quello del leader riconfermato. Successo straordinario degli antieuropeisti che sono ora la seconda forza politica del Paese. Cosa è successo in Olanda secondo i nostri media? L’Olanda ha votato per l’Europa, l’Olanda ha alzato una diga contro il populismo. Senso delle proporzioni. Una tiratina d’orecchie ai Cinque stelle, che per bocca di Di Maio minacciano una sollevazione popolare non per gli immigrati che ci invadono e dobbiamo mantenere, non perché il fisco ci strizza come limoni senza darci nulla in cambio, non per le ruberie nel sistema bancario e nella politica ma per il caso Minzolini. A parte il senso delle proporzioni che evidentemente difetta, dovrebbe sapere Di Maio che sì, ci sarà anche stato voto di scambio fra Pd e Forza Italia, ma fra le vicende di Minzolini e di Lotti c’è una bella differenza. Intanto Minzolini è stato assolto e ad assolverlo è stato un tribunale regolarmente costituito: dei giudici ci si fida o non ci si fida. Solo un sistema aberrante come quello italiano, fatto per ingrassare gli avvocati, consente di appellare una sentenza di assoluzione. Minzolini, che è una nota stonata nel coro mediatico di regime, avrebbe usato in modo improprio la carta di credito concessagli quando era direttore di Rai 1 spendendo in un anno e mezzo 65.000 euro. In una mangiatoia indecorosa come la Rai, senza bisogno di entrare nel merito, questa accusa fa ridere. Ma per i Cinque stelle la porcheria non è la Rai e l’essere costretti a pagare il canone per sorbirci, tanto per dirne una, l’indegna rassegna stampa di Rai news 24; sono le rendicontazioni, pare incomplete, di Minzolini. Quanto a Lotti, è l’incarnazione di cosa sono diventate la politica e la sinistra in Italia. Ma ci sono o ci fanno? Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione |