ACQUA PUBBLICA

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentaduesima puntata
SORELLA  ACQUA PUBBLICA

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentaduesima puntata

SORELLA  ACQUA PUBBLICA

 Alcuni amici, di fronte alla prospettiva (ormai prossima) della Consultazione Elettorale Referendaria, mi hanno chiesto di precisare, sia pure in maniera sintetica, le motivazioni dei MIEI SI’ AI QUESITI POSTI.

 Accetto volentieri questo cortese invito, precisando, tuttavia, che limiterò l’esposizione delle mie convinzioni unicamente ai quesiti che riguardano il TEMA DELLA RISORSA ACQUA, perché una completa trattazione di tutti gli argomenti, oggetto dei quesiti referendari, mi condurrebbe  fatalmente al superamento dei limiti concessi per la predisposizione di un normale articolo; rischierei, inoltre, di far cadere tutti gli Amici Lettori in un clima di profonda e sconvolgente sonnolenza.

Ma, fatta questa doverosa premessa, vediamo di spiegare le mie convinzioni sul perché L’ACQUA DEVE ESSERE CONSIDERATA UNA RISORSA PUBBLICA.

. Vi è, in PRIMO LUOGO, una Considerazione  di carattere Universale, nel senso che le nostre norme legislative e le conseguenti scelte operative devono essere armoniche e coerenti con il MANIFESTO DELL’ACQUA, elaborato nel 1998, dal COMITATO INTERNAZIONALE, diretto dall’ex Presidente del Portogallo, Mario Soares.

Questo documento si fonda su quattro idee fondamentali, che integralmente riporto:

A)   L’ Acqua, in quanto fonte insostituibile di vita, deve essere considerata un BENE COMUNE e, come tale, Patrimonio dell’ Umanità e degli altri organismi viventi.

B)   L’ accesso all’ Acqua (ed, in particolare a quella potabile) è un DIRITTO UMANO E SOCIALE imprescrittibile ed, in quanto tale, esso deve essere garantito a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla razza, dall’ età, dal sesso, dalla classe sociale, dal reddito, dalla nazionalità, dalla religione e dalla disponibilità locale di acqua dolce.

 C)   LA COPERTURA FINANZIARIA dei costi necessari per garantire l’accesso effettivo di tutti gli esseri umani all’ Acqua, nella quantità e qualità sufficienti alla vita, DEVE ESSERE A CARICO DELLA COLLETTIVITÀ, secondo le regole da essa fissate, normalmente attraverso la fiscalità ed altre fonti di reddito pubblico. La stessa regola vale per la gestione dei servizi d’ acqua (pompaggio, distribuzione e trattamento).

 D)   LA GESTIONE DELLA PROPRIETÀ E DEI SERVIZI  È UNA QUESTIONE DI DEMOCRAZIA. In quanto tale, essa è fondamentalmente un problema riguardante i cittadini e non soltanto i distributori ed i consumatori.

. IN SECONDO LUOGO, desidero evidenziare che la LEGISLAZIONE ITALIANA ATTUALE SI PONE IN PALESE CONTRASTO CON QUESTI FONDAMENTALI PRINCIPI.

Ritengo personalmente che la nostra Nazione debba ritornare alla Ragione e, dunque, all’ ETICITA’ DELLA  DISCIPLINA LEGISLATIVA DELL’INTERO SETTORE.

Mi permetto di ricordare, in proposito, che, nel 1994, il parlamento Italiano aveva approvato la legge n°36, detta “legge Galli”, che prevedeva l’accorpamento delle Aziende Municipalizzate dell’Acqua in circa 90 ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), ognuno dotato di un autonomo Consiglio di Gestione. In particolare, all’articolo 1 della Legge, veniva sancito il principio che TUTTE LE ACQUE SONO UN BENE PUBBLICO, DUREVOLE ED INDIVISIBILE.

La creazione degli ATO nasceva dalla necessità di garantire l’accesso all’acqua di tutti i cittadini (superando anacronistiche ed arretrate scelte strettamente municipalistiche) ed, inoltre, di permettere ad ogni Comune, facente parte dell’Ambito, di gestire, in modo completo ed ottimale, l’intero ciclo dell’acqua (dal prelievo all’approvvigionamento, dalla depurazione al successivo riutilizzo).

Quindi, il giudizio complessivo sulla “Legge Galli” doveva ritenersi positivo ed avveniristico. 

Successivamente, però, nella Legge Finanziaria 2003, il Governo modificò il dettato legislativo, inserendo, all’Articolo 35, una norma, secondo la quale, TALI SERVIZI DOVEVANO ESSERE GESTITI DA SOCIETA’ PER AZIONI.

Per di più, attraverso la Legge Finanziaria 2004, veniva  inserita un’ulteriore norma che assegnava ai Comuni ed ai singoli ATO la possibilità di poter scegliere la gestione, rendendo possibile la partecipazione, ALLE SOCIETA’ PER AZIONI, DI SOGGETTI PRIVATI. 

 Ed ancora: attraverso l’approvazione dell’Articolo 150 del Decreto 152 dell’Anno 2006, venivano individuate INEDITE FORME DI GESTIONE E AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO IDRICO, aprendo, ancora una volta, la porta all’iniziativa PRIVATA.

Veniva addirittura introdotto, sempre nel contesto del Decreto 152/2006 (sopra citato) l’Articolo 154, che stabilisce una nuova Regola, in forza della quale, viene consentito di MODIFICARE IL SISTEMA TARIFFARIO DELLA FORNITURA IDRICA, ADEGUANDOLO ALLA REMUNERAZIONE DEL CAPITALE FINANZIARIO INVESTITO.

Il ciclo legislativo è stato completato, infine (ed, in negativo) dalle Modifiche all’Articolo 23 bis della Legge 133/2008, attraverso le quali viene affermato che LE VIE ORDINARIE DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA (IVI COMPRESO QUELLO DELLA GESTIONE DELLA RISORSA-ACQUA) SONO QUELLE DELL’AFFIDAMENTO A SOCIETA’ MISTE, IL CUI SOCIO PRIVATO DEVE ESSERE SCELTO ATTRAVERSO GARA PUBBLICA E DEVE POSSEDERE NON MENO DEL 40 % ED ESSERE “SOCIO INDUSTRIALE”.

Questa definitiva norma ha sancito, in effetti, LA FINE DELLE GESTIONI PUBBLICHE e della Partecipazione Maggioritaria degli Enti Locali nelle Società per Azioni, quotate in Borsa.

E’ la VITTORIA DEL MERCATO, DELLA MERCE, DEL PROFITTO (come aveva magistralmente evidenziato Padre Alex Zanotelli, al momento dell’Approvazione del Provvedimento Legislativo).

. Ed a questo punto, sorge spontaneo mettere in evidenza un TERZO RILIEVO, ben presente, peraltro, nella mente di molti nostri connazionali, vale a dire quello di un OGGETTIVO GIUDIZIO SULL’AVVENUTA PRIVATIZZAZIONE DEL BENE ACQUA;  mi riferisco, ovviamente, all’imponente tendenza alla Produzione ed alla Commercializzazione dell’ACQUA POTABILE (diventata, nel frattempo, ACQUA MINERALE), che si è verificata, contestualmente ed in modo parallelo, alla crisi d’immagine dei nostri Acquedotti.

Dario Guidi

Cito, in proposito, i dati ricavati da una pregevole pubblicazione di Dario Guidi, datata ottobre 2010:

“Il consumo d’acqua è una voce importante nel bilancio di tutte  le famiglie italiane. Per la bolletta relativa ai  consumi domestici si pagano mediamente 240 euro all’anno, cioè circa 20 euro al mese (dati ISTAT sul 2008 per una famiglia di tre persone). Questo  dato medio è però figlio di situazioni assai differenziate che stanno tra i 440 euro che si pagano ad Agrigento, i 412 euro di Arezzo, Pesaro e Urbino, i 117 di Roma e i 110 di Milano.

A questo dato si aggiunge, per quasi tutte le famiglie (il 98% secondo le indagini), la spesa per l’acquisto  di acqua minerale, prodotto di cui gli italiani  sono formidabili consumatori: primi in Europa e terzi al mondo, con 195 litri a testa (cioè una che  media conta anche chi non beve) all’anno.  Rispetto al 1985 il consumo di acqua minerale in Italia è triplicato (da 65 litri a 195) ed è circa il doppio della media europea e americana. Si spiega così come in Italia ci siano 321 aziende imbottigliatrici che si dividono una torta miliardi oltre 3 miliardi di euro all’anno. Anche se le sigle  sono tante, alcune  piccole e con diffusione locale, in questo settore operano anche multinazionali proprietarie di molti tra i marchi più famosi e pubblicizzati. Del resto basta guardare le raffiche di spot televisivi dedicate a questo prodotto e subito si capisce che business ci sia dietro.

 I litri d’acqua imbottigliata all’anno in Italia sono 12,5 miliardi (solo la Germania ci supera con 13 miliardi), di cui 1 miliardo viene esportato. Cifre da capogiro, che riportate su scala mondiale fanno sì che i litri consumati in un anno siano 154 miliardi, per un fatturato di 100 miliardi di dollari.

Tornando alla nostra famiglia media italiana, considerando un costo medio al litro della minerale di 30 centesimi (la stima è di “Altroconsumo”) e moltiplicando per i 195 litri di consumo procapite, si scopre che questa famiglia di 4 persone paga 234 euro l’anno di minerale. Ogni bicchiere di acqua minerale costa 6 centesimi, mentre se si usasse l’acqua del rubinetto, lo stesso bicchiere costerebbe un decimillesimo di euro, cioè 600 volte di meno.”

Ecco i conti, carissimi amici di “Trucioli”!

Potremmo aggiungere, a quanto scritto da Dario Guidi, due lapidari commenti:

1) PER IL PRIVATO, L’ACQUA E’ DIVENTATA NON SOLTANTO UNA MERCE, MA, ADDIRITTURA, L’AFFARE DEL SECOLO, L’INVESTIMENTO PRODUTTIVO PIU’ REMUNERATIVO.

2) ATTRAVERSO L’AFFIDO AI PRIVATI DELL’INTERO SERVIZIO IDRICO, IL COSTO DELL’ACQUA TENDERA’ SEMPLICEMENTE A SALIRE, CON GRAVI RIPERCUSSIONI SULL’ECONOMIA E, SOPRATTUTTO, SUI FRAGILI BILANCI DI MOLTE FAMIGLIE.

Potrei terminare a questo punto il mio scritto, ma consentitemi di andare oltre e, quindi, di poter aggiungere  ancora DUE RIFLESSIONI:

*In Italia, ogni anno, si imbottigliano circa 12,5 Miliardi di Litri di Acqua Minerale, pari a 10 Miliardi di Bottiglie (molte da un litro e mezzo, alcune da un litro e tante da mezzo litro).

Di queste, l’80 per cento, cioè 8 Miliardi, è in PLASTICA (per l’esattezza in PET, cioè POLIETILENTEREFTALATO), il resto in VETRO.

Per produrre 8 Miliardi di bottiglie, servono 240.000 Tonnellate di PLASTICA, con l’emissione di circa un MILIONE DI TONNELLATE DI BIOSSIDO DI CARBONIO (CO2) equivalente e l’utilizzo di 480.000 TIR per il trasporto (che messi in fila, uno dietro l’altro, fanno una lunghezza di 8.000 chilometri).

Il dato che desidero evidenziare per i nostri amici lettori è il seguente:

SOLO UN TERZO DELLE BOTTIGLIE DI PALSTICA, UTILIZZATE PER L’ACQUA MINERALE, VIENE RACCOLTO IN MODO DIFFERENZIATO E DESTINATO AL RICICLAGGIO, MENTRE I RESTANTI DUE TERZI FINISCONO IN DISCARICA O IN UN INCENERITORE.

* Il viaggio (anche di soli 100 chilometri), che le bottiglie di plastica o di vetro debbono compiere per arrivare al negozio dove le comprate, comporta una emissione di almeno 10 Kg di Biossido di Carbonio, mentre la CO2 emessa, se scegliamo di bere la stessa acqua del rubinetto, è praticamente nulla.

Queste sono, dunque, le motivazioni dei miei SI’ ai Quesiti Referendari.

Allorquando porremmo le nostre crocette, ricordiamoci di questi due elementari concetti:

.  L’ACQUA E’ UN BENE COMUNE E, COME TALE, DEVE ESSERE GESTITO CON RIGOROSI CRITERI ETICI, NEL SUPERIORE INTERESSE DELLA COLLETTIVITA’.

. IL PRIVATO TENDE A CONSIDERARE L’ACQUA COME MERCE E, COME TALE, TRASFERIRLA DAL POTERE COLLETTIVO AL POTERE EGOISTICO DEL SINGOLO.

2 Giugno                                 Aldo Pastore

 

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