ACNA dal settimanale “Oggi”

CHIUSA LA FABBRICA RINASCE LA VALLE
L’ALTRA ILVA
L’Acna di Cengio (Savona) era uno dei simboli dell’inquinamento: fiume Bormida distrutto, rovinata un’intera comunità. Dopo cent’anni, nel 1999 l’impianto con 700 dipendenti ha cessato l’attività. Siamo andati a vedere com’è la vita oggi. Fra vini, nocciole e agricoltura

CHIUSA LA FABBRICA RINASCE LA VALLE
L’ALTRA ILVA
L’ACNA DI CENGIO (SAVONA) ERA UNO DEI SIMBOLI DELL’INQUINAMENTO: FIUME BORMIDA DISTRUTTO, ROVINATA UN’INTERA COMUNITA’. DOPO CENT’ANNI, NEL 1999 L’IMPIANTO CON 700 DIPENDENTI HA CESSATO L’ATTIVITA’. SIAMO ANDATI A VEDERE COM’E’ LA VITA OGGI. FRA VINI, NOCCIOLE E AGRICOLTURA

Cesare Canonica ricorda quella volta che ritornò indietro intero carico di vino dal ristorante di Molini Triora (Imperia) : il dolcetto era acido e puzzava, inquinato dalla nebbia al fenolo. Adesso la sua cantina produce 70.000 litri l’anno, nei terrazzamenti di Torre  Bormida crescono Arneis e Chardonnay, sua figlia Emanuela ha sposato Lorenzo Rovelli che fa andare avanti gli affari, e soprattutto del 2011 e nata la stupenda Ludovica, occhi verdi.

Alberto Gallo dopo la chiusura della fabbrica ha aperto l’agriturismo Bertorella proprio in riva al fiume Bormida, che prima era a volte rosso a volte nero, mentre ora è ridiventato azzurro.

E Ginetto Pellegrino è tornato al suo lavoro in banca, dopo anni  di battaglie contro mostro che inquinava. Le  ha appena raccontate in un libro: ACNA gli anni della lotta (edizioni araba fenice, Boves).

ACNA di Cengio. Un nome che, come l’Ilva di Taranto o di l’ICMESA di Seveso, è sinonimo di fabbrica tossica.

Vent’anni fa fece scoppiare una mezza guerra civile fra la Liguria e il Piemonte casa: l’impianto chimico, infatti, dava lavoro a settecento dipendenti in provincia di Savona,  ma i suoi scarichi avvelenavano l’intera Valbormida, per cento kilometri giù  fino ad Acqui Terme (Alessandria).  Un giro d’Italia venne bloccato; al festival di Sanremo 1989 Gino Paoli  e Albano–Romina  cantarono  esibendo la spilletta “Val Bormida Pulita”. Alla fine, nel 1999 la fabbrica venne chiusa. La bonifica non è ancora terminata: un immenso sarcofago di cemento copre  3 milioni di metri cubi fanghi tossici. Ma nella  valle la vita è rinata, l’agricoltura e il turismo si sono sviluppati, operai e contadini hanno fatto la pace.  E’ un modello esportabile a Taranto?

 

“A Cengio  c’è stata collaborazione fra istituzioni, ambientalisti, industria e politici, che hanno superato il blocco della scelta fra diritto al lavoro e salute”,  dice Senatore Ignazio Marino (PD).

Più cauto Pellegrino:”  la fabbrica era già scesa dai 4000 dipendenti del 1979 a settecento. Quando chiuse, 13 anni fa, erano rimasti in duecento. Fra prepensionamenti e altri ammortizzatori, il colpo per i lavoratori è stato  pian piano riassorbito. Ma a Taranto i numeri sono diversi.”

Ed è diversa soprattutto la situazione sociale: Ilva significa 12.000 posto di lavoro, 20.000 con l’indotto, nel sud depresso  e in periodo di crisi. Le alternative alla disoccupazione (agricoltura, turismo, industrie pulite) offrono poche centinaia di posti.

In Liguria e Piemonte, invece, il benessere è diffuso. Le industrie di Cairo Montenotte e Savona resistono. E l’alta Langa gode del boom del vino, oltre alle nocciole che riforniscono la Ferrero di Alba per la Nutella. E i turisti svizzeri, inglesi e tedeschi comprano casolari per  trasformarli in ville di lusso.

PRETORE NEL 1909: “ACQUA SPORCA”

Detto questo, però, l’ACNA (come la RUHR in Germania) resta un modello di transizione ecologica. Anche perché l’Azienda Coloranti  Nazionali Affini come si chiamava, era nata addirittura nel 1882 e quindi era ben radicata della storia locale. Con un solo difetto: buttava nel fiume i propri scarichi. Il primo pretore intervenne nel 1909 per vietare l’utilizzo dell’acqua potabile dai pozzi idi Saliceto, Camerana e Monesiglio, i comuni subito a valle di Cengio: la falda era già compromessa. Poi fu impossibile usare l’acqua della “Burmia” anche in agricoltura. E allora nel 1938 ben 600 contadini citarono l’ACNA

per danni. Probabilmente la prima la class Action al mondo per inquinamento. Scoppia la guerra, cade il fascismo, arriva la libertà. Ma nel ‘62, dopo 24 anni, un giudice da loro torto re li condanna a  pagare le spese processuali. Dice, persino che i residui chimici dell’acqua sono utili come fertilizzanti… I primi cortei risalgono a quell’epoca, guidati dal deputato locale Antonio Giolitti.

Ma la svolta arriva “ grazie” a Seveso e alla conseguente legge Merli  sulle acque reflue. L’ACNA (di proprietà prima Montecatini, poi Montedison, Enimont,  infine ENI), che produce materiali di chimica di base, è fuorilegge. Ci vorrà il primo ministro verde all’Ambiente, Edo Ronchi nel ‘96, a imporre un impossibile depurazione e quindi la chiusura.

Ora all’area ex ACNA è interessata AGRIMOVIL, società di Singapore, per un impianto a combustibile vegetale (paglia e scarti di mais). “E  per noi e finito  un incubo durato un secolo”, conclude Pellerino.

Mauro Suttora

Foto Massimo Sestini

Dal settimanale OGGI

 

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