10 domande al prof: Pier Franco Lisorini
DIECI DOMANDE AL PROF:
PIER FRANCO LISORINI
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DIECI DOMANDE AL PROF: PIER FRANCO LISORINI
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Mi scusi, professore, ma dopo aver letto il suo ultimo articolo pubblicato su “Trucioli savonesi” di domenica 15 gennaio 2017, intitolato “Vincere in tre mosse le elezioni senza averne il consenso” non posso fare a meno di chiederle spiegazioni e chiarimenti su alcune sue affermazioni che a me paiono a dir poco opinabili e comunque dettate più da spirito polemico che non da amore disinteressato per la verità storica. Ora, siccome il mio giudizio potrebbe essere viziato e mal fondato a causa della lettura di troppi manuali e saggi “infarciti di menzogne” sulla storia della seconda guerra mondiale, della Resistenza e della cosiddetta Prima Repubblica, spero non voglia negarmi la cortesia di rispondere a queste domande riguardo alle seguenti sue affermazioni: De Gasperi Togliatti
1)“…tutti sanno che fra il 1943 e il 1948 il Pci tentò inutilmente di prendere il potere in Italia. A fermarlo non furono solo la DC di De Gasperi, la presenza delle basi americane e lo stesso Stalin ma la consapevolezza che gli italiani, molto più agguerriti di quanto non siano adesso, non glielo avrebbero consentito e da una replica di quanto avvenuto in Grecia il partito sarebbe uscito con le ossa rotte. Ci sono riusciti settanta anni dopo, senza far tanto rumore, gli eredi di quel partito…” – Ma tutti (almeno si spera, “tra color che sanno”) sanno anche che con la cosiddetta “svolta di Salerno”, nell’aprile del 1944, Togliatti, tornato in Italia dall’Unione Sovietica, non venne per guidare il partito comunista alla conquista del potere ma, inopinatamente, per sostenere il governo Badoglio, per convincere gli altri membri del CLN a farne anch’essi parte, a servire lealmente la monarchia e a collaborare con gli Alleati, rinviando la questione istituzionale alla fine della guerra contro il nazifascismo; questione che, secondo il suo programma, doveva risolversi tramite un referendum e con l’elezione di un’Assemblea Costituente che delineasse l’ordinamento democratico del Paese. Tra l’altro Togliatti, a Liberazione avvenuta, resse il ministero di Grazia e Giustizia nel governo Parri, incarico che mantenne nel primo governo De Gasperi. Fu in questo periodo che promosse un’amnistia per i reati politici commessi durante il fascismo nell’intento di favorire la riconciliazione nazionale. Quanto al suo programma politico istituzionale considerò la Costituzione del 1947-48, il programma fondamentale del PCI e, sempre in seno all’Assemblea Costituente, il suo voto, nonostante l’opposizione del liberale laico Benedetto Croce, fu determinante per l’approvazione dell’ Articolo 7 riguardo alla conferma costituzionale dei Patti Lateranensi e del Concordato con la Santa Sede. Questi, professor Lisorini, sono fatti e non opinioni. Lei potrà obiettarmi che questa linea politica moderata e legalitaria altro non era che una tattica di facciata che serviva ad accreditare il PCI come partito sicuramente democratico e fedele alla Costituzione mentre in realtà mirava alla conquista del potere in Italia anche, eventualmente, con la violenza (Gladio rossa ecc.) e con l’appoggio dell’Unione Sovietica Bene, ammettiamo pure l’esistenza di due Pci, uno legalitario e costituzionale, l’altro occulto ed eversivo, sul piano fattuale, tuttavia, il PCI ha sempre preso le distanze dai “gruppuscoli” estremisti come Lotta Continua e Potere Operaio e ha combattuto con decisione la lotta armata e i tentativi eversivi delle Brigate Rosse. E anche questi sono fatti. Poi con la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica, vennero meno anche le ragioni che avevano tenuto fuori dall’area di governo il vecchio PCI e il nuovo partito di Achille Occhetto. Questo per dire che parlare di pericolo rosso e di presa del potere da parte dei comunisti nel nuovo contesto internazionale e, dopo Tangentopoli, nel quadro politico nazionale non è altro che propaganda strumentale al consolidamento del capitalismo finanziario nazionale e internazionale – vedi la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, poi il governo “tecnico” di Monti, infine i governi “parlamentari” di Enrico Letta e di Matteo Renzi (questi ultimi tre praticamente nominati, in mancanza di alternative, dal Presidente della Repubblica, il vecchio (ex)comunista “migliorista” Giorgio Napolitano). Ora le chiedo, professore, come fa a considerare eredi del PCI i cattolici Enrico Letta e Matteo Renzi? Me lo vorrebbe gentilmente spiegare? 2) “Al confronto il ventennio mussoliniano è stato un modello di democrazia liberale”. Qui, professore, dobbiamo intenderci sul significato delle parole, e, nella fattispecie sul significato del sostantivo “democrazia” e su quello dell’aggettivo “liberale”. Quali sono secondo lei le caratteristiche di un regime liberaldemocratico? La messa fuori legge delle opposizioni, la censura sulla stampa e il confino di polizia fanno parte di queste caratteristiche? 3) “Il potere totalitario postcomunista si è imposto, sulla scia di interventi del presidente della repubblica al limite del colpo di Stato, grazie a una legge elettorale assurda o a politici che hanno tradito il mandato elettorale”. Veramente il Presidente della Repubblica ha esercitato legittimamente i suoi poteri grazie agli articoli 87, 88 e 92 della vigente Costituzione. O lei ritiene che il Presidente Scalfaro prima e il Presidente Napolitano poi non li abbiano rispettati? 4) “Il potere totalitario”. Anche qui è necessario intendersi sul significato delle parole. Per me (come per la Treccani) “potere totalitario” o “totalitarismo” significa “una forma politica caratterizzata da assenza di strutture e controlli parlamentari, dalla presenza di un partito unico, dalla soppressione delle garanzie di libertà e pluralismo proprie dello Stato di diritto”. E per lei? 5) “Si dirà: questo [potere totalitario] è stato possibile per una legge della quale con un pugno di voti in più avrebbero potuto profittare anche le altre due parti [cioè Forza Italia e M5S]. Assolutamente no. Si sarebbero mobilitati il sindacato, gli studenti, i centri sociali per impedirlo”. Ma professore, le ricordo che il governo Letta ebbe il sostegno di Forza Italia a causa del gran rifiuto del M5S, che volle rimanere all’opposizione per non “contaminarsi” con l’odiato PD. E poi: lei crede veramente che sindacato, studenti e centri sociali abbiano il potere di impedire la formazione di un governo a loro sgradito? Mi può portare qualche esempio in tal senso? 6) “Non lo dico da modesto cultore della filosofia ma semplicemente per quello che mi è stato inculcato fin dai tempi del liceo: altra cosa sono i fatti (forse intendeva dire “una cosa sono i fatti”) altra cosa sono i resoconti sui fatti, vale a dire le notizie o informazioni. E noi umani non attingiamo direttamente i fatti ma le parole che descrivono i fatti, noi umani viviamo in un mondo fatto di parole, di informazioni, di notizie. E la verità, alètheia, in questo mondo di parole, è un’aspirazione, un fine che è sempre oltre perché in questo nostro mondo di parole noi siamo prigionieri delle opinioni”. Giusto; aggiungerei solo che siamo prigionieri non soltanto delle opinioni ma anche del linguaggio stesso; noi umani, infatti, non possiamo oltrepassare il nostro linguaggio, altrimenti saremmo come angeli o dei. D’altronde lo aveva ben detto Wittgenstein: “i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio” (e viceversa). Questo però significa che anche lei, professore, è prigioniero delle sue opinioni e del linguaggio comune a noi umani (anche se talvolta siamo disumani). Quanto alla distinzione tra i fatti, o, se preferisce, filosoficamente parlando, tra le res e i nomina , cioè tra le cose e le parole, mi vengono in mente le ultime parole de Il nome della rosa di Umberto Eco: “stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (la rosa primigenia esiste nel nome, noi possediamo soltanto nomi). Come lei certamente sa, si tratta di una citazione di un verso del De contemptu mundi del monaco benedettino Bernardo di Cluny, che però aveva scritto stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus per dire che dell’antica Roma non rimane che il nome. Che cosa c’entra questa citazione dotta con il nostro discorso? C’entra perché qui è in gioco il tipo di relazione esistente tra le parole e le cose o, se lei preferisce, il rapporto tra il pensiero e la realtà, e, nel nostro caso, tra i fatti e le loro interpretazioni. Il problema è che noi umani siamo condannati a una conoscenza comunque sempre parziale, soggettiva, relativa dei fatti, o, per dirla ancora con Wittgenstein, delle cose che accadono. La domanda è: nella disputa tra realisti e nominalisti lei da che parte sta?
7) Lei, professore, ha ragione quando sostiene che noi umani disputiamo non sui fatti ma sulle interpretazioni che diamo dei fatti; ad esempio, lei interpreta a suo modo tre fatti accaduti “nel giro di pochi giorni”, nell’ordine: a) la richiesta da parte del presidente dell’antitrust Giovanni Pitruzzella di un’autorità terza che possa garantire un’informazione corretta anche riguardo alle notizie e informazioni d’ogni genere che circolano in rete e “pronta a intervenire rapidamente se l’interesse pubblico viene minacciato”. b) Lo strano attentato di Firenze, l’ordigno piazzato davanti alla libreria di Casa Pound, costato caro all’artificiere intervenuto per neutralizzarlo. E contemporaneamente l’improvviso picco di attività dei writers che invitano alla caccia al fascista e invocano i fasti di Acca Larenzia, di cui ricorre in questi giorni il 38° anniversario”. c) ”Infine il brusco cambio di rotta del governo sui ‘migranti’, col neo ministro Minniti che intanto riconosce quanto meno che esiste un problema, evita di usare il termine ‘accoglienza’, riconosce che ne stiamo ospitando un numero intollerabile, rivendica la necessità di espellere chi non ha diritto all’asilo e annuncia la ricosti-tuzione dei Centri di identificazione e espulsione”. Secondo lei questi tra fatti rappresentano “tre mosse per rimanere in sella ma tutte e tre facilmente neutralizzabili”. Da chi? Ma dal M5S, anzi, da Grillo, ‘che non è uno sprovveduto’ (oltre che, naturalmente, da lei stesso, professore). Posso capire che lei veda un nesso strategico tra la proposta di limitare la libertà di espressione sulla rete in funzione antipropaganda grillina e il giro di vite sui migranti irregolari per non lasciare alla Lega e ai Fratelli d’Italia il monopolio della difesa degli italiani a fronte delle ondate migratorie sempre più preoccupanti, ma non ho capito bene quale sia il nesso che collega questi due fatti con l’attentato alla libreria ‘Il Bargello’ e con l’ intensificarsi dell’attività dei writers antifascisti (o, avrebbe detto Pasolini, dei fascisti rossi). Le dispiacerebbe spiegarmelo meglio? Laura Boldrini
8) Riguardo alla libertà di espressione in rete e nel blog di Grillo, lei non ha niente da obiettare sulla libertà di insultare o di diffamare i giornalisti che si permettono di criticare il modus operandi del M5S, soprattutto in merito alle espulsioni degli attivisti più indipendenti e su quella di insultare anche figure istituzionali a loro sgradite (veda gli insulti sguaiati, volgari e sessisti contro la presidente della Camera Laura Boldrini)? 9) “Ma i ragazzi di Forza Nuova, come quelli di Casa Pound, sono più interessati ai senza tetto che a dar corpo alle ombre del passato e c’è da credere che non si presteranno al gioco”. Ovviamente al gioco perverso delle provocazioni dell’erede del PCI, cioè del PD. Messa così, i ragazzi di Forza Nuova e di Casa Pound assomigliano più a boy scout che a militanti di estrema destra. Ma chi sono i padri fondatori di Forza Nuova e di Casa Pound? Se scorriamo le biografie di Roberto Fiore e di Gianluca Iannone vediamo che entrambi provengono da ‘gruppuscoli’ neofascisti fuoriusciti dal MSI, divenuto, ai loro occhi troppo moderato e perbenista (ricorderà le polemiche sui ‘fascisti in doppiopetto’). Fiore subì una condanna per il reato di associazione sovversiva e banda armata nel 1985, quando già era latitante per sfuggire ai mandati di cattura relativi alle indagini sulla strage alla stazione di Bologna. Iannone venne condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per l’aggressione ai danni di un carabiniere in borghese nel corso di una rissa avvenuta il 25 aprile del 2004; e potrei continuare, magari con qualche osservazione sulle aziono del ‘blocco studentesco’, ma quanto detto fin qui mi sembra sufficiente a smontare la tesi dei ‘bravi ragazzi’ dediti esclusivamente a opere di carità. Ora la mia domanda è questa: che cosa ne pensa della svolta di Fiuggi e della parabola politica di Gianfranco Fini? 10) Riguardo al giro di vite del governo Gentiloni nei confronti degli emigrati irregolari lei dice: “Un ottimista penserà che meglio tardi che mai. Personalmente sono persuaso che sono soltanto parole (di nuovo le parole al posto dei fatti!) e che con questo governo, con questa maggioranza, con questo parlamento, con questa classe politica non cambierà nulla, anche perché la situazione è talmente grave che per affrontarla occorrerebbero una determinazione, un coraggio e anche una spregiudicatezza che solo un temerario può aspettarsi dalle mezze calzette che si aggirano nei palazzi del potere”. Ebbene, lei, professore, non è una mezza calzetta e nemmeno un temerario, ma un intellettuale di lungo corso che sa come vanno le cose di questo mondo; quindi posso chiederle di delineare sinteticamente le cause prossime e lontane che ci hanno portato in questa grave situazione; di indicare quali, secondo lei, sono le possibili (e sottolineo possibili e praticabili) vie di uscita, e, infine, che cosa ci distingue, dal punto di vista culturale, dalle varie etnie che, come lei dice, “invadono” il nostro bel Paese e la nostra amata Patria. La ringrazio per l’attenzione e attendo fiducioso le sue risposte. |