Un incubo sociale

IO, IO, IO
Le assemblee dei genitori a scuola e quelle condominiali.
Un incubo sociale fatto e finito

IO, IO, IO
Le assemblee dei genitori a scuola e quelle condominiali.
Un incubo sociale fatto e finito
 
Finita l’estate e ripresa la solita routine, beninteso per chi ha avuto modo di interromperla, ricominciano i più o meno inevitabili incontri sociali. Riunioni di lavoro, amici persi di vista, di tutto e di più.
Ma il vero spauracchio, le più improrogabili quanto più temute (almeno dalla sottoscritta!) sono loro: le assemblee dei genitori a scuola e quelle condominiali. Un incubo sociale fatto e finito. Un tripudio di inevitabili manifestazioni delle caratteristiche più variegate dell’animo umano. E, diciamoci la verità, generalmente non sono le più nobili ad esternarsi. Riuscendo ad estraniarsi un poco dall’ineluttabile realtà di dover assolvere tali incombenze, ammesso e non concesso di sviluppare una sorta di impermeabile virtuale alle altrui peculiarità comportamentali, ci si può intimamente divertire ad osservare tutto e tutti, cogliendo anche qualche utile spunto di riflessione su noi stessi. Cosa che, alla fin fine, non ha mai fatto male a nessuno. Chi ha figli lo sa: ad ottobre si inizia con l’assemblea in cui si eleggono i rappresentanti che dovranno, appunto, rappresentare i genitori nei consigli di classe. Alle scuole elementari, in genere, si sopravvive. Un volontario (al 99% una mamma) si recupera facilmente. Alle medie cominciano i primi mal di stomaco, iniziano i primi protagonismi, in genere tipici di chi “teme” le performances dei figli, in tutti i sensi. E’ in questo contesto che cominciano a spuntare le mamme ingioiellate e fresche di messa in piega, nonché i papà tutti sorrisi e cordialità. All’occhio, se si riconoscono a colpo sicuro quelli che aspirano a rappresentare, molto meno facile è intuire le reali spinte motivazionali che animano gli ardimentosi volontari. Ricordo, con un sorriso, la riunione di classe quando mio figlio frequentava la prima media: l’unico padre presente, con un misto di candore disarmante e sfacciataggine irritante, si candidò affermando che in questo modo poteva “arruffianarsi” bene con i docenti. Al liceo, un genitore cosa si aspetta? Difficile far previsioni, di certo si arriva al fatal momento con almeno una decina di anni di esperienza sulla schiena, tra asilo, elementari e medie, pertanto un minimo di spirito critico si dovrebbe pure averlo sviluppato e qualche clichè averlo introiettato, tantè…

Anche in questo caso entri e subito individui chi agogna all’ambita carica. Impossibile non comprendere, anche non volendo. Il candidato si presenta scandendo cognome, nome e doppio nome del pargolo di cui è fiero genitore, snocciola i propri titoli (per fortuna non nobiliari, almeno quello), calca e ricalca sul fatto di “aver ricoperto in passato il ruolo di rappresentante ecc,ecc”. Io sono, io ho fatto, io ho svolto. Una sequela di “io” impressionante, tale da far sospettare di essere al cospetto dell’ispiratore del famoso spot che reclamizzava una nota compagnia telefonica attraverso lo slogan “Xxxxxxxxx: tutto intorno a te”.

Animo umano, che si abbevera dei consensi altrui, sino allo spasmo.

Altro contesto favoloso per osservare queste dinamiche: l’assemblea di condominio. L’elogio della litigiosità. A vario titolo, la sottoscritta ne deve digerire tre all’anno, o per amore o per forza. Anni fa, ne ero terrorizzata, specialmente quando dovevo presenziare a quella del condominio in cui abitiamo. Da che ho memoria vi ho visto partecipare un soggetto incredibile, casalinga super frustrata che conosce a memoria il codice civile, ma non sapendo esprimersi in italiano lo cita in genovese stretto, a te l’onere di tradurre. In questo contesto nessun “io, io, io”, ma tantissimi “mi, mi, mi” (“io” in genovese, almeno credo). Da quando il condominio è diventato multietnico la situazione è migliorata, ma comunque ogni volta sembra di dover scendere sul ring, perfino l’amministratore mi ha confessato che si fa prendere dall’ansia. Sembra un racconto semi faceto, eppure corrisponde alla triste realtà. Triste realtà che vede le persone sempre più arrabbiate, più insofferenti, molto più aggressive. Nei contesti di gruppo i soggetti più insicuri tendono a compensare attraverso l’esibizione di comportamenti egocentrici. Animo umano, pieno di timori mal confessabili. Animo umano spesso fragile e pieno di contraddizioni, tanto affascinante quanto, altrettanto spesso, facilmente prevedibile. Quando un soggetto, qualunque ruolo abbia, comunica a suon di “io”, tende sovente a dimenticare che tutti noi si nasce e si muore allo stesso modo. Ciò che ci distingue è il come viviamo l’intermezzo.

Giovanna Rezzoagli Ganci

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