Lettura di un’immagine. La Vergine velata di Strazza

LETTURA DI UN’IMMAGINE
La Vergine velata di Giovanni Strazza
(Milano, 1818 – 1875)

LETTURA DI UN’ IMMAGINE

 La Vergine velata di Giovanni Strazza 

(Milano, 1818 – 1875)

Non conosciamo la data di nascita di questo capolavoro pressoché sconosciuto dello scultore milanese Giovanni Strazza, sappiamo che il busto marmoreo intitolato La Vergine velata fu scolpito a Roma ma trasportato nell’isola di Terranova, in Canada,  alla fine del 1856, come risulta dal diario del vescovo John Thomas Mullock: “Ho ricevuto da Roma una bella statua della Beata Vergine Maria in marmo, da Strazza…Si tratta di un gioiello perfetto d’arte”; la scultura è ora  conservata nel Presentation Convent and School delle Presentation Sisters, nella città di Saint John’s. 

Giovanni Stratta, nato a Milano, si è formato  a Roma alla scuola di Pietro Tenerani, carrarese d’origine ma assurto alla fama internazionale come massimo interprete del “purismo” (ritorno all’arte del Quattrocento) nella scultura italiana. Anche nell’opera di Strazza è riconoscibile, oltre a quella neoclassica, la lezione purista, ma nella Vergine velata, l’artista si esprime con assoluta libertà stilistica, dando vita a un’opera che, come direbbe Pareyson, è veramente “legge a sé stessa”. In questa mirabile scultura si ha  l’impressione che la materia, in questo caso il marmo di Carrara, abbia  veramente perso tutta la sua pesantezza, opacità, durezza, resistenza, naturalità, insomma tutta la sua “materialità” per trasfondersi in una immagine di pura bellezza che ci svela, velandola, la presenza di un’interiorità inaccessibile agli sguardi umani, destinati a fermarsi alla superficie dell’immagine, come la luce lieve che pur attraversa quel velo di marmo e disegna i tratti verginali di quel delicato viso di fanciulla e le trecce che lo incorniciano. E’ evidente che il tema dell’opera non è tanto quello che si vede ma piuttosto quello che non si vede e che deve rimanere segreto, nascosto appunto da un velo che tuttavia non né vuole né può nascondere l’espressione assorta della Vergine, quel suo atteggiamento di umiltà e di obbedienza che racchiude in sé il mistero della sua intima comunione con lo Spirito di Dio, e, nello stesso tempo, la consapevolezza del sacrificio che l’attende. Quel velo di sposa è anche un sudario, simbolo dell’accettazione di una morte corporale necessaria a sconfiggere per sempre la morte dell’anima. Sotto quelle sue palpebre chiuse possiamo immaginare che scorrano le immagini della passione, della morte e della resurrezione del suo divino Figlio. Immagini che, come dice il Vangelo di Luca: “ Maria, da parte sua, serbava meditandole nel suo cuore”. Quel velo scolpito tanto leggermente che sembra dipinto ci dice che l’arte, per quanto grande sia, deve anch’essa fermarsi di fronte al mistero.      

 FULVIO SGUERSO 

 

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