La strategia del bitume a Savona

LA STRATEGIA DEL BITUME
A SAVONA

 LA STRATEGIA DEL BITUME A SAVONA.

 Sono rientrata da poco per riprendere il lavoro e la mia vita in Liguria (articoli su Trucioli compresi). Da anni, appena posso, mi rifugio nella mia amata Toscana che, lo ammetto, risponde maggiormente alla qualità del mio animo, alle mie idee sull’ambiente e sulla pace e la voglia di stimoli culturali che spesso mi prende.

Lì, ad esempio, il Governatore della Regione, a differenza di quello ligure, nell’affrontare il tema – profughi, cita esempi d’inclusione e se fa vanto. Parla di accoglienza concreta fatta di progetti divenuti realtà.


 

Lì ci s’interroga sui modelli fino ad oggi considerati per fare turismo, promuovendo anche una forte autocritica. Si pone l’accento come tali modelli abbiano occupato spazi, devastato ecosistemi naturali, ricreato spesso quegli elementi di caos che spesso proprio in una regione come la Toscana si va per fuggire.

In Toscana ci s’interroga su come molte località turistiche siano omogenee e tristemente omologate, frutto del cattivo gusto prodotto da riferimenti culturali estranei ai luoghi, in uno sviluppo turistico con obiettivi spesso a breve termine. Si è appurato come questo tipo di obiettivo produca costi sociali e ambientali superiori ai benefici economici immediati.

Insomma, la Toscana cerca di ragionare sui modelli da seguire, che non possono essere quelli della Romagna e in Maremma della Versilia.

Non sono scelte elitarie da perseguire, come qualcuno potrebbe obbiettare, ma scelte di strategie serie che vanno in profondità e riscoprano l’identità collettiva, per arrivare al vero turismo compatibile che non distrugge il capitale naturalistico -ambientale e storico-culturale. Le azioni sono chiare, il dibattito è aperto e in atto e lo ritengo stimolante e attuale.

La Toscana non è la regione perfetta, lo ammetto, molte sono le cose da fare, ma percepisco un movimento, non solo politico ma di persone, anche giovani, che stanno cominciando a costruire col lavoro un futuro che, si auspica, possa essere diverso.


 

 E a Savona che sta succedendo?

A Savona si è fatta la scelta strategica del bitume.

Lì per lì ho stentato a crederlo, poi ho pensato che poteva essere vero.

Deve piacere molto il bitume a Savona, perché da poco si è utilizzato per pavimentare la corte interna del palazzo quattrocentesco, dimora del Papa Giulio II Della Rovere, opera del Sangallo.

Da molto, invece, in una splendida vallata albisolese, a ridosso di campi da golf e di vaste zone residenziali, opera indisturbata un’azienda che produce prodotti conglomerati  bituminosi, i cui miasmi mattutini non hanno scalfito le coscienze ambientali di abitanti e amministratori.

 A Savona dove si è passato dall’economia industriale, tristemente fallita, a quella immobiliare molto più lucrosa che però nulla a che fare con la vocazione turistica che avrebbe salutato con maggiore intelligenza l’edilizia alberghiera, si è giunti all’ennesima battaglia ambientale: un deposito da 400 mila tonnellate di bitume all’anno, lavorato a oltre cento gradi, nel porto di Savona , accanto alle navi da crociera, all’abitato del centro cittadino che, a Savona , si affaccia proprio sul porto.

Così si passa da Margonara sì, Margonara no; centrale carbone sì, centrale a carbone no, crescent sì, crescent no a bitume sì, bitume no.


Che noia, Savona!

 

 Sembra si faccia di tutto per fare scelte scellerate, stupide, inutili se non solo a qualcuno, e tanto assurde che sembrano pensate da folli “tafazziani”.

A nessun politico verrebbe mai in mente di fare scelte irresponsabili per poi autoflagellarsi come a quelli savonesi e, a ridosso di un appuntamento elettorale, regalare all’opposizione una tale opportunità.

 A meno che le tanto sbeffeggiate tesi “complottiste” non ne siano la vera ragione.

Grazie a tali scelte miopi e stupide, hanno trovato spazio anche le reazioni leghiste, che accampano motivazioni di saggia salvaguardia del territorio e del porto.

A memoria qualche savonese meno sbadato ricorderà l’ex senatore leghista Rino Canavese, quando dirigeva il porto, quale azioni di salvaguardia della costa promuoveva coll’operazione  Margonara; oppure  l’ex consigliere di circoscrizione della Lega Nord ( casualmente manager di Rossamare), difendere il progetto del porticciolo per 50 megayachts da 50 metri come grande strategia per il territorio savonese.  

Eppure le scelte miopi e stupide sono supportate anche da autorità che continuano a essere ascoltate come guru e dopo essersi spese, in passato, per l’ampliamento della centrale a carbone come scelta strategica del territorio, o per il porticciolo con torre alla Margonara come ulteriore scelta strategica, oggi ci si accontentano del vile bitume.

In un’intervista al Secolo XIX e alla Stampa, Luciano Pasquale, Presidente della Camera di Commercio e della CARISA, sostiene il rispetto delle norme vigenti e delle autorizzazioni e pur ammettendo l’annoso dilemma tra ambiente e salute, parla di mancata autorevolezza di chi, a Savona, deve decidere anche in questo caso.

Insomma non si può dare ascolto al territorio, ma se una cosa s’ha da fare si fa e basta: questa è la credibilità di chi governa.


C’è chi dice no, c’è chi dice sì e chi ci ripensa!

Ma a Savona succede anche che i politici ci ripensino e in una seduta di Consiglio Comunale, affollata di pubblico urlante, si sia assistito quasi a uno show.

Qualcuno come Casalinuovo asseriva di non saperne nulla di quella delibera, Costantino, assessore all’ambiente, proponeva con la Giunta un documento per intraprendere verso il Ministero” tutte le azioni affinché vengano verificati gli aspetti ambientali”. Come a lavarsene le mani.

Ma la capogruppo dei Cinque Stelle, Debenedetti, dando la stoccata finale, evidenzia l’impossibilità del Comune ormai di poter intervenire in questa fase, considerata la legge 35 del 2012 che avoca al Ministero la competenza finale nel caso di “depositi strategici” come quello del bitume nel porto.

E poi ci chiediamo insieme alla Debenedetti: e la responsabilità politica di un Comune che prima vota favorevolmente il progetto in comitato portuale e poi, nelle due conferenze dei servizi, neanche si presenta ???.


 

Risultato delle scelte strategiche savonesi?

Una raccolta di firme contrarie che, tra carta e online, è arrivata quasi a quota 10.000.

Carlo Freccero che, insieme a Tatti Sanguinetti e altri giornalisti RAI, manifesta pubblicamente come fu a suo tempo per la costruzione dell’ecomostro Crescent e parla di masochismo savonese .

La Procura di Savona che decide di approfondire l’argomento e valutare l’esistenza o meno d’irregolarità, aprendo un fascicolo, per ora sull’abuso di ufficio contro ignoti.

I lavori della Bit Savona, società costituita tra But e Transmare, Giachino Bitumi e gruppo Gavio (con manager l’ex presidente dell’autorità portuale Rino Canavese) che dovrebbero iniziare a breve e finire a fine 2016.

La società che dichiara che il deposito sarà un’eccellenza in Italia e la sua collocazione strategica per l’approdo di navi fino a 80 mila tonnellate di portata lorda e una resa molto elevata.

 

E l’impatto sull’ambiente?

Nel 2012 ci ha pensato il dirigente della Regione Roberto Boni, dando parere positivo senza passare dal VIA, con qualche prescrizione sull’impatto olfattivo e affidando, udite udite, proprio alla Bit Savona la misurazione e il monitoraggio  dei miasmi eventuali che potrebbero spargersi per un raggio di tre chilometri, eventualmente appoggiandosi all’Arpal, (gli stessi  che monitoravano Tirreno Power e stanno monitorando e controllando i miasmi della fabbrica di Albisola)…….

Lo stesso schema che la Regione aveva adottato con Tirreno Power alla quale, anche secondo la Procura, era stato affidato il controllo dell’inquinamento autoprodotto.

Tutto questo mentre in Toscana si parla di pianificazione paesaggistico -economica  e infrastrutturale finalizzata alle attività ricettive turistiche; di preparazione di personale idoneo e aggiornato come sviluppo lavorativo; di relazione organica tra località montane, collinari e litorale; di nuove modalità di turismo con legami con attività sportive; di portare a sistema itinerari che evidenzino ambienti naturali in un’offerta integrata nel tempo; di ripensare ad un progetto culturale che includa paesi, villaggi e loro comunità con la loro storia del vissuto e identità locali: un’altra storia.

      Antonia Briuglia

 

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