La plastica e il mare

IL VOLTO DELLA MEMORIA
Settantacinquesima parte
LA PLASTICA E IL MARE

IL VOLTO DELLA MEMORIA
Settantacinquesima parte
LA PLASTICA E IL MARE
ALLARMANTE L’ABBANDONO DELLA PLASTICA IN MARE
LA PREOCCUPAZIONE DELL’OSSERVATORIO LIGURE PESCA E AMBIENTE
 
RECUPERATI IN MARE QUINTALI DI RIFIUTI
ESERCITO DI VOLONTARI CON COSTA: PULITI 20MILAMETRI QUADRATI DI FONDALE.
IL NEMICO È LA PLASTICA

Questi sono I TITOLI di due importanti servizi giornalistici (a firma rispettivamente di MICHELE COSTANTINI e di GIOVANNI VACCARO) comparsi sui quotidiani locali in data 25 maggio 2016.

 Nella parte iniziale dell’articolo di GIOVANNI VACCARO è possibile leggere quanto segue:

UN PICCOLO ESERCITO DI VOLONTARI, TRECENTO STUDENTI DELLE SCUOLE LIGURI E IN BUONA PARTE SAVONESI, SUBACQUEI E PESCATORI HANNO ALZATO LO SCUDO PER DIFENDERE IL MARE DALL’ASSEDIO DEI RIFIUTI. SOLO NELLA PRIMA FASE DEL PROGETTO TRIENNALE “ROTTA VERSOUNMAREPIÙBLU”,  ORGANIZZATO DA COSTA CROCIERE FOUNDATION E DALL’OSSERVATORIO LIGURE PESCA E AMBIENTE, SONO STATI RACCOLTI OLTREQUATTRO QUINTALI DI RIFIUTI,  IN GRAN PARTE DI INDISTRUTTIBILE PLASTICA.

 Nel contesto dell’articolo di MICHELE COSTANTINI viene riportata questa meravigliosa notizia:

IL PROGETTO SULLA TEMATICA DEI RIFIUTI NELLE SPIAGGE E IN MARE HA VISTO COINVOLTE DIECI SCUOLE DELLA REGIONE DI CUI CINQUE DELLA PROVINCIA DI SAVONA:

  •   ITIS «GALILEI» DI ALBENGA (3^A),  
  •   LICEO «ISSEL» FINALELIGURE (2^B E 2^H),  
  • NAUTICO «PANCALDO» SAVONA (2^C),    
  •  SCUOLA MEDIA «DON GALLO» SAVONA (1^E)    
  • SCUOLA «DE ANDRÈ » ALBISSOLA MARINA (3^C).

OGNI SCUOLA HA ADOTTATO UN TRATTO DI COSTA PER OSSERVARLA, RIPULIRLA E CUSTODIRLA.

 Di fronte a questo meraviglioso impegno delle ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE e soprattutto dei nostri GIOVANI STUDENTI, ALDO, con il VOLTO DELLA MEMORIA, ci ha fatto, spontaneamente, pervenire due suoi  pregressi articoli, invitandoci a pubblicarli in due successive PUNTATE.

 Il primo porta la data del 18 ottobre 2006 è così intitolato:

 

LA PLASTICA E IL MARE

Dal 20 al 23 agosto di quest’ anno si è svolta, ad Erice, la trentaseiesima sessione dei Seminari Internazionali sulle Emergenze Planetarie, alla quale hanno partecipato oltre cento scienziati, provenienti da ogni angolo del Mondo.

Di particolare interesse è stata la relazione di Charles Moore dell’ Algalita Marine Research Foundation di Long Beach; l’argomento principale, trattato da questo scienziato, è stato quello relativo alle conseguenze indotte dall’ ingresso di elementi plastici nella nostra catena alimentare, attraverso gli ambienti marini.

Nel contesto del suo intervento, Charles Moore ha testualmente affermato:

“Lo stato di salute dei mari è fortemente peggiorato. Infatti, il problema si è ormai spostato dalla semplice presenza di rifiuti plastici (come bottiglie, contenitori, etc) nelle nostre acque, alla capacità di questi materiali di rilasciare sostanze pericolose per l’organismo umano.” 

La stessa Algalita Marine Research Foundation ha reso noto di aver individuato un’ enorme chiazza di rifiuti di plastica, grande come  il Texas (più di due volte l’ Italia), che si estende, nell’ Oceano Pacifico, tra  le isole Hawaii e la costa Californiana.


Il volume complessivo di rifiuti, secondo Charles Moore, è sei volte la quantità di Fitoplancton e di Zooplancton, che vive nello stesso tratto di mare.

Inoltre, secondo un altro studio, presentato nello stesso Seminario Internazionale, almeno 267 specie animali, in tutto il Mondo, ( tra cui l’ 86% delle tartarughe marine, il 44% degli uccelli ed il 43% dei mammiferi marini) sono danneggiate da questa tipologia di rifiuti, per cui alcuni osservatori sono giunti paradossalmente ad affermare che:

“La plastica  non si limita a deturpare le spiagge; sta diventando la spiaggia”  

Ma, attraverso quale meccanismo patogenetico i rifiuti plastici entrano nella catena alimentare umana?

E’ lo stesso Charles  Moore ad illuminarci su questo argomento:

“L’enorme quantità di plastica dispersa nei mari produce particelle nocive che vengono liberate nelle acque, contaminando i pesci ed altri organismi marini, i quali, a loro volta, trattengono sostanze come il policarbonato plastico (PCB), la diossina, il polivinilepolidrato (PVC) ed altre molecole; allorquando  l’ essere umano viene  ad alimentarsi con le carni ittiche  contaminate può andare incontro a malattie neoplastiche.”

 

La situazione dei nostri mari ( e del Mediterraneo, in particolare)  non è così drammatica, come quella sopra descritta; tuttavia, il problema non va sottovalutato, ma, al contrario, va ulteriormente analizzato ed approfondito, perché l’ utilizzo di materiale plastico è in costante aumento e soprattutto perchè le modalità di smaltimento dei rifiuti plastici sono nettamente insufficienti ed, in particolare, inadeguate tecnologicamente.

Esiste, purtroppo, un altro canale di ingresso, altrettanto deleterio per la salute umana, rappresentato dalle sostanze plastiche presenti nei contenitori metallici che, quotidianamente, utilizziamo per la conservazione dei cibi o per la loro cottura a micro-onde.


Le conseguenze per la salute  dell’ umanità  sono state magistralmente descritte da Shanna H. Swan del Centro di Epidemiologia Riproduttiva di Rochester.

Riporto integralmente le sue parole:

“Quello che ci preoccupa è la diffusione globale di queste sostanze plastiche  e l’ ampiezza del numero di persone, colpite dai loro effetti; la comunità scientifica internazionale ha raggiunto, infatti, la certezza che queste sostanze porteranno conseguenze negative trasmissibili da generazione in generazione, mutando, sebbene gradualmente, il patrimonio genetico dell’ uomo.”   

Il bersaglio principale di queste sostanze è, infatti, l’ apparato riproduttivo, sia maschile, sia femminile, considerando la gravidanza il periodo di maggiore vulnerabilità.

Secondo Frederick S. Vom Saal della Divisione di Scienze Biologiche dell’ Università del Missouri “durante la gestazione, la donna trasmette al feto  questi elementi, che vanno ad intaccare il sistema riproduttivo ed il cervello del nascituro, provocando effetti permanenti”  

Non aggiungo altra documentazione scientifica, perché mi sembra che quanto sopra riportato sia, in proposito, ampiamente esaustivo.

Il tutto porta, peraltro, a due considerazioni finali: la prima di ordine scientifico-legislativo, la seconda di carattere più propriamente operativo.

1) CONSIDERAZIONE   SCIENTIFICO – LEGISLATIVA: CHE COSA DEVE INTENDERSI PER BIODEGRADABILITA’ DI UN PRODOTTO DI PLASTICA?

Ricordo che, nei primi anni ’90, a seguito di una dichiarazione di biodegradabilità, rilasciata da un Istituto universitario o pubblico, l’ UTIF ( Ufficio Tecnico delle Imposte di Fabbricazione) poteva dichiarare che i sacchetti di plastica prodotti dalle industrie erano esenti dall’ imposta di fabbricazione.

Già in allora, in un articolo giornalistico, intitolato l’IMBROGLIO DELLA PLASTICA BIODEGRADABILE, Giorgio Nebbia ( Docente di Merceologia all’ Università di Bari) faceva rilevare che, confrontando la data di rilascio del certificato di analisi, da parte dell’ Istituto Scientifico, con la data della dichiarazione di esenzione dall’ imposta, molti uffici dell’ UTIF avevano assolto il loro compito con una eccessiva e troppo frettolosa diligenza.


 

In seguito, Egli così si esprimeva:

“avrebbero probabilmente fatto bene, nell’ interesse delle finanze dello Stato, a chiedersi se i sacchetti, esentati dall’ imposta, erano veramente biodegradabili al 90% e se il metodo di analisi utilizzato era veramente “scientificamente accettato”, come chiede la legge.

A rigore “biodegradabile” significa che il materiale, in un tempo relativamente breve (settimane- mesi) si trasforma in anidride carbonica e acqua e, quindi, scompare dalla vista” 

Così non è stato e così non è; abbiamo la controprova, a quindici anni di distanza, che Giorgio Nebbia aveva visto lontano.

In effetti, da Erice, arriva, purtroppo, un crudele avvertimento: molti oggetti di plastica, liberamente circolanti in commercio, NON SONO BIODEGRADABILI, secondo una corretta e razionale visione scientifica (e, cioè, generatori di vita), bensì  LETODEGRADABILI (e, cioè, generatori di morte).

Lascio ai lettori ogni commento sulla serietà di certe cattedre scientifiche ed ogni considerazione sui danni arrecati alla salute umana, oltre che alle finanze dello Stato; aggiungo, soltanto, che, ancora una volta, la  legge del Dio-Danaro viene a prevalere su tutto e su tutti.

2) CONSIDERAZIONE OPERATIVA: COME SMALTIRE, IN MANIERA SCIENTIFICAMENTE CORRETTA, I RIFIUTI DI PLASTICA?

Come già precedentemente ho scritto, è necessario, a mio modo di vedere, rifiutare le strade delle discariche e degli inceneritori ( anche se di nuova generazione), in quanto si tratta di percorsi realizzabili per altro materiale secco ed inerte, ma non certamente per i residui plastici.

L’ unico percorso concretamente seguibile ( anche se faticoso) è quello del RICICLO e del RIUSO, vale a dire quello della raccolta differenziata e del successivo avvio, da parte dell’ industria della plastica, verso l’ utilizzo delle materie seconde e quindi la concreta fabbricazione di materiale plastico a lunga conservazione ( tubazioni, conduttori di elettricità, contenitori duraturi, carrozzerie, etc), abbandonando, il più rapidamente possibile, la produzione di oggetti plastici  “a vita breve”.

ALDO PASTORE      18 OTTOBRE 2006

 

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