UOMINI E BESTIE

8: Prospezioni dell’immaginario

Le Sirene

Quarta  parte

 

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Piccola appendice cartografica

(ad illustrazione della scheda prec. del 29 luglio e di quella della prossima)

 

 

 I luoghi delle Sirene nell’Italia Meridionale. Si distinguono due tradizioni: quella licofronea (Partenope, Leucosia, Ligea) e quella dello PseudoAristotele (Li Galli), entrambe probabilmente derivate da Timeo.

 

 

 Li Galli (si v. la didascalia dell’imm. sg.).

 

 

 

 I virgiliani (Aen. III 864) Sirenum scopuli, Sirenum petrae presso Mela (II 62), inoltre STEPH. BYZ. eth. 559: 17.27 (= HEROD. pros. cath. III 1, 69 LENTZ, da PSAR. mir. ausc. 110: 17.12): “Le Sirenuse sono isole dell’Italia che si trovano presso lo stretto [la Bocca Piccola], proprio al vertice [Punta Campanella] del promontorio [la Penisola Sorrentina] che separa il golfo in cui è Cuma [il Golfo di Napoli] da quello che prende nome dalla città di Posidonia [Paestum; il Golfo di Salerno]; su tale promontorio sorge anche un tempio dedicato alle Sirene, che vi sono oggetto di grandissimo culto; questi sono i loro nomi: Partenope, Leucosia e Ligea” e STRAB. I 2, 12: “Dalla zona in prossimità di Sorrento sino allo stretto di Capri si protende un braccio di terra lungo e angusto, che su di un lato della sua scoscesa formazione [la costa settentrionale della Penisola Sorrentina tra le punte di S. Lorenzo e di Bacoli] ospita il tempio delle Sirene, sull’altro che s’affaccia al golfo di Posidonia tre isolotti costieri disabitati e petrosi che si chiamano le Sirene, e proprio in corrispondenza dello stretto il tempio di Atena, da cui prende nome anche il braccio stesso”; i virgiliani Sirenum scopuli, dunque, sono i tre scogli disabitati del Gallo Lungo, della Castelluccia e della Rotonda, che formano l’Arcipelago dei Galli tra San Pietro e Sant’Agata sulla Costiera Amalfitana. L’antico nome andò perduto e la denominazione attuale si trova usata per la prima volta nella cronaca dell’Abate di Telese (1133), il quale ricorda la loro conquista da parte di Ruggiero di Sicilia e le chiama “Guallo”, evidentemente dal patronimico della famiglia Guallo o Gallo della terraferma (NORMAN DOUGLAS, Siren Land, 1983, rist. della prima ed. del 1923), non certo dall’esser dei “galli”, ossia dei pennuti come le Sirene, né tanto meno dal fenicio, che sono due ipotesi sostenute da alcuni dotti locali. Ne parla Scipione Mazzella nella sua Descrittione del Regno di Napoli, edita dalla Stamperia dello Stigliola a Porta Reale a Napoli nel 1597: “Nel voltare del detto Promontorio [Punta Campanella] vi sono certe Isolette deserte, e sassose, nominate le Sirene, in una delle quali da quella parte che risguarda à Surrento ne’ tempi antichi si vedeva un ricco Tempio [lo PseudoAristotele e Strabone però lo collocano sulla costa], ove erano alcuni molto antichi doni, già presentati da gl’habitatori del paese per veneratione, e riverenza del sacrato luogo, del quale hoggi vi sono i vestigi”.

 

 

 

 

 Il moderno e formicolante quartiere di Pizzofalcone occupa un poggio che, insieme coll’isolotto roccioso (unito alla terraferma dal molo di S. Lucia) detto in antico Megaris, ove si trovano il Borgo Marinaro e il Castel dell’Ovo, è quanto resta dell’erosione marina del cratere del Monte Echia, levatosi al principio del pleistocene. Qui, ove poi sorgerà una delle piú celebrate ville di Lucullo, secondo la tradizione moderna sarebbe venuta a morire Partenope. Sulla destra la freccia indica la posizione della città di Nola, presso cui scorreva il Glanide, o Clanio, oggi Regi Lagni (si v. l’immagine seguente).

 

 

 Oltre le rovine dell’antica colonia maritima civium di Liternum, dedotta in territorio osco nel 194a, ove si dice (SEN. ep.86) che Scipione l’Africano si ritirò a vivere i suoi ultimi anni, ed oltre il Lago di Patria, giunge al mare il Canale dei Regi Lagni che, a parte l’aggettivo monarchico, risalente al tempo in cui il Napoletano era governato da un viceré spagnolo, altro non è se non la mutazione romanza del nome latino Clanis. La bonifica dei territori paludosi che da Nola (si v. l’immmagine prec.) giungevano alle foci del Volturno, avviata nel 1539 e terminata il 1935 (!), canalizzò il Lagni, trasformandolo in un collettore delle acque alte del territorio.

 

 

 La freccia in basso indica la Punta di Licosa, all’estremità meridionale del Golfo di Salerno (il Golfo di Posidonia per gli Antichi, infatti piú a nord s’incontrano le rovine di Paestum-Poseidōnía), ove fu scagliata dal flutto la Sirena Leucosia; di fronte ad essa lo scoglio roccioso omonimo. Sopra ancora scende al mare il Sele (di solito Sílaros, Silarus o Siler), che dovrebbe essere l’Is del testo licofroneo (v. 724), dopo aver ricevuto a sinistra il Calore (il Lari? ibid. v. 725).

 

 

 

“‘Terina’: città dell’Italia [nei paraggi di S. Eufemia Lamezia?] presso il fiume omonimo [il torrente Cantagalli?], fondata dai Crotoniati secondo Flegonte. Alcuni però sostengono che sia l’isola su cui fu gettato il corpo della Sirena Ligea, come scrive Licofrone: ‘A Terina per mare verrà portata Ligea’” (HEROD. pros. cath. III 1, 258 LENTZ GG). Quanto all’Ares-Ocinaro (Licofrone, vv. 729-30), dovrebbe essere il Savuto.

 

 MISERRIMUS