Zelensky di fronte a Trump: la dignità contro la brutalità politica
L’incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump ha mostrato al mondo due volti opposti della politica: da un lato la fermezza e la dignità di un leader che guida il suo popolo in una guerra di resistenza, dall’altro il cinismo e la brutalità di un uomo che tratta la politica internazionale come un gioco di potere senza scrupoli.
Il faccia a faccia, lungi dall’essere un’occasione di confronto costruttivo, si è trasformato in una messinscena calcolata per mettere in difficoltà il presidente ucraino. Trump, con il suo alleato J.D. Vance, ha orchestrato l’incontro come un processo mediatico, cercando di costringere Zelensky in un angolo, imponendogli il ruolo del supplicante. Ma il tentativo di umiliazione si è rivelato un boomerang: Zelensky, con calma e determinazione, ha ribadito la necessità di un sostegno reale e ha smascherato l’ipocrisia di chi predica la pace, ma nei fatti favorisce l’aggressore.

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Non è un caso che l’incontro sia stato trasmesso in diretta televisiva. Una scelta deliberata, utile a Trump per esibire la sua retorica isolazionista e per accattivarsi il favore di una parte del suo elettorato che vede nell’aiuto all’Ucraina uno spreco. Ma questa strategia ha avuto un effetto opposto: invece di ritrarre Zelensky come un leader indebolito, lo ha mostrato nella sua autenticità, come un uomo di Stato che non si piega agli umori di chi gioca con il destino del suo popolo per convenienza politica.
L’Europa non è rimasta in silenzio. I leader del continente hanno colto immediatamente il pericolo di un’America che si disinteressa dell’Ucraina e hanno ribadito il loro sostegno a Kiev. La posta in gioco è troppo alta: non si tratta solo del destino ucraino, ma di un equilibrio globale che verrebbe stravolto se la logica della forza avesse la meglio su quella del diritto.
Zelensky è uscito da questo incontro con una rinnovata credibilità. Ha dimostrato che non basta l’atteggiamento spavaldo di Trump per cancellare la sofferenza di un popolo che resiste. E ha ricordato a tutti che la pace non può essere sinonimo di resa, ma solo di giustizia. L’ultima parola spetta agli ucraini, ma una cosa è certa: il loro presidente non li ha traditi.