Una vita per l’arte

       UNA VITA PER L’ARTE

UNA VITA PER L’ARTE


Gli occhiali, un papillon, una rosa rossa e il nastro della Legione d’Onore che Elena Gregori ha sistemato come ultimo gesto d’amore sul feretro del marito Philippe Daverio – morto a settant’anni all’istituto dei tumori di Milano, il 2 settembre-ultimo scorso – nella camera ardente allestita nella Sala della Passione della Pinacoteca di Brera, quasi un viatico laico per l’ultimo viaggio di una persona che si è votata alla storia dell’arte fin da quando, ancora giovinetto, trasferitosi con la famiglia a Varese, si innamorò di quella città e del dolce paesaggio lombardo del varesotto con il suo lago e i suoi castelli, così diverso da quello industriale di Mulhouse, in Alsazia, dove era nato, quarto di sei figli, il 17 ottobre 1949 da madre alsaziana, Aurelia Hauss, e padre italiano.

Napoleone Daverio, costruttore. Philippe, dopo aver frequentato la Scuola Europea di Varese si iscrive alla Bocconi di Milano, supera tutti gli esami ma non scrive la tesi e non si laurea, i suoi veri interessi sono orientati al mondo dell’arte e degli artisti e diventa ben presto una personalità di spicco nell’ambiente artistico-culturale milanese e non solo: nel corso degli anni ha aperto diverse gallerie d’arte contemporanea a Milano (la più famosa in Via Montenapoleone) e a New York. Esperto di tutta l’arte dall’antichità classica ai giorni nostri era però uno specialista indiscusso nel campo dell’arte italiana del XX secolo.


 

Oltre che gallerista è stato anche editore: ha pubblicato il Catalogo ragionato dell’opera di Giorgio de Chirico fra il 1924 e il 1939; il Catalogo generale e ragionato dell’opera di Gino Severini, Fillia e le avanguardie tra le due guerre. Della sua vastissima produzione saggistica ricorderò soltanto Ver sacrum (Valentina Edizioni, 2004); Giuseppe Antonello Leone (Skira, 2010); Il secolo lungo della modernità. Il museo immaginario (Rizzoli, 2013); il secolo spezzato delle avanguardie. Il museo immaginario. (Rizzoli, 2014); L’arte di guardare l’arte (Giunti Editore, 2017); Grand tour d’Italia a piccoli passi (Rizzoli, 2018); Racconto dell’arte occidentale dai greci alla pop art (Solferino, 2020)…

Dal 2008 ha diretto la rivista fiorentina Art e Dossier. Come si vede, Philippe Daverio ha continuato a esercitare la sua professione di storico e critico d’arte fino al suo ultimo anno di vita. Una vita quanto mai intensa e pienamente vissuta, ove si consideri che Philippe Daverio – che, per inciso, ha sempre mantenuto la cittadinanza francese, parlava cinque lingue e due dialetti, e, pur amando profondamente la cultura italiana, si sentiva cittadino europeo – è stato anche assessore nella giunta Formentini del Comune di Milano, con deleghe alla Cultura, al Tempo Libero, all’Educazione et pour cause alle Relazioni Internazionali. Nel 2009 si era candidato a consigliere provinciale di Milano nella lista civica di Filippo Penati. Nel 2011, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, fonda il movimento d’opinione Save Italy per la salvaguardia del patrimonio artistico, culturale, museale, urbanistico e paesaggistico unico al mondo dell’Italia (“la denominazione in inglese – ha spiegato Daverio – serve a testimoniare che il patrimonio culturale dell’Italia non appartiene solo agli italiani ma al mondo intero, anche perché il latino si studia oggi molto più a Oxford che a Pania”. E’ stato redattore di quotidiani e riviste come Panorama, Vogue, Avvenire, Il Sole 24 Ore, Quotidiano Nazionale, Style Magazine, mensile del Corriere della Sera.


Notevole è stata la sua attività di inviato e conduttore televisivo di programmi sull’arte, il più famoso e popolare dei quali è stato “Passpartout” su Rai 3, programma inopinatamente soppresso nel 2011. Daverio rivelò anche in quella occasione la sua nobiltà d’animo e la sua vena ironica: invece di dare in escandescenze, come avrebbe fatto il suo amico e collega (ma di quanto culturalmente e umanamente inferiore!) Vittorio Sgarbi, scrisse un arguto necrologio della trasmissione che vale la pena trascrivere: “E’ improvvisamente mancato Passpartout, nel pieno della sua salute. Lo compiangono la redazione tutta e centinaia di migliaia di affezionati suoi seguaci. La causa del decesso è da ascriversi probabilmente ad una pallottola vagante sparata durante il riordino amministrativo recente della Rai che si è trovata costretta a passare dall’ordinamento privato della sua gestione a quello pubblico più consono alle risorse erariali che la alimentano”.

Daverio era anche attento estimatore delle cosiddette “arti minori”, come la ceramica, il design e l’arredamento. Quanto alla ceramica, Daverio, nel suo itinerario artistico italiano a piccoli passi, non poteva non fermarsi anche ad Albisola dove ha molto apprezzato, tra le altre, le opere invero fantastiche del ceramista scultore Paolo Anselmo, e ad Albenga dove ha visitato la mostra “Magiche trasparenze. I vetri dell’antica Albingaunum”, dove è esposto il famoso Piatto Blu, definito dal Daverio “Il vetro romano più bello del mondo”. E, se lo ha detto lui, possiamo crederlo. 

 

FULVIO SGUERSO 

 

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