“Un galantuomo”. Re Umberto II di Savoia”

Ricorrenze e coincidenze…
18 Marzo Festa di Nostra Signora della Misericordia, Patrona di Savona, al Santuario.
18 Marzo 1936 visita al Santuario di Savona di Umberto, Principe di Piemonte e Marchese di Savona.
18 Marzo 1983 decesso in Svizzera, a Ginevra, del divenuto Re Umberto II di Savoia.

Prima parte
Settantasette anni fa nasceva la Repubblica e andava in esilio volontario Umberto II di Savoia (1904-1983). Sono trascorsi ormai 118 anni dalla nascita e 39 dalla morte dell’ultimo Re d’Italia, ma i media tacciono: troppo signore e troppo cattolico per parlarne…
Dopo il referendum istituzionale del 1946 le truppe polacche del generale Władysław Anders, che ebbe un ruolo fondamentale nella liberazione dell’Italia dai nazisti, offrirono la loro collaborazione, così come l’Esercito regio e l’arma dei Carabinieri, ad Umberto di Savoia, che “come molti sovrani”, – sta scritto nel bellissimo libro di Luciano Garibaldi “Gli eroi di Montecassino. Storia dei polacchi che liberarono l’Italia (Oscar Mondadori)” – “ben diversi da tanti presidenti e dittatori, non volle però versare il sangue del suo popolo per conservare il trono. Finirono entrambi la loro vita in esilio, ma la loro coscienza era tranquilla”.
Umberto II, scegliendo l’esilio, risparmiò all’Italia una seconda guerra civile. Pio XII dimostrò la sua benevolenza ad entrambi: ad Umberto II, espropriato dallo Sta- to italiano di tutti i suoi beni, donò una somma di denaro per i primi duri tempi di Cascais; mentre ricevette in una commossa udienza il generale Anders, al quale, già nel 1944, aveva consegnato la medaglia di “Defensor Civitatis”.
L’aereo che condusse in esilio Umberto II decollò alle 16,10 del 13 giugno 1946, mentre dalla torre del Quirinale un graduato ammainava il tricolore con lo scudo sabaudo. Ben altro futuro si prospettava per l’erede al trono di Casa Savoia quando cento e uno salve di artiglieria, nel secolare parco del castello di Racconigi (CN), salutarono il Principe nel giorno della sua nascita: era il 15 settembre 1904.

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La giornalista Matilde Serao scriveva sulle colonne de “Il Mattino”: “Che chiederemo a Dio, che chiederemo alla Provvidenza, per te, per adornare la tua vita…? È vero, il mondo ha sete di pace, ma la pace non basta né all’uomo, né alla società, perché l’anima umana si elevi e si esalti in volo d’aquila. O piccolo Principe, il mondo ha sete di bene: il mondo ha orrore del male, possa tu, o neonato di Elena e di Vittorio, o futuro Re d’Italia, diventare forte, ma restare buono; diventare un grande per te, per la tua nazione, per i tuoi tempi, ma restar buono. Rimanga in te, Principe, l’orrore del male; rimanga in te la innata invincibile incapacità del male: rimanga in te, o Re dei tempi novissimi, la savia innocenza del fanciullo”.
Umberto rimase “buono” e con l’“orrore del male”, nonostante le guerre mondiali, i totalitarismi, la solitudine della sua drammatica esistenza.
Egli, nella quiete di Villa Savoia, dove i reali si erano trasferiti per essere distanti dal Quirinale (loro precedente residenza), non si trovò a vivere in una corte, ma in un focolare domestico, fra la gioia e la protezione della materna regina Elena.
Tuttavia il clima mutò allorquando iniziò gli studi: Vittorio Emanuele III (che stabilì sempre un rapporto di soggezione e sudditanza nei confronti del figlio, la cui simpatia e prestanza fisica creavano fra loro un enorme distacco) decise che occorreva formarlo militarmente: disciplina, caserma, accademia, esercitazioni; fu così posto sotto la direzione dell’ammiraglio Bonaldi, il quale piegò il suo spontaneismo ad un ferreo autocontrollo, che divenne il filo conduttore di tutta la sua vita.
Umberto non andrà al funerale di Attilio Bonaldi (*): un segnale importante della sua personalità, che non fu mai ipocrita, neppure per interesse della propria immagine pubblica; dissimulatore non riuscirà neppure ad esserlo nella vita coniugale.
A Torino visse i suoi anni spensierati dal 1924 al 1929. Amava gli sport, il ballo, le conversazioni, la compagnia di amici e amiche, giovane in clima goliardico… Ma venne richiamato all’ordine dai suoi doveri, inoltre era giunto il tempo di sposarsi.
(*) L’Ammiraglio Attilio Bonaldi, a cui fu affidato per la sua educazione dal padre Vittorio Emanuele III
CONTINUA
Michele Manzi

da A Civetta

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