UN DOCUMENTO STORICO

UN DOCUMENTO STORICO
Il “verbale” dell’assemblea della sinistra Ds al Festival di Pesaro del 2006, che avevo redatto su commissione dei compagni savonesi.


SINTESI DELLA RELAZIONE DI FABIO MUSSI E DELLE QUESTIONI SOLLEVATE NEGLI  INTERVENTI DEI COMPAGNI DELLA SINISTRA DS ALL’ASSEMBLEA DI PESARO (9/09/06)

 

Dopo aver ricapitolato la storia breve,  ancorché intensa e politicamente preziosa, della minoranza del partito (minoranza divenuta via via sempre più minoritaria ma non per questo meno importante negli equilibri interni e soprattutto nella elaborazione delle idee e nella correzione delle strategie e delle proposte politiche del partito, che rischiava di essere egemonizzato dal pragmatismo spinto della componente “liberal”); dopo aver ricordato le elezioni vinte “per un soffio”, e quindi il pericolo corso di perderle “per un soffio”, con le catastrofiche conseguenze che ne sarebbero derivate per il Paese tutto; Mussi ha sottolineato gli aspetti di discontinuità politica rispetto al centrodestra  riscontrabili nell’azione del governo dell’Unione, discontinuità particolarmente sensibile in politica estera dove il compagno Massimo D’Alema si è mosso e si sta muovendo con grande intelligenza ed efficacia. Anche nel campo della ricerca scientifica e dell’Università si è potuto registrare un cambiamento di passo, e su questo punto, giustamente, il ministro Mussi ha ricordato il compromesso raggiunto sui limiti della sperimentazione sulle staminali; compromesso accettabile, considerando che l’Italia aveva firmato una dichiarazione “etica” che mirava a non finanziare nemmeno la ricerca europea.

 Ma i nuclei tematici su cui Mussi ha maggiormente insistito sono stati due: la questione della guerra (e della pace) sempre più all’ordine del giorno, e la questione del partito democratico. Riguardo alla prima questione Mussi ha richiamato l’attenzione sul fatto che la politica dell’attuale amministrazione americana, ispirata dai falchi neocon e teocon, e sostenuta (si fa per dire) da alcuni nostri professori già strenui difensori dei diritti umani e ora convertiti alla “dottrina Bush” della guerra preventiva  e della liceità della tortura per combattere il terrorismo,  sta portando il mondo verso la catastrofe.  Dalla guerra, infatti, non può che nascere guerra; dalla barbarie altra barbarie,  e questo comporta anche una nuova rincorsa agli armamenti, tra l’altro con effetti disastrosi sull’economia; basti pensare che tutto il surplus mondiale disponibile per l’umanità è destinato agli armamenti convenzionali e soprattutto non convenzionali (leggi: armi di distruzione di massa). Su questo spreco criminale  di risorse, ha rimarcato Mussi, i severi e rigoristi censori liberali della spesa pubblica non hanno niente da dire! Non è strano? Tanto più che la teoria liberista si è dimostrata falsa: il mercato mondiale non solo non si autoregola, ma accresce a dismisura le disuguaglianze. Bisogna quindi porre con energia la questione del disarmo; certo non immediato e unilaterale (purtroppo è inutile cercare sulla carta geografica l’isola che non c’è), certo graduale e bilanciato; ma bisogna farlo senza indugi se vogliamo salvare l’umanità. E quindi rivedere anche le politiche energetiche e i sistemi di regolazione del mercato, dal momento che il turbocapitalismo tende alla svalorizzazione del lavoro a tutto vantaggio (ma per quanto?) del profitto e della rendita finanziaria. Si comprende facilmente come a questo tema sia collegato quello del destino del socialismo e della sua definitiva scomparsa – di nome e di fatto – dalla storia umana.

Eccoci quindi al nodo del partito democratico, a questa fantomatica entità politica, sempre annunciata come imminente e non ancora costituita, il “partito preterintenzionale” (secondo la definizione di Michele Prospero). Mussi si è rivolto direttamente a “Piero e Francesco” con una ironica allocuzione retorica: “Ci credete nel partito democratico? Pensate che sia un puer adultus? Allora fatelo! Ma fatelo ora, perché se lasciate tutto il centrosinistra e la sinistra in mezzo al guado  andrà sempre peggio. “ E a Francesco Rutelli ha ricordato che un partito che si fondava sui valori cristiani c’è già stato: si chiamava Democrazia Cristiana! Inoltre il grande Ulivo si è via via rimpicciolito a Ulivetto. Insomma la marcia trionfale verso il partito democratico dei riformisti segna il passo. Se poi si guarda al quadro europeo la questione si complica ulteriormente. Il problema, come è noto, sta nella futura collocazione di un partito che non si chiama nemmeno più socialista nel contesto  dei partiti socialisti europei. Azzeriamo anche quelli? In conclusione Mussi annuncia che al prossimo Consiglio nazionale proporrà la convocazione di un congresso da farsi nella primavera del 2007. Nel frattempo l’indicazione è di lavorare al progetto di una nuova sinistra che vada oltre gli attuali partiti e partitini . Gli strumenti saranno l’elaborazione di un “Manifesto della sinistra italiana”  e la creazione di una Fondazione che dovrebbe cominciare ad operare già a fine ottobre con un seminario a Milano sul socialismo.

Nei successivi interventi  di molti compagni sono stati messi in evidenza alcuni aspetti negativi della politica governativa, soprattutto riguardo alla finanziaria e alla ventilata riforma della riforma delle pensioni. Dato che tra gli intervenuti molti erano sindacalisti della CGIL, l’analisi delle sperequazioni e delle clamorose ingiustizie retributive quanto a stipendi e pensioni dei lavoratori dipendenti è stata severa e puntuale. Qualcuno ha affermato che sulle ingiustizie non si può essere concilianti. Nella finanziaria il lavoro dipendente è una delle tante voci, uno dei tanti capitoli presi in considerazione, mentre dovrebbe essere al primo posto. Un sindacalista marchigiano ha osservato come la campagna contro i “fannulloni” che i rigoristi del Corriere della Sera portano avanti da settimane, abbia di mira, più che il parassitismo dei pubblici dipendenti, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali. Altro tema toccato è stato quello degli stipendi d’oro e delle scandalose buonuscite dei grandi (e inefficienti) manager pubblici, come quella di sette milioni di euro chiesta da Elio Catania, a fronte del bilancio disastroso delle Ferrovie, in rosso per due miliardi di euro.

 

Inoltre la moltiplicazione di ministri, sottoministri, segretari e sottosegretari non è stato uno spettacolo edificante, soprattutto quando si chiedono sacrifici e rinunce ai cittadini per far quadrare i bilanci della Stato. L’intervento di un compagno gay ha denunciato la scarsa attenzione del partito alle tematiche omosessuali e alla discriminazione sociale (quando non alle violenze di cui sono vittime) che ancora perdura in tanta parte dell’ideologia dominante, come si è potuto constatare in occasione dello stupro ai danni di una lesbica a Viareggio.

Altri hanno lamentato lo scarso potere decisionale dei compagni della minoranza negli organismi di partito, egemonizzati dagli apparati della maggioranza spesso collegati ai poteri forti locali. Riguardo al partito democratico, significativo è stato l’intervento della deputata europea Pasqualina Napoletano, la quale ha richiamato l’attenzione sull’anomalia  italiana che al parlamento europeo ha gruppi diversi da quelli presenti nel parlamento nazionale, ricordando anche che in Europa il “fenomeno” Berlusconi è preso molto più sul serio che in Italia: si teme un effetto di contagio e un dilagare del populismo mediatico e del cesarismo così ben interpretato  nostro ex presidente dal Consiglio. E’ quindi più che mai necessaria una netta distinzione tra centro popolare e sinistra socialista. Infine una compagna (Mori) ha chiesto a Mussi, tra l’altro, che cosa ne sarà della minoranza del partito qualora si arrivasse alla costituzione del partito democratico. Nelle sue conclusioni, Mussi, dopo aver rimarcato che nelle assemblee dell’area si discute e ci si confronta sui problemi veri e liberamente, ha detto che in tema di riforma previdenziale non bisogna improvvisare, che va elaborata  nei tempi giusti, e non collegata alla manovra finanziaria; inoltre ha invitato la maggioranza a non sottovalutare il consenso dell’elettorato: “Mi ricordo quando D’Alema  disse: mai più riformismo dall’alto. Vale anche oggi. Ora vedo qualcuno sostenere che se tutti sono contro la finanziaria, allora siamo nel giusto. Io dico che quando tutti sono contro, allora può capitare che cadano i governi”. Quanto al destino dell’area, se si facesse il partito democratico, ognuno valuterà il da farsi e alla fine andrà dove lo porterà (si spera)  il cuore.

FULVIO SGUERSO

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