Si Vis Pacem Para Bellum

SI VIS PACEM PARA BELLUM

SI VIS PACEM PARA BELLUM

 Le personalità autoritarie sono strutturate in modo tale da non ammettere contraddittorio e, quindi, preferiscono monologare anziché dialogare; ragione per cui risulta vano, o meglio, ingenuo, ogni tentativo di argomentare pacatamente opponendo tesi diverse da quelle affermate dal monologante che sta, per dirla con padre Dante, “come torre ferma che non crolla” , ben piantato nelle sue convinzioni, le quali, come chiunque  eserciti un lavoro intellettuale sa (o dovrebbe sapere), nel campo della politica – ma anche dell’arte, della letteratura, del costume  e della moda – altro non sono che opinioni (in greco doxai), anche quando si presentano dogmaticamente come “fedi”.

Attenzione: questo principio vale per tutti, quindi anche per il qui scrivente, il quale  intende solo motivare la propria opinione in merito all’attuale  dilagante sovranismo o neonazionalismo che dir si voglia; si tratta, infatti, di una questione tutt’altro che  chiusa e che ci coinvolge tutti, dal momento che riguarda il destino dell’Europa e, quindi, del mondo intero. Prendiamo ad esempio il pensiero di un sovranista dichiarato e convinto come il premier ungherese Viktor Orban, tanto ammirato dal nostro Matteo Salvini e dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “La gente chiede due cose: la prima è non più migranti che entrano, cioè fermarli prima che attraversino la frontiera. La seconda è che quelli che sono entrati devono essere riportati indietro. Questa è la volontà del popolo. Per restaurare la democrazia europea dobbiamo muoverci in questa direzione”. Ebbene, per salvare la democrazia europea, tanto per cominciare, recintiamo con filo spinato i confini con la Serbia, la Croazia e la Slovenia, motivati dal fatto che tutto quello che arriva dall’esterno è un pericolo per la nazione; inoltre, per difenderci dall’invasione, oltre al filo spinato e ai cani lupo addestrati   per la caccia all’immigrato,  è necessario un controllo capillare di tutti gli apparati dello Stato, di modo che, se il governo non riesce a raggiungere gli obiettivi difensivi prefissati, ecco pronto un aggiustamento della Costituzione che consenta di punire anche chi aiuta in qualunque modo i migranti ad entrare nel territorio ungherese e di  censurare la stampa ostile.


Nel 2010 è stato varato un Consiglio per i mass  media che ha trasformato l’editoria pubblica in strumento di propaganda. Insomma, a colpi di decreti il premier magiaro è riuscito a eliminare il dissenso. Tra l’altro, nel regime definito tecnicamente illiberale di Orban, alle coppie conviventi e senza figli od omosessuali non vengono riconosciuti gli stessi diritti delle coppie eterosessuali (“poco male”,  direbbe l’attuale nostro ministro delle politiche per la famiglia, il leghista Lorenzo Fontana). Un altro vanto di Orban è la battaglia senza quartiere contro il filantropo ebreo americano di origine ungherese George Soros, accusato di organizzare l’invasione dell’ Europa con la sua flottiglia di Ong; accusa condivisa  da Matteo Salvini, che ha definito Soros “uno speculatore senza scrupoli”, e, di rincalzo, Giorgia Meloni vorrebbe una legge anti Soros anche in Italia.  Insomma i sovranisti,  tra l’altro inclini a credere  alla teoria del complotto  demo-pluto-giudaico-massonico contro i popoli cristiani europei, hanno gli stessi amici e gli stessi nemici; tra gli amici: l’omologo tedesco di Salvini, il ministro dell’Interno Horst Lorenz Seehofer, il premier austriaco Sebastian Kurz e  il suo alleato di governo Heinz Christian Strache, ovviamente Marine Le Pen, con il suo Rassemblement National già alleato della Lega all’Europarlamento, l’olandese ultranazionalista  Geert Wilders, il tedesco Jorg Meuthen, uno dei due leader di Alternative fur Deutschland; tra i nemici: Angela Merkel, Emmanuel Macron, i “burocrati di Bruxelles”, la Bce e tutti quegli intellettuali come Erri De Luca, Gino Strada, Paolo Giordano, Roberto Saviano, Oliviero Toscani che difendono le Ong e il loro diritto-dovere di salvare vite umane. Matteo Salvini, sulle orme dell’ideologo statunitense Steve Bannon, ha lanciato dal pratone di Pontida l’internazionale sovranista, la “Lega delle Leghe” che possa finalmente scardinare l’attuale duopolio francotedesco che ancora domina la sempre più traballante  Unione europea. Bisogna anche riconoscere, tuttavia, che l’Europa, di fronte al grave problema dell’immigrazione, appare più divisa che unita, proprio nel momento in cui dovrebbe prevalere la solidarietà internazionale sull’ egoismo “sovranista” delle singole nazioni; è chiaro quindi che l’ Ue, unita solo nella moneta, messa alla prova da un pericolo esterno come le migrazioni di massa, non funziona. E su questo hanno ragione i sovranisti. Ora poniamo il caso che la fragile coalizione CDU-CSU-SPD, su cui si regge per il momento il governo di Angela Merkel, si sfasci a causa dei suoi contrasti interni, quale scenario politico ci aspetta? Lo descrive il giornalista Roger Cohen, del New York Time, in un articolo ipotetico-ironico ma non privo di realismo intitolato “Il giorno in cui  l’Europa unita ritornò divisa” , ripreso da la Repubblica di domenica, primo luglio 2018; ne riporto qui i passaggi più significativi: “Il partito xenofobo Alternativa per la Germania (Afd) entra a far parte della nuova coalizione nazionalista di governo. A Berlino riecheggia lo slogan del partito: ‘Riprendiamoci il nostro Paese e il nostro Volk!’. Dai leader nazionalisti dell’Ungheria, della Repubblica Ceca, della Polonia, dell’Italia, dell’Austria e degli Stati Uniti giungono messaggi di congratulazioni. L’ ambasciatore americano in Germania esprime la propria approvazione.

 


Giorgia Meloni e Orban

Di fronte all’ondata anti-immigrazione, i leader dell’ Unione europea decidono di allestire per tutti gli immigrati grandi centri di detenzione, all’interno dei quali valutare ciascun caso. I richiedenti asilo verranno accolti solo se in possesso dei requisiti necessari, mentre i migranti economici che sono semplicemente alla ricerca di un futuro migliore saranno espulsi. Dietro le mura che cingono questi vasti centri scoppiano delle rivolte. Sbrigare le procedure con celerità è impossibile. Le condizioni si deteriorano. Il ministro dell’interno italiano Matteo Salvini, di destra, dichiara che è stato compiuto un  errore disastroso: i centri di detenzione andavano costruiti in Nord Africa, al confine tra Libia e Niger, e non solo. E difende la sua decisione di obbligare la Guardia costiera italiana ad ignorare le richieste di aiuto che giungono dalle imbarcazioni che trasportano i migranti. I quali, afferma, potrebbero essere criminali e stupratori…L’Unione europea si scioglie, e al confine tra Francia e Germania – dove intanto, sotto la supervisione di Israele è iniziata la costruzione di un murohigh tech fiancheggiato da pareti di filo spinato a lama di rasoio – la bandiera blu a stelle dorate viene ammainata. Trump e Marine Le Pen esprimono via Twitter la propria approvazione.

Roger Cohen, del New York Time

La Germania annuncia una nuova alleanza strategica con la Russia. La Corte suprema degli Stati Uniti stabilisce che ’per motivi di sicurezza nazionale’ l’espulsione degli immigrati privi di documenti non richiede un regolare processo. Iniziano le deportazioni di massa. Trump annuncia con un tweet che i processi regolari sono sopravvalutati”. Conclusione del giornalista: “Non potrebbe accadere. Naturalmente non potrebbe accadere. Solo un folle potrebbe credere per un attimo il contrario”. Solo un folle? Ma quanti sono i sani che lavorano non per federare ma per dividere l’Europa? Tra questi “sani” troviamo il giornalista Francesco Borgonovo, il giurista Giuseppe Valditara, il giovane saggista Paolo Borgognone, l’economista Claudio Borghi, il filosofo Diego Fusaro e l’insospettabile ex rivoluzionario francese Regis Debray; tutti costoro chiedono il ritorno alla sovranità piena dei singoli Stati e sostengono la necessità di difendere  i loro territori nazionali dall’ invasione dei migranti. Tra i “folli” che paventano la nuova divisione dell’Europa in tanti Stati e staterelli indipendenti e sovrani troviamo scrittori come lo scozzese Irvine Welsh, che, intervistato al festival letterario Collisioni  a Barolo da Elisabetta Pagani de La Stampa,  ha dichiarato: “Stiamo attraversando un’enorme fase di cambiamento e la gente non sa più cosa fare. Navighiamo in acque inesplorate e quindi ci abbandoniamo alla nostalgia: la politica evoca il nazionalismo, la mentalità ristretta dei piccoli territori da difendere. Ma questo non ci salverà, anzi, ci farà piombare in un nuovo Medioevo che lo sviluppo umano pagherà a caro prezzo. Dovremmo affrontare le vere questioni ma non possiamo farlo se ci dividiamo in piccoli regni dominati da aspiranti imperatori”. E anche l’inglese Patrick Mcgrath ammonisce: “C’è molta demagogia: si cerca di accendere passioni primitive attaccando gli immigrati, i diversi, per ricavarne vantaggi politici.


George Soros

E’ una deriva molto preoccupante. Richiama gli echi dei progetti fascisti del XX secolo in Italia, in Spagna e nella Germania nazista. La guerra in Occidentesembra essere di nuovo una possibilità (corsivo mio). Allo stesso tempo, i tanti conflitti del mondo spingono decine di migliaia di rifugiati a raggiungere le frontiere per cercare asilo in Paesi i cui cittadini hanno indurito i loro cuori. Invece dobbiamo capire che condividiamo un’umanità comune. E che è essenziale rimanere vigili sui modi in cui il linguaggio viene distorto. Parlare dei rifugiati come animali, come subumani che infestano i nostri Paesi, come ha fatto Trump recentemente, significa avvicinarsi alla parola sterminio (idem). Le parole sono importanti: contribuiscono a rendere certe idee anche solo pensabili, e il rischio è di imboccare un sentiero disperatamente pericoloso, che, come il XX secolo ci ha tragicamente mostrato, poi potrebbe non essere più possibile abbandonare”. Certamente le parole sono pietre, e su questo converranno anche gli ideologi sovranisti, i quali, non per niente, rifiutano con sdegno la qualifica di razzisti e non vogliono sentir più parlare di fascismo e di antifascismo, loro guardano avanti non indietro.


Patrick Mcgrath

Ma che cosa vedono, o immaginano,  nel  futuro? Secondo Marcello Foa, che commenta entusiasticamente il saggio di Giuseppe Valditara, Sovranismo. Una speranza per la democrazia, Book Time, 2018: “Un nuovo Mondo, meno destrutturato e destabilizzante di quello che i globalisti tentano di imporci, privandoci surrettiziamente dei nostri diritti e, a ben vedere, delle nostre radici e dei nostri valori”. Anche di quelli che si chiamano solidarietà umana, diritti umani, carità e giustizia? Su questo Marcello Foa sorvola. Il presupposto comune ai sovranisti è che possa esserci vera democrazia solo in ambito nazionale, in base al principio dell’identità di popolo e nazione; per questo motivo  una democrazia inter o sovranazionale rimane un controsenso, a meno di non immaginare un’Unione europea politica e federale, che abbia in comune non  solo la moneta, ma anche  il fisco e le forze armate; non mi pare che i sovranisti si pongano questo obiettivo, mi sembra piuttosto che  il loro motto implicito sia: “Ognun per sé e Dio (se c’è) per tutti”. Neanche a farlo apposta, leggo su La Stampa di oggi (mercoledì 4 luglio 2018) questo poco rassicurante titolo “Brennero chiuso. Minacce incrociate tra Italia e Austria”, e mi chiedo se, per caso non siamo tornati  al 1915. Naturalmente posso aver preso lucciole per lanterne; per cui non mi resta altro da aggiungere, per ora, se non , come si suol dire, chi vivrà vedrà.

   FULVIO SGUERSO 

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