SENZA COLPA E ANCHE SENZA VERGOGNA

Mi riferisco all’articolo “Ci stanno manipolando col senso di colpa. Per qualsiasi cosa” di tal Andrea Cionci, uscito su “Libero Quotidiano” del 14 marzo 2023, citato da Marco Giacinto Pellifroni come autorevole supporto al suo articolo “Mea culpa” di domenica scorsa su “Trucioli savonesi”. Già la formulazione del titolo, che denuncia il peccato ma non i peccatori, segnala che ci troviamo in presenza di una teoria del complotto; teoria che viene esplicitata all’inizio del secondo capoverso dell’articolo: “Non potete muovervi, infatti, che il premiato trio mainstream -sinistra internazionale – deep state massonico vi farà sentire uno schifo per qualcosa”, affermazione apodittica che, considerata la gravità dell’accusa, andrebbe motivata e argomentata non con i luoghi comuni e gli slogan in voga tra i complottisti ma con dati di fatto e documentazione certificata con criteri scientifici. Ma Cionci si scaglia anche contro il senso di colpa collettivo, come nel caso dei migranti annegati, a suo dire indotto anche questo dal premiato trio summentovato, attribuendone la colpa (mi si passi il bisticcio) a una delle bestie nere dei complottisti, cioè al politicamente corretto: “Del resto, tutto il politicamente corretto non poggia altrove che sull’imposizione plagiante del senso di colpa. Un’inibizione continua, in ogni settore, che vi bombarda con un messaggio unico: se non vi sottomettete davanti a chicchessia, lo state danneggiando”. Davanti a chicchessia? Un’espressione così generica vuol dire tutto e niente; ma, si sa, i complottisti non usano specificare le loro accuse, preferiscono sparare nel mucchio. Ma non basta; l’autore a cui, purtroppo, fa riferimento l’amico Pellifroni, conclude la sua perorazione contro il senso di colpa collettivo con queste belle raccomandazioni: ”Il rimedio? Innanzitutto, appena sentite odore di senso di colpa collettivo mettete – metaforicamente – mano alla rivoltella. In secundis, ragionate e cercate di scoprire se quella contestazione risponde a criteri di legalità, giustizia e ovvio buon senso. Terzo, ribellatevi furiosamente”.

Il ministro Piantedosi

Alla luce di queste “raccomandazioni” possiamo dedurre che in Andrea Cionci non solo il senso di colpa è del tutto assente, ma è del tutto assente anche il sentimento della vergogna, in quanto non si perita, esattamente come il ministro Piantedosi e, con lui, tutto il centrodestra in blocco, di attribuire la responsabilità dei naufragi e delle morti in mare, anche di tanti minori e bambini (oltre che ovviamente ai trafficanti di uomini nonché scafisti senza scrupoli) ai disperati che incautamente fuggono da terre inospitali o sotto spietate autocrazie e dittature come in Afghanistan, in Iran. In Siria, in Libia e nella stessa Turchia. Ragione per cui mi piacerebbe che i complottisti alla Cionci, oltre che sul discutibile concetto di senso di colpa collettivo indagassero anche sulla mancanza di vergogna che caratterizza un’intera maggioranza politica con corifei, avvocati e sofisti mediatici al seguito. Se non che, siamo sicuri di sapere che cosa distingue il senso di colpa dal sentimento della vergogna? Se ci pensiamo un momento ci accorgiamo che la vergogna non è un fenomeno circoscritto nell’’intimo della nostra coscienza ma ha, per così dire, un volto bifronte: chi prova vergogna non pensa solo a stesso ma anche a quello che gli altri pensano di lui.

La vergogna implica non solo che altri siano presenti alla nostra coscienza, ma li implica proprio nella sua essenza, quella per cui essa è quello che è sempre di fronte a qualcuno: ho vergogna di me stesso per il modo in cui appaio agli altri e riconosco di essere come gli altri mi vedono. Sartre, nella Parte Terza de L’essere e il nulla , può concludere che la vergogna è sì vergogna di sé , ma lo è sempre e solo di fronte ad altri: “La vergogna pura non è il sentimento di essere questo o quell’oggetto criticabile, ma, in generale, di essere un , cioè di riconoscersi in, quell’essere degradato, dipendente e cristallizzato che io sono per gli altri”. Ed è proprio al motivo della vergogna come riconoscimento che allude prima Genesi 2, 25 con Adamo ed Eva che non arrossiscono per la loro nudità, e poi Genesi 3, 7, quando aprono gli occhi e si accorgono di essere nudi. L’unicità della vergogna consiste nel suo rapporto con un soggetto in grado di riflettere su se stesso: i bruti, i criminali di guerra, i serial killer, i Matteo Messina Denaro, oppure, su tutt’altro versante, anarchici come Alfredo Cospito, i narcisisti patologici e chi è affetto da un complesso di superiorità non conoscono vergogna, tantomeno provano il benché minimo senso di colpa per i loro delitti o i loro atteggiamenti sprezzanti nei confronti dei loro contraddittori. Inoltre, per provare vergogna bisogna avere coscienza di sé: i bambini piccoli non provano vergogna né senso di colpa. Il sentimento in questione fa la sua comparsa quando, divenendo pienamente coscienti della nostra individuazione e separatezza dal corpo della madre, comincia a svilupparsi in noi il sentimento, insieme a quello dell’autonomia, quello dell’autostima.

PUBBLICITA’

E infatti è proprio perché pensiamo di valere che tendiamo a nascondere i nostri difetti. E qui sta la differenza tra vergogna e senso di colpa. Mentre questo ha come oggetto primario un’azione determinata e circoscritta, la vergogna riguarda tutta la nostra persona; in termini più precisi, riguarda l’intero sé piuttosto che un’azione specifica del sé. In ogni caso, tanto il senso di colpa quanto il sentimento della vergogna possono avere un risvolto positivo: riguardo al senso di colpa, per esempio, laddove può indurre a perdonare le offese e a cercare di riparare in qualche modo al male fatto al nostro prossimo. Quanto alla vergogna, prima o poi può metterci di fronte alla debolezza, all’ impotenza, ai limiti insuperabili che appartengono alla stessa natura umana, la quale, per quanto potenziata dalla tecnica, non può sfuggire al destino che l’aspetta, come aspetta tutti gli esseri viventi, . Considerato tutto ciò, Martha Nussbaum pone la questione se non sia possibile un impiego politico della vergogna. Potrebbe esserlo qualora venga vissuta come una forma di sollecitudine nei riguardi dei problemi sociali e come l’avvertimento che non basta il semplice impegno civile per produrre un cambiamento significativo nella sfera pubblica in cui ci troviamo ad agire: “La persona che si vergogna in tal senso si allontana dalla comoda convinzione narcisistica che tutto vada bene all’interno del proprio mondo, e riconosce le giuste rivendicazioni avanzate dagli altri e le loro giuste istanze… Invece di proseguire indisturbata per la propria strada, la persona che si vergogna riconosce il fatto di non essersi accorta della realtà che tocca la vita degli altri e compie un passo, per quanto esitante, per uscire dal narcisismo e coltivare una sottile e fattiva interazione con il prossimo”. (da M. C. Nussbaum, Nascondere l’umanità. Il disgusto, la vegogna, la legge, Carocci, 2005). La vergogna in funzione politica sarebbe così quella per definizione antinarcisistica, in quanto rafforzerebbe “il senso della vulnerabilità umana e dell’inclusione di tutti gli esseri umani in una comunità solidale e le idee connesse d’interdipendenza e responsabilità reciproca”. Che poi sarebbe la funzione più alta e vera della politica, che è fatta per unire non per dividere gli esseri umani (Aristotele docet). Quanto all’accorata denuncia del complottista Andrea Cionci dei manipolatori occulti che fanno sentire in colpa gli ingenui e gli ignari che provano pietà per i naufraghi e i morti in mare o altrove mi permetto di ricordargli che se fosse possibile abrogare, magari per decreto, anche il senso di colpa e la vergogna, niente più ci distinguerebbe dai trafficanti e dagli scafisti che si arricchiscono sulla pelle dei disperati che, pur di fuggire da una vita invivibile, rischiano di morire come le ottantotto vittime di Cutro. Chi è che cantava “Pietà l’è morta”?

Fulvio Sguerso

Condividi

8 thoughts on “SENZA COLPA E ANCHE SENZA VERGOGNA”

  1. Cionci mi aveva solo dato l’aire per affrontare uno stato d’animo che provo e vedo provare da tempo. Infatti, avevo precisato che “anche se non condivido parola per parola”. E, come ecologista, ce n’erano di punti che non condividevo. Condivido invece la contrarietà al senso di colpa indotto in chi, cittadino o governante, è sgomento di fronte alla patente incapacità di questo governo di far fronte a quella che è un’indiscutibile invasione: ieri ne sono arrivati, solo a Lampedusa in ripetuti sbarchi, oltre 3000! Ogni giorno i TG ci dicono che “Lampedusa è al collasso”. Le esortazioni umanitarie non fanno che far sentire in colpa le autorità e accelerare un fenomeno che sta crescendo in modo esponenziale. Quando cambierà l’atteggiamento retorico di chi predica un’impossibile e finta ospitalità, in quanto di ospitalità non si può parlare, visto come questi fiumi umani vengono poi lasciati circolare a piede libero, degradando i centri urbani. Se il mio appare a me buon senso, mi chiedo se appaia buon senso anche a chi non si stanca di fare omelie, ritenendosi indenne dalle loro conseguenze. Un giretto intorno alle stazioni di Milano, Roma e Napoli forse potrebbe far cambiare idea a tanti gratuiti alfieri dei porti aperti. Mi sia permesso un raffronto da ecologista: se un prato è invitante e arrivano 10 pecore, ci sarà cibo per ogni stagione; ma se ne arrivano 100 dal deserto, porteranno il deserto anche in quel prato. Idem se su una zattera che ne può portare 10, ne salgono 100, con l’affondamento collettivo. Spero il paragone renda bene l’idea, invece di mille altre parole

    1. A me pare che la questione dei flussi migratori non possa ridursi alla questione dei porti chiusi e dei porti aperti, o, altrimenti detto, dell’accoglienza o dei respingimenti (non parlerei di ospitalità, se non in casi particolari e circoscritti). L’esperienza insegna che né i porti chiusi né i respingimenti (vedi la Francia) risolvono il problema. Purtroppo le terre da cui partono i migranti sono quello che sono (vedi la Libia, l’Egitto, la Siria, l’Iran, la Turchia e , ora, anche la Tunisia)., per fermarci al Mediterraneo. Conosco l’obiezione : perché sbarcano più da noi che altrove? Forse perché le nostre coste offrono più punti di approdo e sono più vicine alle coste africane. Certo è che manca una vera collaborazione con la Grecia, la Spagna e la Francia. e non parliamo nemmeno di Malta. Inoltre l’Europa, malgrado le milla parole, è del tutto assente; anche se bisogna pur ricordare che la Francia, la Germania e l’Inghilterra hanno molti più immigrati di noi sul loro territorio. D’altra parte se i migranti sognano l’Europa nordoccidentale più che l’Italia, ci sarà pure una ragione! E ci sarà pure una ragione se queste masse di disperati si spostano da oriente verso occidente e non avviene il contrario? No, credimi, Marco, qui buonismo e cattivismo non c’entrano un bel niente. Caso mai c’entrano la ricchezza e la povertà. Cioè l’ingiustizia che governa il mondo.

  2. Fulvio, le tue sono parole sagge, lo ammetto; ma qui noi non possiamo non reagire ad un’invasione, fatta con la forza da una parte e il soccorso in mare dall’altra, pur sapendo benissimo che il soccorso è voluto, non si tratta di naufragi. C’è un’intervista di oggi al gen. Carlo Jean che rispecchia il crescente stato d’animo degli italiani, ormai esasperati da questo stato di cose. In pratica: contro la forza non c’è che la forza; certo non la cristiana pietà. Se continuiamo a lasciarci assaltare, anzi agevolando gli assalti, non si potrà che arrivare alle armi, ai cannoni contro i barconi. E’ inevitabile, tanto più con un’UE che sta dimostrando, in questo campo, tutta la sua pochezza: se aspettiamo il suo intervento, campa cavallo, “se la sbrighino gli italiani”. E finiremo con lo sbrigarcela, ma in modo violento. Del resto, il governo giusto per farlo, “fascista”, c’è, no? Faremo quello che ha fatto la Russia contro l’Ucraina. A furia di provocare, la reazione alla fine arriva. Vedrai

    1. Caro Marco, ma tu credi veramente che la questione dei flussi migratori si possa risolvere con le cannonate? Che la situazione sia grave nessuno lo nega, ma tu ci vedi un deliberato proposito di invasione militare dell’Italia. Se così fosse per affrontare un’invasione nemica bisognerebbe mobilitare l’esercito, la Marina militare e l’Aviazione. Contro chi? Contro i barconi e e le Ong! Con quali conseguenze? L’esempio della Russia che invade l’Ucraina per prevenire l’invasione del suo territorio da parte dell’Ucraina stessa supportata dalla Nato, dagli Usa e dall’Ue, è mal scelto, visti i risultati catastrofici dell'”operazione militare speciale” di Vladimir Putin! No, Marco, la via è una sola, ed è il coinvolgimento di tutta l’Europa. Converrai che non si tratta di un’emergenza solo italiana. Per di più, la soluzione da te proposta verrebbe immediatamente bloccata dalla Nato e dagli Usa, nostri alleati, ci piaccia o non ci piaccia.

  3. Purtroppo penso che tu abbia davvero ragione. Allora rassegnamoci a fare da campo profughi di Africa e Asia, con le frontiere marittime aperte a tutti, mentre quelle alpine sigillate, a breve con muri e reticolati da parte di svizzeri, francesi, austriaci e croati per evitare la “contaminazione” dall’Italia, trasformata in moderno lazzaretto. Tu dici che “la via è una sola, ed è il coinvolgimento di tutta l’Europa”. Sarebbe auspicabile. Ma non vedo il minimo segnale: per l’Europa siamo diventati la nuova Turchia: Paese tampone, pagato profumatamente, per trattenere le ondate di migranti asiatici. Ma ne parlerò nel mio prossimo articolo

    1. Quindi dobbiamo rassegnarci anche al fallimento dell’Ue? Hai presente che cosa comporterebbe tale fallimento? Che saremmo ancora più in balia degli Usa, della Russia e della Cina. Se ti sembra una prospettiva auspicabile, vedi un po’ tu. Ciao e….alla prossima!

  4. La questione dell’immigrazione è costituita da una parte dalla impossibilità di un controllo regolato degli sbarchi e dall’altra dal peso conseguente sulla popolazione di una miriade di persone che vagano senza meta e senso tra una città e l’altra (stazione centrale di Milano docet) finendo per delinquere e creare serie questioni igieniche. Per adesso non sono tantissimi gli sbarchi, sopratutto se si tiene conto che il rapporto nostro nascite-morti è di segno meno e quindi la popolazione italiana continua a diminuire.
    Il problema si risolve mettendo al centro dell’azione di governo una politica di integrazione, con investimenti forti, prioritari, sulla accoglienza degli immigrati: casa, scuola, lingua, formazione, e lavoro finale.
    Il governo deve stanziare almeno 10 miliardi all’anno per l’integrazione degli immigrati. E allora diminuirà la delinquenza e gli immigrati produrranno solo ricchezza. Insomma un investimento produttivo…
    Basta bonus elettorali, i partiti abbiano il coraggio di trovare questi soldi, abbiano il coraggio di mettere una patrimoniale…anziche’ pensare sempre alla loro sopravvivenza, facciano gli interessi del Paese…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.