Riforma del Lavoro – seconda parte
Riforma del Lavoro,
corsi e ricorsi storici
Seconda parte
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Riforma del Lavoro, corsi e ricorsi storici
Seconda parte …Prima parte
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Nel percorso storico di interventi sul mercato del lavoro va ricordato anche il cosiddetto “Pacchetto Treu” da cui trae origine la legge 196/97 (“Norme in materia di promozione dell’occupazione”). Con questa legge il lavoro interinale, soprattutto le agenzie interinali, e altre forme contrattuali di lavoro atipico entrano a far parte dell’ordinamento italiano del lavoro. |
Il “Pacchetto Treu” viene considerato come uno dei principali atti legislativi che hanno introdotto la flessibilità del lavoro, secondo alcuni tradottasi in precariato che con la successiva adozione delle legge Biagi ha trovato il suo apice, anche se del “Libro Bianco” di Biagi con probabilità vi sono state distorsioni nell’interpretazione originale dell’ideatore. Ma tornando all’articolo 18 si può certamente affermare che in principio è bene che le tutele siano estese e non ridotte ma questo è stato già ampio oggetto di dibattito, resta il fatto che negli anni se ne discute, sempre e con tensioni sociali annesse. Nel 2000 si svolse un referendum proposto dai radicali guidati dal tandem Pannella – Bonino con anche quesiti per la liberalizzazione del mercato del lavoro, tra cui abolire le garanzie previste dall’articolo 18 ai lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti. Votò solo il 32,00% degli elettori (quindi non si raggiunse il quorum), e il sì comunque non ottenne la maggioranza dei voti validi (33,40%). Nel 2003 Bertinotti alla guida di Rifondazione Comunista, per risposta ad un primo concreto tentativo di abolizione dell’articolo 18 promosso dal governo Berlusconi sulla scia della imminente riforma del lavoro a marca “Legge Biagi”, poi tornato sui suoi passi dopo lo sciopero generale del 23 marzo 2002, propose un quesito referendario per estendere le garanzie dell’articolo 18 a prescindere dalle dimensioni dello stabilimento in questione. |
L’ex Ministro Treu |
In questo caso ci furono prese di posizioni particolarmente discutibili, come quella dell’Ulivo e di CISL e UIL che non favorirono il referendum stesso, mentre videro chiaramente allineata la CGIL al Partito di Rifondazione Comunista per ovvie ragioni. Purtroppo non raggiunse il quorum ma forse si sapeva già dapprima poiché si chiedeva a tutti i cittadini di votare un quesito che riguarda una minoranza degli stessi, questo è un dato di fatto: il tessuto produttivo italiano è fatto di poche grandi aziende e molte realtà piccole, su cui poco incide lo Statuto dei Lavoratori. |
Comunque, sempre nel 2003, in Settembre, si assiste all’entrata in vigore della legge 276, nota appunto Legge Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse un anno prima dell’approvazione della legge, firmata dal Ministro del Lavoro di allora Maroni. La riforma del lavoro pensata da Biagi partiva dal presupposto secondo cui la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro fosse il mezzo migliore, nella congiuntura economica dei primi anni dello scorso decennio, per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro, inoltre intravedeva e cercava di superare una rigidità del sistema che tendeva ad aumentare oltre modo i tassi di disoccupazione. Ed infatti con il provvedimento in questione sono nati e si sono sviluppati molteplici tipologie contrattuali “atipiche”: i famosi Co.Co.Pro., che hanno affiancato il Co.Co.Co, dalla somministrazione all’apprendistato, al contratto di lavoro ripartito, al contratto di lavoro intermittente, o al lavoro accessorio e al lavoro occasionale, nonché il contratto a progetto, ha inoltre disciplinato le agenzie di somministrazione di lavoro abrogando l’istituto del lavoro temporaneo o interinale, ha introdotto procedure di certificazione e la Borsa continua nazionale del lavoro, ossia un luogo di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Per tutti i nuovi assunti e soprattutto giovani sono stati quasi accantonati strumenti contrattuali quali l’apprendistato ed il contratto a tempo determinato, a conti fatti meno convenienti. Lo scenario così definito in effetti, soprattutto nel terziario, ha prodotto un picco di assunzioni di giovani e neo laureati con benefici sui tassi di disoccupazione misurati ma ha altresì prodotto la cosiddetta “Generazione 1000 Euro”, libro e poi film più recenti, dove però ben si fotografa come un impiego senza alcuna certezza, prospettiva, garanzia di stabilità e diritto, precluda qualunque possibilità di progetto di vita e soprattutto freni i consumi di chi vive in quella condizione. Ed infatti tutte le forme di lavoro atipiche sono state sfruttate e un po’ distorte dalle aziende per assumere, ma per loro stessa natura, questi contratti, non consentono la partecipazione del lavoratore a nessuna attività aziendale: dalla formazione al diritto agli ammortizzatori sociali, dalle ferie ai diritti per la genitorialità ed anche in alcuni casi alcuna garanzia in caso di malattia. Insomma sono nati eserciti di lavoratori di “Serie B” che si trovavano e si trovano a lavorare a fianco di coloro che hanno invece il bollino di qualità con un contratto a tempo indeterminato o determinato o anche solamente di apprendistato, lavorando nella speranza di passare un giorno di categoria.
CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA Andrea Melis
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