racconto gotico

RACCONTI GOTICI di Franco Ivaldo

L’IMPRESARIO TEATRALE 

RACCONTI GOTICI di  Franco Ivaldo

 L’IMPRESARIO   TEATRALE

Ad ogni sera di spettacolo, il teatro “The Little” era stracolmo in ogni ordine di posti in platea come nella galleria fuori moda. Tutto esaurito , avvertiva un cartello all’ingresso. Le rappresentazioni riscuotevano enorme successo perché gli attori erano eccezionali per bravura e talento. La giovane Margherita era una abile interprete dei drammi shakeasperiani ed il pubblico andava in visibilio quando si calava nei panni di Ofelia , di Giulietta o di Desdemona. Il giovane Teodoro la eguagliava nell’arte recitativa con stupende esibizioni nelle vesti di Amleto o di Romeo.

Nelle eleganti poltrone delle prime file, “quella” sera (un martedì grasso di carnevale), vi erano nomi di spicco dell’ alta società britannica assieme a grossi borghesi e a qualche rampollo di sangue blu.

Fra il bel mondo c’erano anche il conte Julien Vignancour, nobile parigino accanto alla sua fidanzata, Claire Goldsmith, ricca ereditiera di una delle più facoltose famiglie del Regno Unito. Lei , entusiasta del teatro shakeasperiano , aveva insistito per essere presente all'”Amleto” , interpretato dal giovane attore del momento, Teodoro, che secondo i critici dei quotidiani di Fleet Street, ricordava il grande Ludovic Montoyer, impareggiabile interprete delle opere del Bardo , mentre al suo fianco Ofelia (Margherita) ricordava singolarmente un’altra grande protagonista delle scene londinesi, Ludmilla Montoyer che era poi la moglie di Ludovic. Entrambi da tempo scomparsi.

Il sipario si era alzato da circa mezz’ora , la sala era sprofondata in un silenzio reverenziale, e tutti gli spettatori si gustavano quei pezzi di bravura recitativa , quando all’improvviso dalla quarta fila si levò un grido soffocato: “Ma quello è mio fratello Richard…Mio Dio ! Richard ! “

Le luci si erano accese, la rappresentazione interrotta tra i mormorii di protesta e di disappunto del pubblico. Tutti poterono osservare la disturbatrice: era una donna che si era alzata in piedi e fissava come ipnotizzata il palcoscenico, ripetendo ancora ad alta voce il nome di “Richard, Richard!” Ancora mormorii di disapprovazione. Poi qualche commento isolato ad alta voce: “Ma chi è quella ?” , “Fatela mettere a sedere!” “Riprendiamo!”

La ragazza si stava facendo largo disturbando i suoi vicini per raggiungere il proscenio. Claire Goldsmith riconobbe in lei una giovane studentessa di Cambridge che aveva conosciuto nell’antica prestigiosa università. Ma non seguivano gli stessi corsi.

In quel mentre, ecco accadere una cosa ancor più singolare.

Teodoro nei panni di Amleto si scuote, guarda con curiosità la donna che gli va incontro e, a sua volta, grida: “Marie!” all’indirizzo della sconosciuta. E poi aggiunge, rivolto al pubblico:”E’ mia sorella! Era scomparsa quando era una bambina e adesso la ritrovo. Marie, sei proprio tu ?”

Il giovane scende dal palco, i due si abbracciano. In sala, fioccano le battute: “Cosa ha detto ?” “Che quella è sua sorella!” “E allora ? A molti uomini capita di avere una sorella, ma non per questo smettono di recitare la loro parte in teatro qualunque essa sia!”

“Sì, ma si erano persi da bambini…”

“E dovevano ritrovarsi proprio adesso nel bel mezzo dell’Amleto ! Non c’è più rispetto nemmeno per Shakeaspeare…”

“Fatela finita con tutto questo sentimentalismo. Tornate a recitare o rimborsateci il prezzo dei biglietti !”

Gli altri interpreti del dramma si guardano in faccia allibiti. “Da dove diavolo salta fuori questa Marie ?” chiede, spazientita,

Margherita- Ofelia.

Teodoro appare emozionatissimo, ma il senso del dovere prevale. Fa accomodare Marie dietro le quinte, torna alla ribalta, si scusa con il pubblico e la rappresentazione riprende, bene o male, perché “quella” sera il bel pubblico avverte che Amleto ha la testa altrove, anche se prosegue nell’opera di vendetta del re, suo padre, anche se pronuncia tutte le frasi ormai storiche, compreso il “to be or not to be”, ma la mente ed il cuore sono altrove.

I mormorii non si placano, l’Amleto si snoda lentamente e termina con applausi meno scroscianti rispetto ai trionfi precedenti, anzi molti spettatori dicono che non torneranno mai più al The Little a vedere quel branco di dilettanti che si perdono i congiunti e li ritrovano quando pare a loro, infischiandosene del pubblico.

 

Mistero fitto. Pronunciata l’ultima frase del testo , Amleto, “risuscita” e corre dietro le quinte dove lo attende sua sorella.

All’uscita, commenti pungenti: “Dimenticarsi di avere una sorella e ritrovarla a teatro in piena rappresentazione è a dir poco imperdonabile.”

“Sarà vero che c’è del marcio in Danimarca, come dice il principe Amleto, ma bisogna riconoscere che la nostra vecchia, cara, Inghilterra è davvero la patria di tutti i misteri”.

E via di questo passo. I critici teatrali, con l’aria annoiata di sempre, avevano dovuto fare gli straordinari e correre dietro il palcoscenico perché prima di essere critici erano giornalisti ed avevano compreso al volo che i titoli dei quotidiani del giorno dopo non sarebbero stati sulla conduzione dello spettacolo, ma sulla misteriosa apparizione della sorella… di Amleto.

Ma i critici- detectives non erano ancora giunti al termine delle loro sorprese e delle loro pene.

Corsi dietro le quinte, con i taccuini in mano, anzi chè sciogliere un enigma, si erano trovati di fronte ad un inspiegabile vuoto. C’erano tutti. Ma non c’erano più né Teodoro, né Marie. Erano sgaiattolati via da una porticina sul retro. Ecco perché Amleto non si era ripresentato assieme alla troupe a salutare il pubblico. Un solo inchino, un gesto abituale con la mano destra alzata a dire “Grazie” e poi mentre gli altri si ripresentavano a salutare, via !

La giovane interprete Margherita appariva offesa e continuava a ripetere: “Non ci si comporta così con il pubblico, a maggior ragione con questo pubblico! Ma dove è finito quello sciagurato ? E’ andato a cercare altre sorelle agli oggetti smarriti ?” concludeva l’irritatissima eroina shakeasperiana, presagendo qualche serio intoppo anche alla sua carriera che poi era la cosa che le importava di più.

Un altra persona che aveva qualche buon motivo per rammaricarsi della scomparsa del giovane Teodoro era il vecchio proprietario del “The Little” , un nobiluomo di origine tedesca, Roderick Von Bulov . La sua famiglia era di Amburgo , ma di lui anche gli inglesi sapevano ben poco. Erano più che altro rimasti impressionati dalle sue maniere garbate e dal suo aspetto distinto. I lunghi capelli bianchi suggerivano una vaga somiglianza con Beethoven e per dei musicofili come sono i britannici era già un buon biglietto da visita. Aveva, inoltre, il Von Bulov, quel suo modo di fare “nonchalant” così caro ai flemmatici sudditi di Sua Maesta’ , attentissimi alla facciata di un edificio più che al retro di un palazzo, a un bell’abito , al comportamento più che al fondo psicologico di una persona.

Una superficialità denunciata persino da Oscar Wilde nei confronti dei suoi conterranei, ma forse non è del tutto così. Gli inglesi, di primo acchito, danno fiducia ad una persona molto più di altri popoli, ma guai a deluderli.

L’apparenza di Roderick Von Bulov, per tornare alla storia che ci interessa, era quella di un gentiluomo d’altri tempi, aspetto irresistibile per il mondo moderno fatto di fretta , di velocità, di lento pensare e troppo facile agire, aspetto di effetto sicuro nei confronti di neoricchi e parvenus sempre goffamente impegnati a porsi al livello dei veri gentlemen o di quelli almeno che dall’aspetto apparivano tali, come Von Bulov, per l’appunto.

L’eccentricità , infine, è una dote giustamente apprezzata Oltre Manica ed eccentrico il tedesco, trapiantato a Londra, lo era davvero. L’aveva dimostrato offrendo una cospicua somma per l’acquisto del “The Little”. Il teatro che aveva, in passato, conosciuto un certo splendore, adesso, era praticamente in rovina. Il Cinema gli aveva strappato gli ultimi, sparuti , spettatori e, insomma, era stata una lenta agonia per il vecchio teatro sull’orlo del fallimento. Fino a quando era giunto il gentiluomo tedesco che ne aveva provocato l’insperato ed inatteso revival.

Si era presentato, un giorno, all’incredulo proprietario del “The Little” offrendo una bella somma in marchi, prontamente convertiti in sterline ed intascati , con malcelata fretta (l’acquirente avrebbe anche potuto ripensarci) da Marc Petterson, ex imprenditore teatrale – ex ,aveva giurato a sé stesso, per il resto della sua vita – che così si era assicurato una comoda pensione.

Il nuovo impresario aveva scelto di persona gli attori e le attrici, generalmente sconosciuti. Erano entrati alla chetichella. Ma avevano subito messo in scena Shakeaspeare. Impresa ambiziosa, quasi temeraria, riservata a pochi locali tradizionali del West End . “Una follìa per dei principianti – aveva sentenziato, sorridendo lo stesso Von Bulov, parlando con il proprietario dell’appartamento che aveva preso in affitto poco distante dal teatro – sì, lo ammetto , una follia, ma sento che tutto andrà bene!”

Il proprietario dell’appartamento, scuotendo la testa aveva replicato:” Scusatemi, non sono affari miei, ma non lo sapevate che al The Little ormai non va quasi più nessuno. Scusate la franchezza. Oltretutto è un teatro periferico, vicino al porto, con tutte quelle unità all’ancora e un via vai di marinai. Il quartiere non è neppure considerato tanto sicuro la notte. Insomma, i soldi sono vostri ma a me pare un grosso azzardo.”

Von Bulov aveva ribattuto: “Beh, aspettiamo e vedremo.”

Fin dalle prime sere, i fatti avevano dato ragione al suo avventato ottimismo e torto ai ragionevoli pessimismi.

Il tam-tam degli appassionati di teatro shakeasperiano londinesi aveva funzionato a meraviglia e le voci erano giunte all’orecchio del critico teatrale del “Times” , Roger Franklin, il quale , dopo aver scelto la serata meno ricca del calendario artistico britannico si era detto: “Stasera, ho il tempo di fare un salto al The Little, tanto altrove c’è poco o niente da vedere”.

Era uscito da teatro dopo aver assistito al Macbeth quasi sconvolto. Non sapeva se essere incredulo, allibito, ma una cosa era certa: la sua critica sul “Times” sarebbe stata un’esclamazione di entusiasmo e il successo del teatro garantito.

Da quella sera, pienoni su pienoni. Ed un pubblico sempre più elegante e raffinato. Tutto andava per il meglio fino a quell’altra sera, quella in cui – riconosciuto come Richard dalla presunta sorella Marie – era scomparso Teodoro !

I quotidiani londinesi il giorno dopo avevano nelle loro prime pagine titoli cubitali per informare i lettori della scomparsa della giovane celebrità. Un grande interprete dei drammi shakeasperiani , in Gran Bretagna, è sicuramente persona più nota del primo ministro. Era andata avanti per settimane intere, con promesse di colpi di scena, di rivelazioni clamorose. Ma non si rivide né Teodoro né Richard che poi erano la stessa persona ! Nemmeno l’ombra della fantomatica sorella. Quanto all’impresario teatrale aveva chiuso baracca e burattini e si era dileguato, a sua volta, lasciando la “troupe” del The Little a spasso , la promettente attrice Margherita a metà strada tra la gloria e la più completa oscurità. Nel giro di un mese , la gente aveva dimenticato tutto perché incombevano su Londra ben altri avvenimenti.

Le truppe del Terzo Reich di lì a pochi mesi avrebbero invaso la Polonia e Gran Bretagna e Francia avrebbero dichiarato guerra al paese invasore, poi Dunkerque, la caduta della linea Maginot ,insomma, i primi tremendi avvenimenti della seconda guerra mondiale.

La guerra era solo collegata indirettamente agli avvenimenti accaduti al teatro londinese The Little, ma qualche correlazione vi era. Per una di quelle rarissime stranezze della sorte che a volte accadono, a ritrovare Teodoro- Richard e la sorella Maria, furono, dopo il conflitto, due degli spettatori che, quella famosa sera di carnevale, avevano assistito alla rappresentazione dell’ Amleto. I due erano in viaggio di nozze a Venezia. Si trattava del conte parigino, Julien Vignancour , e della ricca ereditiera inglese, Claire Goldsmith. Il loro fidanzamento era durato più a lungo del previsto a causa della guerra. Julien Vignancour era stato chiamato alle armi e fatto prigioniero dai tedeschi. Aveva trascorso tutto il conflitto in un campo di concentramento a ovest di Berlino ed era stato poi liberato, assieme ad altri prigionieri francesi dalle truppe anglo- americane . Tornato a Parigi, era riuscito a riprendere contatto con la sua fidanzata, Claire Goldsmith, che era sempre rimasta a Londra ed , essendo di famiglia ebrea , non aveva potuto far altro che rallegrarsi di una simile sorte e di non essere in un paese occupato dalle armate tedesche. Anche se neppure per lei , come per gli altri londinesi, la vita era stata facile. Con i bombardamenti su Londra e le vicissitudini del conflitto. Insomma, nel dopoguerra i due avevano potuto riparlare di progetti matrimoniali e dimenticare il periodo di forzata separazione.

Quel viaggio di nozze per loro fu anche la soluzione del mistero del “The Little”.

Cenando in un ristorante ai bordi del Canal Grande, a lume di candela, Julien e Claire, notarono ad un tavolo vicino un’altra coppia. Si trattava dell’attore shakeasperiano Teodoro e della “sorella” Marie. Nessun dubbio possibile.

Claire aveva anche riconosciuto la studentessa di Cambridge. Era proprio Marie, la sedicente sorella di Richard, Teodoro o chi diavolo fosse!

La curiosità ebbe il sopravvento. Il conte Julien Vignancour si alzò da tavola e, avvicinatosi alla coppia, chiese compitamente: “Mia moglie ed io chiediamo l’onore di avervi al nostro tavolo. Mia moglie Claire -aggiunse rivolto alla donna, che lo osservava incuriosita – ritiene di avervi conosciuta a Cambridge. Quanto a me , aggiunse con un sorriso ironico, sono certo di avervi visti entrambi a Londra…”

I due restarono per un pò indecisi sul da farsi. Fu, infine, Marie a rompere gli indugi e rispose:”Accettiamo. Grazie per l’invito.”

Le due coppie, comodamente, sedute allo stesso tavolo non sapendo cosa aggiungere e come cominciare la conversazione dopo gli iniziali convenevoli . scorrevano con una certa ostinazione i rispettivi menu.

Fatte le ordinazioni e ritiratisi i servizievoli camerieri veneziani, la conversazione venne avviata in un inglese fluente e perfetto.

“Vi chiamate Marie… nevvero e avete studiato a Cambridge ?” iniziò Claire Goldsmith.

“Esatto ! Anche voi ritengo. Infatti, il vostro volto non mi è nuovo. Vostro marito sostiene che ci ha visti , Richard ed io , a Londra. E’ vero ? In che circostanze ?”

L’attore Richard non apriva bocca.

Furono entrambi messi al corrente e rimasero, in silenzio, ad ascoltare.

Ad un certo punto, fu Richard ad ammettere: “Ma certo ! L’uscita così plateale dal The Little ! Io mi facevo chiamare Teodoro! avevo una certa notorietà come attore, lo ammetterete…”

“Eccome!” esclamarono all’unisono Julien e Claire.

“Già, ma quella dell’interprete shakeasperiano non era la mia unica professione, così come Marie non è mia sorella, bensì mia moglie. E il mio impresario teatrale che forse non avete conosciuto, presumo, oltre ad essere un finto impresario teatrale era un padre vero, il mio: Roderick Von Bulov ed io sono suo figlio Richard. Mio padre è morto, a Berlino , nel corso degli ultimi bombardamenti sull’ex capitale del Reich !”

“Mi dispiace. Non conoscevo vostro padre, comunque, condoglianze ! Anche lui , vittima della guerra…” esclamò Claire.

“Sì, ma cosa c’ è dietro questa storia?” chiese Julien , cominciando a versare vino alle signore.

“Non lo avete indovinato ?” replicarono Richard e Marie, dopo essersi scambiati un’occhiata d’intesa.

“Beh, non saprei…” rispose Julien.

“Ditecelo voi…” aveva replicato, Claire, che , invece, cominciava ad intravvedere un barlume di verità dietro quelle parole sibilline.

Toccò all’ ex attore shakeasperiano sollevare il velo del mistero. Lo fece cominciando a cenare assieme ai suoi commensali e poiché l’etichetta vieta di parlare a bocca piena fece frequenti e sapienti pause da attore consumato che era.

“Anche le spie – esordì – hanno doti d’attore. Ma prima di rivelarvi la vera storia, una promessa. Per ventiquattr’ore, terrete la bocca chiusa. Non ci denuncerete alle autorità e poi farete ciò che vorrete. Domani, mia moglie ed io lasceremo Venezia, diretti al porto di Genova e da lì ,ci imbarcheremo su un piroscafo con destinazione Buenos Aires. Trascorreremo in Argentina il resto della nostra vita. Siamo tedeschi, ma non criminali di guerra, credeteci. Il nostro ruolo, come adesso vi dirò, è stato quello di persone che hanno servito la loro patria e nient’altro. Inoltre, eravamo tanto giovani… Ho la vostra parola ?”

“L’avete!” risposero, insieme, il conte francese e sua moglie.

Marie appariva un pò contrariata dal gioco d’azzardo del marito. Perché correre un simile rischio, rivelando la verità. Ma , forse, Richard come tanti altri tedeschi vinti che in fondo non avevano responsabilità dirette nelle iniziative belliche del Terzo Reich, voleva un’assoluzione non fosse altro che per la sua coscienza. E chi meglio poteva assolverlo di due persone di paesi nemici ? Così Marie, comprendendo le ragioni che spingevano il marito a dire tutto, ad una confessione liberatoria, rimase zitta e Richard cominciò: ” Mio padre, Roderick Von Bulov, era un grande ammiratore dell’Inghilterra. Volle che io studiassi e Cambridge. In quell’Università conobbi Marie, anch’ella di famiglia tedesca, ma residente da molti anni nel Regno Unito. Un anno prima dell’inizio del conflitto, mio padre giunse in Gran Bretagna. Era colonnello in pensione dell’esercito tedesco, ma ad Amburgo, era stato perfettamente addestrato in missioni di spionaggio dai servizi segreti del Reich che si preparavano, in quegli anni , alla guerra come, del resto, le altre grandi potenze europee. Mi contattò e mi chiese se sarei stato in grado di recitare parti shakeasperiane in un teatro londinese. A Cambridge avevo partecipato a numerose recite e sentivo in me questa vocazione. Ma a mio padre espressi dei dubbi. Lui mi rispose che non importava poi molto il successo teatrale. L’ importante era riuscire a mettere in scena Shakeaspeare o un qualsiasi altro drammaturgo al The Little. L’importante, aggiunse, è il teatro in sé… e non se le rappresentazioni avranno successo o meno. Devo assolutamente entrare ed uscire in quel teatro come a casa mia, mi disse.”

“E perché mai ?” chiese Claire.

“Perché, dietro quel teatro c’ è il porto e la darsena militare. Da una finestrella del The Little, mio padre poteva fotografare e filmare le migliori unità della flotta di Sua Maestà e metterle su microfilm da portare a Berlino… Nessuno poteva stupirsi della presenza al The Little di un impresario teatrale, vi sembra ?! Eppoi, mio padre era così eccentrico da convincere tutti della sua volontà di far rivivere quel teatro da tempo declassato e semivuoto.”

“Dannazione!” esclamò Vignancour. “Non un teatro, ma un covo di spie!”

Beh, la spia era mio padre. Io gli servivo come attore per entrare nel teatro e formare una troupe e poi verso la fine della missione come corriere per uscire dal Regno Unito. Il guaio fu il mio grande successo come interprete tragico. Quello proprio non era previsto! Mio padre rimase di stucco. Pensava che in quel teatro periferico, ignorato dal grande pubblico, sarebbero venuti i soliti quattro gatti che non sapevano dove passare la serata. Invece, ecco il successo, le critiche favorevoli, suo figlio che diventa una specie di celebrità calcando le scene. Una sala che doveva essere deserta che invece si riempie di personaggi importanti ad ogni rappresentazione , un pò come se anziché del The Little si fosse veramente trattato del Globe di Shakeaspeare!   La sorpresa fatta da un attore dilettante: capita… Non molto spesso, in verità. Ma ogni mille anni, può succedere. In ogni caso, io ho trovato su quel palco la mia professione. Ma per il mestiere di mio padre quel successo fu un grattacapo in più. “

“Troppa pubblicità per degli spioni ?” chiese ironicamente Claire.

“Proprio così!” esclamò Marie che fino ad allora era rimasta in silenzio ad ascoltare il marito.

“Bisognava uscirne, in qualche modo. Mio padre decise che , poiché ero stato io ad accendere i riflettori sul teatro, dovevo sparire sotto i riflettori nel modo più clamoroso possibile. Portando via con me i microfilm destinati al quartier generale di Berlino. Le cose più illuminate, con centinaia di persone ad osservare, sono quelle meno visibili. La gente vede un attore sparire in piena rappresentazione e non se ne chiede subito il vero motivo, anzi tende ad avere una sorta di atteggiamento di attesa di fronte al mistero… Tornerà , non tornerà ? Chi era quella strana donna ? La sorella ? Che stranezza!”

Così Roderick Von Bulov, la spia del Terzo Reich, mi chiese se la mia fidanzata Marie, anch’ella germanica, non poteva darci una mano. Gli risposi: “Lo chiederò a Marie.”

“E voi accettaste, dunque ?” esclamò Claire.

“Accettai. Sarei fuggita con Richard in Germania e ci saremmo sposati a Berlino. Il padre di Richard ci avrebbe seguito entro poche settimane. Il resto lo sapete. Io arrivai al teatro. Feci quella plateale interruzione dell ‘Amleto. Raggiunsi ‘Amleto’ sul palcoscenico, poi , accompagnata da quello che tutti ammiravano come Teodoro rimasi dietro le quinte in attesa che la tragedia giungesse al termine. Dietro il palco c’era Roderick Von Bulov con i suoi microfilm degli arsenali navali britannici.Presi i microfilm e li tenni nascosti. Una parte di quelle foto la detti a Richard quando mi raggiunse. Imboccammo una porticina sul retro. La fuga verso le bianche scogliere di Dover in auto , l’imbarco su un peschereccio noleggiato da complici appartenenti ai servizi segreti tedeschi e l’arrivo ad Amburgo, dopo una perigliosa traversata. La scomparsa di un grande attore e di lì a qualche settimana di una ancor più grande spia, l’impresario teatrale, imbarcatosi a sua volta per la Germania in circostanze rocambolesche a neppure un mese dall’inizio della guerra .”

“Ma perché – obiettò il conte Julien – non sparire semplicemente dal teatro senza tutta quella messinscena ?”

“Innanzi tutto, – replicò Richard – vi era davvero il gusto di mio padre per le situazioni, diremmo così, teatrali. E’ vero: lui o io avremmo anche potuto tentare di dileguarci con i microfilm. Ma , in primo luogo, sapeva benissimo che non sarei mai partito dall’Inghilterra separandomi da Marie, quindi , lei doveva essere necessariamente messa al corrente e per di più coinvolta in un affare che non poteva lasciare punti in sospeso. Una donna, inoltre , riesce a nascondere meglio materiale spionistico di quanto possa fare un uomo, senza dover temere perquisizioni. Io potevo anche allontanarmi dal “The Little” in un giorno qualsiasi, ma se fossi stato fermato come spiegare il mio allontanamento senza destare sospetti e senza fornire spiegazioni? Invece, se ci avessero fermati avrei detto una parziale verità e cioé che Marie non era mia sorella, bensì la mia fidanzata e che volevamo fuggire nel continente per sposarci perché i genitori di lei che abitavano a quell’epoca nel Sussex , per inciso: ormai sono morti, erano contrari alle nozze. Per di più , io fuggii col mio abito da scena: era il giorno del martedì grasso, chi mai avrebbe fatto attenzione ad un giovane mascherato da Amleto in compagnia, per così dire, della sua…Ofelia ?”

“Tutto qui ?”

“Tutto qui. L’abbiamo fatto per il nostro paese.”

“Già…” replicò pensosamente Claire Goldsmith ed aggiunse: “Dobbiamo ,dunque, a voi i bombardamenti su Londra .”

“Non credo. I microfilm riguardavano unità navali da guerra. Comunque, la spia era mio padre. Io farò l’attore in Argentina e Marie ha studiato a Cambridge letteratura inglese. Insegnerà quella a Buenos Aires… Se ci arriveremo. Se manterrete la vostra promessa di tacere per altre ventiquattr’ore…”

“Io sono ebrea – cominciò in tono poco rassicurante Claire Goldsmith – quindi potrei denunciarvi, se vi ritenessi criminali nazisti, ma so che non lo siete perché altrimenti non ci avreste confessato nulla della vostra storia. Avreste taciuto e sareste andati via. Il racconto, invece, prova la vostra buona fede. L’unica vostra colpa è che siete tedeschi. Ma questa non è una colpa, come non è una colpa per Julien essere francese o per me essere inglese discendente di una famiglia ebrea. Sentite, la partita è chiusa. La guerra è finita. Capisco il vostro desiderio di lasciare l’ Europa perché molte persone sarebbero meno indulgenti nei vostri confronti. Mantengo la parola data, così come la mantiene Julien. Non diremo nulla a nessuno. Tuttavia, scusate, ma non intendo proseguire la cena con voi. L’invito non è più valido. Addio…Lasciate a noi il conto, ma lasciateci soli. Andate via.” Anche Julien che era rimasto ammutolito dalle rivelazioni della serata si unì alla moglie per esortare i non più graditi ospiti a togliere l’incomodo. “Sì, vi prego, adesso lasciateci soli. Per voi è ora di partire…”

Richard e Marie, si alzarono lentamente dalla tavola apparecchiata, illuminata dalle candele. Richard fece un breve inchino col capo e Marie un mesto sorriso, poi entrambi sparirono nella notte veneziana. Come due spie.

FRANCO IVALDO

 

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