RACCONTI DI AVVENTURE

RACCONTI DI AVVENTURE di Franco Ivaldo
GUAI CON LE INDIGENE DEL CACICCO
PIGAFETTA E LEON : LA FORZA DELL’ AMICIZIA.
Quattordicesima e quindicesima parte   

RACCONTI DI AVVENTURE di Franco Ivaldo
GUAI CON LE INDIGENE DEL CACICCO
PIGAFETTA E LEON : LA FORZA DELL’ AMICIZIA.
Quattordicesima e quindicesima parte

GUAI CON LE INDIGENE DEL CACICCO 

La costa brasiliana, con la sua vegetazione tropicale lussureggiante appariva di una inusitata bellezza. Acque color smeraldo, una baia d’incanto. Le caravelle   all’ancora in una rada sicura. La stessa costa che, alcuni anni prima  era stata a lungo esplorata dal fiorentino Amerigo Vespucci.*

In Brasile, comunque, non poteva esistere il “passaggio” verso l’altro mare.

  Sia detto per inciso: non fu lui a sottrarre a Colombo l’onore di ribattezzare il Nuovo Mondo. Almeno non di sua espressa volontà e di maniera intenzionale. Fu “colpa” – se così si può dire – del cartografo tedesco Waldseemuller, il quale, interessato dalle narrazioni sul Brasile di Vespucci dette a quelle terre il suo nome:”America”; nome che verrà esteso   all’insieme  dei paesi scoperti ad Ovest del Vecchio Mondo. Se il continente non reca il nome di Colombo, ciò è dovuto al fatto che per parecchio tempo fu noto agli europei come “Indie Occidentali”, almeno fino al “battesimo” fatto  dal Waldseemuller.

 Magellano comprese ben presto che  non era di certo il maestoso  Rio Grande il paso tanto ricercato. Era ovviamente acqua dolce, un gigantesco fiume ma nessuna prospettiva di attraversarlo per sbucare da un’altra parte oceanica.

La sosta delle caravelle a Rio de Janeiro (23° Sud. Tropico del Capricorno)   non durò a lungo:: esattamente dal Natale al 10 gennaio di quell’anno di grazia 1520, il giorno in cui le caravelle giunsero sul Rio de la Plata (35°Sud). Sosta  breve a Rio de Janeiro, dunque. Rio era, naturalmente, poco più di un villaggio di capanne, con qualche casa in legno. Cominciarono anche i guai –  e  questa fu la vera causa dell’affrettata partenza – con le popolazioni indigene.

Il cacicco del posto, cioé il capo di una delle numerose tribù, Alipango, era un gigante dalla pelle color ebano, con la testa cinta da curiose penne variopinte di uccelli di specie sconosciute.  Aveva diverse concubine, alte e slanciate, che se ne andavano in giro seminude e felici, ricoperte di stranissimi fiori profumati di forme mai viste. Un’orgia di colori formidabili. Le tavolozze dei grandi maestri italiani del Rinascimento sarebbero impazzite se avessero potuto disporne, come forse molti secoli più tardi esplose d’entusiasmo il pittore francese Gauguin, alla vista dei colori e delle forme muliebri dei tropici.

Giunoniche d’aspetto e  procaci sin dall’età più acerba, le fanciulle locali erano esposte agli sguardi concupiscenti di quei marinai, trattenuti soltanto dalla severità del comandante supremo, che su questo e su altri punti riguardanti la disciplina e la morale era stato perentorio.

 “Non voglio guai di alcun genere con gli abitanti di queste terre, tanto più che gli indigeni sono amichevoli e hanno accettato gli esploratori giunti prima di noi;  dai tempi della sua scoperta, il Brasile non crea problemi né a noi, né ai portoghesi. Quindi, chiunque  sia fonte di turbativa, rompa questa tacita tregua in qualsiasi modo, verrà punito in modo esemplare e  senza appellop;      

 Il richiamo del sesso, la libidine che si manifestava in quegli uomini a lungo privati di presenze femminili, fu la miccia che accese la torcia, sfiorando un incidente che, oggigiorno, si potrebbe definire diplomatico, ma che quando avvenne ebbe come effetto quello di porre a repentaglio la spedizione di Magellano e di tutti i suoi equipaggi.

Era scesa a terra, come di consuetudine, una scialuppa della” Sant’Antonio”, con dieci uomini, mentre il grosso dell’equipaggio restava a bordo. Seguita da un’altra appartenente alla “Santiago” con cinque uomini.

Quattro di loro, toccata terra, scorsero nella vicina foresta ricca di vegetazione, ai bordi di una spiaggia meravigliosa e dorata, con sullo sfondo quel grande monte che sovrastava la baia immensa, tre bellissime donne, dai capelli corvini, la pelle d’ebano e gli occhi nerissimi. Ridevano, spensierate e gaie.

Equivocarono, quei naviganti ? Scambiarono l’ilarità, quasi fanciullesca, di quelle acerbe bellezze per un tacito invito alla lussuria? Fatto sta che si avvicinarono alle donne, il cui riso d’incanto svanì, mentre i loro sguardi si facevano corrucciati. Le indigene, pur senza malizia, avevano intuito dagli sguardi torvi e concupiscenti dal quartetto di conquistadores  spagnoli, che l’approccio non era senza rischi.

Erano solo delle fanciulle, poco avvezze ai corteggiamenti maschili. Ma sapevano l’essenziale: che quando un maschio della loro tribù voleva accoppiarsi, aveva lo stesso sguardo degli spagnoli. E nessuno andava tanto per il sottile. Unico ricorso: la fuga disperata.

 Cercarono di fuggire, infatti, per nascondersi  nella boscaglia. Una, correndo all’impazzata, riuscì a porsi in salvo. Le altre due vennero intercettate, gettate a terra e violentate. Non tutti i marinai avevano partecipato allo stupro. Erano solo i quattro, che avevano preceduto i compagni attardati sulla riva ad ormeggiare le scialuppe. Ma il guaio, gravissimo, era fatto. E le conseguenze rischiavano di essere pesanti. Per tutti.

Le due ragazze,  con quel che restava dei pochi  indumenti floreali tutti lacerati, rientrarono piangenti nei loro villaggi già posti in allarme dalle denunce dell’unica indigena che era sfuggita alla brutale violenza.

I marinai delle scialuppe, che non avevano partecipato alla spregevole azione, resisi conto della gravità dell’accaduto, avevano già provveduto ad arrestare i colpevoli.

Li avevano riportati a bordo, in tutta fretta sotto buona scorta e legati come salami .

Il Cacicco Alipango, in compagnia dei dignitari della sua tribù, si presentò, inferocito, a quello che passava per rappresentante della corona portoghese.

Nel suo idioma, il capo disse più o meno questo: “Voglio vederli squartati!”

Il governatore portoghese temporeggiò, tossendo educatamente nel pugno alzato. Aveva un carta da giocarsi contro gli spagnoli, ma non se la sentiva di affrontare gli archibugi e le artiglierie delle cinque caravelle. Insomma, voleva evitare un casus belli  inutile e dannoso per tutti. In fondo, portoghesi e spagnoli erano amici, concorrenti ed avversari finché si vuole, ma non se la sentivano di scannarsi a causa degli indigeni.

 La presenza delle caravelle di Magellano in quelle acque era appena tollerata.

 L’alto dignitario di Lisbona , compiaciuto di poter far valere con le tribù indigene, l’amicizia del suo re  nei loro confronti a scapito di quegli spagnoli “barbari ed incivili”, inviò una delegazione a bordo della “Trinidad”, presentando all’ammiraglio una vibrata protesta e richiedendo la partenza delle cinque caravelle da Rio, nell’arco di quarantotto ore.

Ferdinando Magellano andò su tutte le furie, ma rispose per le rime.

 Fece mettere ai ferri (due  sulla “Sant’Antonio” e due sulla ” Sant’ Jago”) i responsabili di quell’episodio. Poi replicò ai portoghesi che non sarebbe partito in seguito ad un’ingiunzione. Lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà. L’incidente diplomatico era ormai avvenuto. Gli indigeni ebbero, però, la garanzia che i responsabili avrebbero subito la pena capitale. Così non fu. I quattro marinai sfuggirono alla pena di morte. Rimasero per parecchie settimane ai ferri, ma poi vennero liberati quando la loro opera divenne necessaria, nella zone delle tempeste.

Intanto, la sosta a Rio venne raccorciata. Magellano sapeva fin troppo bene che non si trovava in quelle terre il passaggio che già altri  prima di lui avevano cercato invano.

Puntava tutto sul misterioso Rio de la Plata.

A suo avviso,la misteriosa via che doveva portare da un Oceano all’altro era proprio lì . Era impaziente di andarla a cercare.

Dobbiamo ripartire al più presto, disse tra sé.

 Intanto, nell’episodio drammatico della violenza alle indigene, aveva apprezzato i consigli alla prudenza ed alla moderazione che il passeggero pagante, Antonio Pigafetta, aveva espresso con molto tatto.

Lo fece chiamare nel castello di poppa e gli annunciò, in modo abbastanza brusco:” Senor Lombardo, o Pigafetta, come preferite essere chiamato…”

“Chiamatemi pure Pigafetta, ammiraglio…”

“Bene, dunque, ho deciso che sarete il mio criado…

Criado? Credo di non capire, scusatemi ammiraglio…”

“Come dite, voi ? Criado. Uomo di fiducia, consigliere speciale, se preferite. Resterete al mio fianco. A proposito, vi ho visto spesso, prendere appunti, scrivere su dei fogli, che fate ?  Tenete un giornale di bordo?”

“Chiamiamolo pure così, ammiraglio. In realtà è una cronaca, spero il più possibile fedele delle imprese e delle gesta che questa spedizione ci riserverà. Annoto tutto sui miei diari. La storia deve sapere…”

Magellano si illuminò in volto e, per la prima volta, sorrise sotto una barba nera, sempre più lunga e venerabile.

Tengo suerte! – esclamò – allora se ho capito bene, oltre ad essere il mio criado sarete anche il mio biogra… como se dice? biografo. Ecco. Splendido. Muy bien. Come diciamo noi portoghesi, sono molto obrigado! Però, sentite Pigafetta, quell’episodio di Rio, sì, insomma, la storia delle indigene stuprate, ebbene, quella lasciatela nel calamaio. Una volta che saremo tornati potrete raccontarla ai vostri conoscenti, ma che non vada a finire nella Historia… Claro? Intendo quella con la H maiuscola. Quella che appare sulle pergamene che poi finiscono negli archivi di stato., Nelle bettole, o nei salotti, fate voi, potrete forse un giorno narrare anche quella! Ma per ora, non scrivetela.

“Non avevo alcuna intenzione- disse, divertito Pigafetta – di fare una cronistoria così puntuale. Lascerò fuori quell’episodio che non fa onore ai colpevoli, del resto già saggiamente puniti da voi. Mi limito agli aspetti salienti di questa spedizione. Questi accadimenti, seppur sgradevoli ed altamente riprovevoli, non debbono essere divulgati perché finirebbero per gettare discredito su una spedizione di valorosi. Ma il realismo della situazione ci impone di riconoscere che la natura umana ha i suoi pregi ed i suoi difetti. Lo sappiamo tutti: la carne è debole!”

Magellano era rimasto ad ascoltarlo pensieroso.

“Non la fate troppo lunga, senor Pigafetta! Vi ho nominato uomo di fiducia, non predicatore della Santa Romana Chiesa. Ho fiducia in voi, ma non dovete lasciarvi andare a prediche, come dire, ecclesiastiche. Abbiamo, per questo, il cappellano di bordo. E lui, la predica l’ha già fatta a tutti gli uomini degli equipaggi. A scanso di equivoci. Quanto ai reprobi che sono incatenati nelle stive,penso che – in fin dei conti – risparmierò loro la vita. Abbiamo già perduto i marinai caduti dai pennoni per quella maledetta ed inaspettata burrasca. Non posso permettermi altri sprechi. Altrimenti, in altre circostanze, li avrei fatti appendere molto volentieri, credetemi. Adesso, lasciatemi solo.”

Con un inchino, Pigafetta, si ritirò. Era pensieroso. Come mai era stato nominato confidente ? Quando a bordo della Santa Maria, vi erano  uomini di assoluta fiducia di Magellano ?

 

Pigafetta

 

“Ah, sì. Ma certo adesso capisco!”  disse, sorridendo sotto i baffi. Era stato Leon a raccomandarlo all’ammiraglio, naturalmente e , nella sua prigionia, memore di quel favore che aveva fatto all’amico vicentino, Leon si disse: “Mai un’azione fu più azzeccata perché Antonio è un uomo davvero fidato e lo ha dimostrato non una ma cento volte!” 

Pigafetta era occupatissimo col suo diario di bordo. Annotava i particolari apparentemente più insignificanti. Non gli bastavano le penne d’oca e l’inchiostro per riempire le sue pergamene a descrivere “nuove meraviglie” e fatti curiosi.

Si meraviglia come un bambino alla vista degli ananaspigne molto dolci, frutto in vero più gentil che sia”; le patate, secondo lui, hanno stesso sapore delle castagne dei nostri boschi ( si pensi all’importanza della scoperta della patata per le tavole dei poveri contadini europei) , la canna da zucchero, definita dal bravo reporter la canna dolce.   

PIGAFETTA E LEON : LA FORZA DELL’ AMICIZIA

 “Mi sembra una buona cosa che ti abbia nominato suo criado  –   ricordava di aver detto Leon ad Antonio,  con  sincero compiacimento – non è da tutti guadagnarsi la fiducia di un simile uomo….”

 “Sar à anche vero, ma che significa? Ha diversi amici, portoghesi come lui, , per non parlare di te stesso, Leon. Ti stima molto. Voi due vi conoscevate e ci scommetto che c’è il tuo zampino nel cambiamento di opinione che Magellano ha avuto su di me. Sai, all’inizio non mi considerava molto, come viaggiatore pagante. Ma poi si è ricreduto. Tu devi avergli parlato molto bene di me…”

“Lascia perdere”

” Ma questi sono tempi, davvero, cupi circondati da avvenimenti pieni di mistero. Non mi stupirebbe che a bordo vi fossero spie dei portoghesi. Ricordi, no ? , la nostra partenza da San Lucar di Barrameda, quando alcune navi portoghesi ci inseguirono. Forse avevano l’ordine di catturarci, giunto dalla corte di Manuel I; non mi stupirebbe  se quelli di Lisbona   ci avessero onorato con la presenza di spie a bordo. Che ne pensi ?

 E una possibilit à, Antonio, non dobbiamo sottovalutarla. Ma a che scopo ? Siamo, tutti, per così dire, sulla stessa barca, anzi sulle stesse caravelle. Vuoi dirmi a chi giova sabotare la spedizione ?”

 Ai portoghesi! ”

 D’accordo. Ma sabotando noi, saboterebbero loro stessi, visto che per forza di cose devono agire stando a bordo… ”

 Anche questo  è vero. Te lo concedo. Ma ci sono anche altri che ce l’hanno con Carlo di Spagna. Tanto per dirne uno Leone X…”

 Il Papa ? ”

 In persona! ”

  E adesso, Francesco I e Carlo V sono ai ferri corti. Con chi sta il Papa ?  “

 Non lo so e non lo voglio sapere ” – ridacchiò Leon- Non mi interesso di politica. M’importa solo una cosa: mantenere la rotta giusta della Trinidad. La rotta del Vaticano non mi interessa più di tanto…Caso mai mi interessa l’avvenire di Savona, con quei Doria ostili così vicini che governano a Genua. A proposito con chi stanno i Doria, con Carlo o con Francesco I ?”

“Che il diavolo mi porti se lo so.” – aveva replicato Pigafetta , più al corrente delle diatribe tra  le città venete e la Serenissima  che delle alleanze della Repubblica di Genova .

E ppure, dovrebbe importare a tutti noi -aveva proseguito, dopo una pausa di riflessione. Quando avremo terminato la spedizione dovremo pur sapere se ha vinto la Spagna o la Francia, se ha vinto Leone X oppure il monaco tedesco Lutero, che egli ha scomunicato con la Bolla Exsurge Domine.E’ in atto una Riforma in Germania che può provocarne altre in tutta Europa.

 Lutero? E chi diavolo  è ?”ricordava di aver domandato, l’inesperto Leon. 

“ Forse il diavolo…. –  aveva replicato pensieroso, da buon cattolico, Pigafetta  – No, quel che voglio dire,  è che ci sono forze misteriose in gioco. Non è perché noi siamo in pieno Oceano che queste forze in Europa restano inerti. Proseguono il loro lavoro, palese od occulto che sia.

 Ci sono tanti misteri anche nelle avventure marittime. Perch é Colombo aveva issato sulle vele delle sue tre caravelle le croci dei Templari (eppure vi era un interdetto della Chiesa, contro il simbolo dei cavalieri ). Forse, Colombo era un Templare.? Cercava un tesoro nascosto ?”

 Lo ignoro. Quel che conosco per certo  è che suo padre era rimasto per qualche tempo a Savona. Faceva il lanaiolo o il cardaiolo, qualcosa che aveva a che fare con la lana. Mio nonno lo conosceva personalmente. Brava persona. Ma poverissima. Anzi, poverissima proprio perché brava persona.”

 “Anche Cristoforo, dopo che gli spagnoli l’hanno messo in prigione, non se l’ è passata troppo bene.”

 “Riconoscenza dei potenti, non  è così ?”

 “Ma poi sugli Oceani accade di tutto. Si trasferiscono sulla grande distesa blu le lotte degli Stati, dei sovrani. ”

 Il pensiero era andato subito a quelle voci che si rincorrevano in fondo ai porti, appena mormorate nelle taverne, da marinai che -proferendo queste enigmatiche ipotesi  – si facevano il segno di croce quasi a scongiurare interventi malefici di demoni sconosciuti.

 “Sono a conoscenza di quei drammi ai quali tu alludi  – rispose a Pigafetta – sono racconti raccapriccianti di crimini e di delitti, dovuti anche alla cosiddetta ragion di Stato. Un navigatore della mia città, Giovanni Caboto potrebbe essere sparito a causa della lotta che si facevano sui mari la Castiglia e l’Inghilterra…”

 “Ne ho sentito parlare, pare vi siano rapporti segreti al riguardo diretti alla corte di Madrid…Ma a te cosa  è noto del destino di Caboto?”

 “Voci sentite nei porti del Mediterraneo, quando ancora ventenne facevo il mozzo… Dunque, si andava mormorando che la spedizione spagnola nei Caraibi , quella avvenuta nell’anno di grazia 1499, guidata da Alonso de Ojeda, da Juan de la Cosa e dal fiorentino Amerigo Vespucci avrebbe incontrato una nave superstite battente bandiera britannica, al largo della Penisola di Guajira, nel Nord della Colombia. Vi sarebbe stato uno scontro navale o qualcosa del genere. Insomma, gli spagnoli avrebbero ucciso Caboto, anche per rubargli il carico. All’uccisione si sarebbe opposto con tutte le forze Vespucci, ma invano. Prevalse la linea dura di Alonso de Ojeda. Caboto era partito, assieme al figlio Sebastiano, con una spedizione ordinata da Enrico VII d’Inghilterra. Cercava, a Nord, il passaggio verso il Cipangu. Come lo stiamo cercando noi, ma molto pi ù a Sud in questo nuovo emisfero australe…”

 “Misteri della storia  – ammise  Pigafetta – che si era fatto ancor più serio e pensieroso al ricordo di quante vittime aveva già fatto negli Oceani del mondo l’epopea delle scoperte. 

Alonso de Ojeda

 

Poi, saltando di palo in frasca, chiese bruscamente al nocchiero: ” Pancaldo… Pan caliente. Ma dimmi un pò, i tuoi avi a Savona avevano un forno, facevano il pane…Panettieri, mugnai, qualcosa del genere. “

 

“Non ne ho la più pallida idea. Può darsi. Per lavorare, i miei, hanno sempre lavorato in una attività o un’altra. Mio padre era cardaiolo come mio nonno e come Domenico, il padre di Colombo.”

“Perché – disse Pigafetta con quel tono saccente che ogni tanto, suo malgrado, appariva a fior di pelle – i nomi sono appassionanti, sai. Scoprirne l’etimologia. Pane caldo. Eggià, i tuoi avi forse avevano un forno e sfornavano il pane…”

“Se lo dici tu!” 

 Mentre questo dialogo avveniva tra i due italiani, a bordo della Sant’Antonio, il comandante Juan de Cartagena, nobile di Spagna, cugino del vescovo di Burgos, nascondeva con difficolt à il proprio risentimento nei confronti di Magellano.

 “Non mi ha neppure consultato, quando ha messo ai ferri quei  maledetti stupratori d ì indigene. Ha parlato, invece, con  Juan Sebastian Elcano e con  quel Pigafetta… Come se un capitano spagnolo di una caravella importante come la mia, non avesse il diritto di decidere la sorte dei suoi subordinati. Io non solo gli avrei messi ai ferri, li avrei fatti giustiziare sulla spiaggia davanti alla popolazione indigena!”

 Cos ì pensava il capitano della “Sant’Antonio”, interpretando forse i malumori ed il malcontento che cominciavano a serpeggiare tra i capitani spagnoli insofferenti al pugno di ferro del portoghese. Egli sembrava, in certe, occasioni, trattarli con condiscendenza se non addirittura con disprezzo.

 Luis de Mendoza, capitano della  “Concepciòn”, in cuor suo, non aveva alcuna simpatia per Magellano, ma con altrettanta franchezza, doveva riconoscere, nel suo foro interiore, che l’uomo di Lisbona, cacciato dal suo paese, era davvero il numero uno dei navigatori, il pezzo da novanta esistente sulla piazza marittima mondiale.

 Luis de Mendoza, dal canto suo, si limitava a dirigere i suoi quarantadue uomini di equipaggio, seguendo scrupolosamente le direttive che Magellano dava alla  “Victoria”. Quanto a sentimenti di simpatia o amicizia, tuttavia, non era proprio il caso di parlarne. Stesso discorso per Gaspar de Quesada al comando della Concepciòn. Ma la sua famiglia, tra le più nobili di Spagna, era onoratissima di saperlo alle dipendenze di un ammiraglio come Ferdinando di Magellano. Quest’ultimo, forse per accattivarsi l’amicizia della noblesse di Castiglia aveva mutato il proprio nome, trasformandolo da quello originale in lingua portoghese in un cognome  castigliano : da  Fernao de Magalhaes in Fernando de Magallanes.

 Invece,  sentimenti di rancore non si annidavano nell’animo del comandante della “Santiago”, Joao Serrao. Era il capitano più giovane e doveva subirsi critiche di “inesperienza” ma era amico e portoghese come Magellano che per lui aveva scelto quel posto, considerandolo un fedelissimo.

Intanto, lasciato Rio,de Janeiro dopo parecchie settimane di navigazione, doveva apparire in tutta la sua ampiezza ai naviganti, il Rio de la Plata.

FRANCO IVALDO

CONTINUA

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