Preghiera immaginaria di Yara

PREGHIERA IMMAGINARIA
DI YARA A DIO

PREGHIERA IMMAGINARIA
          DI YARA A DIO

Caro Abbà mio che sei nei cieli

(ho imparato dalle suore Orsoline

a cantare le tue lodi chiamandoti

familiarmente Abbà)

quando ascolterai la mia preghiera

io non potrò più parlare,

né cantare, né mandare messaggini

alla mia amica Martina,

né al mio povero babbo

né alla mia mammina,

perché avrò la gola recisa

e la bocca piena di sangue e di terra

e non mi uscirà più la voce,

quella garrula voce di adolescente

ilare e fragrante di primavera

che tu conosci bene, per averla

sentita tante volte quando

ti pregavo in chiesa o nella mia

cameretta di bambina prima

di chiudere gli occhi nella pace della sera.

Io non so perché sono stata

strappata via a forza dai miei affetti,

dai miei sogni, dalle mie speranze,

non so trovare una possibile ragione

per la violenza cieca e feroce

che mi ha precipitato da un momento

all’altro nello strazio di una morte

assurda, atroce per me e per i miei cari,

per i miei primi oggetti d’amore,

per tutte le persone che mi volevano bene,

nel mio paese e, ora, grazie alla televisione

e a Internet, nell’intera umanità,

incredula e sgomenta che si possa

arrivare a tanto. E per cosa, poi?

Ma quello che io non so,

quello che non posso capire,

tu certo comprendi nella tua infinita

sapienza, tu che hai contato i miei

capelli uno per uno, come i fili

d’erba che hanno trovato nel mio

piccolo pugno, quasi volessi portarmi

nell’aldilà i germogli di una nuova vita.

Ma non era già nuova la vita

che avevo cominciato a vivere in pienezza?

E perché mi è stata tolta,

e in quel modo che ancor m’offende?

Tu certo sai il perché di tutto,

anche il motivo per cui non hai voluto

(o forse non potevi?) fermare la mano

assassina che ha infierito sul mio

corpo giovinetto, colpevole

solo di essere vivo, bello e adorabile.

Tu certo sai perché hai salvato

Isacco e hai invece permesso

il sacrificio dell’innocente figlia di Iefte,

mia coetanea e vergine come me.

Tu certo sai perché hai lasciato straziare

Ipazia su un altare da monaci fanatizzati,

pare dal vescovo Cirillo d’Alessandria,

senza aprir loro gli occhi

su quello che stavano facendo

e sul danno che stavano arrecando nei secoli

alla credibilità del messaggio cristiano,

tu certo sai il perché del martirio

delle undicimila vergini seguaci

di Sant’ Orsola, e poi della Santa stessa,

tu certo anche sai a qual fine non hai impedito

che suor Teresa Benedetta della Croce

(al secolo Edith Stein) fosse prelevata

dal convento e dai suoi studi

e portata a morire ad Auschwitz,

e sai pure perché hai permesso

che venisse scoperto l’appartamento

segreto dove la fanciulla d’Olanda

ha dovuto interrompere il suo diario

e il suo fiorire per andare a spegnarsi a Bergen-Belsen.

E così saprai certo anche perché,

in una sera d’inverno della mia giovinezza,

a pochi passi da casa, qualcuno, che non

sapeva quello che faceva, mi ha presa,

mi ha gettata in un campo tra Brembate

e Chignolo, e mi ha uccisa,

sotto la volta lontana del cielo.

A te affido il mio spirito,

e che sia fatta la tua volontà.

 

FULVIO SGUERSO

  

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