Potere

AUTORITA’ DEL POTERE E

POTERE DELL’AUTORITA’

AUTORITA’ DEL POTERE E

 POTERE DELL’AUTORITA’

Le nozioni di autorità e di potere sembrano indicare due funzioni sociali strettamente congiunte, quasi come il recto e il verso di uno stesso foglio di carta. E tuttavia se proviamo ad osservarle più da vicino non tarderemo ad accorgerci che si tratta di funzioni diverse e, in certi casi, persino antitetiche: basti pensare a situazioni estreme dove s’incontrano un’autorità senza potere e un potere senza autorità (come in certi regimi basati sulla forza militare e sulla corruzione o nelle strutture di potere della malavita organizzata).

La situazione ideale sarebbe quella in cui il potere fosse talmente autorevole – non certo autoritario – da non aver bisogno della forza legalizzata per imporsi e per mantenersi; ma finora, almeno nella storia umana conosciuta, tale situazione idilliaca non si è (ancora) verificata, e il mito roussoviano del buon selvaggio libero e padrone di se stesso nello stato di natura è rimasto, appunto, un mito. In che cosa differiscono dunque nello specifico il potere e l’autorità? Stabilito che entrambe le funzioni agiscono nella e sulla società, si tratta di vedere in che modo e a quali livelli determinano la vita sociale medesima; una prima distinzione riguarda appunto i mezzi con cui il potere e l’autorità esercitano la loro funzione: seguendo lo schema weberiano, il primo è caratterizzato dal monopolio dell’uso della forza e della violenza legalizzata, mentre la seconda svolge la sua opera tramite la persuasione e il riferimento a uno stesso sistema di valori condivisi. Questo schema nondimeno sembra non tener conto che il potere, di per sé, potrebbe anche esercitarsi per un buon fine, quindi non si può escludere che possa riferirsi a dei valori (magari non da tutti condivisi); così come l’autorità non esclude, di per sé, di servirsi del potere per realizzare determinati valori (neanche questi condivisi proprio da tutti). Ma quali sarebbero questi valori? Qui è necessario specificarli perché potrebbe darsi il caso che non siano universali ma, come avviene talvolta nella storia, funzionali magari al dominio di una classe o di un gruppo sociale su tutti gli altri; ed è proprio quello che è avvenuto, secondo H. Marcuse, con la trasformazione della teoria borghese dell’autorità nell’ideologia funzionale allo Stato totalitario nel periodo tra le due guerre: “L’autorità, come potere sul riconoscimento volontario, sulla volontaria subordinazione alla volontà e all’intelligenza del titolare dell’autorità medesima, è una specie di proprietà che determinate persone detengono ‘per natura’. Sembra un semplice ritorno alla fondazione carismatica dell’autorità, ma non si tratta di questo perché il carisma dell’autorità è a sua volta oggetto di fondazione: il suo presupposto è l’appartenenza di chi possiede l’autorità a un determinato popolo e a una certa razza; quindi l’autorità si fonda sull’originaria affinità fra il capo e i suoi fedeli. “ E’ chiaro che su questi presupposti biologici l’autorità carismatica può dominare su tutti gli appartenenti alla sua stessa razza. I quali assumeranno come propri “valori” quelli indicati dal capo carismatico, fino al sacrificio “eroico” della vita. “Secondo questa teoria la società non si divide in ricchi e poveri, felici e miseri, progressisti e reazionari: tutte queste opposizioni materiali sono livellate; la società si divide nei capi da un lato, e da coloro che li seguono dall’altro. E la gerarchia specifica di questo sistema autoritario è sospesa nel vuoto…..le élites dirigenti possono essere cambiate e sostituite a piacere, secondo le esigenze dei gruppi di potere che stanno dietro di esse.” Attenzione dunque a distinguere bene tra autorità al servizio del potere e potere al servizio dell’autorità: se Celestino V non avesse fatto il gran rifiuto lasciando a Bonifacio VIII la cattedra di Pietro, forse la storia avrebbe preso un’altra piega. Se i profeti disarmati si fossero invece armati…….Chissà!

Ma avrebbero dovuto armarsi più dei potenti signori della guerra che difendono il loro bene scambiandolo per il bene comune, e facendolo anche credere a una pubblica opinione manipolata grazie ai buoni uffici di tante piccole “autorità” mediatiche a loro asservite

Fulvio Sguerso 10 settembre 2010

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