NOTE SUL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA

NOTE SUL MANIFESTO
DEL PARTITO COMUNISTA

 NOTE SUL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA

Il Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, scritto tra il 1847 e il 1848, venne pubblicato la prima volta a Londra, il 21 febbraio del 1848. “Il Manifesto – riferisce Engels nella prefazione all’edizione inglese del 1883 – fu pubblicato come la piattaforma della Lega dei Comunisti, un’associazione di operai, prima esclusivamente tedesca, poi internazionale, e, nelle condizioni politiche dell’Europa precedente il 1848, inevitabilmente una società segreta.

Ad un congresso della suddetta Lega tenuto a Londra nel novembre del 1847, Marx ed Engels ebbero l’incarico di preparare per la pubblicazione un programma completo teorico e pratico del partito. Abbozzato in Germania nel gennaio del 1848, il manoscritto fu mandato per la stampa a Londra poche settimane prima della rivoluzione francese del 24 febbraio.” Queste circostanze spiegano anche il famoso incipit del libro: “Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro. “ I due autori espongono nel primo capitolo, intitolato “Borghesi e proletari”, la loro visione della storia. Anche in questo caso sono rimaste celebri alcune definizioni; per esempio: “La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotta di classe”. “La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti fra le classi. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. L’epoca nostra, l’epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché ha semplificato i contrasti fra le classi. La società intiera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l’una all’altra: borghesia e proletariato”. “La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi tutto l’insieme dei rapporti sociali.” Marx ed Engels riconoscono dunque il carattere rivoluzionario della borghesia, soprattutto di quella industriale, e i suoi meriti riguardo al superamento del feudalesimo e dell’assolutismo monarchico. E tuttavia: “Le armi con cui la borghesia ha abbattuto il feudalesimo si rivolgono ora contro la borghesia stessa. Ma la borghesia non ha soltanto fabbricato le armi che le recano la morte; essa ha creato gli uomini che useranno quelle armi – i moderni operai, i proletari”.

Il moderno proletariato, formatosi in seguito alla rivoluzione industriale, è la nuova classe rivoluzionaria che abolirà il dominio della borghesia capitalista; la dialettica storica, infatti, porterà al superamento delle attuali strutture economico-sociali; e, se si vorrà evitare la reciproca distruzione delle classi in lotta, sarà necessario superare il modo di produzione capitalistico, basato sulla sfruttamento della classi lavoratrici (sfruttamento garantito dallo Stato, definito come il comitato che amministra gli affari comuni di tutta la borghesia).

In seguito quindi alla rivoluzione nella quale il proletariato assumerà il potere politico (capitolo secondo: “Proletari e comunisti”), avverrà un periodo di transizione in cui si useranno gli strumenti  messi a disposizione dallo Stato per attuare la trasformazione delle strutture economiche della società: allo Stato borghese si sostituirà  uno Stato proletario provvisorio, alla dittatura della borghesia la dittatura del proletariato. Esaurita questa fase di transizione, si instaurerà finalmente la società comunista, cioè una società senza più classi, in cui i mezzi di produzione saranno proprietà comune, e quindi verrà meno la stessa lotta di classe. Una volta venuta meno la lotta di classe verrà meno anche il potere pubblico che garantiva il dominio di una classe sull’altra: lo Stato. Nel capitolo terzo (“Letteratura socialista e comunista”), Marx ed Engels intendono distinguere il loro socialismo, definito “scientifico”, dagli altri tipi di socialismo, cioè da: 1. il socialismo reazionario; 2. il socialismo conservatore o borghese; 3. il socialismo e comunismo critico-utopistico. A questi tipi di socialismo contrappongono il loro socialismo scientifico, il solo in grado di scoprire la legge di sviluppo del capitalismo e quindi di superarlo. Nel quarto e ultimo capitolo si dà conto delle lotte portate avanti dai comunisti in Francia, in Svizzera, in Polonia e in Germania; ma si ricorda e si raccomanda una stretta collaborazione tra i proletari dei vari paesi. Tutti i proletari, infatti, hanno obiettivi comuni, quindi devono unirsi in un unico partito internazionale.

“I comunisti finalmente lavorano all’unione e all’intesa dei partiti democratici di tutti i paesi……Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare”.

Il Manifesto si chiude con il famoso (ma quanto ascoltato?) appello:

PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNITEVI!

 
 
 

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