Non manifesto contro il candidato B

Ho sentito parlare di una manifestazione contro la candidatura di Berlusconi alla Presidenza della Repubblica, per sabato 22 gennaio (ieri per chi legge) qui a Savona.
Mi dispiace, ma non manifesterò in alcun modo e ci tengo pure a sottolineare la mia non adesione.

Berlusconi e Sansa

Lo trovo – come dire – tardivo e pleonastico in tutti i sensi.
Tardivo innanzitutto perché la candidatura stessa, come previsto, si sta indebolendo da sola, e più che mai sorge il sospetto che sia stata agevolata come uno spauracchio per far accogliere con sollievo soluzioni e nomi, alla lunga, molto peggiori.
Sulla mia pagina Facebook avevo scritto: non firmerò contro B finché non vedo le alternative.
Qualcuno, non comprendendo l’ironia, ribadiva che lui è il peggio. Altri sorridevano, apprezzando il paradosso.
Perché io, messi da parte tutti gli aspetti di legalità o semplicemente etici o di intolleranza per il personaggio, per tutto ciò che rappresenta e ha rappresentato per questo disgraziato e colpevole Paese, continuo a pensarlo, che lui in questa fase non sia il peggio che possa capitarci.
Pleonastico perché, scusatemi tanto, queste manifestazioni da ditino alzato lasciano bellamente il tempo che trovano. Effetto inferiore a zero. Nel momento in cui una candidatura irricevibile a priori viene comunque proposta e discussa seriamente, pensate che qualcuno si impressioni di una sobria ed educata disapprovazione?
Una marea umana si spinse fino a Roma, una folla immensa, per dire no a B, il 5 dicembre del 2009. Una manifestazione dal basso, inusitata, incredibile, spontanea, di cui raramente ho visto l’eguale, ben diversa dai presidi simbolici.
Lo so perché c’ero.

Con che risultato? Siamo nel 2022, e lui è ancora lì, in prima fila nella politica.
Forse parte del motivo lo possiamo ritrovare in alcuni partiti colpevoli di connivenza a tutti i livelli.
Primo fra tutti il PD. Quel giorno dichiarò di non aderire ufficialmente alla manifestazione, eppure il corteo fu invaso da una marea di bandiere piddine in prima fila.
Il che testimonia due cose: una, il solito opportunistico piede in due scarpe, ormai tradizione.
Due, la volontà e il pensiero della base ben diverso dai vertici, più convinto e di sinistra, espresso dalle varie sezioni che si erano mobilitate.
Eppure quella stessa base ha seguito più o meno fedelmente, nel tempo, personaggi di vertice che tutto erano e sono, fuorché sinistra, e tutto promuovono, fuorché politiche di sinistra.
E questo è parte del problema.  Una grossa parte del problema.
Un’altra parte del problema è che ormai il berlusconismo è entrato a far parte, purtroppo, del Dna stesso del Paese.
Per una marea di persone insofferenti al personaggio e a ciò che rappresentava, ve ne erano altrettante se non di più che lo sostenevano col voto e con l’apprezzamento. Ossia, vi si riconoscevano.
Ora sono di meno, a giudicare dalle percentuali di voto? Mica tanto.  In parte sono trasmigrati nella Lega salviniana, in parte con la Meloni, in parte, ahimè ahinoi, nel renzismo, che ha inquinato pesantemente settori del centro sinistra, finendo di corroderli, o forse, ha semplicemente palesato in modo sfrontato quel che già c’era.

Allora, con tutti questi figliocci e imitatori, con questo “mood” di totale degrado della politica così diffuso e pervasivo, mi sembra molto molto tardi per chiudere le stalle spalancate, o per individuare nel grande vecchio- grande, a modo suo, nell’impegno nefasto – l’ostacolo da rimuovere.
Ormai “il B che è in noi”, per dirla con Gaber, è una infestazione permanente. Poco importa che io sia strasicura che in me non alberghi né vi abbia mai messo piede: quel che conta è   lo stato generale della società, espresso molto bene dall’indifferenza, se non insofferenza, per il tema della legalità in quanto tale e per chi lo rivendichi come primario.
Un capitolo a parte meriterebbe il discorso M5*. Non voglio affrontarlo ora, certe ferite sono ancora fresche, la capitolazione attuale al sistema appare totale.
D’altra parte, nel momento in cui ci si ritrova, per la seconda volta in due consecutive elezioni parlamentari, e con più nettezza rispetto alle precedenti, partito di maggioranza relativa, se le leggi elettorali approvate ad hoc non consentono di governare da soli, che altro poteva fare, il MoVimento, se non accettare alleanze?
Un secondo Aventino sarebbe stato visto dall’elettorato come paura e rifiuto di prendersi responsabilità. Poi taccio di tutto quello che è venuto dopo. Paradossalmente, per quanto sia distantissima, all’opposto di tutti i miei ideali, capivo di più il governo con la Lega di quello col PD, anche se riconosco molti aspetti apprezzabili al secondo governo Conte, distrutti, come prevedibile, dal solito Renzi.
Capisco meno essere entrati nel governo Draghi, difatti avevo votato contro nella consultazione degli iscritti.
Comprendo il senso di responsabilità, il voler salvaguardare quanto ottenuto, ma: a) avrebbero potuto davvero fare un governo tutti dentro lasciando fuori i 5 stelle? Come minimo si poteva “tirare sul prezzo” ossia sui ministri, un po’ di più  b) vale la pena salvare ora i traguardi ottenuti, anche parecchio ammaccati e malconci e depauperati, quando poi si verrà puniti alla prossima tornata e gli avversari potranno disfare ogni cosa con tutto comodo, spargendo anche calce sulle rovine? Gli elettori, infatti, abboccano solo alle sirene eclatanti, anche fasulle, ma restano freddini freddini verso il senso di responsabilità istituzionale.

Specie elettori frustrati e irosi come quelli pentastellati.   Vaghe accuse di attaccamento alla poltrona, non del tutto infondate, nei confronti degli eletti, si aggiungono al cocktail.
Magari mi sbaglio per pessimismo, magari certe tendenze e idee ormai radicate riusciranno a sopravvivere, qualsiasi cosa accada ai 5 stelle, e trovare nuove forme e nuove energie oltre alle loro.
Certo che quando in una elezione recente parliamo di astensionismo al 90%, di cosa si discute ormai? Tanto vale che i partiti si eleggano fra loro.
È stato sbeffeggiato Renzi che annunciava trionfante il 13% del suo partito, dimenticando che un 13% di un 10% è ben poca cosa, eppure ha ragione lui, il dato di fatto è quello.
Almeno finché non si fanno leggi per invalidare elezioni così poco partecipate.
L’astensionismo del tanti comprensibilmente delusi gli fa solo un favore.
Quindi, tornando all’argomento principale, di cosa stiamo parlando? A suo tempo per far sbattere fuori il B dal Parlamento in base alla legge Severino il MoVimento dovette fare fuoco e fiamme, e costringere un riluttante PD a ritrovare un minimo di pudore.
Ma servì a qualcosa, alla fin fine? Rapidamente tornò in auge, ora ci si governa insieme, si sopporta un Brunetta che sulla pubblica amministrazione ha idee risalenti a Bisanzio. Questo è.
Sfiniti, si cede su tutta la linea.
E sfiniti, dalla pandemia e dalla politica, siamo ormai tutti noi. Quindi  perché prendersela con chi ha aperto le chiuse, quando ormai siamo immersi nella cloaca fino alla cintola, perlomeno?

Milena Debenedetti

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2 thoughts on “Non manifesto contro il candidato B”

  1. Articolo scritto col cuore e col cervello, che condivido, aggiungendovi del mio. “Vaghe accuse di attaccamento alla poltrona, non del tutto infondate, nei confronti degli eletti,” Quel “non del tutto infondate” mi sembra molto riduttivo. Io, al contrario, ho vissuto la parabola governativa del M5* come se ne facessi parte, perché i loro ideali, specie sul fonte ambientale, (ma anche su quello del Reddito di Cittadinanza, coincidevano coi miei). Ma veder spegnere ad uno ad uno tutti quegli ideali ha finito col convincermi che il principoale obiettivo di ciascun pentastellato era quello di non perdere neanche un giorno del bengodi che Camera e Senato gli elargivano. Era la gallina oggi invece dell’uovo domani. Tanti maledetti e subito. Non sarebbe il caso di gridare ai 4 venti che gli emolumenti di tutta la classe politica (+ boiardi di Stato e magistrati) sono un insulto agli italiani, lavoratori e pensionati, che sopravvivono con un’infima frazione di ciò che si auto attribuiscono lorsignori? Un tale ridimensionamento frenerebbe la “corsa all’oro” di tanti opportunisti; e il ritorno alla vita normale dopo un mandato non sarebbe lo spauracchio che è oggi per tanti parlamentari, non solo 5*, che, come suol dirsi, passerebbero sul cadavere della propria madre pur di non perdere simili sproporzionati privilegi. Facciamo un esperimento mentale: io e te, Milena: siamo in Parlamento. Agiremmo tanto diversamente dalla schiera degli attuali parlamentari 5*, ben sapendo che il nostro sacrificio sarebbe stato effimero, visto che alla lunga “vince sempre il mattone”? Quante battaglie abbiamo mai vinte noi ambientalisti? Ripeto da una vita che essere ambientalisti, non solo, ma soprattutto in Italia, vuol dire votarsi ad un’eterna frustrazione: alla lunga prevale la forza del denaro; e ancor più alla lunga prevarrà la forza della Natura. Siamo all’antipasto

  2. Ho piacere di intervenire sull’articolo di Milena Debenedetti (ex consigliere del M5S a Sv) uscito su Trucioli perché è una delle poche voci in quell’ambiente in cui anni fa pure io ho navigato, con una autonomia di pensiero interessante, spesso non banale. Anche perché è un’opinione non scontata, controtendenza e fra bastian contrari….
    Comincio con il dire che concordo sulla non necessità di manifestare contro Berlusconi. La motivazione di Milena all’affermazione è data dal fatto che non vede alternative a quel nome, però il mio ragionamento parte da un presupposto diverso e provo a spiegarlo, poiché ci sono aspetti non detti, ma intuibili nel testo che richiedono passaggi diversi.
    La politica è un crogiuolo di iniziative fatte il mille modi che cercano di cambiare le cose partendo da un’idea e passando anche per compromessi. Questo è parte della storia reale.
    Oggi un’idea alta e “nobile della politica” ormai si è un po’ appannata, non per i sotterfugi sottobanco, ma per i risultati e le finalizzazioni cambiate in corsa. Una per tutti la defenestrazione di Conte da parte di Renzi agendo sul PdR Mattarella per portare al governo un esponente della finanza internazionale. Colpo di mano da manuale se avesse un fine sociale e non di lobby.
    Non me ne importa di giudicare Renzi nelle sue motivazioni, ma mi importa ragionare perché quello che era un Movimento di cittadini, trasformato in partito con un vertice molto stretto e poca democrazia applicata, ancora oggi non abbia una visione globale anzi brancola nel buio come nel fare un come per il capo di stato.
    Se si corre dietro al giorno per giorno va bene tutto, ma dove puoi andare con pensiero così? Fare politica vuol dire avere una precisa idea di società o “almeno” avere un dibattito interno in corso per definirne le linee principali. Allora ogni compromesso può essere possibile e accettato perché mi fa fare un piccolo salto di qualità nel percorso di scontro con il potere.
    Ma qui c’è un altro vulnus, se abbiamo il vero capo attuale Di Maio che si esalta perché sale il PIL e l’export delle merci dall’Italia cresce, qual è l’idea di fondo se non che accetta i parametri del capitalismo finanziario e del liberismo?
    Mi pare lo stesso cambiamento con cui il PD attuale, derivato attraverso vari passaggi dal PCI, che ha sostanzialmente cambiato il proprio concetto di società accettando quella attuale con tutte le derive conseguenti. La candidatura di Berlusconi è nata nel cdx come elemento senza credibilità politica neppure da parte loro, che maschera le decisioni che verranno prese sul famoso nome all’ultimo istante per l’incertezza dei numeri. Anche perché le tante possibili candidature di cui abbiamo letto, di gente sana e antisistema, oltre che giuridicamente presentabili, non stanno nel “frame” atlantico e di continuità del capitalismo finanziario.
    Sul tema Draghi che a mio avviso è il vero obiettivo su cui fa perno la destra, ma anche la sinistra…. quelli che lo preferirebbero a Chigi ancora per un anno a garanzia del Pnrr . Ma chi chiede queste garanzie se non la Confindustria e i grandi player della finanza? Berlusconi ritira sé stesso per diminuire il ruolo e sparigliare le carte con Draghi fuori gioco. Poiché oggi il “finanziere in prestito d’uso” non fa toccare palla neppure alla dx anche se lavora per una società basata sul profitto, senza cura sociale.
    Il M5S non ha nomi per due motivi: è più che mai isolato e nessuno si apparenta perché non ha più la forza di proporre, dopo vari passaggi fino ad oggi, in cui c’è l’inciucio massimo al governo con dx e sx senza una identità chiara. Il depistaggio della dx su Berlusconi nasconde il vero “busillis” del momento: sparigliare le carte di Draghi con un rimpasto per ottenere condizioni ancor più favorevoli alla loro prospettiva di modello sociale. Dal loro punto di vista facendo leva sul PD e su Letta in particolare accetteranno nomi diversi in cambio di DL o leggi a loro favorevoli in nome dell’emergenza.
    Non c’è da stupirsi che ripropongano B., c’è semai da capire perché nonostante due governi di maggioranza NON hanno risolto il conflitto di interessi (assieme a molte altre cose) ed oggi il caimano possa ancora avere un potere utile e relazioni tali da corrompere e dividere il fronte nemico.
    “Ormai “il B che è in noi”, per dirla con Gaber, è una infestazione permanente. (cit.)
    Hai ragione, ma se si può capire nell’analisi comportamentale delle persone, in generale spinti da invidia, paura, necessità di rassicurazioni, incertezza di prospettiva, ecc in UN MOVIMENTO POLITICO NO, NON E’ACCETTABILE.
    Se Conte e Giggino hanno accettato di entrare in questo governo dei migliori, ritorna la domanda: quale strategia in un contesto dove sei messo in minoranza pur essendo per assurdo ancora maggioranza relativa in parlamento? Li guida un’idea simil-sindacale? La rivoluzione sociale sarà il parto nato da piccole cose strappate come in una trattativa sindacale?
    Abbiamo l’esempio del sindacato stesso che difendendo il lavoro indipendentemente da condizioni e reddito è diventato ininfluente e spesso più realista del re.
    La giravolta del rivoluzionario Landini è a vista. Dopo che ha accettato riforma del lavoro, abolizione dell’art. 18 e anche sull’accettazione dell’Ilva difesa in quanto tale, anche contro una città come Taranto devastata.
    Se hai una precisa idea politica su dove vuoi arrivare, allora certamente si possono accettare compromessi anche se non hai pieno consenso e maggioranza, ma chiarezza di percorso. Se non è così allora fai esattamente come i vertici del M5S senza dialogo interno, cioè ti accodi al partito, il PD che con tutte le contraddizioni e la guerra fra bande con cui è formato, diventa la stella cometa ed in sé anche quello che traccia il futuro prossimo.
    Se lo fa il buon Sansa lo si può capire nel suo ruolo un po’ da diseredato onesto, ma in un movimento/partito con 10 anni di storia è una sconfitta epocale!
    Letta si è incontrato con Salvini ed hanno formulato ipotesi politiche, da lì verranno novità alla faccia del M5S non pervenuto.
    Allora forse vale la pena fare un passo indietro e cambiare metodo, ridiscutere il merito e soprattutto riorganizzare una posizione politica interna che faccia apprezzare le energie che ci sono, smetta di finanziare beneficienza a caso nei territori che da lustro ai vari “reggenti” o alle banche per garanzia. Che usino le risorse per avere strumenti di comunicazione e scuole di formazione di cui in questo bailamme non c’è taccia. Oppure la strada è tracciata come quella di Sansa (e indipendentemente dalla sua volontà) che senza un sostegno ulula alla luna, cosa che già in parte fa il Movimento senza una voce che abbia davvero rappresentanza dentro la realtà sociale, dentro i territori abbandonati da tempo al loro destino per scelta!
    Credo che questa deriva sia ormai irreversibile, ma mi fa specie vedere persone così profonde e utili, passare come ininfluenti e depressive nei modi. Non siamo tutti uguali, le diversità devono avere spazio e comunità, ma se le devono guadagnare.

    Gianni Gatti
    23/01/2022

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