Misoginia
Il denominatore comune della misoginia |
Il denominatore comune della misoginia
|
Da Fisico (ancora attivo) ma senza più attività didattica e con tanto tempo a disposizione, ho la fortuna di potere leggere molto. Mi piace, nei momenti d’ozio, la lettura diretta di fonti storiche originali, così come sono, senza premesse e commenti di “Storici professionisti”. C’è voluto “Google libri”, “La Bibliothèque Nationale de France” e “Archiv.org” per aprirmi gli occhi su tante fole apprese in un Liceo di ecclesiastici tanti anni fa … |
Tuttavia il libro in carta conserva sempre il suo fascino e, comprando un “classico” a caso della Storia per la biblioteca di mio figlio, già studente ginnasiale, non ho potuto resistere alla tentazione di una lettura, se pur rapida, perché il titolo di questo libro di Georges Duby, I peccati delle donne del Medioevo era davvero accattivante e irresistibile. E in effetti quanto vi si legge, benché attenuato dalla serietà professionale di questo Storico, ha quasi dell’incredibile. La donna è protagonista peccatrice dal primo all’ultimo capitolo. La chiave di lettura di sintesi? L’avere offeso l’Altissimo (evidentemente “maschio”) e il Creatore, offeso, ha voluto pertanto umiliare Eva e tutta le sue figlie. E’ interessante come all’inizio del X secolo l’ala “marciante” della Chiesa metta a punto le procedure più minuziose di controllo e di padronanza assoluta della vita più intima delle donne, peccatrici persino nel tramandarsi le pratiche di una buona cucina e nell’ostinazione ad usare belletti e creme depilatorie sempre perché … pure questa era un’offesa al Creatore che, evidentemente, non vuole si modifichi l’opera sua… insomma, tutte quante delle streghe fin nel midollo. Ma la lussuria, nella mente di un vescovo, autore di un manuale per “confessori”, si spinge fino ad ipotizzare rapporti adulterini “mordi e fuggi” persino nell’oscurità delle chiese durante le funzioni notturne. Mah, sto facendo confusione o le chiese con il matroneo c’erano già? Per arrivare a pensare così in basso occorre davvero avere confidenza con il demonio. Questo libro di Georges Duby riflette molto bene il concetto secondo il quale la misoginia trabocca da tutto il Pentateuco, con l’espressione più rozza che la funzione naturale dell’uomo fosse di lasciare una traccia genetica e quella della donna solo di proteggere e salvaguardare la prole. In altre parole mi sembra che l’illuminata congrega di rozzi Ebrei che scrisse questi libri non s’immaginò certo un Creatore “femmina”. E pure Muhammad non ci andò molto diversamente … una involuzione fobica rispetto alla civiltà Greca ed Etrusca, in particolare, dove la donna era considerata con dignità“umana”. Che il fenomeno sia tutto originato da una religione costruita da “maschi”? Se ripenso a quei parroci della Lombardia rurale degli anni ’50 dove crebbi da bambino, mi accorgo che già allora percepivo molte note stonate a proposito delle donne. Retaggio atavico di cui la chiesa non s’è mai liberata? Era l’Italia che aveva ancora il “delitto d’onore”, era l’Italia prima della riforma del “Diritto di Famiglia” era l’Italia dove il catechismo lasciava segni indelebili di paura, insegnando a noi bambini che esisteva un male che nessuno di noi arrivava neppure a immaginare, era l’Italia dove l’adultera (magari a piena ragione) o la donna separata era una “puttana” da evitare come una lebbrosa, era l’Italia dove Pio XII, nonostante l’apparente mitezza, scomunicava “ipso facto” mio padre. Anche allora il “prete” ricercava il condizionamento occulto sulle donne entrando da padrone nelle case per il rosario a maggio e non era conveniente per chi aveva casa che s’affacciava in un cortile comune, negare l’accesso. E ovviamente raccomandava l’esempio casto della sacra famiglia. |
Ma il libro di Georges Duby riflette ancora la realtà più morbida della misoginia, visto che i Vescovi autori cui si riferisce sono francesi. Proviamo un momento a spostarci, nello stesso secolo, verso la città di Cuenca, in Castiglia, dove impariamo facilmente dal “codice penale” di allora, come il delitto contro la morale non ammetteva perdono neppure per l’uomo (finalmente un po’ di uguaglianza, si direbbe) mentre il delitto contro la persona (specie contro una donna) era un’inezia al confronto e, in ogni caso, assolvibile pagando una manciata di maravedì. |
A semplice titolo d’esempio, se qualche focoso e ricco maschietto di Cuenca voleva farsi (con la violenza) una bella monachella, rischiava, se preso, di essere buttato giù dall’altura del “castillo”, ma se non era preso, bastava che pagasse 500 pezzi dei suoi averi e tutto era a posto … Ma leggiamo assieme qualcuna di queste edificanti norme, che, sempre lo Storico Georges Duby, riporta in rassegna antologica in un altro dei suoi libri.
Fuero de Cuenca, anno Domini 1189 XI. 29 Chi insulta una donna che non è della città. Chiunque insulti una donna che non è della città, chiamandola puttana o lebbrosa, paga due maravedì e, inoltre, giurerà di ignorare se il termine usato si addica all’ingiuriata; qualora non voglia giurare, sarà dichiarato nemico. Ma se qualcuno violenta o insulta una pubblica puttana, non pagherà niente. XI. 33 Chi amputa i seni di una donna. Chiunque amputi i seni di una donna paga duecento maravedì ed è dichiarato nemico: qualora neghi, la postulante sceglierà, come meglio preferirà, il giuramento di dodici vicini o la sfida del giudizio. XI. 39. La donna che abortisce volontariamente. La donna che abortisce volontariamente sarà bruciata viva, nel caso in cui confessi; altrimenti sarà assolta attraverso la prova del fuoco. XI. 42. Quelle che conoscono le erbe e gli incantesimi. La donna che conosce le erbe e gli incantesimi sarà bruciata viva, oppure sarà assolta attraverso la prova del fuoco. XI. 44. Le Mezzane. Ogni donna di cui si saprà che è una mezzana, sarà bruciata viva; qualora si tratti solo di una voce, sarà assolta attraverso la prova del fuoco. Ovviamente, il mio paziente lettore avrà arguito che attraverso la prova del fuoco, dopo una inutile complicanza di ustioni di terzo grado alle mani, si finiva tranquillamente sul rogo. Sorvoliamo un momento sul reato di bigamia che non era perdonato né all’uomo né alla donna (non è un reato contro la persona, come violentare una monaca). Qui il trattamento era un bel volo giù dal “Castillo” per l’uomo e un bel rogo per la donna. Certo che un maravedì, pari a 3.8 grammi d’oro “monetato” quantificava bene il valore dell’occhio di un uomo o di una donna con i seni amputati. La morale del “condono” si è però tramandata fino a noi, non solo per gli abusi edilizi ma anche per abusi di pedofilia, se ricordate il caso di un pensionato, di 69 anni, che avrebbe molestato sessualmente una bambina di soli sei anni lungo un arco temporale di ben tre anni. La piccola, figlia di amici di famiglia, rimaneva spesso sola con questo individuo, che godeva della fiducia dei suoi genitori. Il tribunale ha chiuso il procedimento a carico del pensionato al termine dell’udienza preliminare, accettando la richiesta di patteggiamento avanzata dal legale dell’uomo. In buona sostanza è stata accettata l’offerta di risarcimento immediato di 40 mila euro alla famiglia della bimba, mentre l’uomo è stato condannato a due anni di reclusione, ovviamente sospesi in quanto il reo confesso è anche perché persona incensurata … Nihil sub sole novi. XI. 48. La donna che è sorpresa con un infedele. La donna che è sorpresa con un moro o con un ebreo: entrambi verranno bruciati vivi. Sorvoliamo sulle varie amputazioni, incluso cavare un occhio a qualcuno risarcibili fino ad un massimo di cento maravedì e arriviamo alla pena per altri delitti. Uno contro la persona e l’altro contro la morale. Qui l’imputata non è una “lei”. XII. 16. Colui che castra un uomo. Colui che castra un uomo, paga duecento maravedì. Ed è nemico; se nega è assolto dal giuramento di dodici vicini, oppure affronta in duello un uomo della sua condizione. Tuttavia, quando si tratti di un uomo che ha sorpreso con la propria moglie o la propria figlia, non paga niente. XII. 28. Colui che sarà sorpreso in sodomia. Colui che sarà sorpreso in sodomia sarà bruciato vivo. Colui che dice a un altro: “Ti ho goduto nel culo”, se è possibile provare che è la verità, entrambi saranno bruciati vivi; nel caso contrario sarà bruciato vivo soltanto chi ha detto tale infamia. Tale norma XII.28, sebbene mitigata dalla forca in luogo del rogo è, come noto, applicata nel civilissimo teocratico Iran, dove l’Altissimo sembra condizionare la civiltà e la giustizia di quelle pie popolazioni, dove si lapida tranquillamente un’adultera per il solo fatto d’esserlo o di essere convincentemente accusata d’esserlo. Tuttavia la pratica era in voga già presso il popolo eletto ancora sotto l’impero romano. La donna ebraica non aveva presso Cesare la stessa valenza di un uomo di cui si chiedeva la morte. Già, non bisognava tirare troppo la corda con le usanze locali di una pietrosa, improduttiva e decentrata provincia romana. Salvatore Ganci
Rocca della cittadina di Cuenca in Castiglia |