L’illusione sovranista
L’ ILLUSIONE SOVRANISTA
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L’ ILLUSIONE SOVRANISTA |
Va bene: prendiamo pure atto della obsolescenza delle categorie destra-sinistra che hanno dominato per quasi due secoli la cosiddetta “narrazione” storica, politica e, per certi aspetti, etica l’Occidente; prendiamo anche atto che ormai, volenti o nolenti, viviamo nella cosiddetta postmodernità, vale a dire in un mondo disincanto in cui ai valori ideali e alle fedi politiche o religiose sono subentrati i valori materiali, cioè il danaro, il potere, il successo, la prestanza fisica, il sex-appeal, la telegenia e, ultimamente, il numero di followers nei social; insomma, prendiamo atto della prevalenza dell’apparire e dell’avere sulla realtà e sull’essere; però attenzione: questo significa anche prendere atto che, come asseriva Nietzsche, non ci sono più fatti ma solo interpretazioni e che il mondo è diventato una favola (e quindi una favola è diventata il mondo in cui viviamo). Tuttavia in questa favola che è il mondo di oggi si continua a morire in guerre senza fine o uccisi per un pezzo di bandone o annegati nel Mediterraneo nel tentativo raggiungere l’Europa come se fosse la Terra promessa; in questa favola che è il mondo di oggi, la dicotomia destra-sinistra (che nondimeno ha ancora corso legale nel linguaggio comune politico, tanto è vero che gli stessi sovranisti, per i quali la suddetta contrapposizione dovrebbe essere morta e sepolta, continuano a polemizzare con l’aborrita sinistra e a descriverne compiaciuti la lenta agonia) ha lasciato il posto alle nuove dicotomie di questo terzo millennio: populismo-antipopulismo, europeismo-antieuropeismo, mondialismo–antimondialismo, globalismo–sovranismo (quest’ultima antitesi traduce nella neolingua contemporanea la vecchia contrapposizione tra cosmopolitismo e nazionalismo). In questa fase sembra che le lancette della storia segnino un tempo favorevole ai sovranisti di tutto il mondo; Trump negli Usa, la Brexit in Inghilterra, Kurz in Austria, il gruppo di Visegrad nell’est europeo, il nuovo governo italiano a trazione leghista, la crescita dell’estrema destra in Francia, in Germania, in Olanda e nei Paesi nordici…insomma: ci manca ancora una vittoria di un movimento sovranista e addio Unione europea; o meglio, addio al progetto di Unione federale europea come era stata immaginata nel Manifesto di Ventotene (quanto mai inviso ai sovranisti che vogliono un’Europa di nuovo divisa in tanti Stati nazionali e sovrani l’un contro l’altro armati. Per costoro due guerre mondiali non sono bastate. Ne auspicano una terza?). E addio anche al progetto di una democrazia europea sovranazionale pensata da Jurgen Habermas come ultimo baluardo di autonomia politica e finanziaria nel contesto di un capitalismo selvaggio globalizzato prossimo venturo. Ora ci troviamo veramente a un bivio: o procediamo nella costruzione di un’Europa politica unita e sovranazionale o regrediamo verso un’Europa ottocentesca divisa da frontiere e dogane alla mercé di Stati Uniti e Russia (e forse anche della Cina). E’ questo che vogliono i sovranisti? Attenzione, perché come ha scritto Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 21/06/18: “I sovranisti scherzano con il fuoco. Ammesso che, prima o poi, si possa ricostituire qui in Europa un mondo di Stati pienamente sovrani, è certo che in quel mondo la guerra tornerebbe a essere la regola. Altro che pace perpetua”. Ma i sovranisti preferiscono la pace interna a quella esterna: se la maggioranza dei concittadini teme l’invasione dei migranti, che si chiudano i porti e le frontiere. E poi? Le previsioni non sono per niente tranquillizzanti: “Oltre alla situazione estremamente grave creata dalla guerra in Siria e dal conflitto civile ucraino, con milioni di sfollati e rifugiati, la pressione migratoria di quelli che fuggono dalle carestie africane, abbagliati dal miraggio del sogno europeo, si intensificherà nel breve e medio termine” (Juan Luis Cebriàn, su La Stampa del 16/96/18). Come si pensa di controllare le frontiere? Ogni Paese provvederà per conto suo a fermare l’”invasione”? Per carità, i sovranisti hanno tutte le ragioni nel voler preservare i rispettivi cittadini da un’immigrazione selvaggia e incontrollata; anzi, anche i loro avversari mondialisti su questo punto si trovano d’accordo; il problema è come. Per questo c’è bisogno dell’aiuto e della collaborazione di tutta l’Unione. Ma se ognuno va per la sua strada, si potrà fare ben poco. In più, gli incidenti diplomatici e gli scontri verbali fra Parigi e Roma, tra Berlino e Monaco o tra Italia e Olanda sul tema dell’ immigrazione non promettono niente di buono. In ogni caso le soluzioni demagogiche come la chiusura delle frontiere e dei porti, i muri, il filo spinato e i respingimenti, se nell’immediato riscuotono consenso, si rivelano però in seguito velleitarie e fallaci. “Al centro del problema, infatti, – continua Cebriàn – ci sono le realtà demografiche dell’Europa e dell’Africa, la schiacciante disuguaglianza economica tra le due sponde del mediterraneo e la violazione dei diritti umani nella maggior parte dei Paesi da cui arrivano i flussi migratori. Gli 1,4 miliardi di africani arriveranno a 1, 8 in meno di un decennio e quasi la metà di loro avrà meno di 14 anni. Nel frattempo, l’Europa unita non registra praticamente variazioni del numero di abitanti mentre la popolazione continua ad invecchiare e la percentuale di bambini e adolescenti è meno del quindici per cento. Il reddito medio pro capite nei Paesi dell’Ue supera i 30 mila dollari a fronte di un migliaio scarso per gran parte delle nazioni africane. Per di più i social network e la televisione si incaricano di far conoscere agli africani l’opulenza europea, in contrasto con il destino oscuro dei loro Paesi, dove le circostanze vedono ridotti in schiavitù, sia pure non dichiarata né riconosciuta, centinaia di migliaia di loro abitanti. Se vuole mantenere lo standard di vita e la protezione sociale dei suoi cittadini, l’Europa ha bisogno di manodopera immigrata. Al netto delle discussioni sul carattere benevolo o maligno di ciascuno dei suoi governanti e dell’uso politico di una realtà così dolorosa ed esecrabile come quella che abbiamo descritto, la Commissione e il Consiglio dei ministri devono votarsi ad adottare politiche che permettano allo stesso tempo di migliorare la protezione delle frontiere e l’integrazione di milioni di nuovi europei d’adozione. Questo è il problema principale dell’ Ue e che rimarrà tale per gli anni a venire. Supporre che possa essere risolto trasformando il continente in una fortezza è, oltre che ingiusto, inutile. Manipolare le coscienze dei cittadini rappresentando il rifugiato o il migrante come un nemico delle nostre società, servirà solo a incoraggiare la xenofobia, rovinare la convivenza e distruggere la democrazia. Non a fermare i flussi migratori”. Mi chiedo che cosa si possa obiettare al realismo di questo discorso. Prima gli italiani?
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